Dettagli Recensione
Evitate, gente, evitate
Il romanzo, in un'estenuante prima persona al presente, è scritto affastellando frasi brevi che generano situazioni paratattiche, spesso in sequenza casuale o senza legame con il contesto.
I personaggi sono odiosamente stereotipati, a partire dalla protagonista "sado-masochista della domenica". L'inserto di parti che si suppongono tratte da un libro dell'Ottocento è ridicolo sia come tematica che come stile (Manzoni docet). Le pretese scientifico-filosofiche, ben lungi dall'avvincere, appesantiscono la già zoppicante narrazione. Le sgradevolezze (prime fra tutte le performances erotiche di Ariel e l'esperienza nella mente del topo) infarciscono la storia con un notevole squilibrio nella seconda parte, come se la Thomas si fosse lasciata andare nel finale e, per non sapere cosa scrivere, si fosse buttata sul grand-guignolesco.
La conclusione è un acmè di stupidità e trovate bislacche degna del cyberpunk più degenerato.
Resta buona l'idea della troposfera, ma mal gestita: non è chiaro come vi si acceda e perché, come si passi da una coscienza all'altra, come funzioni la consolle.
La divinità dei topi vira pesantemente verso il ridicolo.