Uno studio in rosso Uno studio in rosso

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Mian88 Opinione inserita da Mian88    04 Settembre, 2022
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Rache

«La ringrazio di cuore per avermelo presentato. Non si dice forse “il modo migliore per studiare l’umanità è osservare l’uomo?”»

L’incontro tra John Watson, ex medico militare appena rientrato nel Regno Unito dalla guerra in Afghanistan a causa delle ferite alla spalla e al ginocchio e Sherlock Holmes, avviene più per necessità che per caso. Alla ricerca di un appartamento in cui abitare da un collega gli viene presentato il suo futuro coinquilino con cui andrà ad abitare in quel del 221B di Baker Street. Già dal primo sguardo Holmes lascia dedurre di essere munito di una profonda capacità intuitiva e ragionamento deduttivo che si mixa e confà con quello che è il suo naturale alter ego, Watson, uomo di scienza e logica. Uno sguardo che già fa intuire all’investigatore la provenienza del medico e anche il suo trascorso quale degente a causa delle ferite riportate. Sistemati in quel dell’appartamento ecco sopraggiungere un telegramma di Scotland Yard che richiede l’intervento intuitivo dell’investigatore a seguito di un omicidio che nasconde un misterioso rompicapo da risolvere. Andare, non andare, che fare? Holmes, curioso, decide di recarsi sul luogo seguito da Watson. Ben presto ricollega tutti i tasselli e, proprio quando il caso sembra essere risolto, un’altra morte si palesa a rimescolare gli equilibri. Gli indizi confermano e fanno supporre che i delitti sono stati compiuti per mezzo della stessa mano, Scotland Yard brancola nel buio, Holmes sa che risolverà il caso ma che il merito andrà interamente alle forze dell’ordine. E chissà, certamente o quasi, non sbaglia. Un filo rosso da seguire, un susseguirsi di certezze e valutazioni che faranno combaciare ogni tassello del puzzle.

«È sempre sbagliato confondere lo strano con il mistero. Il crimine più banale è spesso il più misterioso perché non presenta aspetti nuovi o speciali da cui trarre conclusioni.»

Corre l’anno 1887 quando Arthur Conan Doyle pubblica il suo romanzo intitolato “Uno studio in rosso”, prima opera all’interno della quale fa il suo ingresso il famoso e di poi leggendario Sherlock Holmes coadiuvato dalla fedele spalla John Watson e già da questo primo scritto si evince e si delinea il carattere forte e vincente di una serie di opere che per ovvi motivi han finito con il lasciare il segno.
Se da un lato colpisce lo stile narrativo adottato che vede Watson narrare e una rottura degli schemi a partire dalla seconda parte del narrato quando il lettore viene catapultato alle origini del delitto in un’epoca e in un tempo lontano dai fatti, ad avvalorare la portata del componimento è altresì la struttura dei personaggi che sono costruiti in modo solito e accattivante. Ciascuno con i suoi caratteri principali, ciascuno con le sue debolezze e forze. La fusione spalla-spalla che si interseca tra i medesimi rende ciascuno parte indispensabile del mistero e fa sì che nessuna delle due voci principali prevarichi l’altra quanto, al contrario, l’accompagni.
A ciò si aggiunge un intrigo solido, funzionale, lineare, che non fatica a conquistare il conoscitore e che trattiene tra le pagine incuriosendo e coinvolgendo. Altrettanto interessanti sono le ragioni storiche che portano Doyle a stendere l’opera nonché tutti quei retroscena che accompagnano le sue opere, non solo gialle ma anche fantasy e storiche. Uomo di gran fantasia, lo scrittore è riuscito senza difficoltà a trasporre la sua genialità tra le pagine e a rendere uniche le sue storie in modo semplice e genuino.
Un primo capitolo da scoprire, leggere, assaporare e gustare in totale e completa tranquillità.
Sia per chi già conosce e ha letto del personaggio, sia per chi desidera avvicinarvisi, è e resta un titolo che merita di essere assaporato.

«Ormai dovrei sapere che quando si presenta un fatto che contraddice una lunga catena deduttiva è stato invariabilmente mal interpretato.»

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Chiara77 Opinione inserita da Chiara77    31 Agosto, 2022
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Logica deduttiva

« […] Sarò riconoscente a voi perché senza di voi non mi sarei probabilmente scomodato e così mi sarebbe sfuggito lo studio più interessante che si possa desiderare: uno studio in rosso, come direbbe un pittore.
Di che magnifico rosso non è infatti questo filo tinto del sangue di un misfatto e che si perde fra gli arcani meandri della matassa scompigliata dell’esistenza umana! Spetta a noi dipanarla, isolarla, studiarla filo per filo.»

Arthur Conan Doyle pubblica nel 1887 il romanzo “Uno studio in rosso” con il quale entra in scena il leggendario detective Sherlock Holmes.

Gran parte della narrazione avviene dal punto di vista del dottor Watson, medico militare britannico ferito nella battaglia di Maiwand che, dopo essere tornato a Londra, sta cercando un coinquilino con cui dividere le spese di un appartamento in centro. Per caso Watson entra in contatto con l’eccentrico ma allo stesso tempo rigoroso e metodico Holmes e, in brevissimo tempo, i due si ritrovano a condividere l’appartamento in Baker Street. Il dottor Watson è chiaramente affascinato da Holmes e, a poco a poco, si rende conto di quale sia la sua attività e di come egli la svolga seguendo un efficacissimo metodo deduttivo.

Una mattina Holmes riceve una lettera da parte di un poliziotto di Scotland Yard, gli sta chiedendo aiuto per risolvere un caso che sembra complicatissimo e misterioso. Lui e Watson si dedicheranno così al caso dello “studio in rosso”.

La narrazione secondo il punto di vista di Watson però non interessa tutto il romanzo, è presente una seconda parte che, catapultando il lettore in un luogo e in un tempo del tutto avulsi dal contesto precedente, serve a spiegare le ragioni più profonde che hanno dato origine al delitto.

Anche se lo straordinario successo internazionale di pubblico e critica arrivò per l’autore soltanto quando uscì la seconda avventura di Sherlock Holmes, “Il segno dei quattro”, ci troviamo con “Uno studio in rosso” già alle prese con un romanzo di eccezionale fama. Non credo quindi di poter aggiungere qualcosa di particolarmente originale rispetto a quanto è già stato scritto o detto su questo mitico personaggio letterario o sulle sue avventure. Posso limitarmi a riportare la mia personale esperienza rispetto a questo lettura che, devo ammettere, è stata molto piacevole e avvincente. Nonostante conoscessi già Holmes – chi non lo conosce?- attraverso film, serie TV, brani antologizzati, e, di conseguenza, non avessi una forte curiosità o desiderio di leggere proprio questo romanzo, sono rimasta positivamente colpita. Sì, davvero i due personaggi di Watson e Holmes sono particolari, il primo che avvince con il suo modo di raccontare pacato e modesto, sotto le cui sembianze si cela evidentemente l’alter ego dell’autore e il secondo, con la sua esuberante genialità che in alcuni momenti diventa comica che ormai rappresenta nell’immaginario collettivo l’investigatore per eccellenza.
Infine, mi ha piacevolmente stupita la bipartizione della narrazione secondo due diversi punti di vista e con ambientazioni così differenti.

In conclusione quindi, si tratta di una lettura coinvolgente e appassionante che ha senz’altro anche la potenza di un classico.
Buona lettura!


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Agli amanti del genere poliziesco.
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GioPat Opinione inserita da GioPat    10 Novembre, 2020
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Se non c'è immaginazione non c'è orrore

John Watson è un ex medico militare appena tornato nel Regno Unito dalla guerra in Afghanistan a causa delle ferite riportate alla spalla e al ginocchio. Qui incontra, tramite un suo collega, il famoso investigatore Sherlock Holmes con cui andrà a condividere l’appartamento sito al 221B di Baker Street. Dopo essersi sistemati, all’investigatore arriva un telegramma da Scotland Yard su un omicidio avvenuto in cui si richiede il suo aiuto per risolverlo. Egli, dunque, insieme al suo nuovo coinquilino Watson si reca sul luogo dell’assassinio e grazie alla sua attenzione per i dettagli noterà indizi che sfuggono ai suoi colleghi di Scotland Yard. Quando tuttavia la soluzione del caso sembra vicina, si compie un altro delitto collegato con il primo e dunque presumibilmente effettuato dalla stessa persona. Sherlock Holmes riuscirà a risolvere il caso mentre la polizia londinese continua a brancolare nel buio.

Primo romanzo di Arthur Conan Doyle con protagonista il celebre investigatore Sherlock Holmes. Il libro è suddiviso in due parti: il racconto degli omicidi e gli antefatti che hanno portato alla realizzazione degli stessi. La prima parte scorre molto veloce e presenta anche un colpo di scena a mio parere totalmente inaspettato; l’attenzione del lettore viene posta sui fatti in atto e all’improvviso viene deviata, scelta che ho apprezzato molto. Tuttavia la seconda parte scorre molto più lenta, complice il salto nel passato che viene effettuato e che riporta un’ambientazione totalmente differente da quella della prima. Solo gli ultimi due capitoli, che si ricollegano all’ultimo della prima parte, riportano la narrazione a scorrere e a lasciare il lettore soddisfatto di ciò che legge.

Lo stile l’ho trovato di mio gradimento. Se non sapessi l’anno in cui è stato pubblicato questo romanzo potrebbe risultare senza problemi scritto recentemente: i termini non sono complessi e le frasi sono di semplice comprensione. La storia è narrata in prima persona dal dottor Watson, il che a tratti mi ha divertito poiché palpabile lo stupore di come Sherlock Holmes riesca a cogliere il più piccolo dei particolari e da qui riuscire persino a identificare una persona con le relative abitudini; lo stesso Watson ha subito un identikit da Holmes dopo un semplice e rapido sguardo sulla sua persona.

Il libro lo consiglio vivamente in quanto è molto leggero e mi ha appassionato, nonostante la seconda parte non sia riuscita a prendermi completamente. Leggerò sicuramente i successivi romanzi dello stesso autore con protagonista il famoso investigatore, sperando di poter trovare racconti avvincenti come questo e che mi lascino con il fiato sospeso fino alla fine, ma che mi colpiscano con i colpi di scena. In conclusione questo è un grande classico che non può mancare nella libreria di ogni appassionato di libri gialli.

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FrancoAntonio Opinione inserita da FrancoAntonio    21 Giugno, 2020
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Ecco a voi Sherlock Holmes

Un medico militare invalido e reduce dalle campagne in Afghanistan e uno strano studente in “non si sa bene che cosa” si incontrano casualmente e decidono di andare a coabitare per risparmiare soldi sull'affitto di casa. Come incipit non sembra particolarmente invitante se non fosse che è proprio in questo modo che il Mondo ha fatto la conoscenza di due dei personaggi più iconici della letteratura poliziesca: Sherlock Holmes e il dott. Watson. Già in questa prima indagine il giovane “consulente di investigatori” dimostra di possedere un acume prodigioso che gli consente, oltre a stupire i suoi interlocutori occasionali, di sbrogliare, in soli tre giorni, l’intricata matassa che vede impelagati gli ispettori Lestrade e Gregson di Scotland Yard. Costoro sono incaricati di scoprire chi ha ucciso brutalmente prima Mr. Enoch Drebber e poi il suo segretario, Joseph Stangerson, due cittadini americani da poco residenti a Londra. Ovviamente i due poliziotti non ne imbroccano una. Holmes, invece, già dopo il primo sopralluogo della casa in cui è avvenuto il primo delitto, sa indicare che tipo di persona vada ricercata; dopo pochi giorni, riesce, poi, a procedere al suo arresto.

Penso che nessuno possa dire, sinceramente, di ignorare chi sia Sherlock Holmes. Non esiste nessuno che non abbia mai letto, visto o sentito raccontare qualcosa che lo riguardi. Nessuno che, almeno una volta nella vita, non lo abbia preso a paragone per una metafora. Invero non c’è personaggio della letteratura poliziesca che sia più noto o plagiato che abbia dato origine a più epigoni, opere teatrali, film e telefilm. Nessuno ha ispirato così tante storie basate sulla medesima tecnica di indagine induttiva.
A questo punto cosa si può dire di originale sul romanzo che ha dato i natali al più grande investigatore di tutti i tempi? Che è stato un parto di genio? Che è scritto in modo mirabile e coinvolgente? Che in soli sette capitoli Conan Doyle ha saputo tratteggiare una figura che è restata nella storia mondiale e non solo della letteratura? Che lo stile usato oltre 130 anni fa è ancora fresco e attuale? Sì, forse, ma non sarebbero novità.
In realtà “Lo studio in rosso” non è di per sé un romanzo eccezionale e lo Sherlock Holmes che qui conosciamo ci appare come un personaggio piuttosto indisponente e antipatico, tutt’altro che carismatico. A dirla tutta riesce quasi a battere in avversione il Philo Vance di VanDyne. Inoltre la sua mirabolante capacità di indagine risulta irritante e supponente. La prima parte del romanzo, l’unica in cui lo si vede in azione, è narrata in modo subdolo e scorretto: l’A. nasconde al lettore gran parte delle informazioni che l’investigatore raccoglie e su cui ragiona. Tradisce, così, quel patto non scritto tra narratore e lettore che dovrebbe consentire anche al secondo di trarre le sue conclusioni. Delle due, risulta molto più coinvolgente la seconda parte del romanzo, dedicata a riferire la struggente storia dei Ferrier e di Jefferson Hope e a farci comprendere le ragioni del duplice omicidio. I personaggi di questa storia, ambientata nella cruda realtà della Frontiera americana e dominata dalle spietate leggi del mormonismo dei primi anni, sono assai più toccanti e coinvolgenti, al punto che veniamo portati addirittura a comprendere e giustificare il delitto. Ma, di per sé, neppure questa storia brilla di particolare originalità.
Tuttavia è innegabile che il cocktail di queste due vicende, apparentemente così diverse tra di loro, è sicuramente vincente. Alla fine non si può che ammirare Conan Doyle che, lavorando su un terreno pressoché vergine, è riuscito a innalzare solidissime fondamenta sulle quali è sorto l’imponente edificio del genere poliziesco moderno e, in fondo, pure l’indagine della polizia scientifica dei nostri giorni.

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Consigliato a chi voglia riscoprire questa mitica figura di investigatore partendo, in ordine rigorosamente cronologico, dal suo incontro con il dott. Watson, suo amico e scrupoloso biografo.
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archeomari Opinione inserita da archeomari    01 Mag, 2019
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una rossa matassa da sbrogliare

Ho gustato diverse edizioni di quest’opera e vi consiglio di procuravene una illustrata, come quella che ho letto io, edizione BUR (1995) con le illustrazioni di George Hutchinson.
È l’opera fondamentale per conoscere l’origine dell’amicizia e della collaborazione tra Sherlock Holmes e il dottor John H. Watson. Quest’ultimo costituisce la voce narrante delle opere che riportano le avventure del famoso detective privato: noi infatti leggiamo i suoi ricordi, le sue memorie e solo raramente il suo racconto viene interrotto.
Ci imbattiamo all’inizio proprio nel dottor Watson, che, dopo l’esperienza di medico militare dell’esercito britannico in Afghanistan, torna a Londra, solo, senza familiari, alla ricerca di un appartamento in città che sia decoroso, ma non troppo costoso.
Ed è così che conosce Sherlock Holmes, questo strano “studente in medicina”, tramite un conoscente comune che li fa incontrare. Insieme Sherlock Holmes e il dottor Watson prenderanno in affitto, dividendone le spese, un appartamento al numero 221B di Baker Street: quella sarà la strada più nominata in tutti i libri del famoso detective, sarà il suo studio dove riceverà i suoi clienti provenienti da ogni estrazione sociale, da quella più semplice e umile a quella più altolocata, nobiluomini e nobildonne titolati compresi, tutti accomunati dalla sollecitudine, dalla premura, dall’ansia di esporre a Sherlock Holmes i propri problemi, i propri drammi irrisolti che tormentano la loro vita. Ho trovato molto interessante questo libro per varie motivazioni, in primis, il modo in cui viene presentato il detective, questa figura affascinante : un uomo dall’acume geniale, dall’interesse non coronato da studi di medicina “regolare”, ma dalle profonde conoscenze in campo scientifico, in particolare la chimica, l’anatomia, un uomo che però ha anche terribili lacune in campo artistico e letterario che faranno inorridire il suo compagno di avventure.
Sherlock Holmes è capace di attività frenetica ed instancabile quando la sua mente è applicata a risolvere qualche spinoso caso “poliziesco”, ma anche di deprimente apatia nei momenti di inattività. Lo stupore del dottor Watson è sincero quanto la sua ammirazione verso quest’uomo che dice di aver inventato il proprio lavoro, che è quello di essere una sorta di “consulente “ della polizia, l’ultima corte di appello cui si rivolge Scotland Yard quando non riesce a far luce su alcuni casi (prendendomene poi tutti i meriti ufficiali, una volta risolti grazie a lui).

Come mai questo titolo? Ce lo dice proprio Sherlock Holmes :
“Uno studio in rosso, eh? Perché non trovargli un bel titolo, a questa storia? Nell’ incolore matassa della vita corre il filo rosso dell’omicidio, ed è nostro dovere sbrogliarlo, isolarlo, esporlo in tutta la sua interezza”.

Al lettore scoprire il contenuto di questo libro, anche perché nella seconda parte , si cambia totalmente registro, si interrompono le memorie di Watson, ci spostiamo nello Utah, in America e una bellissima storia, sempre collegata al caso da risolvere, vi aspetta. Buona lettura!

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Consigliato a chi ama il genere giallo, perché troverà uno stile narrativo inconfondibile e trama avvincente, ma anche a chi ama i Classici in generale
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lapis Opinione inserita da lapis    06 Gennaio, 2016
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Vede cose che noi umani non possiamo immaginare

Recentemente mi sono imbattuta nelle “Venti regole per scrivere romanzi polizieschi”, un articolo del 1928 del giallista S.S. Van Dine che esordisce così: “Il lettore deve avere le stesse possibilità del poliziotto di risolvere il mistero. Tutti gli indizi e le tracce debbono essere chiaramente elencati e descritti”.

Fermo restando che a mio parere in letteratura le regole poco valgono (e lo dimostra anche il fatto che, nella mia ignoranza, io Van Dine nemmeno lo conoscessi mentre la fama di Conan Doyle non ha certo bisogno di commenti), queste parole mi sono tornate in mente leggendo “Uno studio in rosso” perché ho chiuso il libro con la sensazione vagamente frustrante che a me lettrice Arthur Conan Doyle non abbia purtroppo dato alcuna possibilità di risolvere il mistero. Le carte infatti non vengono svelate con l’avanzare della storia ma tenute saldamente coperte nelle mani di Sherlock Holmes che, naturalmente, alla fine cala il suo poker d’assi. Secondo il mio gusto di lettrice moderna, cresciuta a pane e Poirot, è questa la caratteristica che più inficia la piacevolezza del romanzo.

Ciononostante, nessuno nega a quest’opera non soltanto il proprio valore letterario ma anche quell’aura “sentimentale” che accompagna la prima apparizione di Sherlock Holmes, il primo incontro con il dottor Watson, la prima indagine in cui fa sfoggio delle proprie eccezionali capacità deduttive.

Bellissima l’ambientazione, che ci avvolge nello spesso e grigio fumo londinese di fine Ottocento. Elegante la scrittura, di alta qualità stilistica e descrittiva. Ma è il carisma di questo personaggio inimitabile e ormai iconico che conquista davvero: presuntuoso, antipatico, un po’ cinico, Sherlock Holmes non può certo lasciare indifferenti con il suo carattere innovativo, la sua genialità acuta, le sue sentenze laconiche. Fascino assicurato.

Immancabile lettura quindi per gli appassionati sherlockiani, per gli amanti del giallo e non solo.

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MAZZARELLA Opinione inserita da MAZZARELLA    16 Mag, 2015
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Non è affatto elementare amici!

“Uno studio in rosso” di Sir Arthur Conan Doyle
Nel 1887 nasce il detective più famoso di tutti i tempi: Sherlock Holmes. Per quarant'anni Sir Arthur Conan Doyle, medico di scarsa fama, scrive storie sul celebre detective e sul suo inseparabile aiutante, amico e voce narrante, il dottor Watson (probabilmente l’alter ego di Doyle), creando un modello che influenzerà tutti i romanzi polizieschi.
L’esordio del grande investigatore si ha con il romanzo “Uno studio in rosso” dove si assiste all’incontro tra Sherlock Holmes ed il Dottor Watson, un ex medico militare di ritorno dalla guerra. Il dottore in cerca di un alloggio, approda per puro caso nell’appartamento di Holmes il quale nonostante sia un tipo abbastanza eccentrico, decide di condividere la casa con il medico.
Holmes suona il violino, passa molto tempo in silenzio a pensare e riceve tante visite da coloro che lui chiama “clienti”. In effetti Holmes è un investigatore privato dotato di una certa fama, tanto è vero che un giorno riceve una lettera dalla polizia inglese che lo informa dell’omicidio di Encoh Drebber. Holmes invita anche Watson a partecipare alle indagini e così i due si recano sulla scena del crimine, dove Holmes inizia a fare domande, ad osservare ed ad appuntarsi tutto su un blocchetto di carta. Il caso per Scotland Yard sembra un rompicapo impossibile, il cadavere non ha segni di violenza e le tracce lasciate dall’assassino (una fede da donna, una scritta in rosso) mandano più che mai in confusione tutto il dipartimento di polizia. Tuttavia l’abilità di Holmes è notare ciò che gli altri si limitano a guardare, dedurre ciò che gli altri non capiscono (l’arma vincente del nostro investigatore è proprio la scienza della deduzione) ed analizzare (grazie anche alla sua abilità come chimico) tracce scientifiche.

Una volta eliminato l’impossibile ciò che rimane, per quanto improbabile, dev’essere la verità.

Una persona che si basa sulla logica deve vedere ogni cosa esattamene com’è, e la sottovalutazione di se stessi costituisce una deviazione dalla verità quanto l’esagerazione delle proprie capacità

Alla fine il nostro grande investigatore giunge brillantemente a capo della vicenda e Watson rimane sorpreso sia dal finale sia dalle incredibili capacità dell’amico. La frase “Elementare, Watson” conosciuta dal mondo intero non appartiene né ad Holmes né tantomeno a Doyle eppure posso affermare che sicuramente tutte le storie di Doyle “non sono certamente elementari o scontate”. Non è il solito giallo, e fino all’ultima pagina ci si chiede come può una mente elaborare così velocemente tante nozioni. L’ambiente, lo stile, gli scenari ma soprattutto i personaggi e le vicende, fanno di Sir Arthur Conan Doyle uno dei più grandi scrittori di tutti i tempi, poiché i suoi romanzi (ambientati nell’Inghilterra del 1800) sono tutt’oggi più che attuali. Il carisma di Holmes e Watson li ha fatti amare e continuerà a farli amare perché sono intramontabili. Chi di noi non vorrebbe avere le capacità di analisi deduttive del nostro caro investigatore privato? E’ elementare, tutti!

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Vita93 Opinione inserita da Vita93    20 Aprile, 2015
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Una grande mente

Sir Arthur Conan Doyle è stato un versatile scrittore scozzese di grande importanza artistica, considerato il fondatore, insieme ad Edgar Allan Poe, di un sottogenere letterario importante come il giallo deduttivo.
Il personaggio del geniale investigatore Sherlock Holmes è ancora oggi, a distanza di 128 anni dalla sua creazione, il più celebre tra tutti i detective della letteratura poliziesca.
È curioso il fatto che il rapporto tra Doyle ed il personaggio da egli stesso creato sia stato, secondo varie fonti, difficile e burrascoso. Pare infatti che l’autore non apprezzasse particolarmente il fatto che la fama del detective letterario avesse superato quella del suo ideatore. Il clamoroso successo di Holmes ha infatti messo in ombra altre produzioni di Doyle, appartenenti a generi che il nativo di Edimburgo apprezzava maggiormente, come i romanzi di avventura o quelli fantastici.

Ne “Uno studio in rosso”, datato 1887 e primo dei quattro romanzi incentrati sulla figura di Holmes, viene descritto il casuale incontro tra Sherlock ed il Dottor Watson, medico reduce dalla guerra in Afghanistan e narratore della vicenda, considerato l’alter ego dello scrittore.
Entrambi in cerca di una casa, si ritrovano, grazie ad una conoscenza comune, a condividere un appartamento all’indirizzo 221B di Baker Street, Londra.
Watson capisce subito di trovarsi di fronte ad un individuo singolare, e la sua curiosità aumenta quando scopre che Sherlock collabora con la polizia in qualità di investigatore privato ed è anche sostenitore di coraggiose teorie sul metodo scientifico e sulla deduzione intuitiva applicate alla criminologia.

La storia è divisa in due parti. La prima sezione verte sull’incontro tra i due protagonisti ed arriva alla scoperta del colpevole, mentre la seconda mira ad analizzare, attraverso un lungo flashback, i motivi che hanno spinto l’assassino a compiere il delitto.
Se nella prima parte spicca la personalità eccentrica, sarcastica, carismatica ed imprevedibile di Holmes, nella seconda emergono numerosi approfondimenti esotici, culturali e religiosi.
Doyle utilizza uno stile accattivante, divertendo il lettore con un raffinato sense of humour rigorosamente britannico e sfruttando le differenze tra i due protagonisti. Emblematico è il rapporto che i due personaggi hanno con le proprie deduzioni. Holmes, quando intento a riflettere, passeggia, parla da solo, lascia fluire le proprie osservazioni senza mai dimenticarsi niente, mentre Watson deve necessariamente riordinarle e scriverle su carta. E così dopo aver conosciuto Sherlock sente il bisogno di appuntarsi l’elenco dei rami del sapere in cui il detective sembra non avere segreti, nel vano tentativo di inquadrarlo meglio.

“Uno studio in rosso” è un giallo senza tempo, così come lo sono Holmes e Sir Arthur Conan Doyle, che ha avuto il merito, come tutti i precursori, di anticipare i tempi ed indirizzare i propri successori.

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Marco Caggese Opinione inserita da Marco Caggese    26 Novembre, 2014
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Cento anni avanti

Un genio. Non riesco a trovare un altro termine per descrivere Sir Arthur Conan Doyle.
La lettura accurata del primo romanzo che vede come protagonista il celeberrimo Sherlock Holmes mi ha fatto comprendere quanto Conan Doyle sia riuscito a creare qualcosa di assolutamente nuovo in campo letterario e di quanto sia stato precursore di un certo modo di concepire i personaggi protagonisti di un racconto.
Holmes è un personaggio incredibile, stravagante, arrogante, talentuoso, quasi ottuso nell'approfondire i suoi interessi: impossibile non innamorarsi di questo straordinario essere. E precisiamo che Conan Doyle ha scritto questo romanzo nel 1890!!! La freschezza della scrittura, la dinamicità dei personaggi e l'incessante incalzare della storia rendono questo romanzo imprescindibile.
Anche la struttura stessa del racconto è unica ed innovativa per i suoi tempi: il volume è spaccato in due parti, la prima racconta la vicenda presentandoci Watson, Holmes e tutti i personaggi di contorno che si trovano di fronte ad un omicidio attorno al quale fioriscono i misteri. Certo non per Sherlock Holmes...
Stop. Seconda parte del romanzo. Ci troviamo nell'America del Nord di cento anni prima, ci viene narrata una vicenda che fatichiamo a collegare con quello che abbiamo letto finora, ma con lo scorrere delle pagine tutto torna ed il passato mostra il suo gravoso fardello.
Una vera riscoperta, un libro "seminale" di quasi 130 anni fa che si fa leggere nel modo più avvincente possibile, dimostrando di essere un capolavoro del suo genere.

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f.ilvi Opinione inserita da f.ilvi    26 Marzo, 2014
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Un piacevole incontro

Leggere i romanzi di Sherlock Holmes è una delle tappe obbligatorie di un lettore che si rispetti. E' con questa idea che ho acquistato questo libricino (130 pagine circa). Breve ma ricco di dettagli, il racconto parte subito, senza troppi preamboli, con l'incontro tra i due protagonisti: il dottor Watson, che è anche il narratore, e il più che noto Holmes. La storia è molto scorrevole, di quelle che ti tengono incollato pagina dopo pagina, con la curiosità di sapere come si evolverà la vicenda e con la costante domanda: "ma come ha fatto a capire tutto questo da un dettaglio irrilevante?"...tranquilli, tutto ha una spiegazione, ogni particolare è lì per un qualche motivo!

ATTENZIONE: PICCOLO SPOILER
Ho gradito in particolare la spiegazione del movente dell'assassino, che ha inizio in un luogo ed in un tempo molto lontani, tanto da chiedersi se la seconda parte del libro non sia un altro racconto totalmente indipendente dalla prima! Alla fine però, quando il cerchio si chiude, ti lascia un senso di soddisfazione, perché Conan Doyle non lascia davvero niente al caso!

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Sordelli Opinione inserita da Sordelli    26 Marzo, 2014
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Uno straordinario impatto

"Uno studio in rosso" è innanzi tutto il racconto di un incontro, quello tra il dottor John Watson e l'investigatore dilettante, nonché studioso di chimica, scienziato e chi più ne ha più ne metta...Sherlock Holmes.
É la storia della nascita di un'amicizia, ma anche il racconto di una vendetta che ha impiegato anni per esser portata a termine.
Ero molto impaziente di cominciare la mia avventura con Sherlock: amo il personaggio anche se l'ho conosciuto solo grazie al grande schermo e alla tv (la serie televisiva "Sherlock" me ne ha fatto innamorare pazzamente!) e fremevo dalla voglia di cominciare a leggere qualcosa. Ho acquistato tutta la raccolta di racconti, poi via, son partita! E che dire? Sono assolutamente soddisfatta!
Mi è piaciuto molto lo stile di Conan Doyle, la lettura è scorrevolissima e la cosa mi ha lasciata di stucco: temevo, essendo stato scritto nel XIX secolo, di scontrarmi con un linguaggio difficile e in uno stile ricco e complesso che avrebbero reso la lettura difficoltosa. Ma così non è stato! Con mia grande meraviglia, "Uno studio in rosso" si fa bere come un bicchier d'acqua! Il ritmo è incalzante e la narrazione non annoia mai. Si arriva ad un certo punto in cui si ha la sensazione che l'autore abbia inserito uno spaccato di storia che non c'entri proprio nulla con ciò che suggerivano gli avvenimenti; tuttavia vi renderete presto conto che quello spaccato è più che necessario per "dare corpo" al racconto, aggiungere maggiori dettagli e capire meglio chi ha portato a fare cosa e perché.
Lo consiglio assolutamente, la lettura é adatta a tutti. Ve ne innamorerete.

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ClaudiaM Opinione inserita da ClaudiaM    14 Gennaio, 2014
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UNO STUDIO IN ROSSO - Arthur Conan Doyle

Uno studio in rosso – Arthur Conan Doyle
Premetto che non sono un’amante del genere giallo. Pochi, ma davvero pochi libri mi hanno preso. Il più delle volte non arrivavo oltre il rinvenimento del cadavere, forse dato anche dalla scelta di libri sbagliati, chissà! O forse perché dopo aver letto “10 piccoli indiani”, nessuno mi ha mai stimolato più di tanto a scoprire la verità. Allora mi sono detta che, dato che questo Sherlock Holms piaceva tanto ed è uno dei romanzi che DEVONO far parte della libreria di un lettre accanito (quale sono!), potevo provare.
Wow!
Il personaggio di Sherlock è a dir poco fenomenale! Dopo aver capito il suo modus operandi, ho provato ad applicarmi anche io per cercare di capire chi fosse l’assassino; insomma, mi sono messa in gioco! Perché secondo me è proprio questo che manca a molto gialli: farti alzare per un attimo gli occhi dal libro per cominciare a ragionare per scoprire l’identità del colpevole. Questo è il vero scopo di un giallo. Il lettore indaga insieme ai protagonisti.
Fortunatamente Watson è umano tanto quanto noi, così da non farci demoralizzare nel momento in cui non riusciamo a scogliere la matassa intricata che è la trama.
Quindi dovrei correggere la prima frase della mia recensione: “premetto che non ERO un’amante del genere giallo!”
Ora sono immersa nella lettura di un secondo romanzo: “Il segno dei quattro”. Sono più che sicura che on mi deluderà!

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SARY Opinione inserita da SARY    17 Dicembre, 2013
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Elementare Watson

“Uno studio in rosso, eh? Perché non usare qualche termine pittorico. Il filo scarlatto dell’omicidio che si dipana lungo l’incolore matassa della vita”
Grazie al caro dr. Watson conosciamo il geniale sig. Holmes. Infatti, il dottore tiene meticolosamente aggiornato il proprio diario senza tralasciare nulla, riuscendo a stendere un resoconto dei fatti e misfatti occorsi all’astuta coppia, come in questo caso.
Una morte sospetta conduce gli investigatori di Scotland Yard all’indirizzo di Holmes, pregandolo di recarsi presso la scena del crimine per un consulto, viste le ufficiose precedenti collaborazioni. Il teatro dell’orrore si presenta così: un uomo disteso a terra in una casa abbandonata con un’espressione di terrore dipinta sul viso, parole scritte col sangue sul muro ed una fede nuziale accanto al corpo. Con questi pochi elementi, ed altri che solo una mente acuta attenta ai minimi particolari può rilevare, il colpevole verrà acciuffato.
All’inizio Watson ci presenta fisicamente e caratterialmente l’amico, con particolare attenzione alle qualità che lo rendono un naturale investigatore (“ Il mondo è pieno di cose ovvie che nessuno si cura mai di osservare” tratto da “ Il mastino dei Baskerville”). Seguono poi la ricerca del colpevole, il movente ed infine la spiegazione dei ragionamenti fatti da Holmes per giungere alla chiusura del caso.
Ho trovato questo libricino ripetitivo e sottotono, con una trama ed uno stile zoppicanti; alcuni punti sono davvero improbabili. Non ci sono indagini vere e proprie, semplicemente ad un certo punto Holmes rivela chi è la mano omicida. Ho amato la penna di Doyle nel libro sopra citato per l’eleganza, qui presente a tratti. Non sono riuscita ad affiancare nelle indagini il protagonista, non ho avuto il tempo e il materiale per delle supposizioni. Troppo sbrigativo nella risoluzione del caso, un finale forzato, un racconto troppo breve per poterlo apprezzare fino in fondo.
Resta comunque una lettura piacevole, consigliata ai più fedeli seguaci di Holmes.

“ Si dice che il genio sia infinita pazienza. Come definizione è pessima, ma calza a pennello al lavoro dell’investigatore”

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Valerio91 Opinione inserita da Valerio91    10 Dicembre, 2013
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Holmes è sinonimo di Genio

Personalmente ritengo che Arthur Conan Doyle e il suo Sherlock Holmes siano l'ingresso perfetto per un giovanissimo lettore che vuole entrare nel mondo della lettura vera, quella davvero bella e matura anche se non eccessivamente impegnativa. Almeno così è successo a me ed è stato un fantastico trampolino di lancio. Il motivo? Il modo di scrivere di Doyle è semplice ma accurato, ambientazioni intriganti e variegate (L'Inghilterra di fine '800 è già suggestiva di per sé), situazioni coinvolgenti e mai scontate, personaggi carismatici, a partire dal dottor Watson, arrivando a quel genio fantastico che è Sherlock Holmes, che ritengo uno dei personaggi letterari meglio riusciti della storia.
"Uno Studio In Rosso" è probabilmente, dei quattro romanzi dedicati al detective di Baker Street(oltre ai racconti), il migliore. E' riuscito a emozionarmi, stupirmi, appassionarmi oltremodo. Inoltre il genio di Holmes è magnetico, vuoi andare avanti, scoprire cosa frulla nella sua testa, perchè a lui sembra bastare una semplice occhiata alla scena del delitto per sapere nei minimi particolari come siano andate le cose. E una volta completata la sua spiegazione, la fa sembrare talmente semplice (anche se spesso è decisamente complicata), che ti chiedi: "Come ho fatto a non arrivarci?". Ma non siamo i soli, se lo chiede spesso anche lo storico compagno di avventure di Holmes, il dottor Watson, che in questo romanzo conoscerà per la prima volta il suo controverso amico. Questo romanzo si può infatti considerare come la prima avventura di questo duo letterario (e non solo) eccezionale.
"Uno studio in rosso" è fondamentalmente diviso in due parti principali, la prima, in cui si racconta del fatidico primo incontro tra il dottor Watson e Sherlock Holmes. Dopo essersi conosciuti vengono subito catapultati sulla scena del delitto, la vittima è Enoch j. Drebber. Nonostante sul corpo non vi siano segni di violenza, la stanza dove viene rinvenuto il cadavere è piena di sangue, e nelle vicinanze della vittima viene trovata una fede da donna. La situazione sembra controversa ma Holmes appare già sicuro di sè e di cosa possa essere accaduto in quella stanza macchiata rosso sangue.
Nella seconda parte viene invece raccontata la storia che ha portato all'omicidio, il cui colpevole è probabilmente il personaggio più interessante del libro dopo Sherlock Holmes.
Per certi versi sembra di leggere due libri diversi, collegati tra loro da un sottile filo conduttore.
La prima parte colpisce per la caratterizzazione eccezionale che viene fatta dei personaggi di Watson e soprattutto di Holmes, di come inizia la loro immensa amicizia. Colpiscono i geniali ragionamenti fatti da Holmes per venire a capo della faccenda, cosa che lo caratterizzerà dalla prima fino alla sua ultima avventura, e vero punto di forza delle storie scritte da Doyle dedicate al detective. Non posso infatti negare che ogni volta mi cimentassi nella lettura di una storia di Holmes, non vedessi l'ora di leggere la sua logica spiegazione alle vicende.
La seconda parte è invece quella che ci fa emozionare, che ci fa capire i sentimenti dell'assassino, che ci fa odiare o amare dei personaggi rispetto ad altri, che ci coinvolge del tutto nei fatti narrati. Mentre leggevo quelle righe mi sembrava di essere lì, immerso nella storia che mi veniva raccontata, spettatore di ciò che accadeva e condividendo le sensazioni e i sentimenti dei personaggi.

Doyle è riuscito in quello che è uno degli scopi principali della lettura. Un libro deve suscitare in noi delle emozioni, coinvolgerci e lasciarci qualcosa dentro una volta chiuso definitivamente il libro. E Doyle con il suo primo Holmes, ci riesce in modo meraviglioso.

"È un errore confondere ciò che è strano con ciò che è misterioso. Spesso, il delitto più banale è il più incomprensibile proprio perché non presenta aspetti insoliti o particolari, da cui si possono trarre delle deduzioni."

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Gialli in generale. Questo è il giallo per eccellenza.
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LittleDorrit Opinione inserita da LittleDorrit    03 Ottobre, 2013
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Uno studio....approfondito

Su gentile richiesta ho deciso di effettuare un resoconto più accurato dei romanzi che si trovano all'interno della raccolta Einaudi, partendo da questo primo scritto.
Il dottor Watson, ex ufficiale medico dell'esercito britannico dopo aver prestato un onorato servizio nella guerra in Afganistan e aver ricevuto in cambio solo cicatrici, rientra nella società borghese ma, non avendo lavoro trascorre il suo tempo nell'ozio e nello sperpero del poco denaro a disposizione; decide, quindi, di ridimensionarsi partendo col trovare un'appartamento più modesto da condividere con qualcuno.
L'occasione gli si presenta presto grazie ad un amico, e così fa la conoscenza del bizzarro Mr.Holmes.
Holmes è un'appassionato di scienza e ama risolvere i casi più intricati di cronaca nera servendosi di una vasta cultura ed esperienza solo però in alcuni campi, restando altamente limitata in altri.
Essendosi fatto un nome tra le forze dell'ordine locali, viene spesso chiamato per effettuare consulenze nei casi più difficili, lasciando poi il merito della risoluzione al detective di turno.
Ed ecco l'amata coppia condividere l'appartamento e trovarsi di fronte al primo caso sottoposto dai due detective di Scotland Yard Lestrade e Gregson.
Holmes utilizzando il suo metodo deduttivo fornisce un identikit perfetto dell'assassino e traccia un quadro investigativo memorabile attingendo dai pochi elementi che gli si presentano innanzi. Abbiamo a che fare con un caso di vendetta perpetrato ai danni di due uomini Drebber e Stangerson che in passato avevano compiuto azioni non troppo limpide in seno ad una comunità di mormoni.
Watson, ne resta stupefatto e ammirato e di lì in poi sarà lui a scrivere e pubblicare le memorabili imprese dell'amico.
Romanzo d'esordio e di presentazione dove vengono descritti al pubblico i due personaggi più amati dai giallisti di tutto il mondo e i loro luoghi d'azione.
Con delicata ironia e grande abilità retorica, Conan Doyle, introducendo Holmes, descrive anche un modo di essere e di vivere, un periodo e dà una sottile caricatura ( definibile anche "critica mirata") delle forze dell'ordine dell'epoca. Il ritmo del romanzo è ben scandito e suddiviso in sequenze ben premeditate. Ne deriva una lettura pratica e scorrevolissima che permette, anche al lettore più sprovveduto, di indagare per proprio conto.

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Bruno Elpis Opinione inserita da Bruno Elpis    01 Settembre, 2013
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Incontrarsi, conoscersi, piacersi, accasarsi.

Non sto parlando di due che si sposano, bensì...
Nell’episodio di esordio del più famoso tra gli investigatori, Arthur Conan Doyle narra l’incontro di quella che resterà una delle più celebri coppie della letteratura gialla: il dottor Watson, reduce dalla guerra in Afghanistan (quella del 1878!) e abile narratore, e Sherlock Holmes, che del metodo deduttivo è grande teorico, oltre che ottimo pratico.

INCONTRARSI

Il reduce Watson è malandato e deperito. Cerca casa a Londra e incontra Sherlock Holmes grazie a una conoscenza comune:
“Il dottor Watson, il signor Sherlock Holmes, ci presentò Stamford.”
“Questo mio amico sta cercando un domicilio; e dal momento che lei si lamentava di non trovare qualcuno disposto a divider le spese con lei, ho pensato che avrei fatto bene a mettervi in contatto.”

CONOSCERSI

Considerata la perspicacia di Holmes, più che conoscersi è “intuirsi”.
“Vedo che è stato in Afghanistan”.
Conoscersi significa mettere in chiaro le cose: “Non le dà fastidio l’odore del tabacco?”
Senza esclusione di colpi: “Sentiamo ora, cos’ha da confessare lei? Tanto vale conoscere i nostri lati peggiori, prima di metterci a vivere insieme.”

PIACERSI

I due si piacciono, niente da dire: è quasi un colpo di fulmine. Un colpo di fulmine sì, ma ragionato, visto che il dottor Watson redige addirittura un elenco dei limiti di Holmes:
“1. Conoscenza della letteratura – Zero.
2. Conoscenza della filosofia – Zero …”

ACCASARSI

Incontrarsi, conoscersi e piacersi porta ad accasarsi per risolvere il problema originario: “Cercarmi un alloggio … Cercar di risolvere il problema se è possibile trovare una casa confortevole a un prezzo ragionevole.”
Eccolo dunque il nido: “Ho messo gli occhi su un appartamento a Baker Street … che ci andrebbe a pennello.”

IL PRIMO CASO

Semplice per Sherlock Holmes, è complicatissimo per Scotland Yard e per Watson, che si trovano in serio imbarazzo a rispondere alle seguenti domande:
“Cosa ha condotto questi due uomini … in una casa vuota? Che ne è stato del cocchiere che li ha accompagnati? Come poteva uno di loro a costringere l’altro a inghiottire un veleno? Da dove proviene il sangue? Qual è stato il movente del delitto…? Come è arrivato lì quell’anello da donna? E soprattutto perché il secondo uomo ha scritto la parola tedesca RACHE (ndr: vendetta) prima di svignarsela?”
Sherlock Holmes, in un batter d’occhio, scopre qual è “il filo scarlatto dell’omicidio che si dipana lungo l’incolore matassa della vita”, riportando a galla una storia terribile di fanatismo religioso che affonda le proprie radici nello Utah tra mormoni, profeti e angeli vendicatori… che praticano la poligamia!

AFORISMI

Sono tutti pronunciati da Sherlock Holmes:
“Un sot trouve toujours un plus sot qui l’admire.”
“Nulla è piccolo per una grande mente.”
“Una mezza ammissione è peggiore di una negazione.”
Un esordio leggendario per un mito della détective story!

Bruno Elpis

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MrsRiso13 Opinione inserita da MrsRiso13    02 Aprile, 2013
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La prima volta

Lungo l'incolore matassa della vita, si può essere chiamati a dipanare il filo rosso dell'omicidio solo perché si condivide l'appartamento con un eccentrico studioso di tutto e di niente, che per amore della scienza, durante una cena in un giorno qualunque, potrebbe somministrarti l'ultimo alcaloide vegetale scoperto. E' la vita che Watson si è ritrovato, per aver scelto di risparmiare sulle spese dell'affitto. Un quotidianità che lo porterà a seguire il più eccentrico e logico degli investigatori: Sherlock Holmes.
Sicuramente innovativo per l'epoca in cui è stato scritto, in uno studio in rosso, non è tanto la trama del giallo a colpire, quanto la caratterizzazione di Holmes, fatta attraverso gli occhi del medico, che sarà il suo scudiero. Si assiste alla nascita di un personaggio, dell'investigatore per eccellenza, presuntuoso, irriverente e a tratti infantile, che fa sfoggio delle sue abilità deduttive usate per risolvere i casi a lui sottoposti, come consulente investigativo.
Se si evita di decontestualizzarlo paragonandolo alle opere moderne, questo romanzo è un grande classico su cui non è ammessa ignoranza!

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catcarlo Opinione inserita da catcarlo    05 Marzo, 2013
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Uno studio in rosso

La comparsa di Sherlock Holmes sulla scena letteraria avviene con questo che è il primo dei quattro romanzi a lui dedicati (oltre ai numerosissimi racconti), fra i quali gli è superiore solo ‘Il mastino dei Baskerville’. E questo malgrado lo spazio lasciato alla ricerca del colpevole sia ridotto: l’inizio è occupato dall’introduzione dei personaggi – l’investigatore, i suoi metodi e lo stolido Watson che racconta il tutto – e la spiegazione del delitto la prende molto alla lontana, con una sorta di romanzo western, che si porta via un terzo delle pagine, innestato nel giallo londinese. Uno schema che sarà ripetuto ne ‘La valle della paura’, sia pure a supporto di un intreccio meno valido: il lettore si trova dibattuto tra la bellezza delle pagine dedicate agli spazi aperti dello Utah e il bisogno di tornare all’ambientazione britannica, anzi alla città di Londra, che pare inscindibile dai personaggi principali. Bisogna dire che l’autore non fa nulla per rendere simpatico Holmes, ritraendolo come un tizio strambo e ai limiti del maniacale – beffarda pare la lista, redatta da Watson, delle sue conoscenze nei vari ambiti – ma con una straordinaria capacità di osservazione e un acume profondo esercitato soprattutto nel metodo deduttivo (l’ispirazione del quale venne a Conan Doyle da un suo professore universitario). Il buon Watson, reduce dall’Afghanistan, si adatta con la sua intelligenza media alla convivenza in Baker Street, restando sempre più ammirato dalle doti di quello che pian piano diventa un amico, sia pur scorbutico: la morte, all’apparenza inspiegabile, di un americano in una casa abbandonata della periferia viene risolto in souplesse nel giro di tre giorni con scorno di Scotland Yard che però riesce ad attribuirsene i meriti. Forse, per gli standard odierni, l’individuazione dell’assassino avviene con eccessiva facilità e pure qualche forzatura (non tutti i passaggi sono così logici come Holmes vorrebbe e qualcuno dà l’impressione di non reggere a un’analisi approfondita) ma la lettura scorre con estrema facilità mentre le pagine richiedono di essere voltate: motivi per cui Conand Doyle, grazie al suo personaggio odiato e amato (ma che, non va dimenticato, è un precursore), funziona ancora oggi anche di fronte a un pubblico assai più smaliziato.

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Sa305 Opinione inserita da Sa305    05 Gennaio, 2013
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Per la prima volta insieme.

Un classico che non avevo mai avuto occasione, o la curiosità, di leggere finché non mi ci sono imbattuta poco prima di Natale. A mio avviso non è possibile conoscere realmente il personaggio di Sherlock Holmes senza aver letto questo libro. E' il vero e proprio inizio delle vicende che lo vedranno impegnato nella risoluzione di enigmi all'apparenza complessi e ingarbugliati, con la naturalezza che lo caratterizza, insieme al Dottor Watson. Si dà la vera e propria descrizione del personaggio, si trattano in maniera esplicita delle caratteristiche peculiari, che verranno trattate solo implicitamente in tutti gli altri libri. Molto ricercata anche la trama, con una lunghissima digressione sulla vita dell'assassino che sembra costituire un'opera a parte. Non è giusto puntare il dito contro chi compie atti all'apparenza disdicevoli, quello che siamo e quello che facciamo è spesso l'esito di qualcosa che abbiamo vissuto o che ci è stato fatto. Non siamo giudici degli altri, se non possiamo conoscere la loro storia. Consigliatissimo.

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cuspide84 Opinione inserita da cuspide84    26 Novembre, 2012
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COSI’ INCOMINCIA UN MITO

E’ notte fonda a Londra. In una vecchia casa disabitata filtra una luce spettrale di una candela… al suo interno, in uno studio ben arredato, viene ritrovato il cadavere di un uomo, elegantemente vestito, che non presenta ferite apparenti; negli occhi, ormai vacui, il terrore e la consapevolezza della sua morte imminente, tutt'intorno sangue, ma non della vittima e sul muro una scritta inquietante, fatta con il sangue, ma di chi, se non del colpevole?
Ecco la prima indagine in cui vediamo in azione l’estro e l’acume di Sherlock Holmes, accompagnato da quel che sarà il suo fedele amico e collega, il dottor Watson, il quale racconta l’intera vicenda tratta dai suoi appunti personali, a partire dal bizzarro incontro con colui che diventerà il suo coinquilino in Baker Street 221B, alle indagini caratterizzate dalla scientificità propria del detective, fino alla risoluzione del caso, che proietterà il lettore dalla nebbiosa Londra all'America di Salt Lake City.

Pensate che Arthur Conan Doyle vendette a un editore londinese i diritti di Uno studio in rosso per un assegno di soli 25 sterline: una miseria anche per quei tempi! Ma chi avrebbe mai detto che questo racconto sarebbe stato il primo di una lunga serie poliziesca con protagonisti Sherlock Holmes e il dottor Watson? La penna dell’autore crea personaggi e intrecci ben disegnati: fin dalla prima pagina ci ritroviamo immersi nella Londra nebbiosa, veniamo a conoscenza dei protagonisti, delle loro manie, dei loro pregi e dei loro difetti… e non sembra che questa storia sia nata nel lontano 1887, tanto che, concentrandosi, si riesce a sentire l’avvicinarsi di una carrozza trainata da cavalli e i loro zoccoli sul selciato lustro per l’umidità.
Un classico che gli amanti del giallo non possono non avere nella loro biblioteca… da qui incomincia un mito.

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Amorelettronico Opinione inserita da Amorelettronico    24 Ottobre, 2012
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I grandi dell'800

Un libro che si divora, pagina dopo pagina. Da lettrice mi dispiace per la brevità del romanzo ma la qualità compensa questa "pecca" . "Uno studio in rosso" è il primo libro di Arthur Conan Doyle, il papà di Sherlock Holmes il detective per antonomasia. Holmes è dotato di intuito e spirito d'osservazione eccezionale che gli permette di risolvere qualsiasi enigma. Il racconto si apre con la presentazione del protagonista e dell'aiutante, il dottor Watson. Sarà quest'ultimo a raccontare in prima persona gli avvenimenti del caso, a descrivere la personalità di Sherlock: due omicidi che apparentemente sembrano senza movente e solo alla fine si scoprirà il motivo dei due assassinii. Sarà proprio il colpevole della storia a narrare le vicissitudini di un passato che si ripercuotono nel presente. Consiglio questo libro a tutti, amanti e non del genere. Un libro che lascia un senso di commozione alla fine e che fa capire come sia fragile e allo stesso tempo vendicativo, spietato l'animo umano.

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Libri che valgano la pena di essere letti, consigliato agli amanti della letteratura.
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Sharp Opinione inserita da Sharp    24 Ottobre, 2012
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Elementare Watson?

Uno studio in rosso apre la grande saga di Sherlock Holmes, lo storico investigatore dei casi insolubili e dei misteri più tetri. Il libro ci offre dal preziosissimo punto di vista del dr. Watson le prime avventure dei due amici, calcando la mano sul metodo analitico-deduttivo che rappresenta la base del processo investigativo di Holmes.
La grande e selettiva sapienza e l'immensa umiltà del protagonista sono l'impalcatura per una storia avvincente anche se non estremamente complessa, che porterà a dividere in due tempi soluzione e spiegazione trovando nel flashback un espediente vincente.
Holmes è alla base del poliziesco e del nostro ideale di genio. Chi non troverebbe ad esempio molteplici parallelismi tra lui e il più recente dr. House?
Dal geniale ingegno di Conan Doyle non ci siamo ancora staccati e non penso lo faremo mai.

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SimoESimi Opinione inserita da SimoESimi    10 Luglio, 2012
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Il primo capolavoro di Arthur Conan Doyle!

Uno Studio in Rosso è il primo libro di Arthur Conan Doyle in cui il personaggio protagonista è Sherlock Holmes. L'autore presenta il suo personaggio utilizzando come tramite il Dottor Watson, narratore onnisciente, divenuto amico dell'investigatore privato attraverso un conoscente... Durante il primo incontro, Watson rimane visibilmente provato d'innanzi alle strabilianti capacità deduttive di Holmes. Tuttavia, rimane sbalordito dalle sue ristrette conoscenze: infatti, lo scibile dell'investigatore privato è strettamente limitato e connesso con il suo mestiere.
Sherlock Holmes è un personaggio tutto da scoprire; furbo, bizzarro, con un humour inglese davvero sopraffino... Durante questo libro, Conan Doyle effettua un'analessi piuttosto lunga e dettagliata che permette al lettore di capire come sono realmente accaduti i fatti.
Libro consigliato a chi vuole capire chi è Sherlock Holmes e a chi vuole leggere un ottimo giallo!

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enro Opinione inserita da enro    27 Mag, 2012
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Uno Studio in Rosso

Primo libro della saga di Sherlock Holmes, "Uno Studio in Rosso" è un giallo complicato..cioè l'ho trovato complicato perchè la quantità di analisi visiva che fa Holmes per risolvere il caso porta a fare un enorme lavoro di immagionazione per immedesimarsi nella scena e per non perdersi nemmeno un passaggio.
Fortunatamente c'è il classico riassunto finale di tutta la vicenda che incastra i vari pezzi del puzzle.

Una particolarità è che durante il libro, Doyle farà una digressione per spiegarci meglio la collocazione dei vari personaggi.

Riguardo ai nostri protagonisti c'è da dire che ho scoperto un Holmes diverso dall'idea che avevo (quella del film) e che mi è piaciuto molto; è un investigatore intelligente ma non con una conoscenza infinita in ogni campo, sa quello che deve sapere. Anche Watson è stato una piacevole scoperta, ottima spalla con l'occhio critico.

Lo stile è buono e Doyle descrive in maniera particolareggiata solo le scene importanti ed entra subito nell'azione; infatti è un libro piuttosto corto.

Comunque Doyle ha creato un ottimo inizio, una base solida per poter costruire un filone interessante..adesso sono curioso di leggere come si evolveranno le storie! :D

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Fyna Opinione inserita da Fyna    29 Aprile, 2012
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Bello

Questo è il primo libro di Doyle in cui appaiono le figure di Holmes e Watson. Io la ritengo una lettura davvero piacevole e veloce, dal momento che il libro è composto da poche pagine e la storia, con alcuni intrecci e misteri, ne contribuisce a velocizzarne la lettura. La storia è scritta in prima persona proprio da Watson che, durante le indagini, trascriveva tutti i fatti salienti in una sorta di diario. Si parte da una breve descrizione di se stesso, dal racconto di come ha conosciuto Holmes, per poi arrivare al giorno in cui la polizia scopre un uomo morto all'interno di una casa abbandonata. La polizia chiede proprio a Holmes di dedicarsi alle indagini, in quanto loro non sono propriamente abili in questo. Holmes, grazie all'aiuto di alcuni "mocciosi", come da lui stesso vengono definiti, scopre il nome dell'assasino e aiuto la polizia ad arrestarlo, senza prendersi nessun merito. L'omicidio-vendetta verrà poi narrato nei minimi dettagli. Una buona lettura, davvero.

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Sydbar Opinione inserita da Sydbar    09 Giugno, 2010
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Uno studio in rosso

Il primo di una saga che ha portato il più celebre e celebrato di tutti gli investigatori della storia e un medico a conoscersi e ad instaurare un legame che per la letteratura di genere è stato adrenalina pura.
Dichiaro di aver letto il libro qualche anno fa e sono rimasto stupefatto anche io per l'innovatività di Conan Doyle nello scrivere un giallo ai suoi tempi, di questa fattura.
Sinceramente lo stile Doyle non mi ha entusiasmato più di tanto ma la caratterizzazione dei personaggi è stata il suo tocco magico, si perchè già dal primo incontro tra i due protagonisti si capisce di che pasta sia fatto Holmes e in che modo risolverà gli enigmi di cui l'opera è intrisa...ma questo non ha contribuito nel convincermi fino in fondo. Forse effettivamente l'epoca in cui è stata realizzata l'opera lo ha reso all'avanguuardia rendendogli gli onori per aver portato alla ribalta un genere così tanto osannato, oggi forse c'è troppa polvere su questo libro comunque da leggere perchè oggi siamo perchè ieri eravamo...

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NomeUtente Opinione inserita da NomeUtente    08 Giugno, 2010
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Gradita sorpresa

Dopo aver visto il film, nel quale la figura del famigerato Sherlock Holmes mi è apparsa molto diversa da ciò che mi aspettavo, ho pensato di leggere il libro ... e con mia grande sorpresa ho scoperto che l'errore non era sta nella figura delineata dal film, bensì in quella dell'immaginario collettivo!
mi aspettavo un detective riflessivo, che dice "elementare Watson", con una lente di ingrandimento in mano, un cappello a quadretti marrone e la pipa in bocca ... niente di tutto questo ! Si scopre un detective d'azione, che fa pugilato, sarcastico, cinico ... tutte caratteristiche che non mi aspettavo.

Per quanto riguarda il libro niente da dire: un grande classico.
Forse riletto ai giorni nostri non è niente di incredibile, ma se lo rapportiamo all'epoca in cui è stato scritto allora è evidente la grandezza di questo autore e del mito che ha saputo creare.
Quando si leggono certi libri si va alle origini di un genere, si scopre da dove nascono i tratti di tanti gialli della letteratura moderna e si scopre che infondo, chi scrive oggi, per quanto bravo sia non ha inventato proprio un bel niente.
Per fare un parallelo musicale è come partire dagli Oasis per poi scoprire i Beatles ...

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