La fattoria degli animali
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Un classico imperdibile del Novecento
Scritto tra il novembre del 1943 e il febbraio del '44, il testo satirico-allegorico “La fattoria degli animali” vide la pubblicazione in patria solo alla fine della guerra dopo la travagliata ricerca di un editore, mentre la prima edizione italiana comparve nel 1947. Fu lo stesso George Orwell, al secolo Eric Arthur Blair, a parlare della faccenda, e delle difficoltà incontrate nel proporre l'opera, in un breve saggio dal titolo particolarmente significativo, “La libertà di stampa”, che sottolinea più che altro i meccanismi di autocensura in un Paese libero e democratico come l'Inghilterra dell'epoca.
Il libro prende di mira, neanche troppo velatamente, il regime sovietico e non c'è da stupirsi del tirarsi indietro da parte degli editori inglesi interpellati, magari dopo essersi consultati con il Ministero dell'informazione, poiché Stalin era allora un alleato della Gran Bretagna nella guerra contro il nazismo. Come ben sappiamo, con la fine del conflitto mondiale le condizioni politiche mutarono. E se il primo ministro Winston Churchill pronunciò per davvero le parole “abbiamo ucciso il maiale sbagliato”, alludendo al fatto che, morto Hitler, il dittatore sovietico fosse il porco superstite, ci sarebbe da sorprendersi nel constatare come la categoria suina trovi ampio spazio all'interno di questa geniale narrazione orwelliana.
La trama in sintesi: la Fattoria Padronale del signor Jones si trasforma, attraverso un'improvvisa rivoluzione, in Fattoria degli Animali, libera dalla presenza umana e autogestista dalle stesse sue bestie. I capi indiscussi della rivolta sono due scaltri maiali, Napoleon e Palla di Neve; il primo finisce per fare le scarpe al secondo e da quel momento la rivoluzione inizia a prendere per davvero una bruttissima piega. Slogan, discorsi retorici e menzogneri, marce e parate, sempre più duro lavoro e razioni di cibo insufficienti per gran parte dei “compagni” che, per quanto “eguali”, non sono però eguali allo stesso livello di altri. A tutto ciò, si aggiunge a poco a poco il culto del leader, cioè del verro Napoleon che, dopo essersi sbarazzato a tradimento del potenziale avversario con cui non aveva intenzione di dividere il potere, impone un regime basato sul controllo e sulla paura, circondandosi oltretutto di fedeli cani ferocissimi. Infine, l'avvicinamento sempre più palese da parte dei maiali alle abitudini umane segna (in peggio) il destino della rivoluzione.
Una critica dissacrante, quella di Orwell, un'aperta condanna della società comunista e stalinista. La prosa è molto scorrevole e, inizialmente, strappa anche qualche risata che, però, lascia ben presto il posto a sorrisi piuttosto amari, sino a giungere all'epilogo a dir poco inquietante che rivela tutto il dramma di una realtà politico-sociale che, come la Storia ha dimostrato, non poteva che crollare ignominiosamente su se stessa.
“La Fattoria degli animali” è senz'altro un classico imperdibile del Novecento, adatto sia ai lettori più giovani sia a quelli meno giovani: ai primi offrirà una sorta di favola allegorica da cui trarre i giusti insegnamenti; ai secondi, invece, un ritratto impietoso di ciò che è stato e del totalitarismo che, a prescindere dal comunismo in sé, resta un pericolo sempre in agguato.
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Al banco di prova dell’umanità
Tutto ha inizio con un sogno, il sogno di un mondo migliore. È questa l’eredità che un anziano e saggio verro lascia agli altri animali. L’idea che possa esistere una fattoria senza uomini, gestita da loro stessi, finalmente liberi, padroni del proprio lavoro, delle proprie uova, del proprio latte. Una nuova visione della vita, senza servitù e tirannia, ma animata da solidarietà e fratellanza.
Sette comandamenti. Ne basta uno: “Tutti gli animali sono eguali”.
Si accende la scintilla della rivoluzione animalista.
Ma i sogni sono perfetti solo quando sono protetti dall’oscurità della notte, diventando realtà devono scontrarsi con la natura umana. Nel momento in cui i maiali si assumono il compito di organizzare la nuova fattoria, di gestire il frutto del lavoro comune e di scrivere i comandamenti sulla lavagna, è già in atto una gerarchia e sulla scena compaiono tutte le debolezze umane travestite da animali. La brama di potere e di ricchezza. La tentazione di avere più degli altri. L’ingenuità di coloro a cui basta imparare una formula da ripetere, qualunque essa sia, prestando il fianco alla manipolazione e alla propaganda. Il bisogno di continuare passivamente a credere, nonostante tutto, nella propria idea e nel proprio lavoro, forse perché aprire gli occhi farebbe troppo male.
Tante le nuove postille ai vecchi comandamenti. Ne basta una: “Tutti gli animali sono eguali, ma alcuni sono più eguali di altri”.
La scintilla si spegne nel solito fumo soffocante di tirannia e coercizione.
La geniale allegoria ideata da George Orwell racconta il fallimento della rivoluzione bolscevica e, più in generale, di qualsiasi rivoluzione, quando l’ideale per cui si è combattuto prende le vesti di regime. Un sogno è fatto di idee, di desideri, di speranze. La realtà è fatta di organizzazione, di giochi di forza, di uomini. E al banco di prova dell’umanità e dell’egoismo è difficile che i sogni rimangano integri.
Amaro, anzi amarissimo, e, proprio per questo, lettura imperdibile perché le riflessioni che innesca sono quantomai vere e attuali.
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Capolavoro del Novecento
La fattoria degli animali è un romanzo distopico di George Orwell; lo scrisse a partire dal 1943, ma l’idea iniziale per questo romanzo risale al 1937. In quegli anni il partito comunista aveva la maggioranza in Russia e nel 1937 venne eletto Stalin come leader del Soviet Supremo dell’Unione Sovietica, che successivamente fondò un regime dittatoriale. Infatti questo romanzo si potrebbe definire una “metafora sulla dittatura comunista” e sul totalitarismo di Stalin. Proprio perché mette in evidenza delle verità scomode fu pubblicato un anno dopo essere stato portato a termine e fu rifiutato da ben quattro editori. Quando venne pubblicato (1945) fu inserito nell’indice dei libri proibiti in Russia ed è stato tolto solo nel 1986 con l’avvento della Perestrojka.
La fattoria degli animali è uno dei romanzi che ho apprezzato di più perché è un libro che denuncia in modo molto diretto la perdita di ogni libertà fondamentale, la mistificazione e la deformazione della realtà da parte dei poteri politici e la distorsione dei valori (come quello dell’uguaglianza) che avevano ispirato la Rivoluzione. Inoltre lo stile di Orwell rende il romanzo molto scorrevole e, senza l’utilizzo di molte descrizioni, l’autore riesce a focalizzare l’attenzione del lettore su una trama semplice, ma di grande impatto. Per di più non bisogna sottovalutare l’importanza del saggio finale sulla libertà di stampa, che spiega gli argomenti trattati nel romanzo.
La franchezza e l’energia stilistica dell’autore rendono il romanzo facile da capire ed accessibile a tutti. Per trovare delle note negative in questo romanzo mi sono dovuta sforzare molto, ma mi è stato impossibile trovarne.
Credo proprio di poter definire questo romanzo il più bello che io abbia letto fino ad ora: la semplicità con cui l’autore tratta argomenti scomodi per l’epoca, lo stile e il messaggio che vuole comunicare lo rendono un capolavoro. Sicuramente rientra tra le opere più celebri del Novecento, infatti venne inserito nella Modern Library List of Best 20th-Century Novels.
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Il potere non è un mezzo, è un fine.
Indubbiamente una metafora ben riuscita, checché ne dicano i quattro editori che rifiutarono questo capolavoro ritenendolo non opportuno.
Quando l'uomo-tiranno viene cacciato, pare sia giunta la pace nella fattoria del patronato, ribattezzata fattoria degli animali, dove ogni animale, ora, lavora per il proprio bisogno e dà quanto gli è possibile, ricevendo il necessario. O almeno così pare, finché il necessario dei cavalli, delle pecore e delle galline diviene inspiegabilmente meno rispetto al necessario dei maiali, che per il loro servizio lodevole, necessitano più di altri, di qualche mela in più o del latte delle mucche.
Forse, proprio per la riuscita di questa incredibile metafora e la sua sconcertante verità che emerge dalla sola trama venne temuto, per la storia che si cela sotto ogni frase senza ombra di fraintendimenti.
L'uomo e il suo assetato desiderio di potere prendono la forma animalesca, propria di chi brama ad una libertà individuale, escludendo ogni collettività che mira al bene comune.
In un mondo dove l'io, incapace di percepire il proprio bene nella condivisione di un medesimo frutto, goduto dopo comuni sforzi, uccide, a proprio vantaggio, il noi.
Ma non possiamo meravigliarci del sorgere di un nuovo nemico, incredibilmente simile al primo poiché la bramosia ha un solo volto comune che si riconosce nell'eccesso e in un indivualismo che opprime l'altro annichilendolo.
E non dobbiamo nemmeno stupirci chiedendoci come si possa arrivare inconsapevolmente ad una situazione simile, in un mondo dove il valore della memoria si frantuma poiché anche un solo briciolo della storia, un solo dei 10 comandamenti della nuova fattoria, pagati con una dura rivoluzione, possono risvegliare quel sentimento di libertà e di comunità ormai dimenticato e solo il rammentarsi del passato in un presente deplorevole può far rinascere il desiderio di un nuovo futuro.
Consiglio di leggere la prefazione del romanzo stesso e, tra gli altri romanzi di Orwell, 1984 che riprende alcuni temi in un'altra chiave.
Buona lettura!
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Il problema principale per l'uomo: è l'uomo
Che poi la fattoria degli animali, intesi come porci (tra tutti quelli che poteva scegliere il buon scrittore) non sono altro che uomini camuffati.
Prendiamo ogni tipo di ideologia: fascista, comunista, socialista oppure prendiamo ogni tipo di sistema politico: repubblicano, democratico.....prendiamo ora ogni tipo di sistema religioso: cristiano, buddista, ebraico, musulmnano.....etc etc etc.....il problema non è la forma di come si determina il potere.....il problema è l'uomo stesso (o il porco) che una volta volta che scala le vette gerarchiche non diviene alto che un altro essere corrotto dalla ricchezza e dal proprio trono.
In parole povere, se quando eravamo dei semplici sudditi pieni di belle idee romantiche, di voglia di uguaglianza, giustizia, fraternità e menate di questo tipo, appena riusciamo ad ottenere il potere (si badi bene, non solo il potere politico o sociale, ma anche per esempio il potere in un gruppo amicale, in famiglia, al lavoro, a scuola) diventiamo degli altri tiranni che non pensano ad altro che assoggettare i propri simili e far crescere il più possibile la propria egemonia economica e sociale.
Quindi l'uomo è un essere fallibile, abietto, ipocrita e dalla falsa morale.
La famosa frase: il potere logora chi non c'è l'ha......nel libro di Orwell viene esaltata dalla figura degli uomini-porci che all'inizio si crogiolano nel fango e nelle loro romantiche idee di giustizia e parità sociale ed economica fra tutti, ma una volta ascesi alla vetta del potere viene a loro instillato il veleno della lussuria, dell'orgia dantesca dell'ingordigia e alla fine si ritrovano da schiavi a padroni senza pietà per i loro simili.
Le prede si sono tramutate in predatori. Lunga vita al Re.
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I demoni
Qui giace la fratellanza
“ Tutti gli animali sono eguali, ma alcuni sono piu’ eguali di altri”.
Se dovessi parlare dell’opera di Orwell con una frase soltanto, senza dubbio userei questa. Perche’ la virgola fa da spartiacque al mondo che avremmo, se vivessimo di equita’ ed il mondo che abbiamo, essendo umanita’. Non c’e’ creatura che sfugga alla peggiore metamorfosi.
Il piccolo e tanto blasonato libro dell’autore inglese narra della ribellione degli animali alla tirannia umana. Ben sapendo si tratti di un’allegoria con cui si mira alla condanna politica e sociale della dittatura sovietica, devo ammettere che i personaggi del romanzo sono talmente ben descritti e perfettamente associati a chi vogliono ricondurre, che una forte zampata emotiva mi ha scalfita.
Una lettura empatica circondata da bestie, una lettura riflessiva laddove le bestie mi avrebbero condotta.
Così si schiude la narrazione sull’entusiasmo di ogni individuo che in nome dell’animalismo combatte il nemico. Non piu’ belati, latrati, muggiti e grugniti. Il canto dell’inno rivoluzionario infrange le mura e diventa un’unica voce di libertà, pregno e’ di orgoglio nella fattoria dei sovversivi.
Il duro lavoro piega comunque la schiena, piu’ esiguo e’ l’aggravio non essendo spronato a suon di scudiscio ma rivelandosi figlio dalla cooperazione e della giusta distribuzione delle fatiche.
La legge e’ scritta sui muri, DUE GAMBE MALE E QUATTRO GAMBE BENE.
Ma poi il leader diventa tiranno, ricompaiono le coercizioni, anche le zampe impugnano fruste.
E quando un guizzo di buon senso diviene squillo di allarme, ecco il belato delle pecore che snervante ribadisce ancora, ancora e ancora il motto capace di liquefare ogni senno.
E l’inganno? Bugie, astuzie e colpi di coda cancellano muri e memorie. Oh quanto e’ pratica e diffusa e brutale la fretta del piu’ abile a soverchiare il piu’ fragile, mistificando.
Esiste qualcuno che possa sfuggire alla brama di potere e ricchezza?
“Tutti gli animali sono eguali, ma alcuni sono piu’ eguali di altri”.
Breve ed intenso, sorridendo e scoraggiandomi, tenerezza ed amarezza si sono alternate inesorabilmente in una lettura che ho concluso con ciò che amo definire un vero e proprio legame affettivo.
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Bestie d'Inghilterra
All’interno di una fattoria inglese un gruppo di animali, stanco dello sfruttamento da parte dell’uomo, decide di ribellarsi e cacciare il padrone della fattoria dando vita ad un movimento di soli animali i cui principi fondamentali sono l’uguaglianza e la fratellanza. Promotori di tale movimento sono i maiali i quali, in poco tempo e con pochi mezzi a disposizione, si impongono sugli altri animali come dei tiranni, tradendo i principi su cui si basava la rivoluzione. Così facendo daranno vita ad una vera e propria oppressione nei confronti degli animali più deboli che man mano che passa il tempo si accorgeranno che nulla è cambiato da quando a governarli era l’uomo.
Personalmente l’ho trovato un romanzo piacevole da leggere per via dei contenuti trattati che sono, inequivocabilmente, di natura storica. Ho apprezzato il fatto di raccontare un evento storico tanto conosciuto quanto importante sotto forma di un racconto allegorico con protagonisti gli animali. I personaggi di questa storia non sono molti ed ognuno è ben delineato tanto da rispecchiare un dato personaggio o pezzo di storia dell’era staliniana. A mio parere i ruoli impartiti da Orwell ai vari personaggi rispecchiano in toto quelli a cui si riferiscono, compresi i vari animali come le pecore e le galline che, rappresentando il popolo, non osano opporsi al regime totalitario impartito dai maiali.
Lo stile l’ho apprezzato in quanto semplice. L’autore non ha lasciato nulla al caso ed anche se in alcuni punti del racconto all’interno della fattoria succede qualcosa di misterioso, attraverso il comportamento di alcuni personaggi si riesce a capire cosa sia accaduto in realtà, nonostante non sia scritto espressamente. Un aspetto del libro che ho apprezzato è che non sono presenti molti dialoghi ma quei pochi che ci sono aiutano a contraddistinguere bene i diversi personaggi ed i loro modi di comportarsi e di pensare. Le descrizioni sono accurate e permettono al lettore di addentrarsi bene nella storia ed immaginarsi quanto si legge.
Non avevo mai letto prima un libro di George Orwell, ma ne sono rimasto colpito positivamente. E’ un romanzo che consiglio anche a chi non è appassionato di saggi storici, perché gli eventi reali narrati trovano la loro giusta trasposizione in un mondo di animali che portano avanti una fattoria.
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Ironia sui totalitarismi
Il racconto si svolge in un periodo imprecisato, in una fattoria piena di animali parlanti governata dal burbero signor Jones.
Una sera, Vecchio Maggiore, un saggio maiale rispettato da tutti, racconta agli animali della “Fattoria Padronale" un suo sogno, in cui gli animali sono liberi dal giogo dell'uomo, artefici del proprio destino: d’altro canto, “l’uomo è l’unica creatura che consumi senza produrre. Non dà latte, non depone uova, è troppo debole per tirare l’aratro, non corre abbastanza per catturare un coniglio”. Vecchio Maggiore convince tutti e insegna loro un inno intitolato “Bestie d'Inghilterra”, dove si profetizza un futuro di libertà.
Il signor Jones, ormai un alcolista, cura poco la fattoria, finché un giorno dimentica di dare il cibo alle bestie. Gli animali assaltano i magazzini, mentre Jones e i suoi aiutanti si scagliano contro di loro. Gli animali combattono e scacciano gli umani dalla fattoria, ribattezzandola "Fattoria degli Animali".
Napoleone e Palladineve, i maiali più scaltri, sono gli unici a saper leggere e scrivere, così che assumono il controllo e decretano le nuove regole, riassunte in sette comandamenti scritti su un muro. Tra essi, si afferma l’uguaglianza tra tutti gli animali e la proibizione di assumere i tipici comportamenti umani, come ubriacarsi, gozzovigliare, dedicarsi al commercio, ecc… . I maiali, gli unici a saper leggere insieme all’asino Beniamino, emergono presto come burocrati sfruttatori e, osteggiando la loro superiorità culturale, si impongono con cupidigia sugli animali più semplici e ingenui. “Dall’esterno, le creature volgevano lo sguardo dal maiale all’uomo, e dall’uomo al maiale, e ancora dal maiale all’uomo: ma era già impossibile distinguere l’uno dall’altro”.
Napoleone e Palladineve sono spesso in disaccordo sulle attività da fare e sulla gestione della fattoria: in particolare, lo scontro si accende sulla costruzione di un mulino e termina con la cacciata di Palladineve.
Pian piano, i maiali assumono comportamenti sempre più simili agli umani: intraprendono commerci con i vicini, dormono nei letti, bevono whisky, indossano abiti eleganti … Analoghi trattamenti di favore spettano ai loro devoti seguaci, i cani. Alle richieste di chiarimento da parte degli altri animali, i maiali rispondono rileggendo i sette comandamenti sul muro, che stranamente risultano sempre modificati rispetto all’originale che le bestie ricordavano! Solo Beniamino comprende tutto, ma scuote la testa e tace.
La vicenda evolve in modo tutto sommato prevedibile, considerando che l’intero libro è un’allegoria dei regimi totalitari in cui facilmente si possono individuare vari soggetti: i teorici, i capi feroci, gli esiliati, la macchina mediatica, la gente comune che subisce in silenzio, l’austera e indifferente aristocrazia, gli intellettuali (di cui, alcuni, asserviti al potere). Lo stile di narrazione, veloce e ironico, rende piuttosto piacevole la lettura.
Gli ideali di uguaglianza e fraternità proclamati al tempo della rivoluzione vengono ironicamente riassunti in un unico comandamento che sostituirà gli altri sette: “Tutti gli animali sono uguali… ma alcuni sono più uguali degli altri”.
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Il maiale cattivo e i tre contadini (sempre cattiv
Iniziata con “Noi” di Zamjatin e la sua società futuristica, in cui imperava un rigido governo comunista, e continuata con l’utopia fordista de “Il mondo nuovo” di Huxley, oggi la nostra analisi dei classici distopici si arricchisce di un nuovo -ed originale- tassello.
Lo si può vedere come un ritorno alle origini, in quanto anche in questo caso la critica è rivolta al regime stalinista, ma ne “La fattoria degli animali” Orwell presenta la sua distopia in una formula del tutto inusitata, trasformandola in una moderna favola esopica.
Protagonisti del romanzo sono appunto degli animali dai tratti antropomorfi, in quanto sanno parlare ed alcuni anche camminare eretti; la storia non ha però nulla a che spartire con un classico disneyano, sebbene a me abbia ricordato nella parte iniziale il famoso lungometraggio “La carica del 101”, con il fattore Jones (novello Crudelia de Mon) messo nel sacco da quelli che ritiene degli ottusi animali.
La vicenda ha inizio qualche tempo prima della cacciata di Jones, precisamente una notte in cui l’anziano e saggio maiale noto con il nome di Maggiore convoca gli altri animali per illustrare loro il suo utopistico sogno: un mondo in cui tutti gli animali siano liberi dal giogo dell’uomo e possano lavorare insieme in una società priva di disuguaglianze. Il Maggiore si dice inoltre certo che prima o poi questo progetto diverrò realtà e si adopera per insegnare agli astanti l’inno “Bestie d’Inghilterra”.
Non passa molto tempo prima che, come accennato pocanzi, l’indolenza di Jones e le scarse razioni di mangime portino gli animali a volersi ribellare ai padroni umani, scacciando non solo il signor Jones e la moglie ma anche i suoi dipendenti.
La fattoria padronale viene quindi rinominata fattoria degli animali e il sogno del Maggiore sembra davvero prossimo alla realizzazione. Dopo un primo periodo di prosperità ed armonia però i maiali, acclamati come la specie più intelligente, assumono il governo della fattoria trasformandola poco alla volta in una loro attività su cui comandano con pugno di ferro, soprattutto per merito del braccio armato composto dai cani da guardia.
In questa brillante satira del totalitarismo sovietico, ogni animale o gruppo di animali (ad esempio, pecore e galline sono quasi sempre prive di individualità) rappresenta in modo marcato un personaggio storico o una categoria di individui protagonisti della Rivoluzione Russa; tra tutti, i personaggi che meglio evocano e rielaborano le loro controparti storiche sono il cavallo stakanovista Boxer, il corvo predicatore Mosè con la sua promessa della Montagna di Zucchero Candito ed il maiale Clarinetto, voce della propaganda “animalista”.
Il romanzo può annoverare tra i suoi personaggi altri contadini, oltre al già fin troppo citato Jones, personificazioni dei governi degli Stati europei, che in un primo frangente sono spaventati all’idea che l’”animalismo” si estenda alle loro fattorie, ma poi ne comprendono i vantaggi grazie ai maiali e stabiliscono con essi un’alleanza.
E fu proprio l’alleanza tra Inghilterra ed URSS a creare tanti problemi alla pubblicazione del romanzo. La narrazione diretta e chiara di Orwell non lascia infatti nessun dubbio su quale regime sia l’oggetto della sua critica, che i suoi conterranei valutarono come offensiva specie per l’associazione tra i comunisti ed i maiali.
È necessario tenere a mente che Orwell non rinnega affatto gli ideali del comunismo bensì la loro corruzione ad opera di Stalin e dei suoi fedelissimi; ne sono prove lampanti l’armonia con cui prospera inizialmente la fattoria e le regole che gli animali si auto impongono sulla base del discorso del Maggiore.
In conclusione, mi sento in dovere di elogiare l’ottima edizione targata Mondadori, casa editrice che sovente bistratto, ma non questa volta: la traduzione è resa più completa ed efficace grazie alle utili nota esplicative; l’introduzione è chiara e serve sicuramente per fornire al lettore un quadro generale sulla vita dell’autore e, soprattutto, sulla genesi dell’opera; la prefazione infine risulta ottima per comprendere in quale situazione versava l’editoria britannica negli anni Quaranta.
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La grande illusione perduta del novecento
Ad un secolo di distanza dalla rivoluzione d’ottobre leggere questo piccolo romanzo di Orwell continua a lasciare l’amaro in bocca, poiché “La fattoria degli animali” altro non è se non una tristissima rappresentazione della fine della più grande illusione che aveva caratterizzato il passaggio dal XIX° al XX° secolo, ossia che fosse possibile realizzare un’alternativa alle diseguaglianze della società capitalistica, un nuovo paradigma dei rapporti umani in grado di anteporre la giustizia sociale e la condivisione di un patrimonio comune agli egoismi individuali. Tale possibilità, ancora una volta e (probabilmente) per sempre, è stata negata dalla brutale realtà della storia. Al di là della vivida satira della ferocia stalinista, ciò che Orwell sembra voler evidenziare è soprattutto l’incapacità delle collettività sociali di difendersi dalle derive autoritarie e demagogiche e di determinarsi secondo modalità ispirate alla cooperazione ed alla non violenza. In questo senso “La fattoria degli animali” travalica l’allegoria del bolscevismo sovietico e diviene qualche cosa in più: una riflessione sul potere politico e sulla sua “naturale” tendenza a strutturarsi in senso oligarchico ed al contempo populista, sia nei regimi autoritari o totalitari che in quelli liberal – democratici i quali ultimi, pur tuttavia, continuano a costituire il “male minore”.
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La dittatura dei maiali
La fattoria degli animali è un romanzo in forma di favola satirico-allegorica, sul modello di Esopo, che Orwell iniziò a progettare nel 1937 ma riuscì a pubblicare, dopo svariate difficoltà, solo nel 1945, a guerra terminata. Infatti, come da lui illustrato nello scritto "La libertà di stampa", pensato per esser posto come prefazione all’opera, gli editori, pur in mancanza di ferme disposizioni dall’alto, erano riluttanti a pubblicare il romanzo per i suoi chiari riferimenti al regime sovietico di Stalin, un importante alleato dell’Inghilterra durante la guerra. Il suo operato, pertanto, era ignobilmente giustificato o sottaciuto dall’ortodossia corrente, dall’autore descritta come un vero e proprio scrupolo di coscienza da parte di intellettuali accusati di difendere il liberalismo dal nazifascismo non esitando a far ricorso a metodi totalitari, quali la censura della libertà di parole o di stampa. Come anche nel romanzo, di cui questo scritto è un autentico corollario esplicativo e teorico, Orwell denuncia una perdita del senso reale di valori alla base dell’identità culturale del mondo occidentale, ovvero il pensiero critico e la libertà: “Se la libertà significa qualcosa, significa il diritto di dire alla gente ciò che non vuol sentirsi dire.”.
Il romanzo è ambientato in una fattoria. Un giorno gli animali decidono di ribellarsi al dominio degli umani, incarnati nel fattore ubriacone e distratto Jones: cacciato costui, essi dunque stabiliscono un regime detto Animalismo, in cui ognuno lavora per la comunità, producendo secondo le sue capacità e ricevendo secondo le sue necessità. Tuttavia, ben presto i maiali, guidati da Napoleone, che ha preso il posto del Vecchio maggiore, ispiratore della rivoluzione, concentrano il potere nelle loro mani: Napoleone diventa sempre più un despota autoritario e astuto, si dota del sostegno dei cani, reprime ogni resistenza (come quella delle galline), espelle l’idealista Palladineve accusandolo di sabotaggio e incolpandolo di ogni successivo danno. Napoleone promuove a parole una situazione di uguaglianza, ma nei fatti gli altri animali vivono in una condizione di povertà e indigenza cui sono incapaci di ribellarsi per asservimento, per cecità, per timore, per rassegnazione o per incapacità di pensare. Nonostante i sospetti sul tempestivo variare di leggi, i maiali in qualche modo convincono sempre i loro sudditi all’obbedienza in nome del bene comune, tra inni e sentenze. I maiali vivono nell’ozio e nella ricchezza mentre gli animali faticano quotidianamente nella miseria. Il tradimento diventa massimamente evidente nel finale, quando si scopre che i maiali hanno imparato a camminare su due zampe e persino il motto iniziale della rivoluzione, “Quattro gambe buono, due gambe cattivo”, viene opportunisticamente modificato in “Quattro gambe buono, due gambe meglio”: ormai più nulla distingue i maiali dagli uomini, i nuovi padroni dai vecchi padroni.
L’allegoria è chiaramente volta a denunciare le ipocrisie e il fallimento della rivoluzione bolscevica: all’idealismo del Vecchio Maggiore, che rimanda a Lenin, e al sincero animo rivoluzionario di Palladineve, che rimanda a Trockij, è subentrata l’astuzia di Napoleone, che rappresenta chiaramente Stalin. Questo mette in pratica una politica dispotica fatta di opportunismo e crudeltà, di abili mistificazioni con le parole sue e dei suoi asserviti o con le iniziative pubbliche – come quella per la costruzione del mulino a vento, che sembra far riferimento ai piani quinquennali di Stalin –, di violente repressioni delle resistenze – le galline che si oppongono rimandano ai kulaki che contrastavano la collettivizzazione delle terre – e di leggi e idee teoriche manipolate o rielaborate all’occorrenza. L’instaurazione di un simile regime è, invero, resa possibile dal sostegno dei cani, che rappresentano il corpo di polizia staliniano, dalla propaganda di regime di Piffero o Minimus, fatta di omissioni e mezze verità, e dall’incapacità degli altri animali di ribellarsi per cieca fedeltà alla rivoluzione e per accettazione acritica degli ordini (Boxer, Trifoglio, simboli della gente comune, dei lavoratori sovietici), per cinica rassegnazione (Beniamino), per disinteresse (Mollie, simbolo degli aristocratici russi), per parassitismo (i topi e i conigli, che rimandano agli strati più bassi della società, come ladri e mendicanti).
Ciò che Orwell rappresenta dunque è il fallimento di una rivoluzione, i cui ideali vengono traditi per desiderio di potere. “Tutti sono uguali, ma c'è chi è più uguale di altri”: i valori di uguaglianza e libertà che l’avevano animata non riescono a trovare compimento nella supposta società comunista poiché il nuovo regime della Fattoria degli Animali degenera in una nuova condizione di povertà e schiavitù. Il regno dei maiali non rivela alcuna differenza col precedente regno degli uomini che tanto era stato combattuto: “Le creature di fuori guardavano dal maiale all'uomo e dall'uomo al maiale e ancora dal maiale all'uomo, ma già era loro impossibile distinguere fra i due”.
Invero, la caduta dei sinceri ideali rivoluzionari appare rappresentata come un tratto non specificamente proprio del regime staliniano, ma di qualsiasi rivoluzione. Il tema centrale del romanzo è dunque la corruzione, presente in forma germinale in ogni atto rivoluzionario. La morale della favola è che ogni ideale si corrompe nel momento in cui viene raggiunto il potere e che molto spesso le masse non sono in grado di realizzarlo e opporvisi, preferendo assumere un implosivo atteggiamento passivo.
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niente cambia
Bisogna essere dei grandi scrittori per riuscire attraverso quella che sembra all'apparenza una favoletta, a far una delle più feroci satire del '900. Questo volume di metà del secolo scorso, infatti è ancora assolutamente attuale e probabilmente lo sarà anche negli anni a venire.
La storia è nota: in una fattoria gli animali decidono di ribellarsi agli umani. Stanchi di vivere in condizioni disagevoli, di lavorare ottenendo poco in cambio, senza essere apprezzati attaccano il fattore e lo vincono. Comincia così la vita ideale: tutti felici e liberi, ognuno ha il giusto e nesuno ha la supremazia sugli altri. Il paradiso, però dura poco. I maiaili si "umanizzano", vanno ad abitare nella casa del fattore e ne prendono tutte le abitudini compresi sopprusi e mortificazioni. In sostanza tutto cambia e niente cambia.
Bel romanzo, facile da leggere. Piacevole con o senza riflessioni.
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Satira sulla società di ogni tempo
Eric Arthur Blair, è questo il vero nome dell'autore di questo bellissimo libro che per tutta la vita ha usato il nome d'arte George Orwell per firmare alcune tra le opere più celebri del 900.
L' autore scrisse La fattoria degli animali nel 1943. Concluse il suo lavoro nel febbraio 1944 ma il testo riuscì ad essere pubblicato da Secker & Warburg solo in agosto.
Il manoscritto venne rifiutato da diversi editori a causa delle esplicite allusioni allo stalinismo, una volta pubblicato divenne immediatamente un successo internazionale.
La storia è ben nota, si svolge in una fattoria come tante. Gli animali lavorano ininterrottamente per il proprietario della fattoria, il quale si rende protagonista di continui soprusi. Gli animali, stanchi della loro vita, stanchi di lavorare per arricchire il padrone senza per questo ricevere adeguata ricompensa, decidono di ribellarsi. Si organizzano e cacciano il proprietario. Il loro obiettivo è quello di gestire la fattoria insieme creando un nuovo ordine fondato sull'uguaglianza.
Purtroppo le loro speranze si trasformano in pura illusione. Le dinamiche di sempre si ripresentano con altri volti. La satira orwelliana è magistrale, gli spunti di riflessione sono infiniti.
Il testo è universale, riguarda tutti e qualsiasi epoca. C'è sempre una lotta tra il forte e il debole dove il debole non può che soccombere.
L'uguaglianza è davvero solo utopia?
Orwell ha le idee chiare in proposito, basti pensare che
"TUTTI GLI ANIMALI SONO UGUALI
MA ALCUNI ANIMALI SONO PIU' UGUALI DI ALTRI"
Consiglio la lettura di questo testo a chiunque non l'abbia ancora fatto.
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Tremendamente attuale...
Illuminante.
Geniale.
Irriverente.
Satirico.
Allegorico.
Disarmante.
Sarcastico.
Inquietante.
Amaro.
Realistico.
Potrei continuare per ore...
Una favola amara che ci racconta e descrive lo scenario di qualsiasi rivoluzione e forma di totalitarismo, ma che attraverso l'allegoria ci riporta fedelmente fatti e accadimenti della Rivoluzione sovietica, in cui ad ogni personaggio del romanzo corrisponde un preciso personaggio storico.
Ci sono proprio tutti: a partire dallo Zar Nicola II (Il signor Jones), passando per Lenin e Marx (Il Vecchio Maggiore), Stalin (Napoleon), Trotsky (Palla di Neve), Stachanov (Gondrano)...non mancano neanche i chiari riferimenti ai giornali propagandistici governativi (Clarinetto), le masse facilmente manipolabili dagli slogan (le pecore), la gente comune sfruttata e ingannata dalla dittatura (Berta), la posizione della Chiesa Russa Ortodossa (Il Corvo Mosè), la polizia governativa con la sua politica del terrore (i cani), l'aristocrazia (la cavalla Mollie)...
Sinceramente credo che leggere questo romanzo senza andare a rispolverare le pagine di storia, non permetta di comprendere in pieno tutti i significati e i messaggi che Orwell ci dà...e sarebbe un peccato non farlo.
Anche se, alla fine, la morale della favola è applicabile anche a contesti differenti e molto più vicini a noi.
L' umanizzazione dei maiali è la rappresentazione lampante di come la sete di potere trasformi chiunque riesca a sedersi sulla giusta poltrona, dimenticando tutto quello per cui si era combattuto.
Per cui alla lista degli aggettivi iniziale, mi sento di poter aggiungere anche:
Attuale.
Tremendamente e tristemente attuale.
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Una critica non celata
Leggere “La fattoria degli animali” e rimanerne indifferenti è qualcosa che non può succedere. Ho finito di leggere questo libro una settimana fa e sono ancora in difficoltà nel trovare le giuste parole per rendere il mio pensiero. Questo libro mi ha sconvolto.
Orwell con un linguaggio semplice e diretto ci presenta, se così si può definire, una satira politica. “La fattoria degli animali” cela molto più di quel che vuol mostrare. Se agli occhi di un profano può quasi sembrare una storiella senza un lieto fine, per un lettore più attendo, ma neanche più di tanto, la critica di Orwell per il comunismo e per tutti i governi totalitari è palese.
I protagonisti sono gli animali di una fattoria patronale, che decidono di ribellarsi al padrone, attraverso la rivoluzione, uno strumento necessario per diventare liberi e finalmente tutti uguali. Il passare da “Fattoria Padronale” a “Fattoria degli Animali” può sembrare un sogno che si realizza, ben presto diventerà altro:
“Questo lavoro sarebbe stato assolutamente volontario; chi se ne fosse astenuto però avrebbe avuta ridotta di metà la sua razione”.
Orwell ci mostra il corso degli eventi, di come si possa cercare il nemico ovunque, della necessità di un capo espiatorio su cui riversare i problemi, senza dimenticare l’ingenuità e il terrore che può nascere nei deboli. Di come un buon oratore può far diventare bianco qualcosa che invece è nero e di come la difficoltà di farsi avanti e di esporsi ci fa diventare se non proprio dei vigliacchi comunque degli assecondatori passivi.
Nella mente del lettore diventa molto semplice sostituire il ruolo degli animali con quello degli uomini. Personalmente ho trovato particolarmente toccante il cambiamento dei “I sette comandamenti” che venivamo “leggermente” modificati per trovare il vantaggio di chi prima era uguale agli altri. Orwell ci ha mostrato tutto ed è difficile non puntare il dito sul singolo o su chi passivamente ha accettato gli eventi. Però forse in maniera involontaria, ci ha anche mostrato di come il singolo difficilmente poteva fare la differenza.
Una lettura che consiglio. Le riflessioni possono solamente aiutarci a vedere che purtroppo la società, anche da noi, non è poi così diversa, le caste ci sono ancora.
Buona lettura!
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The Farm-Cage
"The animals, trap trap till the cage is full, the cage is full, stay awake" uso le parole di "you've got time" di Regina Specktor
per riassumere una parte di questa storia,vera e attuale. La fattoria degli animali edito nel 1945, è una metafora della società
che pur ad anni di distanza non è cambiata. Orwell racconta questa società, una gabbia, dove l'uomo-animale, nasce,cresce, evolve
e a un certo punto si omologa. la rivoluzione del cambiamento diventa una moda e un passo quasi d'obbligo per entrare nei ranghi
della gabbia.
Il punto di forza dello scrittore sta nel riuscire a raccontare il tutto senza parole o concetti pesanti, ma come una favola.
I protagonisti sono presentati come animali, scelti per le loro peculiarità che riprendono quelle umane.
Il gruppo leader dei maiali, i cavalli gran lavoratori e il popolo al seguito.
Una delle frasi più significative e senz'altro la finale "Tutti gli animali sono uguali, Ma alcuni animali sono più uguali degli altri".
Un libro da leggere per trovare un modo di uscire dalla gabbia piena, per restare svegli e non correre fra le sbarre di un'altra.
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Lo Stato in una fattoria
La fattoria degli animali è la rappresentazione di una società totalitaria che a mio avviso non va identificata solo con quella russa comunista ma anche con ogni società repressiva. Il romanzo si presta infatti a molte considerazioni tuttora valide. La metafora della società avviene attraverso l'immagine di una fattoria che costituisce una sorta di stato i cui sudditi sono gli animali e il despota è il fattore che cura unicamente i propri interessi e dimentica di nutrire i suoi "cittadini". Come ogni popolazione anche gli animali protestano e cominciano a sviluppare idee rivoluzionarie, se vogliamo anche utopiche come insegna tristemente la storia. Il rapporto tra l'Uomo e gli animali è un esempio per mostrare come gli esseri che producono i beni materiali, i lavoratori vengano sfruttati da una classe parassitaria che può essere la nobiltà, i ricchi, coloro che detengono il potere e hanno il controllo di una nazione. Tale rapporto viene meno grazie alla dura battaglia degli oppressi ma è destinato a ricostituirsi perché purtroppo le idee teoriche di uguaglianza e fratellanza si disgregano di fronte all'avarizia e alla sete di potere dei maiali che sono anche di natura i più simili all'uomo. Infatti nella fattoria essi non possono trainare un aratro o produrre altri beni come le galline o le pecore e sono destinati ad assimilarsi con gli uomini al punto da non riuscire a distinguere più gli uni dagli altri. Significative sono le analogie tra il governo umano e quello animale: per esempio lo sfruttamento dell'ignoranza degli altri animali da parte dei maiali che sono i più furbi che è esattamente uguale a quello dell'uomo verso tutta la fattoria. Dal libro emergono elementi che caratterizzano la società comunista russa e quella moderna come il tentativo di manipolare le leggi, l'utilizzo di una squadra di polizia corrotta al servizio dei potenti e i dati che mostrano una situazione diversa rispetto a quella percepita. Importante è il ruolo dell'educazione perché è proprio dell'ignoranza che si nutre il potere dittatoriale.
A livello stilistico la prosa si mostra chiara e semplice, infatti non deve essere aulica e oscura perché di primo impatto deve sembrare quasi una favola ma al contempo deve far trasparire che si tratta di qualcosa di diverso, di una storia che tutta l'umanità conosce molto bene e che si ripete anche a distanza di anni e secoli.
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Metafore sempre attuali
Mai metafora fu più idonea per descrivere una situazione del tempo...
Un G.Orwell che mette qualche animale, una fattoria e ne fa la società oppressa e subdola di un'epoca passata ma che non è mai troppo lontana da ricordare (come anche da paragonare ai giorni nostri).
Letto "per ordine" dell'insegnante al tempo delle scuole superiori, devo dire che sono stata fortunata ad avere insegnanti come lei.
Questo libro è un modo quasi goliardico (ma non poi così tanto) di descrivere e nascondere all'oppressore le paure, le incertezze e le speranze di un popolo che era in ginocchio da una guerra fallimentare (come tutte).
**SPOILER**
Il maiale Napoleon è il boss della fattoria, sta a lui decidere destino e decisioni dell'intero porcile e di tutti gli altri animali. Con un potere carismatico, di linguaggio e di "propaganda" abbindolerà le pecore (figura rilevante in questa grande metafora!), i polli,i tacchini e tutti gli animali che dimorano nella attoria, incantati nell'ascoltare i discorsi del maiale, opinioni e strategie per sabotare l'uomo proprietario della terra e riuscire quindi a diventare i padroni indiscussi della loro campagna.
L'essere umano è stato sconfitto, grazie alla forza della parola che è stata magia nelle gambe e nelle ossa delle bestie della fattoria, ora si discute per un governo di uguaglianza, retto dallo stesso Napoleon.
Ma queste idee democratiche, finiranno presto per essere solo quelle che sono sempre state: parole.
La storia de "La fattoria degli animali" è qualcosa di simpatico visto da chi non sa di cosa si tratti.
E' un libro scolastico (testimone!) e, aggiungerei, necessario...
Non è una lettura banale, non è una lettura scontata, bisogna leggerla molto bene, perchè ogni singola rappresentazione che si vuol far immaginare al lettore è un chiaro grido dello scrittore nell'aprire gli occhi della propria mente, di non essere un popolo di " pecore" che tutti i potenti si aspettano di trovare.
Scritto perchè chiaro sfogo di una società oppressa dal tiranno dittatore, G.Orwell nasconde le sue idee politiche e rivoluzionarie all'interno di un racconto fantastico come a spacciarlo per un racconto per bambini.
"La fattoria degli animali" si oppone a tutte le mode e le consuetudini di un sistema che detta il proprio potere sull'ignoranza e sul silenzio assenso, un'organismo che oggi ha fatto delle nazioni , grandissime potenze economiche e belliche. Questo libro è il frutto di quello che abbiamo permesso di fare alle grandi potenze, questo libro racconta cose che non finiranno mai e che soprattutto, la massa alimenta il sistema... "Il popolo tra Cristo e Barabba, scelse Barabba!!".
Lo stile è molto semplice proprio per arrivare dritto dritto all'obiettivo.
Potrebbe risultare un pò noioso quando ci si sofferma su alcuni discorsi che il maiale fa tra i suoi squadristi e al popolo animale, ma a quel punto sggerisco una pausa e... di riprendere senza mai saltare nessun punto.
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La Retorica per eccellenza
Platone asseriva con fermezza che la retorica non era altro che adulazione, lusinga e contraffazione del vero. Il retore è colui che ha l'abilità, nei confronti dei più, di essere persuasivo più di chi veramente sa, giocando sui sentimenti e sulle passioni. La retorica si rivolge quindi alla parte peggiore dell'anima, alla parte credula e instabile. E questa ideologia puo essere facilmente riscontrabile ne " La fattoria degli animali". Dopo la rivolta, infatti, i maiali utilizzando la retorica sono riusciti a camuffare il falso sotto le mere parvenze del vero, impossessandosi del potere e di tutti i privilegi del vecchio padrone della fattoria finché l'uguaglianza e libertà, di cui la rivolta si era fatta portavoce si trasformano in pochi semplici parole :" Tutti gli animali sono uguali, ma alcuni animali sono più uguali di altri". La lettura è molto scorrevole e di immediata comprensione. Il sarcasmo permea alcuni passi veramente originali come d'altronde è originalissima l'idea alla base di questo libro, che si fa metafora indiretta della dittatura russa e riconducibile, a mio avviso, all'ideologia totalitaria in generale. Leggere questo romanzo significa trovare una nuova chiave di lettura, significa guardare sotto un'altra prospettiva quasi un secolo di storia.
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Uguaglianza, l' apoteosi dell' utopia
“Gli animali da fuori guardavano il maiale e poi l’uomo, poi l’uomo e ancora il maiale:
ma era ormai impossibile dire chi era l’uno e chi l’altro.”
“La fattoria degli animali” fu concepita per la prima volta nel 1937 durante la permanenza di Orwell in Spagna, tuttavia l’autore, a causa della forte irriverenza che il testo presenta nei confronti dell’ Unione Sovietica, fu costretto a pubblicare l’opera soltanto nel 1945, alla fine del conflitto.
‘Animal farm’, titolo originale, può essere equiparata alle favole di Esopo e Fedro, in cui i protagonisti sono gli animali e come in queste favole, ogni evento, ogni personaggio è simbolo di una realtà. Come tutte le favole, anche questo romanzo-favola ne presenta una.
Gli animali di una fattoria si ribellano alla tirannia umana e instaurano una società di eguali. Ben presto, però, i maiali, più intelligenti e ricchi di qualità organizzative, assumono il controllo della situazione. In apparenza lavorano per il bene comune, ma in realtà cercano soltanto di mantenere il potere animati da cupidigia ed egoismo.
Napoleone, il maiale che ha assunto la guida della fattoria, diviene sempre più simile agli uomini grazie a una massiccia operazione di disinformazione a danno degli altri animali, che ricevono le stesse privazioni e maltrattamenti di prima. Il libro si chiude con i maiali ormai indistinti dagli uomini e con i sette princìpi che avevano ispirato la rivoluzione, ridotti a uno solo: “Tutti gli animali sono uguali, ma alcuni sono più uguali degli altri”.
Attraverso un registro satirico, Orwell ci offre una panoramica su quelli che erano gli ideali utopici della Rivoluzione Russa, basati sul marxismo e quindi su un sogno di uguaglianza. Ma, in generale, essa può essere letta come allegoria di tutte le rivoluzioni, che trasformandosi in un regime, vengono alla fine tradite; infatti niente e nessuno può saziare l’ “uomo” dal potere.
Di qui capiamo la morale dell’ opera, molto chiara e diretta: La sete di potere impedisce la creazione di un mondo paragonabile al locus amoenus dell’ antichità classica.
Quello che mi ha colpito del romanzo, oltre all’ originalità, allo stile fluido e lineare, è il tema dell’ educazione; in quanto gli animali credono ciecamente alla propaganda perché incapaci di filtrare le informazioni che vengono loro propugnate dal regime. L'ignoranza è dunque un'arma preziosa nelle mani di qualsiasi dittatore, in quanto permette di far credere al popolo ciò che si ritiene più utile. Dunque si manipolano informazioni, rovesciando la verità, sfruttando la via della convenienza.
Buona Lettura!
Maria Giovanna
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Tutti sono uguali...
La fattoria degli animali è una favola morale che narra come le bestie, vessate, schiavizzate, massacrate dall'uomo, decidano finalmente di ribellarsi e scaccino il padrone e la sua famiglia, proclamando l'inizio di una nuova era senza sopraffazioni, violenze, ingiustizie. Un regime collettivistico nel quale ognuno darà secondo le sue capacità e al quale sarà dato secondo i suoi bisogni. La rivoluzione e il nuovo sistema di vita vedono tuttavia, sin dall'inizio, profilarsi l'egemonia dei maiali e, in particolare, conducono all'emergere di due personalità antagoniste: a Palla di Neve (alias Trotzkji?), intellettuale, comunicativo, sinceramente rivoluzionario, si contrappone il mistificatore ed autoritario Napoleon (alias Stalin) che, con i suoi metodi più aberranti (menzogna, ladrocinio, furto, delitto ...), trasforma quel tentativo di riconquista della libertà e fondazione di un nuovo ordine di cose in un regime totalitario ed ingiusto, non diverso da quello precedente, governato dalla razza umana. La tragica parabola dell'esperienza rivoluzionaria della fattoria degli animali si conclude proprio con l'immagine grottesca e spaventosa insieme di una "riconciliazione" alla pari di uomini e maiali, due razze egualmente padrone, la più antica e la più recente. Tale appare agli occhi degli animali nuovamente assoggettati la scena che essi osservano dalle finestre della casa colonica, ancora una volta esclusi, sgomenti, soli. Napoleone e Palla di Neve sono le parole che lasciano al mondo la disuguaglianza come virtù della propria specie, come omaggio a quello che la morte quotidianamente cerca di farci scoprire attraverso le nostre azioni diurne. Inquietante. Sarcastico. Amaro e purtroppo molto realistico nella sua fantasiosa creatività. I maiali che si "umanizzano" sono il simbolo grottesco di un potere che da sempre si sveste di qualsiasi dignità. Allegorico e tagliente fa riflettere su come anche nel mondo reale tutti sono uguali...ma alcuni sono più uguali di altri.
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Il 1984 degli animali
Sono innumerevoli le cose che avrei da dire su quest’opera, ma proverò a non dilungarmi troppo.
“La fattoria degli animali” è un vero e proprio preludio a quel capolavoro che sarà “1984”, e le analogie tra queste due opere sono talmente tante che probabilmente ne dimenticherò qualcuna. Ma partiamo dalla trama. Gli animali di una fattoria, verranno incitati dal Vecchio Maggiore, un anziano maiale, a mettere in atto una Ribellione, scacciando gli uomini e instaurando nella fattoria un regime egualitario utopistico. La “Fattoria Padronale” diviene, dopo la sconfitta degli uomini, la “Fattoria degli animali”.
Nonostante inizialmente gli animali si sforzino di mantenere una società dove tutti sono uguali e guidati dai Sette Comandamenti dell’Animalismo, cominceranno a venir fuori le differenze di “classe”. I maiali, gli animali più intelligenti, cominceranno a sfruttare i più deboli (di carattere) tenendo per sé comodità e risorse, lasciando agli altri solo le briciole e il duro lavoro.
Pian piano iniziano a venir fuori le analogie col Socing di “1984”.
I maiali, accecati dal potere, inizieranno a praticare l’ingiustizia, convincendo tutti gli altri di stare operando per il bene comune. Faranno ciò manipolando il pensiero delle masse ottuse e cieche; plasmando per gradi il passato (vi ricorda qualcosa?), facendolo apparire sempre peggiore del presente, quando probabilmente non lo è; variando i dati di produzione ostentando una sovrabbondanza che non c’è e trovando capri espiatori esterni ai fallimenti interni della società, trasformando gli eroi scomodi in traditori utili (Palladineve il corrispettivo di Goldstein). Si instaurerà anche la figura animale analoga al Grande Fratello, verso la quale affluiscono tutti i meriti e le onoreficenze della società, ovvero il maiale Napoleone. Il potere è nettamente passato quindi nelle mani di un’unica specie. E’ qui appunto il punto focale del romanzo, tema importante anche dell’opera che lo seguirà. Secondo Orwell la società sarà sempre divisa in tre caste: Alti, ovvero coloro che detengono il potere; Medi, ovvero coloro che vogliono spodestare chi è al potere, e i Bassi; ovvero il resto del popolo. Ed è proprio questo che vediamo nella fattoria. I maiali (i Medi) spodestano gli umani (gli Alti) con l’aiuto degli altri animali (i Bassi), con promesse di una società e di una vita migliore per questi ultimi. Riuscendoci però non faranno altro che rendere i maiali e i cani rispettivamente gli Alti e i Medi, mentre coloro che appartenevano ai Bassi, tali rimangono nonostante il sangue, il lavoro e le vite perse. Il potere alla fine corrompe tutti. I principi dell’Animalismo non diverranno altro che parole senza significato, modificate a piacimento. I maiali dormiranno nei letti, berranno alcool, uccideranno altri animali per i propri interessi ed impareranno addirittura a camminare su due zampe, come gli uomini, andando contro tutti i principi cardine della Ribellione. L’unica cosa a variare, sono le persone (in questo caso i maiali) al potere. Quella che era diventata la “Fattoria degli animali” dopo la Ribellione, torna ad essere la “Fattoria Padronale”. Questo romanzo è uno specchio animalesco della società, della natura e della mente umana.
Sono perfettamente conscio che questa recensione sia una noia mortale, ma sto amando profondamente Orwell, ha uno stile magnifico, le sue idee sono coerenti e ben esposte, e mi sembrava un delitto non cogliere i suoi messaggi nascosti in un romanzo decisamente godibile anche leggendolo senza soffermarsi sui contenuti di fondo. L’unico rammarico? Orwell, perché non sei stato prolifico come tanti (molti anche inutili) romanzieri contemporanei?
“Non c’era più alcun dubbio su ciò che era successo alla faccia dei maiali. Dall’esterno le creature volgevano lo sguardo dal maiale all’uomo, e dall’uomo al maiale, e ancora dal maiale all’uomo: ma era già impossibile distinguere l’uno dall’altro.”
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Orwell e la sua critica all'umanità.
In La Fattoria degli Animali, allegoria politica per eccellenza, George Orwell ci conduce nella suddetta fattoria, ex fattoria Padronale, oramai in mano agli animali, che in seguito al sogno utopico sulla liberazione dall'uomo sfruttatore, fatto dal Vecchio Maggiore, verro rispettato e ascoltato da tutti per la sua saggezza e autorevolezza, si sono ribellati al loro padrone cacciandolo e iniziando a lavorare per conto proprio. Eppure ben presto saranno gli stessi animali a risentirne, rovinati dalle lotte interne tra Palla di Neve e Napoleon (gli pseudo successori del Maggiore) prima e dal dispotismo dittatoriale di quest'ultimo poi. In un climax ascendente di eventi ed emozioni, Orwell metterà a nudo, in quello che secondo me è uno dei suoi romanzi migliori, la meschinità e la bruttura dell'essere umano, qui efficacemente rappresentato sottoforma di maiale, criticando apertamente non solo il regime Stalinista ma tutta la specie umana che, inevitabilmente, porta ogni cosa a degenerare verso l'estremo e verso il male attraverso la sete per la ricchezza e per il potere.
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Consigliato a tutti.
Un'allegoria satirica e antropomorfica, scritto in maniera semplice e diretta, in modo che possa essere alla portata di tutti, perché un libro di questo calibro dovrebbe sostituire le fiabe che leggono i bambini, così possono crescere con la consapevolezza della disinformazione e della schiavitù occulta esercitata da coloro che detengono il potere.
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Un'allegoria quantomai attuale...
La "Fattoria degli animali" è un complesso di caricature della società moderna, delle sue ipocrisie, delle false verità, del sistema di potere, che Orwell è capace di riassumere e analizzare in un centinaio di pagine,in modo più che efficace, come non mi era mai capitato di leggere. E' una esplicita esposizione di idee, un concentrato di valori, aspetti e sfaccettature della società di oggi.
Il romanzo, concepito dall’ingegnosa mente di George Orwell , si pone come un’allegoria, in chiave critica, della Rivoluzione russa, che tuttavia può essere letta più in generale come un’allegoria della realtà di oggi, attuale, anche a distanza di decenni. Così gli animali della fattoria padronale si ribellano all’uomo, spietato sfruttatore, ma qualcosa nella rivoluzione va storto, e i poveri animali si ritrovano nuovamente sottomessi, ma stavolta con l’illusione di essere liberi, situazione, a mio giudizio, ancora più sgradevole. Orwell evidenzia quella brama irrefrenabile di possedere di più che è propria dell’uomo, tale che persino chi afferma i più nobili ideali e avanza con le migliori intenzioni, di fronte al potere che gli si prospetta davanti si trova spiazzato, perde i propri riferimenti e, giunti a questo punto si prospettano due possibilità: continuare a sostenere le proprie idee, la libertà di esprimerle e, purtroppo non in molti sono capaci di farlo, o lasciarsi corrompere dalla cupidigia, dall’esaltazione dell’egoismo, e cedere i propri ideali, la vera libertà, in cambio di un illusorio potere. Palla di Neve e Napoleon, i due maiali che si sono affermati come rappresentanti della fattoria, rappresentano esattamente i due atteggiamenti che si possono avere di fronte al “potere”, e purtroppo l’esperienza dimostra che nella triste realtà di oggi, come nella fattoria degli animali, spesso il susseguirsi degli eventi premia chi si abbandona alla cupidigia.
Ma Orwell non si limita a descrivere un particolare aspetto della società, nella storia ogni personaggio, ogni situazione, ogni avvenimento ha un preciso scopo e significato, così Gondrano, il cavallo della fattoria, instancabile lavoratore, rappresenta coloro che si sottomettono al sistema, convinti nella loro ignoranza della propria scelta, ma in realtà ignari dei giochi di potere dei “padroni” che si arricchiscono sulle loro spalle. E ancora Clarinetto, portavoce di Napoleon sfrutta la sua abilità di oratore per illudere gli altri animali della fattoria, convincendoli sulla base di false stime e mezze verità, di essere liberi e uguali, mentre la situazione è del tutto diverso, come per esempio testimonia ironicamente uno dei “comandamenti” imposti dai maiali “tutti gli animali sono uguali, ma alcuni sono più uguali degli altri”. E poi ancora altri personaggi, caricature delle varie personalità che vivono in questa falsa realtà, come Benjamin, l’asino che si astiene da alcun giudizio, nonostante la propria intelligenza, poiché apatico, passivo spettatore del suo presente e indifferente di fronte al suo futuro. O Mosè il corvo, che promette agli animali il paradiso, sul “Monte Zuccherocandito”, allegoria di una chiesa ipocrita, assoggettata al potere. Ognuno degli animali ha un suo ruolo nelle società della fattoria e, tutti sembrano impotenti di fronte a un destino infelice, in quanto chi dovrebbe creare il futuro comune (i maiali, che governano la fattoria) è intento a curare i propri interessi.
E' una lettura da cui ho imparato molto. Basta solo andare oltre il sottile velo di ironia e la metafora, per scoprire che ognuno di noi è uomo, "maiale" o un qualunque altro animale della fattoria.
Sta a noi scegliere quale...
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La fattoria degli esseri umani
Ci sono capolavori senza tempo e senza spazio, di quelli che si studiano a scuola generazione dopo generazione e vengono giudicati capolavori immancabili per la formazione dell'individuo a prescindere dal loro concreto valore didattico e letterario. "La fattoria degli animali" non è uno di quelli.
L'opera di George Orwell non pretende fama e gloria, nè si pone l'obiettivo di diventare un gioiello sensazionale che le generazioni future possano lucidare e conservare nel cassettino fino alla fine dei tempi, non dispone di una retorica invidiabile e non detta i canoni di un nuovo stile moderno: vuole soltanto essere capito. E, quando un romanzo si pone l'obiettivo di essere aperto senza aprire nessun altro, deve essere guardato con occhi diversi tutte le volte.
Ci troviamo dinnanzi ad un piccolo volume in cui sono contenute praticamente tutte le invettive della storia dell'uomo, raccolte e catalogate in maniera neanche tanto implicita nel periodo di massimo splendore della loro infamia: il potere tirannico, l'ignoranza, l'illusione della religione, l'impotenza quasi volontaria delle masse, l'utilizzo crudele delle esecuzioni e delle forze d'ordine, la trasfigurazione delle leggi, le menzogne, l'impossibilità dell'orgoglio e della giustizia di avere il proprio posto nel mondo e tutta un'altra serie di precetti che il lettore si ritrova ad assorbire in maniera mai scontata. Questo è il bello di questa fattoria: gli animali non rivelano il proprio ruolo fino alla fine.
Evitando di soffermarsi sul periodo storico e sulle motivazioni dell'autore, sulla prefazione e sugli altri particolari che riguardano quest'opera quanto tutte le altre della seconda guerra mondiale (libertà di stampa, ad esempio), vorrei sottolineare una qualità del romanzo che spesso viene oscurata dal suo contenuto: lo stile letterario vero e proprio. Orwell utilizza una serie di ripetizioni stilistiche che inizialmente possono far storcere il naso al lettore più pretenzioso ma che, neanche troppe pagine dopo, appaiono improvvisamente obbligatorie. Le cantilene, le scritte, la smania caprina di imparare tutto e subito o l'opposta ignavia di certi animali, vengono egregiamente accompagnate da uno stile fiabesco, rapido e immediato, che non gira intorno ai concetti fondamentali ma, d'altra parte, trasforma quest'opera in un simpatico siparietto di novità e curiosità. E se ciò non dovesse bastare, se al lettore non piacesse neanche il romanzo di per sè e fosse stufo delle solite invettive politiche, allora interverrebbe una caratterizzazione tanto scarna quanto favolosa dei personaggi che, senza neanche accorgersene, vi faranno affezionare a poco più che sagome cantilenanti. Proverete dunque odio, pietà, rammarico, meraviglia e, perchè no, potrebbe scapparvi qualche lacrima in più di un'occasione.
Personalmente da almeno metà romanzo ho sentito l'esigenza di bruciare le pagine con lo stesso impeto della rabbia che ardeva dentro di me e che credo tutti possano immaginare senza inutili spoilers.
Questa rabbia, però, deriva principalmente dal fulcro del romanzo: il contenuto. Non ho mai letto qualcosa che, a distanza di 65 anni, risultasse talmente attuale da sembrare tangibile. I porci dell'epoca sono i porci di adesso. Il corvo con la sua montagna di illusioni è esattamente identico alla nostra tanto cara gerarchia ecclesiastica. Le pecore, il gatto, il topo ed i mastini rabbiosi ricordano pericolosamente tutto ciò che ci circonda. E, soltanto alla fine, quando saranno chiare tutte le sfumature del romanzo, potrete godervi un finale terribile che non ha nulla da invidiare ai peggiori romanzi dell'orrore.
Pochi scrittori possono permettersi di racchiudere in una favoletta così breve tutti questi stili: Orwell ci è riuscito al di là del contenuto e, quando anche voi sentirete l'esigenza di comprare la vostra cassa di alcolici e brindare con l'animaletto più vicino per dimenticare l'ultima, orribile ed ingiusta rivelazione della trama, sentirete di aver vicino la presenza dell'autore che, sorridendo, annuirà pieno di rammarico, e vi sussurrerà all'orecchio: "esattamente, non stai immaginando nulla. E' proprio questo che volevo dirti".
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Animal Farm: per conoscere.
Le favole di Fedro, dominate da animali che avevano una caratteristica propria degli esseri umani, ovvero la capacità di parlare, erano brevi racconti di natura esemplare dai quali era possibile trarre dei precetti morali, insegnamenti condivisi dalla comunità e tramandati alle generazioni. Orwell si riallaccia in maniera esemplare a questa lunga tradizione, creando una favola che abbia il compito di veicolare idee politiche e sociali, ma soprattutto di smascherare le crude verità sui regimi del suo tempo (in particolare il comunismo)e che cerchi di smuovere gli animi inerti dei suoi contemporanei riuscendo a svelare in maniera indiretta ma significativa
l’orrore di ciò che accadeva. In Inghilterra, un uomo di nome Jones è il padrone di una fattoria padronale, una fattoria in cui gli animali hanno coscienza di sé, comunicano tra di loro e organizzano incontri segreti durante la notte quando sono certi che il padrone, barcollante per la troppa birra, si ritira nelle sue stanze presso la casa coloniale. È cosi che una sera gli animali si riuniscono nel granaio dopo aver appreso la notizia che il Vecchio Maggiore (un maiale) aveva fatto un sogno che voleva comunicare a tutti gli altri animali. Durante il suo discorso afferma che la vita che loro si trovano a vivere è misera e faticosa , devono sopportare una vera e propria schiavitù ma non perché il suolo non sia fertile o il clima dell’Inghilterra sia svantaggioso alla coltivazione ma perché tutto il frutto del loro lavoro viene rubato dall' uomo che di per sé non produce nulla, ma ruba tutto. L’unica soluzione è quindi quella di abolire la presenza dell’uomo, è necessaria una Rivoluzione vera e propria che porti gli animali ad assumere il comando totale della fattoria e a vivere un’esistenza degna e felice, è auspicata un’età dell’oro che molto presto, secondo le speranze del Vecchio Maggiore, potrà realizzarsi. Nei mesi successivi tutti si preparano alla ribellione che sarà resa possibile anche dalla dipendenza dagli alcolici del padrone che, trascurando la fattoria, sarà costretto a fuggire dopo l’attacco dei suoi animali. Sciolti dal giogo dell’uomo, gli animali bruciano freni, anelli da naso, catene, coltelli, redini, paraocchi, fruste, nastrini: ogni segno di sottomissione o di distinzione deve essere distrutto; vengono iscritti su un muro i sette comandamenti dell’animalismo che tutti dovranno rispettare, viene suddiviso il lavoro in modo tale che i maiali si occupino della direzione e dell’organizzazione per via della loro cultura superiore mentre agli altri animali spetteranno dei lavori più pesanti e faticosi. Sembra l’avvento di una nuova era, di un paradiso dove tutti gli animali sono uguali e rispettati, i raccolti sono ingenti, si lavora con uno spirito diverso, si combatte contro gli uomini che cercano di riprendersi la fattoria, si è solidali, uniti, fratelli.
La fattoria padronale diviene la fattoria degli animali.Ma a un certo punto qualcosa cambia: il paradiso si trasforma in un inferno velato, una dittatura con a capo i maiali e in particolare Napoleon che si serve di tutti gli strumenti possibili per aggiogare e sottomettere gli altri animali, per far credere loro soltanto quello che lui riferisce facendo dimenticar loro quello che è realmente accaduto, i sette comandamenti vengono sostituiti da uno soltanto dopo essere stati completamente violati dai maiali, i traditori vengono uccisi senza nessuna pietà, il lavoro aumenta, le razioni di cibo diminuiscono, eppure gli animali non si lamentano. I maiali diventano quasi antropomorfi: iniziano a camminare su due zampe, fumano sigari, dormono nei letti del padrone, indossano il suo vestiario, camminano con una frusta in mano, assumono i vizi e gli errori del genere umano. Particolare e significativa, nonché macabra al punto da far venire i brividi, è la scena finale dove non è più possibile distinguere uomini e animali:
“Dodici voci si alzarono furiose, e tutte erano simili. Non c'era da
chiedersi ora che cosa fosse successo al viso dei maiali. Le creature di fuori
guardavano dal maiale all'uomo, dall'uomo al maiale e ancora dal maiale
all'uomo, ma già era loro impossibile distinguere fra i due.”
Orwell con questa “favola” attacca apertamente il totalitarismo sovietico di Stalin e, anche per questo, trovò diverse difficoltà, come afferma lui stesso in un articolo alla fine del romanzo, per la pubblicazione. Non è quindi soltanto letteratura ma politica, satira, attacco agli ideali utopici della Rivoluzione Russa, alla degenerazione di un regime assassino, all’attività di propaganda che rendeva nulla la capacità di raziocinio, riuscendo a creare in questo modo non soltanto una critica violenta e aperta nei confronti delle realtà che lui stesso si trovava a vivere, ma anche un monito per le generazioni future affinché non si ripetessero gli errori del passato, affinché la società non diventasse come quella descritta nel romanzo 1984. Orwell comprese bene come nel regime sovietico una stretta oligarchia viveva nel lusso e nell’agio della stabilità e della sicurezza mentre la maggior parte della popolazione viveva nello sfruttamento e nella povertà. Non a caso il comandamento che alla fine sostituisce i precedenti sette, che potrebbero quasi simboleggiare gli ideali della Rivoluzione Russa, è: “tutti gli animali sono uguali, ma alcuni animali sono più uguali degli altri”. È infatti un’opera ricca di allegoria e significato: l’Animalismo non è altro che il comunismo basato sulle teorie di Marx, la cacciata di Jones rappresenta il rovesciamento dello zar, il conflitto tra Napoleon e Palladineve rappresenta quello tra Stalin e Trozkij, il crollo del mulino a vento rappresenta l’incendio del Reichstag, causato probabilmente dai nazisti ma la cui colpa fu data ai comunisti che vennero perseguitati e torturati. Ma l’opera può simboleggiare anche l’essenza di qualsiasi regime totalitario: basti pensare all’attività di
propaganda operata da Clarinettoche richiama quella attuata dai regimi nazista e fascista, dove la cultura e l’educazione della popolazione era organizzata e controllata dallo stesso dittatore, dove i testi scolastici erano redatti da intellettuali al servizio del regime che aveva abolito libertà di stampa, di pensiero, di avere idee discordanti rispetto a quelle imposte e diffuse a gran voce: l’ignoranza è dunque un'arma preziosa nelle mani di qualsiasi dittatore, in quanto permette di far credere al popolo ciò che si ritiene più utile. Inoltre le continue uccisioni da parte dei cani al servizio dei maiali rappresentano le continue attività di repressione nei confronti dei nemici e oppositori del governo il cui destino era o fuggire lontano o consegnarsi alla morte. Non c’era via di scampo, non c’era alternativa, non c’era più ragione: per un periodo la storia è stata dominata dai mostri più efferati e purtroppo ancora oggi qualche mostro continua ad esistere..
Consiglio vivamente la lettura di questo romanzo a tutti i lettori anche se penso sia più produttivo leggerlo dopo aver studiato e avere un quadro generale delle vicende storiche che vengono simboleggiate.
Orwell è un intellettuale che decise di non restare impassibile ma di gridar a gran voce affinchè potesse essere sentito, affinchè anche i ciechi riuscissero a vedere quello che stava accadendo, affinchè la ragione potesse essere svegliata dal torpore eterno nel quale sembrava destinata a restare. Affermava Primo Levi: “«Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario».. Leggete dunque questo libro e conoscete, tramandate alle generazioni future.
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PORCI POLITICI
C’era una volta, in una fattoria inglese, un agricoltore di nome Jones… Ma questa non è una favola come tutte le altre, è “LA FATTORIA DEGLI ANIMALI” nata dalla superba mente di Orwell!
Una favola per adulti che illustra stupendamente i comportamenti umani usando una metafora faunistica geniale. Qualcuno combinerà una “maialata” dietro l’altra, altri serviranno la comunità instancabilmente al galoppo, alcuni osserveranno e beleranno in coro che « Quattro gambe buono, due gambe cattivo ».
Una rivolta sconquasserà lo status quo della fattoria mettendo il potere in mano a dei veri e propri maiali e …
Clarinetto, un porco, vi direbbe: «Scoprirete i principi più alti e più bassi dell’Animalismo, li leggerete con gli occhi di noi animali, o noi uomini, se preferite. Imparerete i sette comandamenti, se sapete leggere, e se non lo sapete fare qualcuno lo farà per voi, a modo suo. Rammentate poi che tutti gli animali sono uguali. Ma alcuni sono più uguali degli altri». Sì, credo direbbe proprio così.
Orwell impasta una storia che è capace di far sorridere e riflettere, con la semplicità di linguaggio e la chiarezza di concetti che perfino gli asini riuscirebbero a cogliere. Breve e veloce da sfogliare, facile da apprezzare e sicuramente da ricordare.
E ora finalmente posso scrivere una “frase fatta” : un classico della letteratura che non tramonta mai!!
Buona lettura, bipedi.
Controluce
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La degenerazione della democrazia del popolo
La satira è sempre stata fin dai tempi degli antichi romani un'arma potente per mettere alla berlina i potenti e per denunciare le brutture sociali e politiche. Ispirandosi a Swift, gran fustigatore dei suoi tempi a suon di libelli e soprattutto grazie al suo capolavoro "I viaggi di Gulliver",Orwell socialista idealista deluso da Stalin e dal suo modo di intendere il comunismo lancia la sua pubblica denuncia al mondo con La fattoria defgli animali concepito come una fiaba ma feroce e pungente come una lama affilata. Nel breve racconto tutta la genesi e relativa degenerazione dello stato bolscevico con gli uomini della nomenklatura a guisa di maiali. Finale malinconico con triste morale, ma chi ha orecchie per intendere intenderà? A tutt'oggi e sono quasi ottant'anni sembra di no...
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Chi fa politica, è sempre un buon governante?
Satiricamente sottile e metaforicamente preciso, in questo libro chiunque può ritrovarsi e sentirsi un "animale di fattoria", esattamente come lo è nella vita associata. L'abile Orwell gioca un parallelismo con la realtà, smascherando la vera natura umana e analizzando il senso profondo della politica. L'uomo, trasfigurato animale, da sempre ha ricercato nella politica sicurezza e protezione, sacrificando più o meno direttamente la propria libertà. La politica è un fattore inevitabile: nel mondo degli antichi, ad esempio, era necessario trasferire le leggi degli dei nei principi terreni di giustizia e rigore morale. Senza legge non vi sarebbe rispetto e senza rispetto vi sarebbe solo la violenza, il prevalere del più forte sul più debole e uno spietato egoismo, lo stesso che il filosofo politico Thomas Hobbes credeva fosse prerogativa dell'uomo nel proprio "stato di natura". Ecco che a sanare tutti questi problemi nacque la politica. Ma la domanda è: chi fa politica è sempre un buon governante? Orwell risponde sin dalle prime pagine. Mr. Jones, proprietario della fattoria padronale, è infatti mille volte inadatto a detenere il potere: non si cura dei suoi animali, si ubriaca e si dimentica di tutti i problemi che incombono sulla sua proprietà. Proprio questo viene cacciato dagli animali, stanchi dei suoi soprusi. I princìpi emanati al sorgere della ribellione,"l'uomo è l'unica creatura che consuma senza produrre", "l'uomo non fa gli interessi di nessuno eccetto quelli di se stesso", "nessun animale deve diventare tiranno della sua specie: tutti gli animali sono uguali", inneggiano ad una democrazia in cui equità e lavoro sono le coordinate principali che ogni animale deve rispettare. La fattoria può finalmente respirare un'aria pulita e serena, ma non lo farà a lungo. Gli animali sono di certo culturalmente più evoluti, ma c'è chi, usando l'ingegno e la furbizia, riesce a manipolarli: i maiali, capeggiati dai rivali Palladineve e Napoleone. Ma nemmeno questo stato di cose sarà duraturo: Palladineve viene presto scacciato e Napoleone diviene il padrone assoluto della fattoria, a cui tutti gli animali sono quasi divinamente devoti, dai cani ai maiali, dalle galline ai cavalli (Boxer, infatti, sarà sempre solito dire: "Napoleone ha sempre ragione!"). La politica ormai fa solo gli interessi del tirannico Napoleone. Gli ideali di democrazia, i principi di "Animalismo" e di giustizia sono ormai svaniti, le razioni di cibo per gli animali diminuite e le leggi mutate. Il cambiamento della realtà è un "topic" che l'autore predilige puntualmente. Il divieto assoluto di bere la birra o di dormire sui letti degli umani viene presto trasformato in permesso o semplicemente un diritto esclusivo dei maiali. I contatti con gli umani vengono presto ristabiliti: uomini e animali diventano quasi soci in affari collaborando amichevolmente, tanto che nelle ultime pagine il signor Pilkington, rivolgendosi a Napoleone, dichiara: "Se voi dovete tenere a bada i vostri animali inferiori, noi dobbiamo pensare alle nostre classi inferiori". Simbolica anche l'ultima frase, pronunciata da Napoleone: "Tutti gli animali sono uguali, ma alcuni animali sono più uguali di altri." La fattoria, dunque, vive tutte le fasi politiche, in un processo ciclico e continuo. La famosa "Anaciclosi" polibiana, in cui la politica benigna degenera in maligna, è la ruota in cui gira anche il mondo orwelliano. Qual è allora la panacea a tutto questo? La politica è una cosa comune: costruirla insieme, senza interessi personali può sicuramente portare i suoi vantaggi.
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Una dittatura mascheratasi da democrazia
Londra, febbraio 1944
In piena seconda guerra mondiale, in un clima rovente, continuano da parte degli Alleati gli attacchi al nazifascismo. Nel Regno Unito,tuttavia, mentre l'opinione pubblica si scaglia contro i regimi totalitari nemici, si tura le orecchie di fronte ad un qualsiasi attacco o insinuazione verso un altra importante dittatura di fatto: l'URSS. Infatti dietro la facciata di potenza militare e di uguaglianza e fratellanza comuniste, la Madre Russia di Stalin è un paese fortemente centralizzato, con una censura imperante e dominato dal sospetto, dalla delazione, dall'utilizzo massiccio dei gulag e dalla corruzione dilagante. Però l'Inghilterra, sebbene accetti critiche verso la propria classe dirigente e sebbene rimarchi continuamente la propria tolleranza di pensiero, soffoca sul nascere ogni possibile critica contro l'alleato russo, indispensabile per vincere le potenze dell'Asse. Proprio in questo frangente di tempo un giovane autore inglese- nato in Bengala da una famiglia scozzese, che ha lavorato nella polizia imperiale inglese e poi come giornalista e che ha partecipato alla guerra civile spagnola- conclude la stesura della sua opera La fattoria degli animali, la quale sotto forma di favola biasima il regima comunista. Nessun editore si prende il carico di stampare questo scritto, perché,secondo l'opinione pubblica , non sta bene pubblicarlo. Perciò solo a guerra finita il testo viene dato alle stampe e inaspettatamente riceve un enorme successo che è proseguito sino ai giorni nostri, rendendo celebre il suo autore. Il suo nome? Eric Arthur Blair, meglio conosciuto come George Orwell (1903-1950).
In una notte di inizio marzo, nel granaio principale della Fattoria Padronale, il Vecchio Maggiore, un anziano verro, fa riunire tutti gli animali della tenuta. Sentendosi ormai vicino a morire, lo stimato maiale mostra ai suoi compagni come sia la realtà della fattoria: “La vita degli animali è sofferenza e schiavitù. Per qual motivo continuiamo dunque a vivere in tanta miseria? Perché il frutto del nostro lavoro ci viene quasi interamente rubato dall'Uomo. L'Uomo è l'unico vero nemico che abbiamo . Eliminiamolo dalla scena, e la causa prima della fame e del superlavoro sarà abolita per sempre. Ricordate: tutti gli uomini sono nemici. Tutti gli animali sono compagni. E sopratutto tutti gli animali sono uguali .” Il discorso del Vecchio Maggiore raccoglie il consenso di tutti, ma per la liberazione dal giogo umano dovranno occuparsi altri animali perché l'anziano verro muore pochi giorni dopo. La direzione viene affidata agli intelligenti e sagaci maiali Palladineve e Napoleone i quali danno vita ad una vera e propria ideologia-l'Animalismo- e grazie alla loro energia e abilità oratoria la notte del 23 giugno il padrone della azienda agricola, l'alcolizzato Mr. Jones, viene cacciato con tutta la sua famiglia. Ora sono gli animali a comandare: è finita l'era della Fattoria Padronale mentre inizia quella della Fattoria degli animali. Questa diventa un vero e proprio stato con la propria bandiera, il proprio inno, le proprie leggi (7 comandamenti che si incentrano sull'uguaglianza degli animali e sull'odio verso gli umani) e la propria forma istituzionale (assemblea plenaria che si riunisce ogni domenica). Palladineve e Napoleone sono gli unici a proporre agli altri compagni(ancora frastornati per la loro vittoria) piani di organizzazione, che vengono accettati all'unanimità. Tuttavia i due iniziano ad avere idee contrastanti e le assemblee settimanali diventano roventi finché Napoleone prende il potere con la forza. Da questo momento la Fattoria degli Animali conoscerà numerose novità. Napoleone e tutti i maiali gradualmente si accollano sempre più privilegi( e vizi propri dell'Uomo) in nome della difesa della fattoria mentre gli altri animali sembrano lavorare duramente più per il sostentamento di quelli che per il loro. Non sarà che tutti questi cambiamenti stanno portando la situazione a quella precedente la cacciata del signor Jones?
George Orwell, con un tono leggero,semplice e allo stesso tempo gravido di sarcasmo e pungente ironia, mostra come sia rapida la parabola discendente da utopica democrazia, basata su una assoluta uguaglianza, a regime totalitario,basato sul “tutti gli animali sono uguali ma alcuni animali sono più uguali di altri”, mediante la demagogia, il lavaggio del cervello e la disinformazione (rappresentati dal maiale Piffero, il portavoce di Napoleone capace di rendere credibile il paradossale). Ed inoltre evidenzia quanto sia lento, anzi impossibile il processo inverso in quanto gli uomini ( nella favola rappresentati dagli astuti, ingordi ed egoisti porci) faranno sempre il loro comodo e se ne avranno l'occasione prevaricheranno sempre sui più deboli e ingenui.
È difficile non provare a fine lettura un senso di sgomento per la modernità del messaggio del libro. Infatti, anche se ad essere al centro è lo stalinismo, vengono rappresentate dall'autore ( forse non inconsapevolmente) le dittature odierne, che sfruttano il populismo e un'oratoria suadente per ricevere dal popolo stesso (spesso analfabeta) tutto il potere il quale viene accentrato nelle mani di un'unica persona o di un ristretto gruppo.
Per l'attualità del messaggio e per l'originalità dell'esposizione consiglio animosamente questo brevissimo libro che oltre a scovare i mezzi usati dai tiranni del XX-XXI secolo per ottenere il potere ci mostra anche l'unico strumento per abbatterli: l'indipendenza di pensiero. Buona lettura!
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Siamo sicuri che sia soltanto allegoria?
Sin dai tempi di Esopo, gli animali sono stati assunti per rappresentare le vicende umane. “La fattoria degli animali” di Orwell è una fiaba che comunemente viene intesa come allegoria della riuscita iniziale (“Nessuno rubava, nessuno mormorava sulla propria razione”), del graduale deterioramento e del definitivo fallimento della rivoluzione sovietica.
Gli animali, esasperati dalla condizione di sfruttamento e umiliazione nella quale vivono, si ribellano e instaurano un nuovo corso di autogestione, cacciando l’uomo (il signor Jones) dalla fattoria. Quasi subito, tuttavia, si afferma una nuova classe di burocrati: i maiali, gli animali noti per la loro intelligenza, che impongono progressivamente una nuova forma di tirannide. E un nuovo principio: “Tutti gli animali sono eguali, ma alcuni animali sono più eguali degli altri”.
Tra gli animali, alcuni sono autentici personaggi, caratterizzati e provvisti di una loro individualità. Così i due cavalli da tiro (Gondrano e Berta) rappresentano l’onestà della forza lavoro. Inoltre vi sono Muriel, la capra bianca, e Benjamin, l’asino (“la bestia più vecchia della fattoria e la più bisbetica”), Mollie “la graziosa e vispa cavallina bianca", Mosé “il corvo domestico”, il gatto, generalmente “introvabile. Spariva per ore intere per riapparire al momento dei pasti e la sera a lavoro terminato, come se niente fosse stato”.
E poi ci sono loro, i nuovi padroni, i porci. Palla di neve, che fuori allegoria è l’avversario politico da isolare, diffamare, demonizzare, ostracizzare (“una specie di potenza invisibile che ... li minacciava di ogni genere di pericoli”). Il verro Napoleon, capo del regime, manipolatore di informazioni e rapace nel catturare consenso: “raramente appariva in pubblico” e si circonda di “nove enormi cani che gli saltavano attorno emettendo brontolii che mandavano brividi giù per la schiena di tutti gli animali”. Clarinetto è l’alfiere del regime, pronto a mistificare e distorcere le informazioni.
Le fattorie vicine, Foxwood e Pinchfield, rappresentano le altre potenze, alle quali far pervenire l’immagine distorta del sistema.
Altri animali (i cani, le pecore, le galline) sono categorie che rappresentano rispettivamente i tirapiedi del potere (i cani), lo sfruttamento (le galline), l’asservimento e il conformismo (le pecore).
Il nuovo corso ha un inno, “Animali d’Inghilterra”, “qualcosa fra Clementine e La Cucaracha” (l’internazionale?) e una tavola con i sette comandamenti (anche se “le bestie più stupide, come le pecore, le galline e le anitre, non riuscivano a imparare a memoria i Sette Comandamenti”).
Repressioni, esecuzioni sommarie, complotti e regime del terrore mandano in frantumi un’utopia reale: “Le creature di fuori guardavano dal maiale all’uomo, dall’uomo al maiale e ancora dal maiale all’uomo, ma già era loro impossibile distinguere fra i due”. E se la conclusione non fosse soltanto un’allegoria?
Bruno Elpis
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La Fontaine.
Le fiabe di Perrault, le fiabe dei fratelli Grimm.
ANIMALI ALLA RISCOSSA
Nella fattoria del signor Jones vivono parecchi animali: galline, capre, cavalli, gatti, cani, topi… tutti convivono l’uno con l’altro, condividendo lavoro, fatiche, gioie, meritati riposi e razioni di cibo… questo fino a che non nasce in loro il desiderio di liberarsi dalla presenza rigida del padrone, che troppo spesso li bastona e li usa per raggiungere i propri scopi, che non riconosce i loro meriti e che li sfrutta, assoggettandoli con morsi, frustrate, nastrini; insomma troppo spesso l’egoismo umano ha portato differenze e malumori tra gli animali, che stanchi di questa vita decidono di ribellarsi e di instaurare un nuovo regime, dove l’uguaglianza regnerà sovrana!
Peccato che questo meraviglioso e fantastico mondo idilliaco abbia la capacità di durare pochissimo tempo!
Già perché il potere dà alla testa anche agli animali e ben presto le differenze che prima caratterizzavano il mondo umano da quello animale, si manifesteranno appieno e in egual misura tra le bestie che scopriranno così quanto l’egoismo, la gelosia, l’invidia e la voglia di sempre più potere sia una delle cose più deleterie di questo mondo.
Un classico sempre attuale, adattabile a qualsiasi epoca, anche quella odierna che stiamo vivendo…maiali prepotenti che si rinchiudono in casa a fare festini…. Mmmm…. Mi ricorda qualcosa….
Un classico per riflettere sulla mancata evoluzione dell’animo umano di fronte al potere e alle responsabilità che ciò comporta.
“Dodici voci si alzarono furiose e tutte erano simili. Non c’era da chiedersi ora che cosa fosse successo al viso dei maiali. Le creature di fuori guardavano dal maiale all'uomo, dall'uomo al maiale e ancora dal maiale all'uomo, ma già era loro impossibile distinguere fra i due”.
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La fattoria : nella fine, il principio
Capolavoro letterario. Breve, scorrevole, dall'argomentazione decisa. Da leggere. Mi ha ricordato 1984 che ho terminato recentemente. Il racconto si svolge all'interno di una fattoria, il cui nome cambia così come muta il modo di vivere all'interno della stessa. Inizialmente è denominata fattoria "padronale", ed è un uomo, il signor Jones, ad amministrarla. Gli animali decidono di ribellarsi per ottenere la LIBERTA'. "Quattro gambe buono, due gambe cattivo" è uno dei precetti. Da subito, nella fattoria, divenuta "fattoria degli animali", emerge il conflitto tra i due maiali Palladineve e Napoleone. Il secondo, essendo più astuto e spietato riesce ad avere la meglio con la forza e a cacciare il nemico. Da quel momento in poi si afferma il regime di Napoleone. "Napoleone ha sempre ragione" come dice anche Boxer. Tutte le colpe vengono attribuite a Palladineve, il traditore, l'alleato da sempre del signor Jones. Sebbene gli animali non siano convinti di ciò che cerca di trasmettere il compagno Napoleone, c'è sempre l'alleato fidato Piffero a persuaderli che è quella la verità e che la vita sotto la nuova amministrazione è migliore rispetto a quella precedente. Ma il romanzo si rivela costruito con struttura circolare: si ripresenta la situazione iniziale. La fattoria, torna a essere "padronale" e questa volta a sfruttare gli animali non è più il signor Jones, l'uomo, bensì i maiali, che con grande sforzo camminano sulle due zampe. Le pecore, fidate amiche, intonano "Quattro gambe buono, due gambe MEGLIO!", mettendo a tacere ogni forma di dissenso. Un romanzo travolgente, che fa riflettere non solo su ciò che c'è stato in Russia, ma anche sull'attualità e su qualsiasi forma di totalitarismo. A prevalere, come dimostra Orwell, non è solo l'uso incondizionato della forza, ma anche la manipolazione : della mente e soprattutto del linguaggio. Bisogna stare sempre attenti con le menti sempre aperte e mai passive.
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Napoleone ha sempre ragione!
Sono passati molti anni da quando lo lessi la prima volta, mi ricordavo bene la storia ma è sempre un piacere rileggerlo.
Sono poco più di 100 pagine, si può leggere in un pomeriggio, lo consiglio a chiunque indipendentemente dai gusti.
Deve essere letta anche l'importantissima postfazione dello stesso Orwell sulla libertà di stampa dell'epoca (ultimi anni della seconda guerra mondiale).
Questo per contestualizzare meglio il libro in questione.
La storia penso che la conoscano tutti, gli animali che si rivoltano e prendono possesso della fattoria padronale del Sig. Jones, da sfruttati quali erano diventano liberi ma, alla fine, si torna al punto di partenza.
Penso, inoltre, che tutti sappiano che questo libro è una chiara denuncia (sfruttando la satira) del regime comunista dell'URSS dell'epoca.
Il libro può essere definito una favola per adulti, la storia è scritta in modo molto semplice, i protagonisti sono, praticamente, solo gli animali.
I maiali sono la razza dominante, i cani sono i loro sgherri, gli altri animali devono solo lavorare.
Questo nonostante uno dei sette comandamenti della fattoria sia: "gli animali sono tutti uguali".
Verso la fine del libro questo diventerà: "gli animali sono tutti uguali ma alcuni sono più uguali degli altri"
La storia, partendo dalla rivolta, ci racconterà di vari episodi che finiranno con il rendere la fattoria libera e indipendente una sorta di regime totalitario governato con l'inganno e la crudeltà.
I maiali sono degli esseri schifosi e abbietti che vogliono solo il potere, non importa come.
I paralleli evidentissimi con il regime comunista di Stalin di allora diede molti problemi a Orwell.
In quell'epoca, 2a guerra mondiale, l'Inghilterra (patria di Orwell) e la Russia erano alleati e, quindi, sbeffeggiare in quel mondo gli "amici" sovietici (definendoli, oltrettutto, dei maiali) non era gradito.
C'era chi non sapeva cosa accadeva in Russia, c'era chi lo sapeva ma faceva finta di niente in nome di dubbi ideali e, come Orwell, c'era chi lo sapeva e voleva gridarlo a gran voce (o scriverlo a chiare lettere).
Gli intellettuali dell'epoca erano schierati con Stalin e la madre Russia, e così anche in epoche successive ad esser sinceri, questo in nome di un ideale, il comunismo, che sulla carta, ma solo sulla carta, poteva funzionare.
Purtroppo l'uomo, o in questo caso il maiale, tende a prevaricare i suoi simili per fame di potere, denaro o altro, così è sempre stato e così sempre sarà...non facciamoci illusioni!
Se così non fosse si vivrebbe in pace da secoli e invece ci sono guerre su guerre, anche quando non ci sono conflitti armati l'istinto prevaricatore di molti esseri umani da il peggio di se nei luoghi di lavoro ma non solo.
Questo per dire che in una società dove tutti dovrebbero essere uguali poi, in realtà, questo non accade e, purtroppo, i regimi comunisti ne sono il classico esempio.
La differenza tra regimi comunisti e fascisti praticamente non esisteva, se aderivi al sistema stavi bene mentre, se non lo facevi, ti conveniva darti alla macchia.
Nel corso degli anni le nefandezze compiute da nazisti o fascisti sono state rese note fin da subito, le crudeltà che venivano perpetrate in quelle dittature le conosciamo tutti, eppure c'è ancora qualcuno che inneggia a Hitler, Mussolini o considera Pinochet una brava persona.
Nefandezze e crudeltà compiute nei regimi comunisti, invece, sono rimaste come nascoste negli anni da una sorta di intellettuali che inneggiando al comunismo confidavano in un mondo migliore...illusi? Utopisti? O semplice opportunismo?
La si può vestire di nero o di rosso ma una dittatura resta una dittatura, non esiste una dittatura più giusta di un'altra (anche se qualcuno vorrebbe farcelo credere).
Circa 70 anni fa finire in un gulag sovietico o in un lager nazista non faceva differenza, eri, comunque, vittima di un regime totalitario, giustificarne uno, facendo finta di non sapere, perchè è un tuo alleato è semplicemente opportunismo politico.
Questo voleva far capire Orwell ai suoi conterranei inglesi, questo loro preferivano non vedere perchè parlar male dell'alleato "non stava bene".
Certo, bisognava pur vincerla la guerra...per poterne iniziare un'altra "fredda".
Altri tempi? Speriamo, però, ogni tanto mi capita di sentire: "ci vorrebe ancora il duce"...e qualche brivido mi viene.
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La fattoria degli animale
George Orwell è un fenomeno.è riuscito a raccontare in modo leggero e ironico del totalitarismo sovietico e del periodo staliniano.Prendendo come ambientazione del racconto qualcosa di apparentemente banale e innocuo ,una fattoria e da qui è riuscito a sviluppare la sua idea in modo brillante e fantastico.Pian pian ci si accorge dei cambiamenti che a poco a poco avvengono nella fattoria e alla fine non si è che all'inizio perché gli animali finiscono con il ritrovarsi nelle esatte condizioni di prima : sfruttati e mal nutriti mentre i maiali fanno la bella vita.Nonostante questi significati tristi e profondi che questo libro contiene l'autore è riuscito in alcuni punti a farmi sorridere.
Ho finito di leggerlo alla sera, arrivato alla fine,chiuso il libro e ripostolo nello scaffale mi sono sentito enormemente triste per la sorte toccata a quei poveri animali e che è la stessa che la popolazione sotto il regime di Stalin ha subito, privata della libertà,del diritto di esprimersi costretta a subire privazioni di ogni genere.è secondo me quando ci si sente così , così tristi e avviliti che si capisce che l'autore è riuscito veramente a "trasmettere" il messaggio.Da leggere sicuramente.
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Stima per i critici!
Fondamentale?
Beh, lapalissiano, leggere dietro le righe. Non si può apprezzarlo al meglio senza conoscere un minimo la storia di cui implicitamente tratta. Io ho studiato la storia della Russia in terza media, adesso ho quindici anni. Vi garantisco, sono bastate quelle dieci-venti facciate del libro di storia per farmi sorridere, ridere, quasi piangere sopra questo romanzo.
I contenuti sono estremamente critici. Da certi punti di vista, un libro simpatico, un po' ironico, ma da altri ...
Penso che dovrebbero leggerlo o rileggerlo tutti, non solo noi giovani, tanto criticati al giorno d'oggi: sarebbe utile per ricordare ...
Questo libro è un ricordo, un ricordo che è paradossalmente distopia e che, si spera, non torni realtà.
Lo consiglio quindi a tutti: è breve, ma aiuta davvero. Limitante a mio parere solo per i motivi che ho scritto prima.
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Inquietante e geniale.
"Nel tempo dell'inganno universale dire la verità è un atto rivoluzionario."
Terribilmente inquietante e purtroppo terribilmente vero. Un libro politico che nello specifico si riferiva a Stalin, siamo sicuri che tante situazioni non si stiano ripetendo?
Nulla lascia spazio a doppie interpretazioni ed è proprio questo che ho amato.
La storia non da adito a nessuna speranza e forse questo è l'elemento più terribile.
I personaggi sono fantastici ma nonostante ciò risulta difficile affezionarvisi.
I dialoghi sono frequenti e ben scritti.
Lo stile della narrazione è scorrevole ma comunque parecchio incisivo.
Non lo si può propriamente definire un libro piacevole ma forse è proprio per questo che l'ho adorato.
Insomma è il primo libro di Orwell che leggo e posso considerarmi soddisfatta!
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Il mondo oggi
Ad essere sincera non mi ha fatto una grande impressione. Data la fama del libro mi sarei aspettata molto di meglio. Mi accorgo che, considerati gli anni in cui venne scritto, potrebbe anche essere ritenuto profetico ma, letto oggi, non fa molta impressione. Sembra piuttosto la descrizione della realtà odierna descritta mediante il mondo degli animali. Sarà che i tempi sono cambiati o che ormai ci siamo abituati ad affrontare quotidianamente una realtà dove uguaglianza e giustizia costituiscono solo un' utopia ma sta di fatto che il libro non ha saputo sorprendermi. Quello che voglio dire è che sicuramente c' è sempre qualcuno "più uguale degli altri" con la semplice differenza che all' epoca erano solo pochi coraggiosi coloro i quali si azzardavano a farlo presente agli altri mentre oggi esprimiamo le nostre opinioni riguardo personaggi e situazioni politiche con molta più libertà (o almeno questo è quello che vogliono farci credere). Di conseguenza il libro non mi ha sorpresa più di tanto data la situazione attuale (in cui quasi tutti noi quotidianamente esprimiamo giudizi duri, giudizi ai quali all' epoca era quasi vietato pensare) anche se, ribadisco, considerati gli anni in cui venne scritto, sicuramente ha un valore inestimabile.
Comunque un libro da leggere, per capire che forse il mondo non è mai cambiato più di tanto. Perchè, anche quando tutti vengono chiamati primi, ci sarà sempre qualcuno che sarà chiamato il primo dei primi.
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L'ho portato agli esami di terza media.
Questo libro l'ho letto a 14 anni; mi è piaciuto molto soprattutto perchè alla fine si capisce che gli animali che per prima avevano indetto la rivoluzione contro l'uomo (i maiali, in questo caso Napoleon) diventano per primi simili all'uomo. Mi è piaciuto molto perchè Orwell è riuscito a raccontare ogni fatto (non sempre piacevole) facendo sorridere. Una parodia perfetta della rivoluzione Russa. Ho deciso di portarlo all'esame perchè mi sembrava molto originale e sono riuscita a collegarlo perfettamente con la riv. Russa, altro argomento che mi è piaciuto trattare. Devo dire che è un libro corto ma merita di essere letto perchè spiega bene il concetto di dittatura, e riesce attraverso la parodia a mandare il messaggio di come la dittatura inganna il popolo, mi faceva capire mentre lo leggevo di quanto brutto è vivere in una situazione del genere (dittatura) è il fatto che tutti gli animali (che rappresentavano il popolo) veniva sfruttati senza rendersene conto; mi ha fatto rabbia vedere che non si ribellavano. Ma questo mi ha aiutato a immedesimarmi in coloro che vengono sottomessi. Dopo averlo letto sono andata a studiarmi la Riv. Russa e ho trovato che i personaggi della vicenda erano stati rappresentati da Orwell in modo perfetto. Lo consiglio.
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C'è sempre qualcuno che è più uguale degli altri
Quando ho preso in mano questo libro sapevo di avvicinarmi ad un capolavoro della letteratura mondiale e mi sono accostata alle sue pagine con timore reverenziale. La fama che precede “La fattoria degli animali” è stata sempre, per me, motivo di allontanamento causa probabile delusione. E sono felice nel constatare che certi libri, se gli si è data la definizione universale di ‘classico’, un motivo ci sarà.
La trama è nota a tutti, anche ai bambini che frequentano le elementari, ma è cosa buona e giusta ricordarla: in una fattoria dell’Inghilterra gli animali – stanchi delle vessazioni di un padrone totalitario e ubriacone – si ribellano e acquistano il controllo dell’azienda agricola, decidendo di non avere padroni e di dividere equamente i prodotti della terra. Se vi riecheggia Marx nelle orecchie, non preoccupatevi. Ma qualcosa va storto, e anche la rivoluzione più ‘libertaria’ che esiste si trasformerà presto in dispotico regime.
Il testo è una potente satira allegorica del totalitarismo sovietico di stampo staliniano, verso cui il disprezzo di Orwell si era indirizzato e aveva preso forma da esperienze di vita reale (aveva lottato infatti nella guerra civile spagnola proprio contro gli stanilisti). La triste vicenda – credo di non svelare a nessuno niente di nuovo – si conclude con la celebre frase “le creature di fuori guardavano dal maiale all'uomo, dall'uomo al maiale e ancora dal maiale all'uomo, ma già era loro impossibile distinguere fra i due”, che sottolinea l’idea portante dell’opera, e che cioè nessun ideale comunista, nessuna utopia – neanche quella più nobile – può realizzarsi pienamente.
Ciò che più mi ha colpito è la caratterizzazione dei personaggi: ognuno di essi incarna un personaggio storico ben preciso (chi Stalin, chi Marx, chi Trotskij, ecc..) ed è proprio il fatto che gli animali siano dei simboli, nonostante buona parte di essi – a partire da Napoleone – sia corrotta e crudele, l’essere animale ne esce positivamente, proprio perché incarna difetti e pregi (ma quali?!?) di uomini. Con la consapevolezza che gli animali sono migliori dell’essere umano.
Nel genere che incarna, la distopia, lo ritengo un libro superbo, addirittura superiore a “1984”, forse per la sua feroce schiettezza nell’allegoria. Forse perché è un libro che si articola su più livelli: la lettura è facile e scorrevole ma per apprezzarlo occorre leggere tra le righe. Forse perché, nonostante sia stato scritto nel 1937, ho letto di me, di chi sta leggendo questa recensione, dei miei tempi e della mia Italia in malora. Forse perché ho letto della totale abolizione (e chissà, poi, se sono mai esistiti veramente) degli ideali di uguaglianza, libertà e fratellanza, dato che “Tutti gli animali sono uguali, ma alcuni sono più uguali degli altri”; ideali che, del resto, non mi rappresentano in quanto cittadina dello Stivale.
Se l’amarezza non vi spaventa, andate a comprare questo libro e fatelo vostro, assaporatene ogni scena e custoditene gelosamente gli insegnamenti che ne trarrete. Se invece vi spaventa la lettura di un’opera modellata a immagine e somiglianza di una favola, ma che vi svelerebbe inquietudini e prevaricazioni, andate a comprare lo stesso questo libro. Perché la vita non è una favola, la vita è realtà. Amara realtà.
E tutti dobbiamo esserne consapevoli.
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tutt'altro!
Wow finalmente una favola per noi adulti! Questo è stato il mio approccio iniziale, idea sostenuta dalla lettura delle prime pagine.
Immaginavo una fattoria nel suo più totale stile inglese, i simpatici animali disegnati con gli occhioni e dipinti con colori pastello accesi e per ognuno di essi un particolare in evidenza.
La ribellione inizialmente mi ha anche fatto sorridere, si perchè immaginavo galline, cavalli, mucche, maiali coperti da un gran polverone, intenti alla conquista della fattoria.
Con la fuga di Mollie, spaventata dalla rappresaglia contro il fattore e i suoi uomini, ho cominciato a vedere quei simpatici e carini animali curvi, stanchi e i colori hanno perso luce. Che tristezza!
Sentimento che si prova ancora oggi scoprendo dietro splendide e luminose città baraccopoli e miseria. Persone (a volte confuse per animali) costretti a sgobbare da mattina a sera per un pezzo di pane, mentre i maiali (a volte confusi per essere umani) sono intenti a riempire di continuo tasche e pancia.
L'ultima frase del libro è "Dall'esterno le creature volgevano lo sguardo dal maiale all'uomo, e dall'uomo al maiale, e ancora dal maiale all'uomo: ma era già impossibile distinguere l'uno dall'altro".
Sapete una cosa? leggendo questa ultima frase, e considerando la questione politica racchiusa in questa favola per adulti, mi sono resa conto che non si tratta tanto di favola quanto di attualità e forse senza nemmeno allontanarsi così tanto dall'Italia!
Per fortuna esistono anche tanti Beniamino, Boxer e Trifoglio, che a differenza delle pecore, credono fermamente nelle proprie idee cercando di portarle avanti con grande umiltà e rispetto.
Forse più che una recensione ho espresso dei miei pensieri, ma ritengo che l'intento di Orwell fosse comunque suscitare pensieri, stimolare riflessioni e soprattutto scrivere le proprie idee.
"Detesto ciò che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto di dirlo" (Voltaire)
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La libertà di stampa
TUTTI I LIBRI SONO BELLI, MA ALCUNI SONO PIU' BELLI DEGLI ALTRI.
Novembre 1943 - Febbraio 1944; siamo nel bel mezzo del periodo totalitario ed Orwell continua a “ribellarsi”. Una pistola non è più letale di un libro di Orwell, non lo è affatto. Avrei paura di un'intelligenza simile. Così razionale, così sistematica, così forte. E' questo che amo di Orwell: parla sempre con cognizione di causa, perchè Lui conosce davvero ciò che significa vivere nella povertà (la sua biografia ce lo conferma), sa quali sono i rischi e i pericoli dell'esistenza che porta avanti.
“Animal Farm” è l'ennesimo tentativo di mettere in scena una realtà che purtroppo è esistita, tramutata però sottoforma di una favola, in cui ogni animale ha il suo corrispettivo concreto nel goverto totalitario, più che altro staliniano. Infatti, se si prende il libro come un semplice racconto di una fattoria, “La fattoria degli animali” appunto, può apparire troppp surreale, fantastico, quasi banale, ma se invece viene considerato per quel che è il fine della favola, allora assume le sue forme più sinuose.
Alfieri non sbagliava quando diceva che l'eroe, anche il più coraggioso e credibile, inevitabilmente diventa corrotto, perchè o per la fama di potere, o per altre circostanze, quali la società gli presenta, egli cambia, non è più l'eroe di sempre. I maiali sono gli eroi in questione, che hanno liberato la fattoria dall'uomo (La fattoria padronale), il quale trattava gli animali per quel che erano, bestie e nient'altro, con la speranza di trasformare la vita di tutti gli altri quadrupedi e non in una vera e propria “esistenza umana”.
Eccezionale, come sempre, è l'inserto “La libertà di stampa” scritto da Orwell stesso, che è paragonabile (da un punto di vista letterario) a quello storico-politico pubblicato anche in 1984.
Adoro le argomentazioni di Orwell, poiché sono così logiche, così lineari, così concrete.
“Se libertà vuol dire veramente qualcosa, significa il diritto di dire alla gente quello che che la gente non vuol sentire”. Questo è il riassunto dell'ultima parte di “Animal Farm”, che va letta con attenzione e con la consapevolezza che nulla è stato inventato.
Ps. George, mi vuoi sposare?
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efficace!
Orwell dipinge in modo estremamente efficace e apparentemente indiretto ciò che si nasconde dietro ideologie totalitarie, in questo caso il comunismo sovietico staliniano. Tutto nella narrazione è ricco di significato, dai personaggi (riconducibili a protagonisti della storia comunista russa) alle azioni e luoghi. La barbarie e lo scempio di questa folle dottrina socio-politica vengono comunicate in modo velato, ma coinvolgente. Molto scorrevole la lettura. Un capolavoro della letteratura mondiale. Da leggere e far leggere.
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fiaba!
E' stato difficile per Orwell trovare un editore per il libro.
E se della censura è stata fatta come disse lo scrittore " .. è perchè (riferendosi agli editori che non gli pubblicavano il libro) hanno paura dell'opinione pubblica."
Gli animali della fattoria, incitati dai maiali, si ribellano ai soprusi dell'uomo. Prendono possesso della fattoria mettendo in atto una vera e propria Ribellione. Ribellione che farà provare a tutti gli animali una sorta di libertà e di svolta per una vita nuova, diversa, una vita senza un padrone, con nuovi diritti e privilegi. I maiali all'inizio del libro rappresentano il traino e la speranza del cambiamento, diventano poi, prima velatamente e poi in maniera sempre più spudorata, i nuovi padroni, illudendo, mentendo e tenendo sempre più all'oscuro gli animali della fattoria. L'ignoranza che li avvolgerà sarà per loro come una benda sugli occhi, che li farà ripiombare all'interno di un sistema dove torneranno ad essere la "classe inferiore".
Scritto con la struttura di una "fiaba" (fiaba triste), una fiaba che non muore mai (purtroppo), che si adegua perfettamente a qualsiasi tipo di dittatura o di apparente democrazia e non solo al periodo del regime sovietico al quale Orwell si riferisce.
Interessante il saggio a fine libro che Orwell scrive sulla LIBERTA' DI STAMPA.
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Un classico che non stanca mai
Un grande classico della letteratura che non stanca mai e rimane attuale sotto ogni aspetto: storico, politico, culturale, sociale, psicologico, educativo.
Orwell, con questo romanzo, esprime una feroce critica al regine comunista russo utilizzando la metafora della fattoria che si ribella al padrone.
Naturalmente, in questo parallelo, nessun dettaglio è lasciato al caso, al partire dalla scelta dei personaggi (porci = classe dirigente) e alla descrizione di avvenimenti storici (distuzione del mulino = battaglia di Stalingrado).
Nel complesso è una lettura apparentemente semplice che per poter essere apprezzata nei minimi dettagli va necessariamente rapportata con la storia (più si conosce quel periodo storico, più si appezzano i dettagli della "favola").
Una curiosità: il libro è stato pubblicato dopo la fine della seconda guerra mondiale in quanto era stato censurato a causa dei suoi contenuti.
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Opinione
Un romanzo di fantasia di sole cento pagine, dove i protagonisti sono gli animali.
L'autore narra di una ipotetica rivolta degli animali di una fattoria, stanchi delle vessazioni e dei soprusi da parte dell'uomo. Una volta cacciato il padrone, provano a mettere in atto una forma di autogoverno più equo e democratico finchè qualcuno prenderà nuovamente il potere su tutti.
Una satira acuta e mirata ai regimi totalitari, piacevole da leggere e densa di spunti di approfondimento sul piano morale.
Una vera chicca le pagine in cui l'autore descrive gli uomini, così come vengono visti attraverso gli occhi degli animali.
Un testo che fa riflettere, sicuramente da leggere.
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Un must d'autore
Orwell. Se il suo nome non fosse scritto in copertina non importerebbe nulla.
Dopo aver letto 1984 è impossibile non trovare la sua impronta di critica alla società ed alla politica a volte velata, a volte meno.
Questo breve libro è un'allegorica visione della società, vista dal punto di vista di animali dai tratti caratteriali tipici degli umani.
Il solito grigiore, il solito pessimismo.
Orwell per la seconda volta è riuscito ad appiattirmi al pavimento una volta finita la sua opera.
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UN VERO CLASSICO
Avevo letto questo magnifico libro molti anni fa .
L'ho riletto da poco ed ho avuto l'impressione di una sconvolgente attualità. E credo che chi lo leggerà fra tanti anni farà la mia stessa (ovvia) osservazione.
Non si è posato su queste pagine nemmeno un granello di polvere, come accade appunto agli autentici classici.
A scuola ,la parola "classico" era per me sinonimo, il più della volte, di lettura pesante e noiosa , di pagine ingiallite sotto ogni aspetto . Poi ho capito che l'essenza dei classici è di resistere alle ingiurie del tempo e di godere di una sorta di eterna giovinezza , per lo stile ed i contenuti, che, di generazione in generazione parlano alla mente e al cuore dei lettori .
L'intuizione amarissima e geniale di Orwell è ancora oggi assolutamente valida.
Per favore ,e per rispetto verso un grandissimo scrittore come Orwell, vi prego di non non accostare, nemmeno per scherzo, a questo magnifico testo la sconsolante classe politica del nostro paese o di qualsiasi altro!
La grandezza abbaglia implacabilmente la mediocrità,, facendo diventare il piccolo addirittura più che microscopico.
Ed Orwell ci insegna che la politica in atto corrompe incrina irreparabilmente anche le idee più alte dell'uomo.
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Attuale
Molto meglio di Travaglio, l'autore coglie nel segno nel parlare della democrazia in quanto ideale e dei politici in quanto entità (aimé) reale. incredibile come gli anni passino ma questo testo permanga di un'attualità sconcertante ed è forse nella potenza della trama e nella veridicità dei personaggi che si estrinseca la brutalità della storia umana e di tutte le annesse scomode verità. Tra le righe io ho letto che la malvagità non è un atto disumano, bensì strettamente connesso alla nostra capacità di discernere tra bene e male e comuque scegliere quest'ultimo.
Lo consiglio a tutti i "cavalli" (di destra e di sinistra) con i paraocchi.
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