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L'ultimo libro dell'universo
 
L'ultimo libro dell'universo 2008-05-29 04:33:12 galloway
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galloway Opinione inserita da galloway    29 Mag, 2008
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L'ultimo libro?

Bellissimo questo libro perchè fa non solo volare la fantasia ma la fa anche lavorare. Spesso ho pensato a chi avrà il merito, la fortuna, la sfortuna, il piacere o la disavventura di scrivere l'ultimo libro prima della fine dell'universo. Pensate a cosa potrà contenere un libro del genere: la somma di tutti i libri scritti? La sintesi di tutte le idee espresse dagli uomini nei millenni? Un pensiero unico? Un'idea trans-umana? Un testo fatto di tante pagine bianche leggibili solo da chi ne conosce la lingua? E quale sarà quella lingua? Leggetevi il libro e l'intervista che seguono e capirete il mio entusiasmo.



Rodman Philbrick, pluripremiato autore americano di fantascienza, ha scritto una fiaba noir dai toni apocalittici ambientata in un mondo alternativo e grottesco. L'ultimo libro dell'universo raffigura il nostro pianeta sotto il giogo del Caos, alla mercé di poche bellicose fazioni che si spartiscono il potere. Una catastrofe immane aveva prodotto intensi rivolgimenti, distruggendo in un sol colpo società e culture millenarie. I ricordi e le tradizioni si indeboliscono, il presente si confonde con il mito, mentre i libri scompaiono dalla faccia delle terra senza troppi rimpianti. Finché il giovane Spas, protagonista e voce narrante, non s'imbatte in un cumulo di fogli di carta di dubbia utilità e dal nome esotico di ”Libro“. Abbiamo intervistato l'autore.





D. L'ultimo libro dell'Universo prefigura uno scenario piuttosto inquietante: l'umanità è in grave declino, non ha più memoria di sé e si affida a sonde cerebrali per trattenere e diffondere il sapere. È pessimista nei confronti del futuro del pianeta? Ha buona familiarità con le nuove tecnologie?



R. In me convivono due anime. Ci sono giorni in cui mi sembra di scorgere all'orizzonte nubi sempre più fosche. Provo allora una sensazione diffusa di disagio e inquietudine per le sorti dell'umanità. Conservo tuttavia anche una visione fiduciosa e ottimistica del futuro, che mi induce a credere nella possibilità di un mondo migliore, in cui gli uomini si mostreranno meno inclini all'odio e alla violenza. Quanto alle nuove tecnologie, confesso di esserne attratto in modo irresistibile. Blog, iPod, software, microprocessori, programmi ad alta definizione: tutto questo è musica per le mie orecchie.



D. Secondo Lei quale sarà il destino del libro - classicamente inteso - nell'era digitale?



R. Si tratta di una questione aperta, in continuo divenire. Non credo però che i testi in formato digitale avranno vita facile nel soppiantare i libri tradizionali. Devono ancora inventare un e-book che si possa consultare con la stessa facilità di una pagina stampata su carta o che si possa portare in giro come un tascabile. Non ne farei comunque una questione di formato: a prescindere dal supporto - sia esso digitale o cartaceo - sarà sempre il contenuto a fare la differenza. Finché la gente avvertirà il bisogno di leggere storie, il libro sopravvivrà in una forma o nell'altra.



D. Nel suo romanzo viene immaginato un futuristico modello di società, invero rudimentale e barbarico, concepito dai sopravvissuti alla catastrofe. L'apocalisse e la conseguente ricostruzione del mondo su nuove basi è un tema forte della fantascienza e dell'horror; basti pensare ad alcuni romanzi di Stephen King come L'ombra dello scorpione o Cell, ma gli esempi potrebbero essere infiniti. Lei è in grado di rintracciare qualche antecedente letterario? Ci sono riferimenti consapevoli a opere e autori amati?



R. Ho iniziato a leggere opere di fantascienza fin dall'età di dodici anni. Molti libri hanno contribuito alla mia formazione e possono essere considerati alla base del mondo alternativo che ho ricreato nell'Ultimo libro dell'Universo. Mi riferisco al romanzo Il mondo nuovo di Huxley, al Ciclo della Fondazione di Asimov, a Un cantico per Leibowitz Miller, al Signore delle mosche di Golding. Si tratta di una lista di titoli rappresentativi, ma è bene precisare che le fonti sono ben più numerose ed eterogenee. Potrei citarne almeno un altro centinaio e forse anche qualche film, primo fra tutti L'uomo che visse nel futuro, un classico della fantascienza degli anni Sessanta.



D. La storia viene narrata dal punto di vista del giovane outsider Spas. Vuole presentarlo brevemente al pubblico italiano?



R. Spas è un orfano che cerca di ritagliarsi un ruolo all'interno del mondo oscuro e pericoloso in cui vive; un mondo dominato da bande armate che esercitano il loro potere - nei territori di competenza - in modo feroce e arbitrario. Spas è affetto da epilessia ed è questo il motivo alla base della sua emarginazione, della sua solitudine forzata. La storia giunge a un bivio quando Spas, per compiacere i Bulli Biechi, viene indotto a derubare il vecchio Tore. Tra i due nascerà una curiosa amicizia e insieme si lanceranno in una difficile missione, che li porterà in luoghi remoti oltre il Limite. Fino all'Eden.



D. Spas è epilettico. La sorellina Bean è una malata terminale. È stato difficile affrontare questioni così spinose - l'handicap, la solitudine, la malattia, la morte - in un libro di fantascienza per ragazzi?



R. Ho avuto diversi approcci con la malattia, benché non in prima persona. Ho sempre goduto di buona salute - mi ritengo fortunato - ma mi è capitato sovente di conoscere persone affette da disturbi terribili e invalidanti, dalla poliomelite a gravi forme di artrosi. Non c'è alcun dubbio sul fatto che la mia osservazione diretta di disagi e dolori abbia influito sul tipo di storie che racconto. Gli esseri umani nascono imperfetti e occorre rassegnarci a questo stato di cose, a dispetto di tutti i nostri sforzi tesi a determinare e distinguere ciò che è giusto da ciò che è ingiusto. Quanto alla solitudine, gli uomini sono essenzialmente creature sociali, ma tutti noi viviamo momenti di difficoltà e sperimentiamo prima o poi un senso di abbandono, di perdita e separazione.



D. Le sue storie sono destinate a un pubblico eterogeneo: ragazzi, adulti, appassionati di fantascienza. Quali sono i principali fruitori dei suoi libri?



R. A giudicare dalle lettere che ricevo, attribuirei senza esitazione la palma dei fan più irriducibili ai giovanissimi. Anche gli adulti mostrano però di gradire i miei romanzi.



D. Nel corso della sua carriera letteraria si è aggiudicato parecchi premi. Quanta importanza attribuisce a questo tipo di riconoscimenti?



R. Ne attribuisco tantissima a quei concorsi letterari in cui viene chiesto a giovani lettori di indicare quali sono i libri che hanno rappresentato qualcosa di importante nella loro vita. Quando vengono stilate classifiche di gradimento o assegnati premi in base a questi criteri, mi piazzo sempre piuttosto bene. È motivo di orgoglio sapere di aver lasciato un segno.



Intervista a cura di Marco Marangon

novembre 2006

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