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Comici spaventosi diorami
In un futuro imprecisato l'Italia, o almeno questa pare, è divisa in 6 zone.
Cinque di esse sono dei giganteschi parchi a tema, dei diorama che ricostruiscono puntigliosamente le ultime quattro decadi del secolo scorso e la prima del nuovo millennio.
Le cosiddette zone Sessanta, Settanta, Ottanta, Novanta e Zero.
La sesta zona è il quartier generale. Da qui, ogni dieci anni un esercito di netturbini-poliziotti dilaga per le cinque zone requisendo tutti gli oggetti posseduti dai cittadini per sostituirli con oggetti consoni al nuovo decennio che sta per cominciare. Ovvero il vecchio decennio appena concluso.
Così a Sessanta il disco Abbey Road, del 1969, viene prontamente sostituito con un altro del 1960 e trasferito a Settanta, che sta per vedere di nuovo il primo gennaio 1970.
Ma l'intervento del quartier generale non si limita al Riassortimento a cadenza decennale.
Ogni giorno gli spazzini ispezionano i rifiuti delle varie zone per trovare indizi di contrabbando e catturare i responsabili, chiamati traveller.
Il protagonista del romanzo, Leo, è uno spazzino, figlio di genitori divorziati, l'uno residente a Sessanta e l'altra ad Ottanta.
Scherzosamente vessato dal suo capo e felicemente amico della sua ex moglie, Leo trascorre un'esistenza piuttosto piatta e monotona, finché non troverà qualcosa di molto particolare tra i rifiuti, un qualcosa decisamente fuori dal suo tempo.
Un romanzo distopico e satirico, in cui l'umorismo dell'autore non distrae da una serie di rivelazioni en passant che mostrano un futuro a dir poco terrificante.
Un romanzo che pur facendo parte di un genere ampiamente esplorato, riesce a portare una ventatà di originalità.
L'atmosfera creata da Fontana ricorda quella di Baol, di Stefano Benni, con la medesima, scanzonata ironia sui regimi e con le avventure di una scalcagnata squadra di eroi.
Consigliatissimo per la facilità della lettura che tuttavia non si traduce in una semplicità del romanzo, inevitabile innesco di lunghe riflessioni sulle false sicurezze date dall'abitudinarietà e dalla delegazione, certo parziale, della propria libertà di scelta.