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Sull’orlo slabbrato del mondo
Questo romanzo è una perla proibita, non soltanto rara: la fantascienza, scritta in Italia da una donna italiana, è merce di contrabbando.
In una Milano distopica, segnata da miserie e degradi, divisa da muri, frantumata da una punizione esemplare, la storia di Nigredo e Olivia attraversa un labirinto di luoghi rivisitati, di personaggi spezzati da scelte eroiche e condanne senza appello, di visioni, di nostalgie assassine.
C’è un’indagine che nessuno ha ordinato, da sbrigare obbligatoriamente. Ci sono corpi da piangere, da vendicare, da spiegare. Ci sono interrogativi ripetuti, ossessivi. Da dove provengono, quei corpi? Sono resti di persone persone abusate o di cose usate? "Ma che sappiamo noi della vita delle cose?" Un’altra bella domanda. Poco meno di niente, suppongo. Non sappiamo nemmeno se esista un linea di confine tra cose e persone, da uso e abuso.
La tecnologia consente di moltiplicare e replicare, ma non produce ricchezza: la ricchezza è saldamente artigliata dai pochi, privilegiati, crudeli sacerdoti che hanno santificato la sopraffazione. La tecnologia non aiuta l’umano ma lo replica, producendo sofferenze e godimenti disumani, da moltiplicare ancora e da consumare ancora, all’infinito.
Una storia priva di certezze e di contorni netti, che avvolge il lettore in orli slabbrati e suggestioni oniriche. Per buongustai e lettori che non temono le perle proibite.