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sono una stronza?
Ho comprato questo libro appena sono venuta a conoscenza della sua pubblicazione, quindi diversi anni fa: all'epoca vivevo una situazione lavorativa che non era certo delle migliori, ma non perchè il mio capo fosse terribile o l'ambiente malsano, ma avevo una collega che era davvero insopportabile e faceva di tutto per mettermi in difficoltà. Non mi sono abbattuta, anzi, alle volte ho trovato la sfida molto stimolante... e ho iniziato a leggere questo libriccino, che mi è stato assolutamente INUTILE!! non per demeriti del signor Sutton, certo, ma perchè la collega è diventata ben presto mia amica e ho capito da sola che bastava solo prenderla diversamente.
Ma veniamo a noi. Il libriccino in questione fu abbandonato totalmente fino a quando, qualche settimana fa, non l'ho ritrovato, mentre mettevo ordine nella mia libreria. Il segnalibro era a metà volumetto e ricordavo bene che la lettura, almeno fino a quel punto, non era stata per niente piacevole. Però, vista la crisi economica, mi sembrava peccato lasciarlo lì, a giacere senza un motivo, quindi ho dato un senso alla spesa e ho ripreso la lettura.
Inizialmente avevo pensato che più che un vademecum per affrontare le bastardate della mia collega, sarebbe stato un libretto divertente per stemperare un po' la tensione: altro che!!! non mi faceva per niente sorridere e lo stile di Sutton mi risultava pesante e inutilmente dettagliato. Mi spiego meglio: l'approccio, simile a molti testi sociologici già letti, mi faceva sperare anche in una parte un po' più discorsiva nel libro, e invece Sutton non faceva altro che riportare casi su casi, esempi su esempi, con una concezione molto americana sia del lavoro sia dell'ambiente in cui è svolto. Nulla di più lontano da ciò che cercavo io in quel volumetto e, a parer mio, dalla realtà media italiana.
Poi, proseguendo nella lettura, specie quella relativa al periodo più recente, sono entrata maggiormente nello stile di Sutton e gli esempi (sempre troppi però) hanno cominciato a normalizzarsi: non si parlava più delle più alte cariche di famose multinazionali, ma anche del ristoratore, della moglie, dello studente. Quando il discorso si è fatto più "umano" e decisamente pragmatico, mi sono sentita maggiormente coinvolta anch'io e ho trovato qualche simpatica (e veritiera!) chicca. La parte che mi ha interessata più da vicino è stata quella sull'ambiente e sui condizionamenti ambientali che può inconsapevolmente subire un individuo: tanto per riassumere, se vivi e lavori in un ambiente di stronzi, sarà più facile che diventi uno stronzo anche tu! Poi mi è piaciuta anche quella sul "tenere a bada il proprio stronzo interno". Assolutamente inutile quella sullo Stronzometro (i.e. uno strumento che dovrebbe misurare il grado di stronzaggine delle persone), mentre è stato divertente fare il test (di discutibile scientificità, lo dice anche l'autore!) per vedere se siamo anche noi degli stronzi inconsapevoli.
In fin dei conti una lettura "sofferta" ma che sono contenta di aver fatto: forse dovrei rileggerlo e riflettere sui punti che offrono maggiori spunti di pensiero. Ovviamente non vi svelerò il risultato del test!!! ;)
p.s. il linguaggio usato per questa recensione è del tutto conforme a ciò che dice l’autore del libro (non ci si poteva esprimere in altri termini), quindi spero che non sia giudicato in modo improprio.
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ma almeno il test ci ha azzeccato? si o no? :))
Da "Semantica dello stronzo" di S.Bonaga
Gli stronzi: uno dei misteri irrisolti della condizione umana.
Possediamo le categorie culturali per definirli e dunque difenderci?
"Poiche' sono profondamente contro l'internamento degli stronzi in campi speciali e dunque, malgre' tout, per la loro libera circolazione, nasce il problema che io vorrei chiamare della non alleanza. Come non allearsi con gli stronzi che ci sono in giro, ne' con lo stronzo che fosse eventualmente in noi? Inanzitutto individuando il concetto.
E' molto piu` facile dire chi e' uno stronzo di quanto non lo sia dire cos'e' uno stronzo. Una controprova della opacita' ontologica di questa categoria consiste nella difficolta' nel trovare il suo contrario. Qual e' il contrario di stronzo? Qualcosa che non puo' concettualmente coesistere con l'essere stronzo? Si puo' infatti dire: e' intelligente ma stronzo. E' educato ma stronzo. E' simpatico ma un po' stronzo. E' bravo ma stronzo. Etc.
In prima approssimazione potremmo dire che quando ci riferiamo al senso del termine stronzo si tratta probabilmente di una famiglia, nel senso del Wittgenstein delle Ricerche Filosofiche: non c'e' nulla cioe' che gli stronzi hanno assolutamente in comune, ma tira sempre un'aria di famiglia fra gli stronzi. Un secondo approccioe' topologico. E' piu' facile vedere con che cosa confina fuori di quanto non lo sia mostrare come e' fatto dentro. In alto lo stronzo confina con cio' che Nietzsche chiama "pathos della distanza". Infatti egli e' patetico o cinico, mai distaccato o appassionato. In basso lo stronzo confina con il male, che egli non raggiunge mai per debolezza: lo stronzo fa spesso dei danni, ma non attinge la crudelta'.
Tale sconfinamento lo riscatterebbe. A sinistra confina con il sapere, nel senso che non e' l'alto o il basso grado del suo sapere che lo caratterizza, ma il fatto che qualunque ne sia il grado, lo stronzo rende insopportabile cio' che sa e imprescindibile cio' che non sa. Come dire che egli fa del suo sapere una minaccia, e del suo non-sapere una speranza. A destra lo stronzo confina con il potere: egli utilizza il potere contro natura: comanda quando deve persuadere e tenta di persuadere quando basta comandare. Usa poca forza quando ce ne vuole molta e molta quando ce ne basta poca.
A questo primo approccio al concetto di stronzo si possono fare almeno due obiezioni: la prima e' che esso consente di scambiare lo stronzo con il mediocre, e la seconda e' che esso e' puramente descrittivo, mentre cio' che interessa qui e' una decisione etica sullo stronzo. Che lo stronzo non coincida con il mediocre, lo dimostra semplicemente la presenza, nella storia e nella cronaca, di grandi uomini stronzi. Per la storia pensate a Tolstoj, o a Bismark. Per la cronaca pensate a Chomsky, che io so essere, da fonti dirette, un vero stronzo. Come la mettiamo con il grande uomo stronzo? La mediocrita' non e' il suo terreno, eppure non per questo egli e' meno stronzo.
Tentiamo un altro accesso, piu' tedesco. Heidegger chiama Befindlichkeit una delle forme dell'apertura dell'esistenza del soggetto al mondo: traduciamo con: tonalita' affettiva. Essa e' caratterizzata da diversi Stimmungen. Poiche' stimmen significa accordare uno strumento, potremmo dire che nella sua apertura al mondo, lo stronzo accorda male almeno uno dei suoi strumenti: qualcosa in lui stona. Un grand'uomo ha senz'altro molti strumenti accordati perfettamente ma questo non garantisce bellezza, se uno solo e' stonato; soprattutto sull'effetto d'insieme del tipo umano.
Eppure anche questo non e' del tutto convincente perche' lascia intendere che ci sia una specie di armonia cosmica che lo stronzo trasgredirebbe, mentre io penso che il mondo sia tanto poco armonioso quanto una canzone dei Ricchi e Poveri, anzi direi che dai fratelli Gracchi a Marx e i suoi fratelli non pochi hanno pensato che il mondo fosse precisamente questo: una canzone dei ricchi e poveri, perennemente stonata. Con lo stronzo non ci siamo ancora.
Ci scappa da tutte le parti, ma pur sfuggendo nel concetto, ci insegue nella vita. Lasciato dietro, ci compare davanti. Deve aver qualcosa a che fare con l'Eterno Ritorno.
"La piu' grande obbiezione all'idea dell'Eterno Ritorno, dice Nietzsche, e' mia sorella" (citato a mente). E' questione aperta, nella teoria dell'Eterno Ritorno, se Tutto torna o se esso sia selettivo e faccia tornare solo cio' che e' degno di tornare. In questi casi Nietzsche e' incerto, e cosa lo rende incerto? La figura di una stronza. Tornera' la stronza? Gli stronzi ritornano, eternamente? superano dunque la prova dell'eternita'? E' possibile pensare lo stronzo sub specie aeternitatis? E se lo stronzo fosse l'abisso di ogni categoria, lo slittamento stesso delle categorie, quel terreno perrennemente scivoloso dove ogni categoria sdrucciola, e cadendo alza le sottane, e se sotto le sottane, in una visione mostruosa, il sesso scomparisse nella supplenza incoativa dello stronzo?
Stronzo e sesso si suppliscono infatti spesso. Balugina qualcosa di stronzo nel sesso e lo stronzo, pur prescindendo dai sessi, e' stranamente sessuato. Al punto che ci attira e ci spinge a indicarlo a noi stessi e agli altri: quello e' stronzo: e nel far cio' godiamo. E' inutile negare che la presenza di uno stronzo ci fa godere. Nel fastidio. Mistero dello stronzo. Lo stronzo e' forse puro significante senza significato? C'e' davvero un modo allora di non allearsi con esso, secondo la domanda inaugurale?
Ecco un modo minore: consiste nell'attribuire ogni significato possibile a quel significante. La notte nera dove tutti gli altri sono stronzi e noi no. Ma questa non-alleanza non e' elegante, ed eticamente dubbia. Ecco un modo maggiore: consiste nel promuovere in silenzio l'alleanza universale degli stronzi fino alla costruzione complessa di un mondo di stronzi che fanno solo stronzate, qualcosa che assomiglia perfettamente a questo mondo, anzi che e' questo mondo stesso nella sua gloria, un mondo cosi' perfettamente stronzo da rifiutare esso, a questo punto, ogni alleanza con noi."
Anche se, diciamolo, questa piu` che una certezza, e' una speranza.
ps forse ho esagerato ... :)
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Ciao.
Gineisa