Le notti bianche Le notti bianche

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Erich28592 Opinione inserita da Erich28592    12 Gennaio, 2020
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Immanenza e trascendenza

“Ci sono scrittori per cui non servono introduzioni. La lettura delle loro opere è un rischio che ogni lettore deve correre in modo individuale, autonomo: troverà sempre una risposta, che nessun altro gli potrà suggerire, ai problemi, ai conflitti posti dalla propria epoca, dal proprio livello culturale.”

Con queste poche, semplici parole Fausto Malcovati apre la sua introduzione alla vita e alle opere di Fëdor Dostoevskij nell’edizione Garzanti in mio possesso del racconto “Le notti bianche”, apparso per la prima volta nel 1848 sulla rivista di letteratura russa “Annali patrii”, e ripubblicato a Mosca nel 1860.
Proprio attorno a questa riflessione vorrei costruire il mio contributo, dal momento che - ve lo confesso - quest’opera di Dostoevskij rappresenta il mio primo incontro con questo gigante della letteratura russa, nonché la mia seconda escursione letteraria di sempre nel Paese degli Zar (fino allo scorso anno, infatti, mi ero cimentato nella sola lettura del “Demone meschino” di un altro celebre Fëdor della letteratura russa, Sologub).
Partirei dunque da qui, dalla riflessione di Malcovati, che condivido in pieno, specie se applicata a questo racconto: immaginiamo per un istante che a leggere quest’opera sia un giovane adolescente - qualcuno che, anche solo per ragioni squisitamente anagrafiche, si trovi sprovvisto non soltanto di una buona conoscenza della letteratura russa (come nel mio caso), ma perfino di una buona infarinatura circa il “mondo Russia”, i.e. storia, forma di governo, società, etc. Ebbene, anche il nostro giovanissimo lettore potrebbe appassionarsi a questo acquerello emotivo di Dostoevskij; la Pietroburgo che descrive - impalpabile e sognante - potrebbe tranquillamente essere la Berlino, la Milano, o la Parigi di oggi. Infatti, l’attenzione dell’autore russo si rivolge principalmente all’animo umano, una realtà trascendente che non conosce spazio né tempo: “In questi angoli [...] scorre una vita, come dire, completamente diversa, che non assomiglia a quella che ferve accanto a noi, ma è come quella che forse si svolge nello sconosciuto reame di qualche favola, e non qui, in questa nostra seria, arciseria epoca.”
Ma di cosa parla questo racconto? Parla di noi, di tutti noi che sogniamo ad occhi aperti, spesso perdendo il contatto con quanto ci circonda, semplicemente fantasticando tra noi e noi, leggendo un libro, o ancora, come è frequente al giorno d’oggi, perdendoci davanti allo schermo di uno smartphone: “Adesso egli nota a malapena la strada di cui prima ogni minimo particolare poteva colpirlo. Adesso la ‘dea della fantasia’ [...] aveva già tessuto con la sua mano capricciosa il suo aureo ordito e aveva cominciato a sviluppare dinanzi a lui gli arabeschi di una vita inaudita e fantastica, e, chissà, forse con la sua mano capricciosa l’aveva già trasportato al settimo cielo di cristallo dall’ottimo marciapiede di granito per il quale stava facendo ritorno a casa. Provate a fermarlo adesso e domandategli all’improvviso dove si trova e per quali vie sta camminando: probabilmente non ricorderebbe nulla, né dove stava andando, né dove si trova adesso e, arrossendo per la stizza, sicuramente inventerebbe qualcosa per salvare le apparenze.”
Dostoevskij si mostra consapevole tanto del fascino di queste esistenze parallele e trascendenti, quanto del pericolo che rappresentano: “E domandi a te stesso: dove sono i tuoi sogni? E scuotendo la testa esclami: come volano via in fretta gli anni! E di nuovo ti domandi: cosa ne hai fatto dei tuoi anni? Dove hai seppellito il tuo tempo migliore? Hai vissuto, oppure no?”

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Innamorata Opinione inserita da Innamorata    20 Dicembre, 2019
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Opera-Sogno

“Era forse stato creato per restare, anche un attimo soltanto, accanto al tuo cuore?” Ivan Turgenev

“Un intero attimo di beatitudine! E’ forse poco, sia pure per tutta la vita di un uomo?”

E voi, cosa ne pensate?
La prima citazione è riportata dall’autore del romanzo "Notti bianche", Dostoevskij, nella pagina iniziale del racconto, mentre la seconda è la frase con cui egli stesso termina la storia di quattro notti vissute dal protagonista tra le pagine del romanzo. La somiglianza e il significato non sono difficili da cogliere.
San Pietroburgo fa da sfondo nebbioso alla vicenda. E’ la città dei sogni, dei cuori in attesa e dei cuori spezzati, delle illusioni, della solitudine e delle notti bianche che portano un cambiamento, anche se piccolo, nella vita del protagonista. Nasten’ka, la ragazza che incontra la prima notte mentre piangeva, affacciata alla ringhiera del canale, afferma di comprenderlo e di essere in grado di amarlo, quando egli non conosce più nemmeno se stesso. Egli è un sognatore, e come tale imbevuto di sogni, di ricordi, di speranze vecchie e nuove. Ciò che vive nella sua mente assume la stessa importanza del reale ed anzi, appare migliore di quanto non lo sia la sua vita.

“...egli non guarda, ma contempla...come se fosse preso da qualche altra cosa, molto più interessante, da potere solo per un attimo prestare attenzione a quanto lo circonda...”

“Un nuovo sogno! Una nuova felicità! Un’altra dose di veleno dolce e raffinato! Che cosa importa a lui delle nostra vita reale?”

E’ difficile esprimere un pensiero su questo libro, per questo fino ad ora ho cercato di riportarvi alla mente sensazioni emerse durante la lettura o, se non l’avete affrontata, farvi sognare un po’ quest’opera.
Tutti possiamo riconoscerci nella figura del sognatore, dell’idealista; tutti noi creiamo storie, così come abbiamo idee costruite in maestosi castelli che brillano nell’aria e non si materializzano mai davvero. Penso che egli percepisca la sua vita così povera, così bassa rispetto alla bellezza dei suoi sogni, che solo il pensiero lo porta a vacillare, a ingannarsi che non sia veramente sua. I sogni possono essere considerati una strada alternativa alla monotona quotidianità, ma con il passare del tempo anche il loro incantesimo svanisce e rimane solo quell’amaro residuo di veleno destinato a permanere dentro noi stessi. Quella sensazione che non abbiamo vissuto, che abbiamo perso del tempo a crogiolarci in una menzogna, al posto di prendere in mano la nostra vita. Ed è così che quando incontra la ragazza accade qualcosa di straordinario, ed è reale. Nessun sogno, nessuna fantasia può competere con la vita vera. Lei lo salva dalla sua prigione, anche se solo per un attimo, lo eleva. Lui si innamora della ragazza e le apre il proprio debole e stanco cuore.
Quando attenderono insieme l’arrivo del promesso sposo di Nasten’ka lui dovette reprimere i propri sentimenti, ma quando questi non si presentò si aprì totalmente a lei. Perché nessuno può mantenere nascosto nel proprio cuore un sentimento così potente.

Ed è stato impossibile, per me, non sperare in un epilogo felice della vicenda ma quello a cui assistiamo è una delusione, pura malinconia, il frammentarsi di un futuro immaginato e sperato, un futuro che egli continuerà a sognare ma che non sarà mai, purtroppo, il suo.

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La Lettrice Raffinata Opinione inserita da La Lettrice Raffinata    25 Marzo, 2019
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Ogni lettore è un sognatore

“Le notti bianche” e “La cronaca di Pietroburgo” sono due opere giovanili di Dostoevskij, pubblicate alla fine degli anni Quaranta dell'ottocento e raccolte dalla Feltrinelli in un unico volume, arricchito dalla presenza di alcuni contenuti extra, come la postfazione ad opera della stessa traduttrice, alcune note utili ad ottenere un chiaro quadro storico e una breve biografia dell’autore che evidenzia come sia stato sempre molto influenzato dalle sue esperienze personali nell’ideazione e nella stesura di romanzi e racconti. Mi sento quindi di consigliare caldamente questa edizione tra le molte disponibili in italiano, anche per la traduzione aggiornata e gradevole.
“Le notti bianche” è un breve racconto con protagonista un anonimo sognatore, figura emblematica per il giovane Dostoevskij, ossia una persona vittima delle sue stesse fantasticherie che sovente si estranea dalla realtà ed immagina nella sua mente storie fantastiche, partendo da elementi quotidiani

«-[...] Ah, se sapeste quante volte in tal modo [sognando] mi sono innamorato!…
-Ma com’è possibile, di chi mai?
-Ma di nessuno, di un ideale, di colei che si vede in sogno. Nei sogni costruisco romanzi interi.»

per poi soffrire amaramente quanto è costretto a tornare bruscamente nel presente, interrotto ad esempio dall’arrivo di un conoscente.
Una sera questo schivo sognatore, abituato a parlare più con gli edifici di Pietroburgo che con le persone che la abitano, incontra una fanciulla in lacrime che soccorre da un’aggressione ed accompagna a casa. I due si rincontreranno per le successive tre notti, durante le quali giungeranno in modo quasi istintivo a confidarsi le rispettive sofferenze: lui prigioniero in un piano onirico ed incapace di stringere legami convenzionali, lei è un’orfana affidata alle cure della nonna cieca ed afflitta da un difficile amore a distanza.
Proprio come se si trattasse di una delle sue fantasticherie, il protagonista si innamora della giovane Nasten’ka ed arriva a sperare di coronare il suo sogno, per essere poi riportato ancora una volta alla cruda realtà quando lei rincontra l’amato. Il sognatore è però avvezzo a simili lezioni di vita, come si esprime in questa frase ripetuta

«-[...] Sono lacrime, s’asciugheranno!»

e l’autore mantiene comunque una sorta di positività anche nell’infelice epilogo, concretizzata da un bacio d’addio tra i due protagonisti.
A collegare questa novella a “La cronaca di Pietroburgo” è in primis questa città, che in entrambe le opere viene descritta come una persona in carne ed ossa, con le proprie peculiarità ed un carattere quasi umano

«[...] quando l’intera Pietroburgo s’era alzata in piedi e all’improvviso se n’era andata in villeggiatura.»

«Ogni estate, per divertirsi, [Pietroburgo] si concentra su qualcosa; forse già ora sta ideando cosa fare l’inverno a venire.»

ma anche il ripresentarsi del concetto del sognatore, anzi la sua prima apparizione dal momento che “Le notti bianche” venne pubblicare l’anno successivo a “La cronaca di Pietroburgo”.
In concreto, questa cronaca è una raccolta di cinque feuilletons che Dostoevskij scrisse per il giornale “Gli annali di San Pietroburgo”; questi articoli avevano principalmente lo scopo di informare i lettori circa le novità cittadini in ambito di spettacoli teatrali e pubblicazioni letterarie, ma servirono all’autore per abbozzare alcuni suoi progetti narrativi e, soprattutto, illustrare nel dettaglio la figura del sognatore poi ripresa ne “Le notti bianche”

«-[…] Sapete che sono già costretto a festeggiare l’anniversario delle mie sensazioni, l’anniversario di ciò che prima era così caro, di ciò che in sostanza non era mai accaduto […]»

«Ci sono sognatori che arrivano a festeggiare anniversari con le loro sensazioni fantastiche. Spesso prendono nota della data del mese in cui sono stati particolarmente felici e in cui la loro fantasia ha assunto una forma particolarmente piacevole […]»

Alcuni passaggi delle due opere sono addirittura uguali, come la rappresentazione della città di Pietroburgo come una giovane donna tisica che, con l’arrivo della primavera, sembra rimettersi in salute ed acquisire bellezza, per poi tornare al suo quotidiano grigiore con l’approssimarsi dell’inverno.
Trovo quindi sia stata un’eccellente scelta pubblicare assieme queste due opere, fornendo così un quadro più completo al lettore ed evidenziando la continuità nei concetti presentati in entrambe.

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FrancescoFigi Opinione inserita da FrancescoFigi    12 Aprile, 2018
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La delicatezza della tristezza

Il sognatore. Questo è il punto cardine di uno dei picchi più alti raggiunti dalla letteratura. Il sognatore che rappresenta ogni lettore che si rispetti, cos'è il lettore se non un sognatore? Il continuo rifugiarsi nei libri è molto simile al sognare in continuazione, per cercare quell'effimera felicità, quel viaggio fuori dal nostro corpo, in giro per il mondo, restando comodamente nella propria stanza, con un libro in mano o con gli occhi chiusi. I due personaggi di questa perla di Dostoevskij sono due sognatori che, detto brutalmente, si incontrano, raccontando i propri desideri, le proprie paure e speranze per poi separarsi, per sempre. Sì, per sempre, perché per i sognatori, per gli abitanti del "sottosuolo Dostoevskijano", la felicità è un qualcosa di inafferrabile, così come lo è per tutti, ma in maniera più triste, più dolce, perché i sognatori non hanno molte opportunità, nel corso della loro esistenza, di conoscere a fondo questo sentimento così cercato da tutti. E cosa fare in questi casi? Disperarsi fino alla propria fine? No, è qui la differenza con l'uomo comune, basta semplicemente accontentarsi di quella goccia di acqua limpida caduta in un lago di acqua torbida

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Memorie dal sottosuolo
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cosimociraci Opinione inserita da cosimociraci    02 Ottobre, 2017
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Svegliati sognatore

Povero sognatore. Patetico innamorato al limite del supplichevole. Quanto ti odio, anonimo illuso; quanto mi somigli.

Continua la mia lettura di romanzi brevi di autori famosi d'un tempo che fu. "Le notti bianche" in poche pagine raccoglie due intense storie, anzi forse sono più due non-storie perché i due personaggi vivono le loro fantasie solo col pensiero e con ben poche azioni ma, nonostante tutto, queste non-storie sono ricche di sentimenti.

Impossibile non innamorarsi di questo romanzo. Impossibile non adirarsi con l'anonimo sognatore e non urlargli contro di prendere in mano la sua vita e di reagire con forza. Invece lui, come un moto perpetuo, ricade sempre nella stessa delusione, ma da ottimista conserva quell'attimo di illusione tra i bei ricordi della sua vita.

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AngieJ Opinione inserita da AngieJ    06 Gennaio, 2017
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Il mio più grande ni

E' difficile, per me, come poche volte fino ad ora, recensire un libro... perchè è una di quelle storie dal sapore dolce di un amore genuino e disinteressato, è una di quelle storie che riescono a costruire città, cieli stellati, anime colme di sogni e speranze, che non sono più parti di un libro, ma diventano vite, storie, attimi che escono dalle pagine per farsi esperienza vissuta nell'animo del lettore.

E' la storia di un uomo di beni materiali "teoricamente povero", di sogni "praticamente ricco": il Sognatore. Respira l'anima di Pietroburgo e in essa vive, trascorrendo giorno e notte, costruendo mondi immaginari, storie che coronano attimi eterni di felicità. Sogna e dei suoi sogni si ciba, grazie ai suoi sogni non pensa all'incocludenza della sua vita, crede ed è sicuro di avere tutto e non poter desiderare nient'altro.
La sua vita inizia a colorarsi di una nuova sfumatura quando incontra Nasten'ka, giovane e amabile ragazza legata (nel vero senso della parola) alla nonna: tra discorsi e passeggiate le loro vite iniziano pericolosamente ad allacciarsi.

Il finale è struggente, inaspettato, demolisce un sogno che si configurava all'orizzonte: è lo specchio perfetto di quell'amore che tutti abbiamo provato nella vita. Nato alla fioca luce della piacevolezza del primo sguardo, esploso all'unione delle due anime e poi frantumato sotto i piedi, in quel secondo che non ammette repliche.

Un piccolissimo libro, poche pagine per godersi un piccolo sogno, lettura sicuramente apprezzata, eppure (non me ne vogliano gli ammiratori accaniti), c'è qualcosa che mi è mancato. Sarà l'amarezza di un amore appassito o forse la triste convinzione che Nasten'ka siamo un pò tutti noi...

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La signora dalle camelie
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Nuni83 Opinione inserita da Nuni83    04 Novembre, 2016
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Storia a 2 voci nelle notti di San Pietroburgo

Dostoeveskij è di sicuro il mio autore preferito. Quello che ad oggi non mi ha mai delusa. Notoriamente prolisso, come nella migliore tradizione russa, Dostoeveskij ci ha regalato anche questo piccolo gioiello che secondo la mia opinione si discosta dal suo stile. Non bisogna dimenticare che l'autore ha scritto questo romanzo a soli 27 anni, prima dei lavori forzati in Siberia che tanto gli segnarono la vita.

Un piccolo libro, si tratta di poche pagine, che racchiude una forza poetica sconcertante.
La storia si svolge durante le notti di Pietroburgo, due sognatori si incontrano, si parlano e si scoprono.

Più di ogni altra cosa scoprono che la vita inaspettatamente ti promette delle svolte, dei cambi di rotta, anche quando tutto sembrava destinato ad essere immutabile.

I desideri, le speranze, i progetti, il proiettarsi verso il futuro rendono l'uomo felice e la vita degna di essere vissuta.

La storia si svolge in 4 notti e un mattino, i protagonisti sono solo 2 e i loro tratti psicologici sono delineati alla perfezione come solo Dostoeveskij riesce a fare.

Entrambi i protagonisti sono soli, rassegnati, vivono la loro vita ma sono spenti. Il carattere dei due giovani ben si colloca nella schiera di "Uomini del sottosuolo" creati dalla penna di Dostoeveskij ma questo piccolo romanzo è diverso da ogni altro libro che io abbia letto di questo autore. Mancano i tratti drammatici che troviamo leggendo "La mite" e non c'è traccia della disperazione di "Delitto e Castigo".

Le Notti Bianche è un romanzo dolce, sognante, delicato.

Così come la vita, lascia l'amaro in bocca ma senza cattiveria.

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Amante di Libri Opinione inserita da Amante di Libri    09 Settembre, 2016
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Le notti di un sognatore

“Era una notte meravigliosa, una notte come forse ce ne possono essere soltanto quando siamo giovani, amabile lettore. Il cielo era così pieno di stelle, così luminoso che, gettandovi uno sguardo, senza volerlo si era costretti a domandare a se stessi: è mai possibile che sotto un cielo simile possa vivere ogni sorta di gente collerica e capricciosa? Anche questa è una domanda da giovani, amabile lettore, molto da giovani, ma voglia il Signore mandarvela il più sovente possibile nell’anima! … Parlando d’ogni sorta di signori capricciosi e collerici, non ho potuto fare a meno di rammentare anche la mia saggia condotta in tutta quella giornata”.

Le notti bianche è tra le opere più apprezzate di Dostoevskij, insieme a Delitto e castigo. Sin dalle prime pagine, si comprende il perché quest’opera è tanto amata, in quanto ogni uomo riesce a identificarsi con la figura del protagonista. Un sognatore, isolato dalla società e della realtà, durante una delle sue solite passeggiate notturne incontra una donna di nome Nasten’ka. Sarà lei a risvegliare in lui il sentimento dell’amore attraverso il suo sguardo complice, le sue parole e le lunghe chiacchierate anche se sfuggenti.

“Io sono un sognatore; ho vissuto così poco la vita reale che attimi come questi non posso non ripeterli nei sogni.”

Timido ed impacciato lui riesce ad aprirsi a lei nelle quattro notti che scandiscono i loro incontri, dove lei si sfoga sulla sua vita privata. Nasten’ka, simbolo del pulsare delle emozioni, gli offrirà scampoli di vita vera, raccontandogli il suo rapporto con la nonna cieca, l’amore perduto e la sua delusione.

Dal romanzo si evincono immediatamente i tre temi fondamentali:

il tema del sogno e del sognatore
il tema della solitudine
l’introspezione e l’autoanalisi
“E sogno solamente ogni giorno che infine una buona volta ne incontrerò qualcuna. Ah, se voi sapeste quante volte fui innamorato a questa maniera… (segue una battuta di Nàstenka) Ma di nessuno, di un ideale, di colei che vedo nei miei sogni. Io creo nelle mie fantasticherie interi romanzi”

A tratti mi sono rivista nella figura del sognatore, a tratti nell’insoddisfatta e speranzosa Nasten’ka anche se per certi versi l’ho odiata alla fine del romanzo. Il suo rapporto con la nonna mi ha procurato grande commozione mista a incomprensione, per un rapporto tanto ossessivo quanto controllato. Il linguaggio poetico ma alquanto fantastico rendono quest’opera un classico da leggere quando è stata raggiunta la giusta maturità per comprenderne a pieno il significato. Il sognatore, simbolo di colui che prova disagio nel vivere nella sua società, oggi che verrebbe etichettato come un deviante, disadattato che riesce a farsi illuminare dall’amore provato per questa donna misteriosa. Esemplificativo di tutto il romanzo, è la frase iniziale dell’ultima parte: “Le mie notti finirono un mattino. La giornata era brutta. Pioveva e la pioggia batteva tristemente sui miei vetri; nella mia cameretta era buio, fuori nuvoloso.” Il risveglio del nostro sognatore dalle sue fantasie e la caduta inesorabile nella soffocante realtà. Tutto ciò sta a confermare come l’amore sia il motore che fa muovere ogni cosa, come si affermava in antichità con Platone e che si scontra con l’inesorabile scorrere del tempo (o del momento opportuno).

“E intanto sento il rumore di una folla di gente che mi gira intorno presa dal turbine della vita, sento, vedo che la gente vive, vive veramente, vedo che a loro non è preclusa la vita, che la loro vita non si dissolve come un sogno, come una visione, ma si rinnova sempre, è sempre giovane…”

Consiglio questo libro a tutti i sognatori, a chi non si sente accettato, a chi si lascia cullare dalla fantasia, insomma a cosiddetti “devianti”. A tutti coloro che amano stare al confine tra sogno e realtà.

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Per tutti coloro che amano farsi trascinare da conversazioni sognanti e utopiche.
A chi è avvezzo ad un linguaggio non diretto nè semplice
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siti Opinione inserita da siti    29 Agosto, 2016
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POESIA GIOVANILE

Un tono piacevolmente nostalgico avvolge da subito il lettore, probabilmente quello che nonostante l’età continua a crogiolarsi nei suo sogni, nelle sue speranze, allontanando le intime disillusioni che hanno reso il suo animo progressivamente e inevitabilmente più duro. Ci si sente schiacciati già dalle prime righe, timidamente vergognosi di ammettere che sotto il bellissimo cielo stellato, luminoso che contempla il narratore ci stiamo probabilmente anche noi tra le “persone irritate e capricciose”. E allora come è possibile che di fronte alla bellezza del creato l’essere umano non soccomba smettendo di cedere all’insulso negativo? Come è possibile che la nostra anima giovane sia evaporata o sia così evanescente? Eppure anche i giovani possono essere nature imperfette, capricciose, irritate, inadeguate...sole. La solitudine è sicuramente la compagna del protagonista che, Pietroburgo svuotata dei suoi attori partiti in vacanza, prepotente mostra il suo vero volto al giovane sognatore privato della folla che mai lo notò ma di cui lui si nutriva. Sono le prime pagine, coinvolgenti, intense, poetiche di questo breve romanzo edito nel 1848 appartenente alla primissima produzione del grande russo. Il resto è l’incontro con un’altra anima ferita- una giovane ragazza innamorata in attesa del ritorno del suo amato - seguono gli appuntamenti concatenati l’uno all’altro, tutti nel corso di magiche notti -crepuscoli impavidi che non cedono il passo al buio- la conoscenza reciproca, le confidenze, il patto d’amore, il tempismo che in un attimo dona tutto per tutto rubare.
Sorprende l’economia della scrittura puntellata di dialoghi e capace di regalare l’utopia di un lieto fine che non ci sarà, facendoci appunto ancora una volta sognare e gioire per scoprire poi che anche la disillusione, vissuta una bella esperienza seppur breve e traditrice, può concedere la gioia di un attimo fermato nell’eterno. Poesia giovanile, appunto, da adulti ci si scontra con la presunzione che la felicità possa essere duratura nel tempo e perfetta ed è sempre più difficile accettarne i limiti.
Sempre bello leggere questo grande scrittore che ha il potere di mettere a nudo l’animo umano spogliandolo di inutili orpelli e riconducendolo sempre a quella disordinata matassa che è la sua essenza.

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Antonella76 Opinione inserita da Antonella76    13 Agosto, 2016
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Le mie notti finirono un mattino...



Sono sempre in grande difficoltà di fronte a libri come questo, indegna anche solo di scrivere due righe, perché su "Le notti bianche" sarà già stato detto tutto (e sicuramente meglio di quanto possa fare io).
Ma, allo stesso tempo, come far tacere questo fiume di sensazioni che mi si agita dentro?
Come ignorare lo struggimento che provo in questo momento?
Ho la testa piena di domande, dubbi...e il cuore denso di emozioni a cui dare un nome.
Possono davvero 4 notti riempire la vita di un uomo abituato a vivere soltanto dei suoi sogni?
Ma, soprattutto, mi chiedo...cosa sia meglio?
Una vita di solitudine popolata da sole fantasie o una vita vissuta percorrendo e ripercorrendo pochi momenti reali, ma dal forte sapore amaro?
Non porta forse all'autodistruzione tutto questo?

"Sarà triste restare da solo, completamente da solo, e non avere nemmeno cosa rimpiangere - niente, assolutamente niente...perché tutto ciò che ho perduto, tutto ciò, era tutto un niente, uno stupido tondo zero, era solo un sogno!"

Una San Pietroburgo notturna e suggestiva, una panchina che ha assistito ed accolto parole d'amore, lacrime, mani dentro mani e promesse non mantenute, hanno contribuito a farmi vivere "dentro" queste pagine, ad amare l'amore di lui, così imploso eppure così totale, e a biasimare lei, così confusa, impaurita e dispensatrice involontaria (o forse no?) di illusioni.

"La mie notti finirono un mattino".

E con questa frase Dostoevskij uccide anche l'ultimo barlume di speranza di un sognatore, destinato a farsi bastare per sempre un solo minuto di non amore, ed essere anche grato a colei che il di lui amore non ha saputo amare.

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Martina S. Opinione inserita da Martina S.    06 Luglio, 2016
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"Il sentimento non si frantuma, ma si concentra."

“Il sognatore, se serve una definizione precisa, non è un uomo ma, sapete, una specie di essere neutro. Si stabilisce prevalentemente in un angolino inaccessibile, come se volesse nascondersi perfino dalla luce del giorno, e ogni volta che si addentra nel suo angolino, vi aderisce come la chiocciola al guscio, e diventa simile a quell’animale divertente chiamato tartaruga, che è nello stesso tempo un animale e una casa.”

Il protagonista di questo libro è un sognatore. Tutto ciò che fa è immaginarsi come sarebbe la sua vita uscendo dal guscio che si è creato da sé. Il sognatore, infatti, non ha rapporti di amicizia con nessuno, la sua esistenza è dettata da sogni e nulla di più. Più che vivere si potrebbe dire che sopravvive. Finchè una notte, si imbatte in una giovane ragazza, Nasten’ka, con la quale sembra innescarsi un magico rapporto fraterno e confidenziale. Dopo un’iniziale titubanza, la ragazza accetta di rivedere il sognatore la notte seguente, nello stesso luogo e alla stessa ora, e così accade per quattro notti: le notti bianche. Il finale è decisamente struggente ma d’effetto.

Un romanzo breve, ma assai graffiante. Le conversazioni tra il protagonista e Nasten’ka, durante le quali si conoscono entrambi i personaggi nel profondo, sono molto interessanti e toccanti. Si toccano argomenti come l’amore, la solitudine e il disagio interiore. Entusiasmanti sono anche le caratterizzazioni psicologiche del sognatore e della ragazza.

Lo stile è piuttosto poetico, e a mio avviso eccezionale, ed il registro linguistico è medio-alto ma come romanzo è piuttosto scorrevole ed accattivante. Assolutamente ben scritto e la trama è intrigante.

E’ il primo romanzo che leggo di questo autore e sicuramente non sarà l’ultimo!

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A chi piacciono i romanzi che trattino molto il lato psicologico dei personaggi.
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Pelizzari Opinione inserita da Pelizzari    19 Mag, 2016
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L'anima di un sognatore

C’è tutto un mondo dentro questo capolavoro di poche pagine. L’anima di un sognatore dallo spirito inquieto. Tutte le sue emozioni, i suoi pensieri, il suo mondo interiore. Il tutto reso con una delicatezza senza pari e con una grande armonia. E’ stato come avere un piccolo tesoro fra le mani. La storia è molto poco importante, un uomo, solitario, incontra una donna, se ne innamora, ne diventa il confidente, lei gli apre il cuore, ma non glielo cede, fino a ferirlo, involontariamente, rilasciandolo solo. Il tutto in una manciata di giorni in cui troviamo una manciata di dialoghi che sarebbero perfetti, così come sono, ad essere rappresentati a teatro. Lo stile della scrittura trascende la storia, perché quello che ti rimane, dopo aver chiuso questo libretto, è l’emozione, è la sensazione di un cuore un po’ schiacciato, il desiderio di ascoltare ancora questo giovane, di leggerne i pensieri, di seguirlo per le vie della città in queste notti un po’ magiche e tanto rare. Perché seguire lui è un po’ anche come leggerti dentro nei tuoi momenti di maggiore malinconia ed inquietudine, è un po’ come guardarti allo specchio, vedere le illusioni in cui anche tu hai creduto, osservare i volti che ti hanno ferito, per ritrovarti da solo con le tue paure più nascoste e più intime.

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Belmi Opinione inserita da Belmi    26 Aprile, 2016
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Un minuto basta a colmare la vita di un uomo?

Una notte, San Pietroburgo e due anime. Un incontro casuale di due persone destinate a incontrarsi.

Lui è il sognatore, lei è la diciassettenne Nasten’ka.

Lui ritrova la gioia di vivere, lei vuole cominciare a vivere.

Lui è un uomo solo, completamente solo e si definisce un tipo. Lei ha un’infanzia particolare.

Su una panchina, dove si ritroveranno anche altre notti, si raccontano e si trovano.

Lui: “ Aspettavo che Naten’ka, che mi ascoltava spalancando i suoi occhi intelligenti, si mettesse a ridere con il suo riso infantile, irrefrenabile e allegro e mi ero già pentito di essermi spinto così avanti e di aver raccontato invano quello che da molto tempo mi bolliva nel cuore, cose di cui potevo parlare come se fossero state scritte, perché già da tempo il mio racconto era pronto, e pertanto non mi trattenni dalla lettura, dalla confessione…”.

Poi venne il turno di lei e raccontò la sua storia “Voi conoscete già la mia vita per metà, cioè sapete che vivo con una vecchia nonna…”.

Dostoevskij ha catturato la mia attenzione, sono stata anch’io su quella panchina a sentire le loro storie, la loro vita e le loro speranze. Ho sofferto, ho gioito ed ho soprattutto atteso. Sognando insieme al sognatore si è anche consapevoli che prima o poi i nodi verranno al pettine, e leggi, e attendi, il momento in cui accadrà, perché lo sai che accadrà. Un racconto che colpisce, letto con un velo d’inquietudine; un’inquietudine che non ha tolto niente al piacere della lettura.

Posso solo consigliare a tutti di dedicare poche ore del proprio tempo a questo testo, ne sarete ripagati con gli interessi.

“Quanto più siamo infelici, tanto più profondamente sentiamo l’infelicità degli altri; il sentimento non si frantuma, ma si concentra…”.

Buona lettura!

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Mian88 Opinione inserita da Mian88    08 Marzo, 2016
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Il sognatore e la sua Nasten'ka

Nonostante le sue cento e poco più pagine, “Le notti bianche” contiene al suo interno l’intero pensiero Dostoevskijano. Due i protagonisti, il sognatore e la diciassettenne Nasten’ka, due personalità che tra le mura di una Pietroburgo deserta, malinconica, magica, quella appunto delle notti bianche, e dunque ben diversa dal sovraffollamento angosciante e/o dal borgo popolato di fantasmi e spaventose ombre dei romanzi di maggior successo dell’autore, vivono un dramma, una emarginazione, un’apparente riunione per un’inevitabile finale separazione.
L’ambientazione è il primo strumento utilizzato dal russo per descrivere della grande solitudine dell’eroe; le ampie dimensioni della città hanno il solo scopo, con il loro apparir ed essere vuote e spoglie, di rappresentare l’isolamento di costui, di evidenziarne la tragedia. E come non rivivere quelle letture romantiche proprie dell’epoca, proprie del protagonista sognatore che, dinanzi alla ringhiera di un canale e di poi su una panchina, concentra tutto il suo sentimento.
Il racconto è suddiviso in una prima ed una seconda notte alla quale si intervalla, antecedentemente alla terza, la storia di Nasten’ka, e a cui nuovamente ne segue una quarta ed infine il mattino. Dostoevskij prima ci descrive chi è e cosa è il sognatore (“un sognatore – se è necessaria una sua definizione precisa – non è una persona, ma, sapete, un essere di genere neutro. Si stabilisce il più delle volte in qualche angolo inaccessibile, come se ci si nascondesse perfino dalla luce del giorno, e quando poi si rifugia a casa, allora si radica al suo angolo come una lumaca, o almeno, è molto simile in questo atteggiamento a quell’interessante animale che è animale e casa insieme, che si chiama tartaruga” p. 55/56 ed. integrale), incentrandolo in un contesto primaverile di Pietroburgo dove al risvegliarsi della natura consegue l’abbandono della città per le case di campagna e quindi l’effettività di un uomo che resta solo, senza amici e/o affetti, lui che in quel luogo ci abita da anni e mai è riuscito a crear un legame se non con i palazzi e le strutture architettoniche che lo circondano. L’incontro con la giovane rappresenta il primo vero ed autentico contatto con un altro essere umano ed è la molla che lo risveglia dal torpore facendogli comprendere quel che ha perso. La realtà si scontra con l’immaginario .
Altro tratto distintivo che caratterizza la novella è la qualità stilistica interamente strutturata dal dialogo tra i due protagonisti, voci dalle quali trapelano, seppur sommariamente e per breve tempo, le figure della nonna e dell’amante della ragazza. Muta altresì anche lo stile narrativo, che ha inizio con elogi e ricche descrizioni del luogo, nonché con un iniziale assaggio delle inquietudini del protagonista per passare ad un monologo di quest’ultimo su se stesso. Al suo linguaggio erudito e forbito si alterna quello più colloquiale della donna, la quale accosta la spontaneità che le è propria per inesperienza di vita a quella soffusa della femme civettuevola e maliziosa desiderosa di abbandonare quel che la tiene “incatenata”.
L’uomo dostoevskijano è pertanto un soggetto in crisi, che non riesce a vedere con chiarezza nel proprio intimo e in quello dell’umanità, un individuo isolato, e che, dopo un lungo conflitto tra reale ed irreale, giunge ad una riflessione morale di indiscusso valore. Breve ma intenso, una lettura semplicemente piacevolissima.

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Giovannino Opinione inserita da Giovannino    20 Agosto, 2015
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Le notti di San Pietroburgo.

Ho da poco finito Il giocatore di Dostoeveskij e siccome lo scrittore russo è uno dei miei preferiti ho deciso di prenderne un altro e ho puntato su Le notti bianche, romanzo di cui ho sempre sentito parlare un gran bene nonostante le dimensioni ridotte.

E così è infatti, nonostante le dimensioni contenute (circa 100 pagine) in questo breve romanzo troviamo tutti i tratti distintivi della letteratura dostoevskiana. Il libro racconta della storia di un giovane uomo che tutte le sere esce dall'isolamento della sua stanza e quando le altre persone tornano a casa lui va a passeggio per le strade deserte della sempre affascinante San Pietroburgo. Questo flaneur (come lo chiamerebbe Baudelaire) una sera incontra su un ponte una ragazza in lacrime e dopo averla salvata dall'approccio pesante di un ubriaco ci scambia due parole e si danno appuntamento per la sera seguente. Da questo momento il giovane solitario entra in un vortice di emozioni mai provate (era la prima volta che "approcciava" una donna) e inizia a non pensare ad altro che all'appuntamento serale. Sera dopo sera i due estranei iniziano a conoscersi meglio e, mentre lui non rivela subito il suo amore per lei, lei invece le dice subito che è così triste perché aspetta il ritorno dell'uomo amato (ritorno che tarda ad arrivare). La fine non ve la racconto ma vi dico solo che molti capitoli si chiamano "notte uno", notte due", etc mentre l'ultimo si chiama "risveglio" (no, non è un sogno, ma rientra tutto nella psicologia Dostoevskiana).

Anche qui troviamo il conflitto interiore del protagonista, tipico dei personaggi dello scrittore russo (Raskolnikov, Ivan dei fratelli Karamazov, il principe Myskin) ed anche qui il protagonista vive isolato dal resto del mondo, cercando di scavare negli abissi della psiche umana (Raskolnikov e Memorie dal sottosuolo). Inoltre anche qui alla fine c'è una lunga riflessione morale del protagonista che sfocia nel duro conflitto tra realtà e mondo dei sogni (come in Il sogno di un uomo ridicolo). La lettura è facile, agevole ed anche avvincente, un libro che si può finire tranquillamente in un paio di ore.

Insomma se amate lo scrittore russo non potete fare a meno di questa piccola perla che, secondo me, è anche molto utile per chi si avvicina a Dostoeveskij in quanto in maniera diretta tratta dei punti fondamentali delle sue opere che poi verrano ripresi e ampliati in altre opere più importanti.

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Valerio91 Opinione inserita da Valerio91    06 Agosto, 2015
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È la realtà a dar colore ai sogni

Esistono uomini che posseggono un'anima talmente profonda da spaventare, talmente assennata da non smettere mai di stupire, geniale al punto da far credere essi vengano da un posto estremamente lontano da questa Terra.
Dostoevskij era senza dubbio uno di questi uomini, e grazie al cielo ha condiviso con il mondo il suo immenso pensiero, essendo inevitabilmente uno dei più grandi autori e intellettuali di tutti i tempi.
"Le notti bianche" data la sua brevità potrebbe essere tranquillamente considerato un racconto, ma la sua immensa profondità grida giustizia, reclamando per sè stessa, e a ragione, un posto tra le grandi opere letterarie della Storia. Perché esistono romanzi dalla mole estremamente più ampia, ma che nella loro enorme estensione di parole scritte non riescono a raggiungere la grandezza di pensiero così magistralmente compressa da Dostoevskij ne "Le notti bianche".

Avremo di fronte un brevissimo tratto della vita di un anonimo pietroburghese, in concomitanza del suo incontro cruciale con una giovane donna, l'ingenua Nasten'ka.
Egli si autodefinisce un sognatore, uno di quelli assoluti, uno di quelli che non vive una vita per vivere in un sogno ininterrotto, perché risulta estremamente più facile, perché un sogno è come noi vogliamo che esso sia, perché esso è perfettamente plasmabile secondo la nostra volontà, a differenza della tanto bistrattata vita reale.
Il sognatore di Dostoevskij è uno che da sempre si crogiola nelle sue fantasie, e crede di essere felice in esse, finché un fugace incontro, una semplice emozione, non fa crollare miseramente il suo castello fantastico come fosse fatto di carta.
La sua vita risulta improvvisamente essere tutta un'illusione, una costruzione della sua mente, una cosa tragicamente fine a sè stessa. D'altronde, cosa rimane dei sogni una volta che ci si è svegliati? A volte nemmeno il ricordo. Un emozione vera, invece, può rimanere nel cuore e nella mente per sempre.
Crogiolarsi nei sogni può essere bello all'inizio, ma a lungo andare, vivere un sogno a discapito di una vita vera colora anche le nostre fantasie di un grigio cupo, contaminandole col rimorso di non aver vissuto, di aver perso i migliori anni della nostra vita dietro a un semplice prodotto della mente, a una realtà fasulla.
La verità travolge il sognatore in maniera fatale. Egli è solo, noi siamo soli, perché i sogni sono soltanto nostri e chiunque possiamo avere accanto in essi, anche se una proiezione di qualcuno che esiste per davvero, esiste solo e soltanto nella nostra mente. E, dopotutto, non sono i sogni stessi fomentati dalla realtà? Dai ricordi? Dalle emozioni? Dall'amore? Se queste cose non vengono realmente vissute, da cosa i nostri sogni dovrebbero attingere?
Alla fine di tutto, la domanda che resta è una sola: vale la pena vivere un sogno come noi lo vogliamo ma irreale, a discapito di una vita che andrà di certo per conto suo, ma che riesce in un attimo a regalarci più di quello che un meraviglioso sogno può donarci in una intera eternità? Dostoevskij direbbe: "Dio mio! Un intero attimo di beatitudine! È forse poco, sia pure per tutta la vita di un uomo?"

"E intanto sento il rumore di una folla di gente che mi gira intorno presa dal turbine della vita, sento, vedo che la gente vive, vive veramente, vedo che a loro non è preclusa la vita, che la loro vita non si dissolve come un sogno, come una visione, ma si rinnova sempre, è sempre giovane..."

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Dostoevskij.
Io lo consiglierei a chiunque.
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El Ghibli Opinione inserita da El Ghibli    06 Mag, 2015
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Grande Dostoevskij

E' il primo romanzo di Dostoevskij che ho letto e l'ho trovato bellissimo. Mi sono innamorata di questo autore. I personaggi principali di questo breve racconto sono due: Nasten'ka e l'anonimo. Del giovane vengono messi in evidenza soprattutto gli aspetti psicologici: una persona timida, premurosa, che non ha mai conosciuto una donna. La ragazza, invece, è una persona semplice. Vive con la nonna sin da piccola in quanto orfana di entrambi i genitori. Naten'ka ed il giovane hanno in comune il fatto di essere dei sognatori. Il sogno può tutto: "Egli non desidera nulla essendo superiore ad ogni desiderio e possedendo tutto, perché è sazio, perché lui stesso è artista della sua vita creandola ad ogni momento a suo arbitrio". Come in ogni suo libro Dostoevskij rende vivi i suoi personaggi con le loro sensazioni, i loro sentimenti, le paure, le incertezze. E' un romanzo sentimentale, infatti lo stesso autore lo ha definito tale dandogli come titolo iniziale: " Le notti bianche. Romanzo sentimentale, dai ricordi di un sognatore". Mentre proseguivo con la lettura, avevo la sensazione di trovarmi anche io su di una panchina accanto ai due personaggi mentre dialogavano. A dire il vero in queste figure di sognatori mi sembra di ritrovarmici.

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FrankMoles Opinione inserita da FrankMoles    21 Aprile, 2015
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Il sognatore

“Era una notte meravigliosa. Una di quelle notti come forse possono essercene soltanto quando si è giovani, egregio lettore. Il cielo era così stellato e così luminoso che, guardandolo, involontariamente veniva fatto di chiedersi: possibile che sotto un cielo come questo possano vivere persone adirate e lunatiche di vario genere?”

In una Pietroburgo trasfigurata in luogo d’isolamento vive il nostro protagonista, un uomo senza nome, indefinito; indefinito come la realtà in cui si costringe a vivere. Solo e alienato, quest’uomo trascorre le sue giornate in un mondo interiore avulso da qualsiasi contatto reale col mondo. E’ la figura del sognatore, magistralmente delineata, qui come altrove in Dostoevskij, come quella di una persona che vive in una realtà prodotta dalla sua mente, scontrandosi col mattino rivelatore della verità e dell’illusione. Ma che succede quando un sognatore esce dal suo mondo pseudo-dorato? Nella prima delle quattro notti bianche, il protagonista è attirato da una fanciulla, Nasten’ka, il primo essere umano che toccherà realmente la sua anima. Nasten’ka riuscirà a portare alla luce il mondo dei pensieri del sognatore, che in un lungo monologo scandaglierà il proprio cuore con la profondità che caratterizza il grande scrittore russo, capace di analizzare la drammatica contraddizione tra realtà e sogno, vita ed evasione. L’impatto della fanciulla è così forte che, inevitabilmente, il protagonista se ne innamora di un sentimento spirituale, a tratti stilnovistico. Ma anche Nasten’ka è una sognatrice: attende dopo un anno il ritorno dell’amato ed è turbata; il nostro eroe, per quanto straziato, persegue la felicità della sua amata e si affanna per aiutarla e consolarla. Ma l’uomo non si fa vivo e Nasten’ka sembra innamorarsi gradualmente. Proprio quando tutto sembra volgere al lieto fine, l’uomo riappare. La realtà torna ad essere sogno. Dopo quattro notti, il mattino è arrivato.
Dostoevskij conclude questo romanzo breve riconciliando l’inestricabile contraddizione tra sogno e realtà. La realtà non è che illusione. E’ il trionfo della soggettività: ognuno costruisce un mondo secondo il suo pensiero, abnegando se stesso nell’immaginazione tanto cara a Leopardi, via d’uscita dall’angosciosa solitudine che affligge l’animo di ogni uomo che sente col cuore e con la mente, e cadendo nel futuro, spaventoso, sottosuolo dostoevskiano.

“Allora senti che la fantasia, quella inesauribile fantasia, alla fine si stanca, si esaurisce in quella tensione permanente perché maturata, abbandona gli ideali presognati: essi cadono in polvere, si spezzano in frammenti; e se non esiste un'altra vita, allora ci tocca di costruirla con questi frammenti.”

Qual è il frammento da cui ripartire?
E’ un amore ideale e positivo nella sua spiritualità (che peraltro trova un corrispettivo nella vita sentimentale dell’autore, che questo romanzo breve sembra ricalcare).
E’ il contatto con il mondo finalmente avvenuto.
E’ l’attimo di beatitudine che Nasten’ka ha donato al sognatore. E’ solo un attimo, ma, per un uomo senza storia, vale quanto una vita. E’ il sogno della sua vita.

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viducoli Opinione inserita da viducoli    20 Febbraio, 2015
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Dai decabristi a Elio, passando per Visconti

Le notti bianche è uno dei più famosi racconti di Dostoevskij, anche perché nel 1956 Luchino Visconti ne ricavò un memorabile film con protagonista Marcello Mastroianni.
Dostoevskij lo scrisse, ventisettenne, nel 1848, in un momento molto particolare della sua vita e della vita culturale russa. Come ci viene bene spiegato nella prefazione a questa bella edizione Oscar Mondadori, gli intellettuali russi degli anni ’30 e ’40 dell’800, dopo la repressione dei moti liberali di qualche anno prima, avevano ripiegato su un individualismo estetico di stampo schilleriano, rifuggendo come anime belle da una realtà sociale che si palesava immutabilmente arretrata. Nel periodo in cui Dostoevskij scrive Le notti bianche questo atteggiamento isolazionista è messo in discussione e fortemente criticato: le spinte rivoluzionarie che segnano in quegli anni l’Europa occidentale giungono sino a Mosca e a Pietroburgo, spronando gli intellettuali a scendere di nuovo in campo per contribuire a cambiare ciò che li circonda.
Le notti bianche si inserisce in questo filone critico, ma con tratti tipicamente Dostoevskijani. Da un lato, infatti, è indubbia la critica ironica, a tratti dura, del tipo dell’intellettuale sognatore (il sottotitolo del racconto è Dalle memorie di un sognatore. Racconto sentimentale). Ciò è evidente sin dalla prima definizione che l’autore dà del sognatore: “Il sognatore, se occorre una definizione precisa, non è un uomo ma, sapete, una specie di essere neutro”. Dostoevskij nega quindi all’intellettuale sognatore persino la patente di umanità. Tutta la seconda notte, vero fulcro teorico del racconto, è dedicata a smontare le illusioni del sognatore, a metterne in evidenza le contraddizioni e la drammatica fatuità. Dostoevskij è quindi sommamente consapevole del carattere consolatorio, ridicolo e dell’inutilità della vita dell’intellettuale ”che si addentra nel suo cantuccio, vi aderisce come la chiocciola al guscio, e diventa simile a quell’animale divertente chiamato tartaruga, che è nello stesso tempo un animale e una casa”.
D’altro canto, il nostro non fornisce alternative. Il sognatore infatti ha la grande occasione per uscire dal suo guscio di solitudine e inadeguatezza incontrando Nasten’ka, ragazza solare, piena di vita, che vuole tagliare il cordone ombelicale con la famiglia (nel racconto è simboleggiato dallo spillo con cui l’anziana nonna la lega a sé per sorvegliarla). Tuttavia, anche se il suo amore per Nasten’ka è intenso e sincero, anche se per un attimo sembra che ella tenda le braccia per sollevarlo verso di sé e verso la vita vera, è inevitabile che, quando la vita vera appare, Nasten’ka non abbia un attimo di esitazione, e si lanci con un grido verso di essa. Il sognatore, quindi, non solo si rivela inadeguato nei suoi rapporti con la società, ma è anche incapace di risolvere i suoi problemi esistenziali. Non gli rimane che ritirarsi ancora di più nel suo cantuccio. La resa di Dostoevskij nei confronti della realtà e della vita è quindi totale, e ciò è sottolineato ancora di più dall’uso, comune a molti dei suoi testi, della prima persona.
Naturalmente la grandezza del racconto sta anche nel fatto che agli aspetti strettamente connessi con il periodo storico in cui fu scritto si affiancano elementi di introspezione dell’animo umano che hanno il carattere dell’universalità. Il protagonista – in questo analogo al Vania di Umiliati e offesi – è incapace di suscitare davvero l’amore della protagonista femminile, anzi: parlando con lei, confidandosi ed aiutandola a confidarsi contribuisce a rinsaldare il legame che esiste tra lei e l’altro. E’ una situazione comune ad una precisa tipologia di uomini che si potrebbe definire gli amici delle donne: sono quelli che si innamorano senza speranza di donne che amano parlare con loro, in genere per raccontare come siano innamorate perdutamente di un altro. Soffrono in silenzio e giungono persino a dare consigli per fare in modo che la loro amata possa felicemente volare dal vero amore. Una descrizione perfetta di questo tipo umano l’hanno data Elio e le Storie Tese nel celeberrimo brano significativamente intitolato Servi della gleba: che si siano ispirati direttamente alla Russia dell’800 e a Dostoevskij?

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marygiò02 Opinione inserita da marygiò02    27 Novembre, 2014
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L’ Amore…una medaglia

Un uomo si aggira per le strade di Pietroburgo. Conosce tutti, eppure nessuno conosce lui; è sempre lì agli stessi orari, così attento ai particolari che addirittura riesce a cogliere le diversità in un volto, se stanco, triste, se felice, d’ altro canto lui è invisibile agli occhi altrui. E’ lì, onnipresente, ma è una presenza fantasma. Nessuno gli si avvicina e viceversa.
‘Le notti bianche’: è la storia di un giovane sognatore, inguaribile romantico, perso nei suoi pensieri, chiuso nel silenzio della sua stanza, che si esilia nel regno della fantasia finché essa quasi si materializza.
Dopo aver passato gli anni migliori della sua vita lontano dal contatto umano, si imbatte in una giovane donna, la quale diviene il suo amore platonico, il suo mondo, il suo tutto: la ragione della sua felicità. Egli inizia finalmente a vivere, prova un sentimento per lui sconosciuto fino ad allora, che ha potuto vivere soltanto indirettamente, che ha tenuto chiuso nel suo cuore, nella sua mente.
Ma questo sogno è destinato a svanire quando la cruda realtà bussa alla sua porta. E’ a un passo dal realizzare questo suo amore, ma non è quello il suo destino.
Leggendo il racconto, risuona nella mia testa una melodia: ‘First love’ di Yiruma. Si crea un’ atmosfera candida, piena di luce e allo stesso tempo di chiaroscuri. E’ una vicenda molto densa, nonostante la brevità. Sembra quasi di viverla. E’ un racconto che va vissuto, anzi è vissuto dall’ inizio alla fine, che ci lascia spiazzati.
“Dio mio, un intero minuto di beatitudine! Ma è forse poco per tutta la vita umana?”
Credo che vivere costantemente di quel minuto porti soltanto all’ autodistruzione!
A voi un giudizio!
Buona Degustazione
Maria Giovanna

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Giuliacampy Opinione inserita da Giuliacampy    05 Ottobre, 2014
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La bellezza impalpabile dei sogni

L'opera di Dostoevskij dimostra come la lungimiranza e la profondità di un autore e dei suoi libri possa essere contenuta in poche pagine, essenziali ma superbe. La caratteristica che ho amato di più di questo romanzo è la sua semplicità che, è importante sottolineare, non corrisponde a facilità. Il libro è semplice perché fatto di sentimenti autentici, sinceri e non ricerca argomenti complessi e sofisticati per indagare a fondo l'animo degli esseri umani. Due personaggi sui quali si proietta l'ombra di un terzo misterioso uomo, si incontrano e parlano di loro stessi, delle proprie debolezze, dei propri sogni senza avere paura di rivelarsi l'uno all'altro pur essendo dei perfetti sconosciuti. Al contrario, il fatto stesso di non sapere nulla del proprio interlocutore li spinge ad aprire il loro cuore, con la consapevolezza che non saranno giudicati ma semplicemente ascoltati.
Quattro notti sono sufficienti a creare un'intimità incredibile tra i due, come se il tempo trascorso insieme si fosse inspiegabilmente dilatato. Il protagonista appare quasi come un eroe romantico, vissuto in un mondo di fantasia così meraviglioso da rendere infinitamente duro il ritorno alla realtà, una realtà che sembra estranea, nemica di un uomo che non conosce compagnia se non quella dei suoi intricati pensieri. Si tratta quindi di sogni dalla bellezza impalpabile, sogni che ci rendono umani ma che talvolta assorbono così fortemente la nostra anima da trascinarci in un oblio da cui è difficile fare ritorno. Questa è la ragione per cui il protagonista vive in solitudine e soffre per questo tanto che prova una gioia incommensurabile non appena trova qualcuno che sia disposto a parlare con lui e che apprezza i suoi bizzarri ragionamenti. Da un lato c'è quindi l'ingenuità e la dolce ignoranza di una ragazza e dall'altro un uomo intelligente, colto, che finalmente riesce a dare sfogo alle proprie emozioni così attentamente custodite e nascoste a coloro che avrebbero tentato di criticarle, quando invece i sentimenti non possono essere giudicati ma devono essere semplicemente ascoltati. Purtroppo però la vita ha una sua concretezza, una sua realtà che non siamo in grado di annullare semplicemente con la nostra fantasia e il sognatore è destinato a fallire e a piombare nuovamente nel suo stato di solitudine. Così quelle quattro notti di risate e di lacrime, di astratta concretezza, sebbene così brevi e fugaci, lo hanno reso felice e hanno dato un senso alla sua esistenza.
Si tratta quindi di un libro fatto di sentimenti forti e miti allo stesso tempo, di fantasia e realtà, un libro che ci ricorda quanto sia piacevole talvolta abbandonarsi alla catena illimitata dei nostri pensieri e della nostra immaginazione in un'epoca in cui il rischio più grande forse non è quello di perdersi nei sogni, ma smarrirsi in un mondo virtuale che ci priva della nostra identità.

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Nicolò Bonato Opinione inserita da Nicolò Bonato    19 Settembre, 2014
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Cinque notti in bianco

Nella recensione svelo più o meno esplicitamente il finale e altri punti salienti.

Libro breve ma intenso.
Sembra banale ma è così; la relazione tra i due personaggi si intensifica a velocità incredibile, sembra quasi che le quattro notti bianche non siano una successiva all'altra, bensì dilazionate in un ampio arco di tempo durante il quale Nasten'ka e il narratore si sono frequentati e conosciuti reciprocamente, all'insaputa del lettore.

La storia procede rapida ed essenziale fino al finale, che non può essere considerato a cuor leggero un finale triste, pur non essendo certo il classico lieto fine.

L'ambientazione è quasi inesistente, sappiamo dalle parole del narratore che ci troviamo a Pietroburgo.
Questa certezza vaga rinforza il clima onirico che pervade il romanzo, infatti, come nei sogni, sappiamo di essere in un luogo pure se non abbiamo nessuna certezza che si tratti proprio di esso.

Il personaggio di Nasten'ka risulta frivolo, quasi odioso, mentre calpesta con egoistica inconsapevolezza le chimere del narratore, sognatore ad occhi aperti, che vive le sue giornate in una dimensione onirica.
Ma che smette per lei di sognare, infatti le sue visioni torneranno repentinamente solo quando lei lo abbandonerà.

“E di cosa potrò sognare, se nella realtà sono stato tanto felice vicino a voi!”

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Vincenzo1972 Opinione inserita da Vincenzo1972    12 Settembre, 2014
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Sogno o son desto?

Chi è il sognatore? Non è colui che sogna, che subisce passivamente i sogni, incoscientemente, tanto da perderne ogni traccia il mattino dopo al risveglio; il sognatore è colui che costruisce sogni, ad occhi aperti, perfettamente cosciente. E' quello che oggi, in certi contesti, potrebbe essere definito un architetto virtuale.
Il sognatore prende spunto da un piccolo particolare, uno sguardo, una frase, un'immagine ed edifica sopra un mondo parallelo, e lo popola con i fantasmi della sua mente, ombre con sembianze tratte dalla realtà ma con un'anima plasmata dai suoi desideri o dalle sue paure e con cui egli potrà interfacciarsi per appagare le sue voglie o per placare la sua angoscia.
Ma tragico e crudele è il destino di un sognatore: perché quel mondo effimero che gli dona felicità e conforto inevitabilmente crollerà con la stessa velocità con cui è nato, lasciando nel sognatore ferite profonde, vuoti sempre più difficili da colmare mentre la realtà, quella vera, gli sembra sempre più lontana, più estranea. E la sua anima soffre, vuole di nuovo evadere, è una dipendenza incurabile:

"Frattanto l'anima chiede e vuole qualche altra cosa! E invano il sognatore fruga nelle sue vecchie fantasticherie, come nella cenere, cercando in questa cenere non fosse che una piccola scintilla, per ravvivarla, e con una fiamma rinovellata riscaldare il cuore intirizzito, e risuscitare in esso tutto ciò che vi era prima di così bello, che toccava l'anima, che faceva ribollire il sangue, che strappava lacrime dagli occhi e ingannava con la sua magnificenza!"

E' veramente impeccabile, direi quasi scientifica, la descrizione minuziosa che l'autore offre del sognatore... ed è incredibilmente attuale.
Ritieniti fortunato (o forse no), caro Dostoevskij, per essere vissuto nell'Ottocento... non è facile la vita di noi sognatori nell'era di internet... prova ad immaginare cosa la nostra mente possa costruire sopra i pilastri di un avatar, una foto o (perché no?) una frase, un commento su facebook per esempio..
E quando chiedi:

"Lo credereste, guardandolo, che in realtà egli non ha mai conosciuto colei che tanto ha amato nelle sue esaltate fantasticherie? Ma è mai possibile che l'abbia vista soltanto tra i suoi seducenti fantasmi e che questa passione se la sia soltanto sognata? E' mai possibile che non abbiano trascorso con la mano nella mano molti anni della loro esistenza: soli, loro due, dopo aver respinto da sé tutto il mondo e avere riunito ciascuno il proprio mondo, la propria vita con la vita dell'altro?"

io ti risponderei "SI", diamine, ci credo e ti assicuro che dopo circa 200 anni questo è ancora possibile.

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enricocaramuscio Opinione inserita da enricocaramuscio    22 Novembre, 2013
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Un intero attimo di beatitudine e di felicità

Un personaggio senza nome si aggira solitario per le vie di Pietroburgo. Sono ormai otto anni che vive in questa città e non ha saputo fare pressoché nessuna conoscenza. Eppure ogni persona che incontra quotidianamente sul Nevskij, al parco o sul lungofiume, sente di conoscerla intimamente pur senza averci mai scambiato né una parola né un saluto. Di ognuno ha imparato a memoria la fisionomia, ne ammira l’allegria e si rattrista quando ne percepisce il malumore. Conosce persino i palazzi e a volte ha la sensazione che lo guardino da tutte le loro finestre e gli parlino come si fa ad un buon amico. Si tratta un individuo timido, riservato, schivo, che si autodefinisce un tipo, un originale, un sognatore e come tutti i sognatori non è una persona ma un essere di genere neutro la cui vita comincia veramente solo quando è solo nella sua camera con le pareti verdi piene di muffa. Soltanto allora è libero di perdersi nelle trame dorate tessute per lui dalla “dea della fantasia”, di dare sfogo alla sua immaginazione eccitata creando nuovi mondi, nuove vite, e ogni sogno è una nuova felicità, una nuova dose di veleno raffinato e lussurioso. Lui non vive la vita, la sogna. Ma questo suo ovattato universo onirico viene sconvolto una sera di maggio quando, quasi per caso, si imbatte nella bella Nasten’ka. La giovane donna irromperà come un fiume in piena nella sua indolente esistenza travolgendola con il più potente e incontrollabile dei sentimenti: l’amore. Il nostro eroe avrà quindi la possibilità di conoscere finalmente le pulsazioni e le emozioni che regala la vita reale, vivrà un intero attimo di beatitudine e di felicità ma si troverà a dover fare tristemente i conti con l’evanescenza delle sue velleitarie fantasie. Due personaggi delicati e coinvolgenti, quattro notti di vita vera che sembrano un sogno, temi quali le illusioni, la solitudine, l’amore che toccano il cuore dei lettori, specie di quelli particolarmente sensibili. E poi le magiche atmosfere di una città affascinate come Pietroburgo e la penna incantevole di un Dostoevskij giovanissimo ma che dimostra già un immenso talento letterario e una capacità di raccontare le vicende umane che non ha eguali. La forte empatia e i dialoghi brillanti rendono ancor più piacevole la lettura di questo imperdibile romanzo che ricorda al lettore come possa essere triste e piatta una vita senza sogni ma come siano altresì inutili e fallaci i sogni senza il coraggio e la forza per realizzarli.

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Opinione inserita da Veronic    30 Ottobre, 2013

Approfondimento

Siamo a San Pietroburgo, in Russia, la traduzione italiana del titolo ci indica quella particolare fenomeno astronomico, per cui il crepuscolo dura per tutta la notte.
Il sole rischiara il cielo fino a tardi, ma contrariamente da ciò che ci si aspetta, la città non s’irradia in questo tepore, anzi, questo chiarore invita quasi tutti i suoi abitanti in da?a (villeggiatura),lasciando così, una grande città deserta, muta, dove padroneggia, inizialmente, un solo veterano, il nostro protagonista sognatore.
La nostra attenzione è pertanto sgombra di qualsiasi altro volto, il nostro sognatore ha tutta la nostra attenzione, e ci fa strada in questo deserto urbano.
Ce ne disegna l’urbanistica, possiamo seguire nel testo la planimetria composta dai pochi elementi asettici, che prendono vita solo se accompagnati dalla voce e dal passo del protagonista, ne ipotizza grotteschi dialoghi, ma svaniscono non appena il sognatore gira l’angolo.
Pochi elementi curano lo sfondo delle avventure del nostro protagonista, ed il medesimo personaggio è scarnito di una descrizione corporea e ancor più d’altra denominazione se non :“sognatore”.
La fisicità delimita l’aspetto del sogno, ogni qual volta descrive in maniere troppo circoscritta un ambiente si spezza il sogno, e le pareti divengono affumicate ed anguste, come la sua stanza.
Ha un paradossale rapporto con il mondo dei sogni, vede in esso il metodo di salvezza per la vita reale ma le strutture che gli permettono di varcare nel mondo dei sogni, dall’altro lato, lo rinchiudono al di fuori del mondo reale.

Affronta queste limitazioni nel momento in cui, nella suo rettilineo metafisico, incontra una donna che spezza il suo percorso quotidiano. La donna ha un corpo, un nome, Nasten’ka ,una storia, e gli da l’occasione per 4 notti di vivere attraverso i dialoghi un sogno più bello e più forte di tutti i sogni che possa aver mai fatto: l’amore reale.
Una visione lenta,ovattata ci presenta delicatamente quest’incontro. E’ l’incontro di due persone apparentemente molto diverse, una diciassettenne triste in attesa del suo promesso sposo,ed in uomo insicuro,solo, sempre sulla soglia dell’ultima decisione. Faranno forza su i loro punti deboli, ed il sognatore senza alcun filtro si sfogherà dei suoi silenzi con il mondo reale, e Nasten’ka ne apprezzerà la purezza, la singolarità di quell’uomo, sfogandosi anch’essa dei silenzi e dalle attese che ha ricevuto dal mondo.
Il sognatore comincia a fraternizzare con il volti dei racconti della vita di Nasten’ka e pur scoprendosi innamorato di lei, non può che rispettare quell’uomo che precedentemente, si è accorto di lei, e l’ha resa felice, seppur ancora solo nell’aspettativa.
Un lento avvicinarsi psicologico, il passeggiare accanto a della aspettative per 4 notti, e sull’incedere del raggiungimento della felicità, della conquista del sogno amoroso, scende al notte, comincia un nuovo giorno e si ricade nel vuoto iniziale. La ragazza rincontra il suo promesso sposo, lasciando il sognatore nuovamente un solo ricordo incorporeo, seppur il più intenso della sua vita.

E’ una lettura classica, delicata, che lascia spazio a qualsiasi libera reinterpretazione, nella semplicità dei dialoghi, nell’essenzialità della struttura, ho trovato un libro che ha attraversato i miei pensieri, per un bell’istante. Questo libro come sembra alterego del suo protagonista e del suo autore, sembra non aver pretese, penetra solo per qualche istante, nella dimensione sognante del lettore che vuol lasciarsi attraversare.
E’ curioso notare come quest’opere di Dostoevskij, come del resto, la sua persona, hanno generato un’ attrattiva poliedrica intorno agli anni cinquanta del novecento.
Una regia essenziale, che in chiave moderna, potremmo definire alla Dogville di Lars Von Trier, viene ben più strutturata e umanizzata nella versione omonima dell’opera di Luchino Visconti del 1957, dove un Marcello Mastroianni, ci immerge con un melanconico bianco e nero, all’interno della storia di un uomo comune.
Nello stesso anno del film di Visconti, in Italia si comincia fraternizzare anche musicalmente con la poetica romantica di Dostoevskij.
Leo Chiosso su la musica di Fred Buscaglione scrive “Il siero di Strokomogoloff”, un’ ilare composizione che decanta le doti miracolose di un siero, che donò l’ispirazione e altri similari poteri a maestri dai nomi dissonanti ma dal talento illustre:

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Lev Opinione inserita da Lev    27 Ottobre, 2013
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Quelli come noi...

"...quelli come noi
che son venuti su un po' strani
e hanno avuto sempre
poche donne per le mani
e covano le loro solitudini
in segreto quasi con gelosia..."

Claudio Lolli "Quelli come noi"

“Le notti bianche” è uno di quei romanzi, per la verità molto rari, che aprono l'animo di un autore agli sguardi dei suoi lettori. E' impossibile per qualunque solitario animo romantico non partecipare alle vicende dell'anonimo protagonista ed affezionarcisi come ad un amico, un fratello che solo in un mondo intero sembra capirlo. E' stato spesso evidenziato il tema del sognatore romantico, della fuga dalla realtà in un mondo di sogni che lo culla e lo nutre, tuttavia l'aspetto più mirabile è forse la descrizione e riflessione sull'amore nella sua forma più pura. Il romanzo si apre con la splendida citazione da Turgenev: "...Fu creato forse allo scopo di rimanere vicino al tuo cuore, sia pure per un attimo?..." , che delicatamente anticipa il tema principale del testo e lo splendido finale. Lungo tutto il romanzo ci viene presentato l'amore quasi adolescenziale, con i suoi pregi ed i suoi difetti, fra il nostro caro sognatore e Nasten'ka. Nell'arco di quattro notti i due giovani avranno modo d'incontrarsi, confidarsi ed innamorarsi. “Era una notte incantevole, una di quelle notti che succedono solo se si è giovani, gentile lettore.” Già l'incipit basterebbe ad introdurre una chiave di lettura e non poche riflessioni sull'amore; può esistere vero amore senza l'incoscienza e l'incondizionata capacità di donarsi di quando si è adolescenti? In seguito la storia ci avvicina a Nasten'ka ed alla sua storia tormentata che la vede aspettare per un anno un innamorato che le ha promesso di sposarla e liberarla dalla triste vita in casa della nonna. In questa fase, nell'incontro di due solitudini di natura diversa, ma affine, i due protagonisti scivoleranno semi-volontariamente verso l'amore reciproco e cureranno l'un l'altro le ferite della solitudine . E' a questo punto che il nostro amico, perdutamente innamorato di Nasten'ka, sembra poter trovare finalmente la sua luce in questo amore. Ma sarebbe impossibile per lui non fare tutto quanto in suo potere per la felicità dell'amata ragazza, per cui tenta di contattare “l'inquilino”, avvicendandosi così all'ineluttabile rovescio del fato. E' alla fine del romanzo che si ritorna come in un cerchio alla citazione di Turgenev, ed allora a Nasten'ka che gli chiede perdono il ragazzo non può che rispondere: “Non pensare Nasten'ka che io ricordi la mia umiliazione né che voglia oscurare la tua serena e calma felicità con una nube scura.
Non pensare che voglia rattristare il tuo cuore con amari rimproveri, che voglia addolorarlo con un rimorso segreto, che voglia renderlo melanconico nel momento della beatitudine, che voglia strappare uno solo di quei teneri fiori che tu hai intrecciato tra i tuoi riccioli neri quando insieme a lui sei andata all'altare... Oh! Mai, mai! Che il tuo cielo sia sereno, che il tuo sorriso sia luminoso e calmo! Sii benedetta per quell'attimo di beatitudine e di felicità che hai donato a un altro cuore solo riconoscente!
Dio mio! Un minuto intero di beatitudine! E' forse poco per colmare tutta la vita di un uomo?.”
Quattro notti, su per giù 48 ore, per, aprirsi, curarsi, innamorarsi e poi lasciarsi. L'autoritratto di un solitario romantico in uno splendido Dostoevskjy che a soli ventisette anni ci racconta cosa sia l'amore più puro, capace di gioire della felicità del suo oggetto e di apprezzare anche solo quell'istante di luce che illumina e da senso ad una vita intera.

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Se vi è piaciuto consiglio "Neve di primavera" di Yukio Mishima
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BettiB Opinione inserita da BettiB    30 Agosto, 2013
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Le notti finiscono al mattino

“Era una notte incantevole, una di quelle notti come ci possono forse capitare solo quando siamo giovani”, recita l'incipit di questo delicato racconto breve – uno degli incipit migliori della letteratura, a mio parere.
In quattro notti (e un mattino) Dostoevskij mette in scena passioni e risentimenti giovanili: la fugacità dell'amore, la facilità con cui si cade nel tranello dell'infatuazione e l'altrettanta volubilità con cui si cambia idea.
Il tempo, inteso come condizioni meteorologiche, accompagnano e sottolineano le condizioni interiori del protagonista, questo sognatore senza nome né volto, ma con una vita in testa tanto vasta e sorprendente da eguagliare (e sorpassare di molte misure) la vita reale – alla quale comunque lui si tiene lontano.
La prima notte, dopo una giornata meravigliosamente soleggiata, in cui il sognatore s'è sentito felice come non mai e partecipe alle bellezze della primavera pietroburghese, egli incontra Nasten'ka, una giovane donna che piange tra sé, disperata per il suo amore perduto. Grazie al caso e all'improvviso coraggio il nostro sognatore le si avvicina, la consola e instaura subito un particolare legame.
La notte seguente i due si rincontrano, sempre lì dove si sono scontrati per caso la prima volta e, seduti su una panchina, da soli e al sicuro dal mondo, di raccontano e si conoscono. Il sognatore è per definizione un uomo solitario, che vive della e nella sua fantasia. Fugge ai contatti umani e della città conosce solo palazzi – con i quali intrattiene legami che sostituiscono quelli umani che non ha proprio. Sta bene da sé e festeggia da solo i suoi sentimenti. La giovanissima Nasten'ka è uno spirito romantico, innamorata da un anno di un uomo che ha conosciuto durante fugaci sguardi o incontri, “l'inquilino”. Costretta a vivere con l'anziana nonna, sogna una fuga, un modo di vivere amata e sicura, soprattutto libera, e “l'inquilino” è la possibilità ideale di realizzare tutto ciò. Prima di andarsene da Mosca egli le promise un matrimonio e ora, tornato in città, lui non s'è presentato per mantenere fede alla promessa.
I sentimenti del sognatore si fanno sempre più chiari, finché egli stesso non dichiara il suo amore alla giovane. Nonostante ciò, la aiuterà a ritrovare un legame con il suo amato. La vedrà realizzare la sua felicità e, dal fondo della sua angoscia, sarà felice per lei.
Con un linguaggio alto e propriamente da monologo russo, Dostoevskij ha dipinto un quadro che fonde malinconia e speranza, amore e rifiuto. L'incontro “beato” seppur breve di un amica destinata a rimanere sola con una grande romantica. Delicato e piacevole, profondo e sempre contemporaneo. Bello.

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silvia t Opinione inserita da silvia t    12 Giugno, 2013
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La potenza di un classico giovanile

“Le notti bianche” è un'opera giovanile di Dostoevskij che a soli ventisette anni ha già in potenza tutto il talento che lo renderà immortale.
Difficile per un animo solitario e riservato non immedesimarsi nel protagonista, il quale viene tratteggiato in modo così dolce e preciso da rendercelo vivo ed è così reale seguirlo nelle sue passeggiate, incrociare le strade, le case a cui si rivolge, umanizzandole; troppo distante da lui è l'umanità, troppo distante la società, troppo vivi i suoi sogni, troppo fervida la sua immaginazione.
L'autore ce lo presenta come un uomo avulso dalla realtà, così timido da parlare solo con le strade, le case, le finestre; aspetto, questo, che già da solo basterebbe per comprendere l'essenza delicata di un animo sensibile.
La protagonista è viva e passionale, emana un entusiasmo contagioso, a tatti incredula e impaurita, a tratti civetta, rapisce quell'animo e lo strappa al sogno, lo irradia con la sua solare realtà, quasi con un tocco gli trasferisce la vita che non ha mai vissuto, la speranza che non ha mai coltivato, l'amore che non ha mai realizzato.
Se si pensa all'argomento trattato, così vasto, così profondo e intimo, stupisce come possa essere stato sintetizzato in poche pagine, in così poco tempo, ma Dostoevskij ci riesce e rende quell'incontro così particolare e unico, paradigma dei rapporti d'amore tra ragazzi, delle difficoltà che essi si trovano ad affrontare, degli inganni, delle omissioni che creano quegli equilibri instabili tipici dell'adolescenza.
Lo stile è di una modernità disarmante, i dialoghi sono verosimili, il lessico, ricco e adatto alla situazione, sembra accompagnare, attraverso le variazioni di ritmo, l'uso più frequente delle subordinate,l'incedere veloce dell'aggettivazione, i pensieri del protagonista e le sue speranze, come per trasmettere quell'illusoria forza che permette di far sì che il sogno si faccia realtà e che il tempo trascorso nelle elucubrazioni non sia vano, non sia perso.
La particolarità stilistica sta nell'aver scelto un registro ironico, che alleggerisce tutta la vicenda, che fa intuire ciò che avverrà, creando un'atmosfera così magica da rendere quell'angolo di paradiso il pizzico di realtà che per sempre accompagnerà il mondo onirico del protagonista, la polvere magica che perpetuerà la felicità vissuta.
Quando le poche pagine che lo compongono giungono alla fine e l'avventura si conclude ci si rende conto che quei due ragazzi imbacuccati, accarezzati dal gelido freddo russo appartenenti ad un tempo lontano, a due secoli fa, potrebbero essere due adolescenti attuali, che mutatis mutandis, nella stessa situazione sarebbero attanagliati dai medesimi dubbi, dalle stesse paure e finirebbero, forse, date le premesse, per compiere identiche azioni.
La potenza di un classico, anche se giovanile, sta nell'essere universale, nel riuscire a non perdere smalto nel tempo, ad adattarsi a ogni epoca, perché capace di cogliere l'essenza di un animo, a descriverne i tratti e a trasmettere le emozioni che rendono le parole vive e capaci di riempire quei vuoti esistenziali che spesso albergano nei cuori di molti di noi.
Un libro da leggere e da rileggere poiché non in tutte le fasi della vita può essere compreso e ad ogni età avrà qualcosa di diverso da dire sull'animo umano.

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Yoshi Opinione inserita da Yoshi    07 Giugno, 2013
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noia pura

Un sognatore, solitario, idealista (e metodico aggiungerei), passeggia per le vie della sua città.
Assapora i viali, le persone e quasi quasi parla con i palazzi che conosce a memoria.
La sua vita si svolge così metodicamente che anche con la più piccola variazione (tipo i vecchietti che ogni giorno sono al solito posto alla solita ora) si intristisce e si incupisce.
Finchè una sera trova una ragazza in lacrime e mentre lui si autoanalizza e si decide se avvicinarsi o meno, lei si allontana e appena attraversa la strada, questa viene aggredita da uno sconosciuto.
Il sognatore si fa coraggio e affronta l'ubriaco aggressore che si allontana barcollante.
Maledicendo e ringraziando l'aggressore, si ritrovano mano nella mano e tra i due comincia un'amicizia che dura la bellezza di 4 notti.
Ad una sola condizione: Il sognatore non dovrà mai e poi mai innamorarsi di lei.
Si raccontano tutto e diventano amici.
Finchè lei non confessa il suo segreto.

L'ho aperto, l'ho letto, l'ho finito e l'ho riposto in libreria.
A distanza di qualche giorno, ancora mi domando cosa mi ha lasciato questo libro.
E la risposta credo sia: nulla.
Non c'è empatia, non c'è sfondo, ma solo un breve racconto di queste due vite che si incontrano e si scambiano informazioni, prendendosi per mano, a volte lei civetta, lui si fa un sacco di problemi mentali e via dicendo.
Forse l'unico messaggio è il fatto che lei ha inserito, nella vita grigia e statica del sognatore, un raggio di luce e un cuore spezzato che poteva anche risparmiarsi.
Stop.
Nulla di più.
Nulla di trascendentale.
Non ho trovato significati profondi, tanto meno la "poesia" di un momento così particolare ed intimo.
La scrittura è scorrevole ma comunque la narrazione l'ho trovata abbastanza fredda e a volte noiosa.

Non me ne vogliate (a chi è piaciuto) ma non lo consiglio affatto.

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Bruno Elpis Opinione inserita da Bruno Elpis    07 Giugno, 2013
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Il manifesto del poeta e sognatore

LE NOTTI BIANCHE

Sono quattro. La prima è quella della conoscenza. La seconda è riservata alla confidenza. La terza è quella dell’attesa. La quarta, l’ultima, è per la rivelazione.
Curioso constatare come oggi la dicitura “notte bianca” sia stata trasformata e adattata dal vorace uomo-consumatore-distruttore contemporaneo: l’espressione poetica oggi designa per lo più uno slogan commerciale…
Per contro, le notti bianche di Dostoevskij sono quelle della poesia: “Era una notte incantevole, una di quelle notti come ci possono forse capitare solo quando siamo giovani …”
Sempre per contro, le notti bianche di Dostoevskij sono quelle della vita: “Perché mai intere notti insonni passano come un solo istante, in un’allegria e felicità inesauribili, e quando l’aurora splende col suo raggio rosa dalla finestra … il nostro sognatore, estenuato, sfinito, si butta sul letto e si addormenta ansioso per l’estasi del suo spirito malato e turbato e con una pena tanto dolcemente estenuante nel cuore?”
Ancora per contro, le notti bianche di Dostoevskij sono quelle da opporre alla realtà: “… dopo le mie fantastiche notti mi capitano ormai momenti di ritorno alla realtà che sono terribili!”

PIETROBURGO MAGICA

L’azione si svolge in una città magica, opportunamente svuotata per lasciare ai due protagonisti il campo completamente libero: “Mi era all’improvviso sembrato che tutti mi lasciassero solo e che tutti si allontanassero da me.”
“… Qualunque cosa ci fosse stata a Pietroburgo, o si era trasferita, o si stava trasferendo in daca.”
“Non avevo decisamente un posto né un motivo per andare in daca. Ero pronto ad andarmene con ogni carro, a partire con ogni signore di aspetto rispettabile che avesse noleggiato una vettura; ma nessuno, assolutamente nessuno mi aveva invitato; mi avevano letteralmente dimenticato, ero in effetti per loro letteralmente un estraneo!”
Lei e lui, dunque, sono praticamente soli nella città vuota. E nell’esplosione della natura: “All’improvviso mi sembrò di essere in Italia … C’è qualcosa di indicibilmente toccante nella nostra natura pietroburghese, quando d’improvviso, all’apparire della primavera, mostra tutta la sua potenza, tutte le energie donatele dal cielo, si adorna, si agghinda, si colora di fiori …”

LEI, LUI, GLI ALTRI

Lei è Nasten’ka, vista “in disparte, appoggiata al parapetto”. “Avevo sentito un singhiozzare sordo.” Lei si lascia subito catturare: “E se poi desiderate davvero che io sia franca, allora vi dirò che alle donne piace questa timidezza.” Ma al tempo stesso, lei sa ammonire: “Lo sapete che non va assolutamente bene vivere così?”

Gli altri sono una coreografia, sono coloro che hanno la fortuna di vivere: “… senti rumoreggiare e turbinare in un vortice vitale una folla di gente intorno a te, senti, vedi la gente vivere – vivere nella realtà, vedi che la vita per loro non è proibita, che la loro vita non si dilegua come un sogno, come una visione, che la loro vita si rinnova di continuo …”

E lui? Lui è …

… IL POETA, IL SOGNATORE

E vediamolo allora il suo profilo, attraverso alcune caratteristiche distintive.
E' AFFAMATO DI VITA: “Sono un sognatore; ho una vita reale talmente limitata che mi capitano momenti come questo, come adesso, tanto di rado che non posso non ripercorrere questi momenti nei miei sogni.”
E' UNIVERSALE: “Un sognatore … non è una persona, ma … un essere di genere neutro.”
E' TENERO e paragonabile a “quell’infelice gattino che dei bambini abbiano strapazzato, spaventato e molestato in ogni modo …”
E' PRONTO A ESPLODERE: “.. mi sento simile allo spirito del re Salomone che restò per mille anni in una giara chiusa da sette sigilli, e al quale alla fine tolsero quei sette sigilli.”
E' EMOTIVO, posseduto dalla “oscura sensazione per la quale il petto gli duole e si agita leggermente, un nuovo desiderio stuzzica ed eccita allettante la sua fantasia e impercettibilmente invita un intero sciame di fantasmi.”
E' SEMPRE PRONTO A SOGNARE ANCORA: “La sua immaginazione è nuovamente eccitata, risvegliata, e all’improvviso ancora un nuovo mondo, una nuova e incantevole vita è balenata davanti a lui nella sua splendida prospettiva. Un nuovo sogno …”
E' CREATIVO: “E' lui stesso l’artefice della sua vita e se la crea ogni ora, secondo una nuova volontà.
E' semplicemente un poeta. Un sognatore.

Bruno Elpis

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Consigliato a chi ha letto...
… i romanzi di Walter Scott, come Ivanohe, e Puskin: autori e opere citate da Dostoevskij ne “Le notti bianche”.
Consigliato anche a chi ha letto “Di tutte le ricchezze”, l’opera di Stefano Benni che contiene molti riferimenti a “Le notti bianche” di Dostoevskij.
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catcarlo Opinione inserita da catcarlo    03 Giugno, 2013
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Recensione

Un largo maestoso che accompagna una lunga sequenza che percorre in soggettiva le strade di Pietroburgo ravvivate dal fermento di una primavera che sta sbocciando. Poi un motivo patetico mentre l’immagine stringe su una panchina lungo il fiume, dove due personaggi, che paiono lontani dal resto di una città che si trasforma in quinta teatrale, incrociano le loro solitudini e, in un turbinio di forti passioni accompagnato da un crescendo orchestrale, vivono attimi sempre più intensi che li avvicinano fra loro e li conducono a raggiungere, anche per un solo momento, la beatitudine. C’è molto romanticismo in questo racconto, o romanzo breve, che l’autore russo diede alle stampe quando aveva solo ventisette anni, ma la storia esile – però che grande invenzione la spilla da balia! - e il linguaggio traboccante non possono certo impedire al lettore di prendersi a cuore la sorte e i sentimenti dei protagonisti. Quello maschile, che non ha nome e racconta in prima persona, è un sognatore che, al limite del patologico, è solito staccarsi dalla realtà per volare altrove con la fantasia: la vita di tutti i giorni gli pare banale e noiosa, ma l’incontro casuale con Nasten' ka e l’amore che lo sconvolge improvviso lo portano a ripensare alla propria esistenza. Nel corso di quattro notti consecutive, i due ragazzi – perché questo sono, lei diciassettenne e lui che non si riesce a immaginarlo di molto più anziano – viaggiano sulle montagne russe dei sentimenti che ne strizzano gli animi (nonché i dotti lacrimali), ma se alla fine Nasten' ka può superare lo sconvolgimento ritrovando, assieme all’amore, la normalità, al povero sognatore capita una delle cose peggiori che possano accadere a un innamorato (ti voglio bene come a un fratello…) con conseguente ricaduta nella sua vita solo abbozzata. La differenza tra i due sta anche nelle parole, essendo l’eloquio di lui debordante tanto da far sembrare quello di lei (certo non minimalista) quasi controllato: attraverso i dialoghi, che così gran parte hanno nella narrazione, l’autore va alla ricerca di risposte riguardo all’animo umano, uno dei temi che più l’hanno interessato nella sua opera. Perciò, malgrado qualche ingenuità e un eccesso di irruenza giovanile che lo lasciano un gradino sotto ai lavori più maturi, questo piccolo libro sa scuotere e coinvolgere dall’inizio alla mirabile conclusione: l’effetto è ancora maggiore se il lettore ha la voglia e la capacità di lasciarsi andare al fluire dei sentimenti (se è adulto, dovrà perciò tralasciare il cinismo cresciuto in lui con l’età in favore di una sana incoscienza adolescenziale).

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LuigiDeRosa Opinione inserita da LuigiDeRosa    29 Mag, 2013
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Una lettera per te,batjucka, con la posta cittadin

Rileggere questo racconto è stato come incontrare un vecchio amico. Avevo quattordici anni quando l'ho trovato negli scaffali di una libreria scolastica. Oggi come allora mi mette addosso una malinconica tristezza. Mi sembra di ascoltare le disavventure amorose di Pierrot. In fondo noi tutti siamo stati un po come il giovane protagonista di queste notti bianche . Abbiamo sognato lungamente di trovare una compagna che ci rendesse felici. Ci siamo innamorati perdutamente di Nasten'ka e quando tutto sembrava pronto, quando il sogno sembrava ormai realizzato ecco la doccia fredda. La frase che più odiano coloro che sono stati perdutamente innamorati ? "Ti amo ma..., sei come un fratello per me, rimarrai per sempre nel mio cuore", Nasten'ka queste frasi ed altre simili le scrive tutte al giovane sognatore. Dostoevskij non lo dice chiaramente ma credo che il povero ragazzo sia sprofondato sottoterra a leggere la lettera dell'amica che gli da il benservito; sposerà un altro e il colpo di grazia glielo darà la vecchia cameriera, Matrena, che,all'oscuro di tutto, lo inviterà a smettere di inseguire sogni e pensare a cercarsi una brava moglie: la lapide sul cuore del Pierrot della Prospettiva Nevskij.

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vitolorenzodioguardi Opinione inserita da vitolorenzodioguardi    27 Mag, 2013
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UN ATTIMO DI SOGNO "OVVIAMENTE" DA VIVERE!

Letto nell'edizione economica della Newton Compton, questo romanzo breve (o racconto lungo, che dir piaccia) è avvincente e pieno di vita perché va a scavare il cuore del lettore, va a introiettare dentro il suo animo quelle domande esistenziali che sono tutto Dostoevskij, tutto Tolstoj e tutta la letteratura russa dell'Ottocento e che hanno ampi squarci di lirismo morale che fanno sembrare, di queste pagine, come se le avesse scritte Manzoni (per la dolcezza e la responsabilità coscienziosa dei principi) o Svevo per l'introspezione ordinata dei pensieri (anche se qui, mai sconfitti).

La vicenda è semplice e questa semplicità gioca a favore non solo della comprensione lineare ma anche nel fare emergere quelle domande che sono il nucleo del romanzo stesso.
Pietroburgo, una Pietroburgo in cui non c'è quasi nessuno e che comunque, anche nelle poche persone immaginabili, è deserta per un giovane sognatore che esce di casa e va a zonzo, a mane e a sera, non conoscendo nessuno. Questo giovane sognatore è un emarginato!!!
Tale condizione non è una sua volontà ma frutto del destino. Un giorno, però, incontra una ragazza piangente presso il lungofiume e in seguito a una vicenda la conosce.

Qui c'è la parte meno riuscita, a mio giudizio, del racconto, ovvero le battute iniziali tra il sognatore e la ragazza.
Questa ragazza è Nasten'ka e i dialoghi sorti con lei saranno, appunto, "le notti bianche", quelle insonni, dell'innamoramento.
La ragazza chiede al sognatore dapprima che egli non si innamori di lei, poi spera che lo faccia, poi ... (beh, non voglio svelare oltre...).
Il fatto è che la vicenda è ben strutturata e la soluzione dell'intreccio è quella attesa, ma questi lunghi dialoghi (d'altronde resi con due registri linguistici giustamente diversi) fanno risaltare la scrittura dostoevskiana, limpida e scavante. L'amore, l'autonomia, il rapporto sogno-realtà sono analizzati con piacevole autenticità.

Altri due punti voglio considerare.
All'inizio, sebbene la città sia deserta di uomini è piena di vita. Al sognatore i palazzi "parlano". Fino alla conclusione? Da scoprire!
Inoltre, altra traccia da tener presente, l'anonimato dei personaggi, tanto che il protagonista, a mio giudizio, è l'unico che ha un nome, anzi un soprannome: Nasten'ka.
Nasten'ka, dunque, è la protagonista de Le notti bianche e non il sognatore.
Il sognatore, il promesso, la nonna (della cui importanza dovremmo trattare a parte ma che è sicuramente un personaggio pienamente "russo", di quella saggezza spesso essenziale nei romanzi) sono personaggi secondari.
Le scelte le fa Nasten'ka, gli altri le assecondano, le subiscono, le condividono.

Nel racconto si parla di letteratura, si parla di fantasia (nell'immaginarsi in Italia essendo alla periferia di Pietroburgo), si parla del Barbiere di Siviglia. Lo sguardo è felicemente inzuccherato di europeismo.

Ordunque, è sicuramente una lettura che farà riflettere. Una lettura che sembrerà avere dei vincitori e degli sconfitti, forse, ma che, a mio parere, è la consapevolezza di avere vissuto un sogno. E non è questa, forse, la massima aspirazione di un sognatore?

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DostoevskiJ, Tolstoj, Manzoni.
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AndCor Opinione inserita da AndCor    22 Mag, 2013
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Il contraltare pietroburghese fra vita e illusioni

Sebbene la letteratura russa non mi abbia mai entusiasmato, questo breve romanzo sentimentale di Dostoevskij è riuscito ad emozionarmi davvero.

Si tratta di un testo caratterizzato da vivaci tinte narrative, simili a quelle stendhaliane, e da forti connotazioni teatrali pirandelliane, con il tema del sogno che corre e ricorre lungo l'intera lettura del romanzo. Un sogno vissuto (?) come veleno, vissuto (??) come droga, perchè la vita vera provoca dolori e sofferenze, e l'unico modo per evitare un'esistenza frustrante ed umiliante è quello di rifugiarsi nell'universo parallelo del misticismo e dell'illusorietà.

I protagonisti presentano un'aria smarrita, decadente, e sono vittime di un'interiorità autistico-romantica; di conseguenza, i rispettivi profili psicologici collimano perfettamente con un registro lessicale sciolto e con un ritmo cadenzato e frequentemente rallentato da digressioni in stile 'soliloquio-stream of consciousness'.

Dando poi un'occhiata al titolo, è possibile notare il grande risalto che l'autore riserva per le ambientazioni;
Dostoevskij sgombera San Pietroburgo dei suoi abitanti, lasciando così spazio alla grande solitudine del suo 'eroe' e concentrando l'azione lungo la ringhiera di un canale e lungo una panchina, pezzi (quanto?) distaccati da una scenografia importante, ma sostanzialmente fredda e nuda.

Concludo focalizzandomi sul finale del libro. Un finale semplicemente splendido, che va oltre le parole, la vicenda e la perdita conclusiva.
E la domanda di senso con cui termina il romanzo rimane la principale chiave di lettura per comprendere il significato ultimo che l'autore ha destinato per questo romanzo. Non voglio né posso anticiparvi nulla, proprio perchè quella semplice domanda è il principale organo vitale del testo, e scriverne qualcosa qui equivarrebbe ad una pugnalata mortale nei suoi confronti.

Forse leggerlo non vi cambierà la vita, ma ci andrà molto, molto vicino. Imprescindibile.

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maria68 Opinione inserita da maria68    10 Mag, 2013
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voi stesso siete il vostro nemico

Nessuno può negare  nell'aver sognato a occhi aperti di intrecciare rapporti di amicizia o di amore con quel conoscente o passante... credo non ci sia nulla di male, se il tutto si riduce in pochi attimi.
Il problema sorge quando si preferisce risiedere eternamente nel mondo dei sogni, anziché nella realtà.
In "le notti bianche", Dostoevskij ambienta la narrazione su una panchina vicino alla riva del fiume in una Pietroburgo notturna; una location perfetta per raccogliere le confidenze  di due persone estranee che per un istante si trovano a condividere la loro solitudine.  
L'uomo della storia, altro non è che un sognatore. Di lui non conosciamo neanche il nome, sappiamo solo che il suo limite più grande è LA PAURA DI VIVERE LE PROPRIE EMOZIONI, negandosi la possibilità di instaurare legami con gli esseri umani. Egli è consapevole di essere un uomo solo e triste; vivendo, quasi, con rassegnazione la sua condizione.  
Nasten'ka seppur così giovane, ha conosciuto presto il dolore che sopraggiunge in seguito a degli abbandoni, prima la morte dei genitori poi il non saper più nulla del suo promesso sposo. Un amore che è più un'ancora di salvezza per la sua esistenza condannata alle regole rigide della nonna. Tutto ciò la porteranno ad allacciare un rapporto di amicizia/amore con il sognatore.  
Lei, se da un lato ha il pregio di aver riportato per un istante nella realtà il sognatore dall'altro lo riporterà, nuovamente, a rifugiarsi nel suo mondo ovattato pieno di sogni ma sicuramente con la consapevolezza di sapere cos'è la felicità.  

"...un intero attimo di beatitudine! Ed è forse poco seppure nell'intera vita di un uomo?..."   

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cuspide84 Opinione inserita da cuspide84    30 Aprile, 2013
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GALEOTTA FU LA PANCHINA DEL SOGNATORE

Prendete un giovane sognatore, una notte illuminata dalle stelle, una giovane fanciulla triste da consolare e una panchina: ecco a voi i protagonisti di questo breve romanzo di Dostoevskij!

La voce narrante è il nostro caro sognatore, un giovane che vive nel suo mondo incantato, parallelo alla realtà, in cui vive e non vive… sarebbe ormai in età da matrimonio, ma la sua testa è altrove, pascola in altri territori lontani anni luce da ciò che lo circonda nella vita vera, questo almeno fino a quando una notte non incontra Nasten’ka, breve parentesi che lo riporterà alla realtà, anche se per poco.

La fanciulla è affranta perché il suo amato è partito con la promessa di non dimenticarla e di tornare dopo un anno per coronare il loro amore, ma un anno è passato, lui è tornato in città e nessuna notizia le è giunta… per questo calde lacrime bagnano le sue giovani gote, che trovano nel sognatore un ampio catino in cui raccogliersi…

Come ogni giovane di buon cuore che si rispetti, il nostro è molto ingenuo (vive in un altro mondo e come biasimarlo? Non è abituato, non può avere gli anticorpi adatti a difenderlo!), disponibile e portato all'ascolto, per cui diventa inequivocabilmente la spugna dei dispiaceri della giovane, se ne innamora e alla fine…….

Un romanzo tipico di questo autore, che dice e non dice, ma che nelle sue righe descrive tanto sia l’ambiente circostante, sia i personaggi, sia i loro caratteri; vi ritroverete a simpatizzare per il sognatore e a voler gentilmente spingere fuori dalla fatidica panchina quella giovane un po’ civettuola e un po’ infantile.

Caro il mio sognatore mi sa tanto che tornerai nel tuo mondo e lì resterai per sempre…

Buona lettura!!!

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gracy Opinione inserita da gracy    08 Aprile, 2013
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Anche i sogni muoiono…

Piccolo racconto immenso…..
Si…immenso, pieno e appagante, dove Dostoevskyij non raccoglie briciole, ti sazia di sentimenti veri e lo fa con garbo e stile, con purezza e genuinità.
Prendi un sognatore, un poeta, una giovane donna ancora bocciolo, un uomo che ama, un uomo che mantiene le promesse, aggiungi un pizzico di luce, un pizzico di buio, un’insana voglia di morire, una sana voglia di vivere, una forte dose di malinconia, di abbandono, di appartenenza, di diniego, di desiderio e di conflitto. Mescola tutto in una Pietroburgo notturna e infervorata del 1848 chiudi gli occhi e trascorri quattro notti in bianco, così…senza riposo e senza tregua perché solo i pensieri danzano e si mescolano nelle menti umane di chi aspetta, di chi non ha perso la speranza di chi si trova a un bivio e deve scegliere quale strada percorrere e poi lungo il tragitto decidere di cambiare rotta, di scegliere un’altra destinazione e comprendere che è quella giusta, la meta perfetta e poi aprire gli occhi, svegliarsi dal sogno e sentirsi appagati anche del crudele sogno infranto …

“Nasten’ka!....oh! Com’è insopportabile un uomo felice in certi momenti!...”

Voci e pensieri così lontani nel tempo eppure così vicini e attuali, legati al pensiero che l’uomo ha dell’amore e della rinuncia.

"…quando tutta Pietroburgo spiegò le ali e se ne andò improvvisamente in campagna. Fu una sensazione terribile rimanere da solo e, in preda ad un profondo sconforto, vagai tre giorni interi per la città, senza capire minimamente cosa mi succedesse.”

L’uomo ha sempre amato e vissuto l’amore le aspettative e le attese con la stessa intensità di sempre, cambiano gli usi, le tradizioni e il mondo che ci circonda, ma l’amore non cambia mai e solo il raziocinio e la rassegnazione rendono l’uomo libero e appagato anche quando è imprigionato nel sogno di un amore impossibile.

“Dio mio! Un minuto intero di beatitudine! E’ forse poco per colmare tutta la vita di un uomo?”

L’amore sofferto, abbracciato, vissuto, respinto e sognato.

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SARY Opinione inserita da SARY    04 Aprile, 2013
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Sognare e soffrire

Un breve ma intenso classico russo che narra l'incontro casuale tra un sognatore ed una graziosa fanciulla, in una Pietroburgo ricca di ricordi, testimone inconsapevole di esperienze emotive forti per i protagonisti. Una nuova conoscenza che procura gioia e dolore.
Due anime delicate affini richiamate dalla sofferenza, l'una per un amore non del tutto corrisposto e l'altra per l'impatto con la nuda realtà. Per il sognatore le notti volano via in un soffio, si consumano senza il richiamo di Morfeo, perché gli occhi sono spettatori di fantasie partorite da una mente dotata di ali.
Empatia. Sì, capisco bene lo stato d'animo del protagonista, estraniarsi da tutto e da tutti per vivere un'altra vita parallela. Questo è ciò che riescono a fare i libri, permettono di vivere mille vite, un rinnovo continuo di emozioni e situazioni. Ad un certo punto per forza bisogna premere stop e bloccare il film. Il ritorno al presente è per alcuni istanti doloroso, la realtà sembra grigia, monotona, insignificante. Personalmente, mi rendo conto che non sono e mai sarò protagonista delle esperienze sognate ad occhi aperti e mi rattristo, ma dura davvero pochi attimi.
Non mi aspettavo tanto gradimento, ero prevenuta dopo il tentativo fallito con Delitto e Castigo, invece mi sono ricreduta. Questo libro è proprio bello, non si legge ma si divora, è scritto con grazia e cura commoventi, ispira tenerezza. È dolcezza e purezza, i dialoghi sono innocenti e profondi ma così carichi di passione. Non ho ben compreso in alcuni punti il salto dal presente al passato e temo di aver pronunciato male alcuni nomi russi ma sono dettagli, è una lettura incantevole, per tutti.

“Dio Mio! Un intero attimo di beatitudine! Ed è forse poco seppure nell’intera vita di un uomo?”

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paoloc132 Opinione inserita da paoloc132    15 Marzo, 2013
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Faccia a faccia con la nostra essenza

Dostoevskij sceglie il racconto breve,realizzando perfettamente la natura di questa scelta narrativa.
Nelle poche pagine di "Le notti bianche" l'autore sceglie come sfondo una Pietroburgo ovattata,che scompare lasciando il protagonista a tu per tu con la propria natura e con le passioni umane.
L'uomo odierno ha bisogno di questo,di vedere oltre la realtà che lo circonda,di riuscire a rendere nulla l'insieme di piccole cose esaltato dalla nuova società,mettendo da parte un attimo per ritrovarsi finalmente faccia a faccia con la propria realtà interiore,con le proprie domande,con le proprie volontà. Così come il protagonista riesce finalmente a smettere di sognare,trovandosi faccia a faccia con la donna che incarna tutto quello che fino a quel momento era mancato nella sua vita,ognuno di noi deve ricercare la propria Nasten'ka,non tanto per riuscire a colmare la propria vita,ma per risvegliarsi al mattino con la consapevolezza delle proprie mancanze. Uno di quei libri che ti obbligano a usare l'imperativo nelle recensioni.

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Consigliato a chi vive la propria vita in bilico tra dubbio,speranza e disillusione.
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martino81 Opinione inserita da martino81    07 Marzo, 2013
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che spettacolo

Un romanzo breve che ha dell'incredibile.Ambientato nelle strade di Pietroburgo il nostro personaggio asociale non riesce a creare dei veri rapporti e a interagire con il mondo che lo circonda fino a che non conosce colei che riesce a farlo aprire,
a farlo sentire vivo, salvo poi rimanere di nuovo deluso.Piacevolissimo alla lettura,si spera che non finisca presto secondo me alla pari di un grande capolavoro quale delitto e castigo..non e' il numero di pagine a farci capire che un libro possa essere un capolavoro..un inchino al grande maestro!

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JUNE Opinione inserita da JUNE    24 Febbraio, 2013
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IL SOGNATORE TRADITO DAL RADIOSO MATTINO

Breve racconto di un Dostoevskij romantico e in gestazione che non può non privarti di un sospiro una volta terminato.Ed è proprio il ricordo di questo spasmo che navigava nell’aria,chiuse le pagine ingiallite,che mi ha suggerito all’orecchio il desiderio di rileggerlo

L’atmosfera palpabile di una San Pietroburgo melliflua,ovattata,che offre la sua cornice di riflesso e contrapposizione dei sentimenti del protagonista e del suo sentirsi irreale seppur nella violenta e dolorosa presa di coscienza che il proprio “essere” vero è nei suoi sogni nelle sue fantasticherie.E’ forse questo divario e ricerca di unione tra il sogno e realtà la vera brillantezza e commozione di un racconto quasi privo di uno svolgersi d’azioni e con una coerografia essenziale tra una panchina e una ringhiera di un canale.
Il dolcissimo abbandono nel sogno che tutti noi viviamo,la cui essenza ci aiuta,ci rincuora,ci conforta e ci fa sentire vivi ma che altrettanto riesce a farci sentire disperatamente soli quando ci deve salutare dall’altra parte del fiume mentre all’altra riva ci aspetta la dura realtà
In questo continua attraversata,in quelle coordinate solitarie appare Nasten’ka,che rappresenta il pulsare dell’emozioni,quel perno concreto che sembra presagire la possibilità di una conciliazione tra questi due mondi e la rottura con quella sorta di autismo romantico interiore di cui è preda il protagonista
Il sentimento che si dipana è vissuto con una tale forza di abnegazione,di ideale incondizionato,di empatia e altruismo che faranno crollare la notte soffusa di una mestizia crepuscolare per poi ritornare al duro risveglio.

In una lettera il 18enne Dostoevskij scrisse al padre:
“l’uomo è un mistero.Un mistero che bisogna risolvere,e se trascorrerai tutta la vita cercando di risolverlo,non dire che hai perso tempo.
Io studio questo mistero perché voglio essere un uomo”

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pupa Opinione inserita da pupa    27 Gennaio, 2013
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Il sogno e la realtà

È uno scrittore che ancora non possiede l'esperienza necessaria, assai soddisfatto esamina attentamente, per scoprire o comprendere ciò che non si manifesta o non si capisce a un esame affrettato e superficiale, con un amoroso sentimento di vicinanza affettiva il cuore degli umili e ne mostra con chiara evidenza tutta l'insospettata componente umana, colui che scrive il delicatissimo romanzo sentimentale Le notti bianche. È un sogno ad occhi aperti, ambientato in una Pietroburgo che ha i colori accesi della poesia; una storia impercettibile composta di nulla e nella quale, misteriosamente, c'è tutto. I temi dell'amore represso, della solitudine, della felicità che si prova nell'incontro con una donna, l'esigenza di comunicare con gli altri le proprie esperienze, le proprie paure sono descritti con ricerca letteraria impareggiabile. Bisogna leggere il libro guardando le trasparenze celate dietro la figura del narratore - sognatore, stavolta il giovane Dostoevskij che si aggira per le strade della città nordica portandosi appresso, intatto, il suo bagaglio di sogni. Quando si ha a che fare con grandi narratori e con bellissime opere non ci si può che inchinare alla loro maestosità e ringraziare di aver avuto la possibilità di una loro testimonianza.

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Opinione inserita da tiziana    11 Novembre, 2012

Tenero, maledettamente...tenero

Tenero, maledettamente...tenero!
Così è il protagonista sognatore di questo romanzo sentimentale scritto da F. Dostoevskij in età giovanile. I suoi tormenti, la sua malinconia animano la sua vita trascorsa in una Pietroburgo vuota. La sua anima si risveglia solo quando incontra "una ragazza, certamente bruna": è Nasten' Ka che emerge dalla penna delo scrittore, attimo dopo attimo, per quattro interminabili notti bianche. Nel romanzo si dipana, in un'atmosfera surreale, un cuore innamorato che freme tanto da riversare tutto in un altro cuore. "La sua mano tremava nella mia: io la guardai...in quel momento passò accanto a noi un giovane...è lui." Finiscono così le aspettative del nostro sognatore che drammaticamente si ritrova solo a ricordare "un intero attimo di beatitudine! E' forse poco anche se resta il solo in tutta la vita di un uomo?" Nei confronti della sua Nasten' Ka nè odio, nè rancore solo un amore puro e sincero che culmina in una tenera benedizione: "sia limpido il tuo cielo, sia luminoso e sereno il tuo caro sorriso, sii tu benedetta per l'attimo di beatitudine Sicuramente quella del nostro sognatore è un'esistenza forse fin troppo ovattata che dovrebbe però richiamare ogni lettore al forte senso della responsabilità che deve guidare le scelte coraggiose che quotidianamente accompagnano la vita di ogni uomo.

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A chi non smette di sognare nonostante tutto
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luna3 Opinione inserita da luna3    24 Settembre, 2012
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semplicemente stupendo

Tante sono state le emozioni che ho provato nel leggerlo
.E' mai possibile che sotto un cielo come questo possa vivere ogni sorta di gente arrabbiata a capricciosa?
Una frase bellissima ,la frase che mi ha fatto comprare il libro....
Non sarò l'unica che si è rivista nel protagonista .... nel sentirsi pieno di amici in un paese pieno di gente che non conosce che ogni giorno incontra e seppur come figure con cui non scambia parola sono diventate parte di lui e del paesaggio della sua Pietroburgo .Il protagonista di cui non sappiamo niente vive della sua immaginazione senza contattti con la realtà fino a che non incontra Naasten'ka una persona con cui condividere se stesso.. Crede in questo incontro in questo momento di luce,spera per 4 lunghe notti di poter vivere una vita reale vera nonn più sognando,ma tutto ciò svanisce in quei pochi giorni.
Un intero attimo d'esultanza! E' forse poco,fosse in tutta la vita di un uomo?
Dostoevski...j un romanzo piu bello dell'altro.

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mariaangela Opinione inserita da mariaangela    25 Agosto, 2012
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Illusione e Disillusione

“Dio mio! Un intero attimo di beatitudine!
Ed è forse poco, seppure nell’intera vita di un uomo?”

Questo brevissimo romanzo sentimentale di Dostoevskij è per me tutto racchiuso nella citazione di cui sopra.
Scarno nelle descrizioni, del protagonista che parla in prima persona, non sappiamo il nome, né che sembianze abbia, né come veste, ma sappiamo che è un sognatore e un solitario, dunque lo conosciamo; lo conosciamo attraverso le sue passeggiate nelle strade di San Pietroburgo, attraverso i palazzi e i ponti che incontra e prendono vita nelle sue lunghe camminate, perche con essi dialoga. Tutto si ripete un una identica monotonia.
E poi, improvvisamente l' incontro con Nasten'ka, e parlare, confidarsi, lasciarsi andare, finalmente, con un altro essere umano, questo sentirsi meno solo, forse capito…ricambiato?
Il rifugiarsi nel suo mondo immaginario e poi questo insperato contatto fa dolorosamente capire l'entità della rinuncia alla vita, e che, ciò che è perso, è perduto per sempre.
In una Pietroburgo deserta, avvolta dal chiarore delle notti bianche, quattro notti di illusioni e speranze. Ed al risveglio, al Mattino, resta la disillusione.

“...Sia sereno il tuo cielo, sia luminoso e calmo il tuo caro sorriso, e tu sii benedetta per il minuto di beatitudine e di felicità che desti a un altro cuore solitario e riconoscente!”

Contrariamente a ciò che mi aspettavo, ho trovato il romanzo “asettico”, quasi non coinvolgente, freddo, nel senso di troppo breve, troppo poco, troppo non detto, troppo non successo, non volevo che quell'ultima pagina fosse l'ultima, come se mi mancasse qualcosa. Ed è evidente che, tutto ciò, ne fa l'assoluta eccellenza.
Mi incuriosisce conoscere gli altri scritti dell'autore, poiché, con un po' di imbarazzo, confesso che questo è il suo primo romanzo che leggo.

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C.U.B. Opinione inserita da C.U.B.    29 Giugno, 2012
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Condanna o beatitudine

Io vi chiedo, si puo’ soli in una stanza sorridere, piangere, imprecare, alzare gli occhi al cielo, stringersi al petto una volta finito un librettino, il piu’ piccolo librettino che abbiate mai visto ?
Si puo’.

Non sono amante dei classici, non ho mai letto Dostoevskij, ho scelto quindi un titolo meno conosciuto tra i suoi capolavori, brevissimo, in modo da osare ma senza rischiare.
Scelta migliore forse non potevo fare.
Scritto nel 1846, di scorrevolezza e semplicita' lessicale affascinanti.
Anacronistico e’ il contenuto, ma l’amore nobile per quanto bandito nella realta’ contemporanea, mantiene sempre un angolo ben saldo in fondo al cuore di ogni donna.

Talvolta ci piacerebbe essere un po’ sognatori. Talvolta ci sentiamo un po’ sognatori.
Sempre e solo un po’, che e’ un giusto compromesso.
Lui invece vive di sogni. La realta' e’ solo lavoro ed incombenze, tutto il resto e’ sogno, immaginazione. Lui cammina per le vie di Pietroburgo e immagina la vita che non ha e che desidererebbe. Ma ogni sogno ha un risveglio, e la realta’ e’ ancora piu’ cupa.
Lei ha un viso delizioso e bagna le acque scure del fiume con le sue lacrime, piangendo un amore ostile.
Lui conosce la gioia di vivere e la felicita’ di una vita reale, finalmente lontano dal suo mondo immaginario,accostandosi a lei. Ma la realta’, come in sogno, ha il suo impietoso risveglio.

Si chiama Fedor Dostoevskij, non abbiate paura di questo nome.
Dai grandi maestri evidentemente nascono anche piume bianche, dolcemente eleganti e semplici.
Fuori dal tempo , sì. Come due mani che si stringono, fosse il loro fremito leggero l’apoteosi di una storia d’amore.

Buona lettura

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Musica Opinione inserita da Musica    12 Mag, 2012
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La verità di un Sogno fatto di Realtà

Ad oggi resta il mio libro preferito. Nonostante siano trascorsi anni dalla mia lettura di questo capolavoro letterario, non passa momento che dedico a questo romanzo in cui non possa pensare a quanta dolcezza incondizionata trasudi. In un clima trasognato ed ovattato, perennemente notturno eppure così colorato, ci si aspetta davvero che tutto combaci con il sogno. Io credo che Fedor sia riuscito a cogliere la Vera bellezza dell'amore e a raccontarla coraggiosamente perchè realisticamente, con una meticolosa attenzione per il vero che non viene però mai del tutto annientato o reso cieco dal sogno. Un finale quanto mai adeguato esprime proprio nel suo obbligato disincanto la nobilità dell'animo umano che si eleva in virtù del più grande sentimento che l'uomo possa vivere. Un tenero insegnamento che suona come un docile ed ingenuo consiglio e che rende 'Le notti bianche' una perla sempreverde della Letteratura.

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erlebnis Opinione inserita da erlebnis    03 Febbraio, 2012
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Incantevole

Incantevole. E' il primo aggettivo che associo a questo romanzo breve del grande narratore russo Dostoevskij. Eppure non ne restituisce l'atmosfera sognante, il lirismo palpabile, il miracolo con cui il sogno riesce, a differenza delle continue ingerenze della veglia, a colmare l'intera esistenza di un uomo.
Gli incontri tra il timido protagonista e la bella Nasten'ka, tra il sognatore che vive un'esistenza ai margini della realtà e la giovane quasi sopraffatta da un amore che sembra finito, rendono il lettore partecipe dell'idillio notturno dei due personaggi, per poi condurlo al risveglio. Un risveglio magari non gradito; forse previsto dalla maggior parte dei lettori, ma che non lascia l'amaro in bocca. Probabilmente perché siamo sempre e comunque grati ad ogni attimo di beatitudine, anche a quelli regalati da un'ottima lettura.

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"Ricordi dal sottosuolo" di Dostoevskij
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Francescoroma73 Opinione inserita da Francescoroma73    25 Luglio, 2011
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Opinione sull'opera

Il breve romanzo che anticipa i suoi capolavori trae spunto dal tardo spegnersi del giorno a Pietroburgo dove è ambientato. E’ in queste quattro notti che il protagonista sogna, s’illude e poi torna nel suo torpore dove tutto gli appare più vecchio compresa la sua stessa immagine. Alcuni tratti dell’impiegato – altro classico del romanzo russo – ricordano l’ingenuità de “L’idiota”. La sua emozione è simile a quella “innocente” di un bimbo che scopre la passione nella tristezza e la dolcezza di una donna, la sostiene nei suoi affari di cuore pur essendone innamorato. Il suo puro cuore – onnipresente e inevitabile ridondanza in un racconto d’amore - colpisce quello confuso della bella Nasten’ka (del protagonista il nome resterà un mistero), affascinata dalla timidezza (“vi dirò che alle donne piace una timidezza così; e se volete saperne di più, vi dirò che anche a me piace”) e le premure del suo cavaliere. Ma Nasten’ka è in attesa del ritorno del suo vero cavaliere che la fa attendere. Nel momento in cui la corda pare spezzarsi il suo uomo ricompare improvvisamente e l’immagine della sua mano che si divincola dal nostro eroe è quasi lirica come l’ulteriore passaggio con il bacio “forte, con passione”. In fondo il protagonista trova anche sostegno da questa avventura unica nella sua vita lodando il suo minuto di beatitudine, di certo più romantico del famoso “quarto d’ora di notorietà”

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