Il rosso e il nero Il rosso e il nero

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lapis Opinione inserita da lapis    13 Ottobre, 2021
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Chi sei, Julien?

In letteratura si possono incontrare eroi e cattivi, monoliticamente definiti da ideali, pulsioni e desideri, grandiosi e immutabili. E poi ci sono personaggi come Julien Sorel, protagonista di questo straordinario romanzo di Stendhal, che, pagina dopo pagina, si arricchiscono e si trasformano, attraverso passioni che li cambiano da dentro, sfuggendo a ogni possibile definizione e lasciandoci brancolare tra le righe, affascinati, nell’inutile tentativo di afferrarli. Ultimata la lettura, io sono ancora qui a interrogarmi: chi sei, davvero, Julien? Un eroe romantico, fiero e audace, o un avido e cinico calcolatore? Probabilmente, entrambi. Sicuramente, un infelice.

Infelicità è qui manifestazione di dissidio interiore e conflitto sociale. Julien è un giovanotto di umili origini, cresciuto nella provincia francese cibandosi di ideali napoleonici e ambizioni militari, che si ritrova all’alba dell’età adulta nel pieno della Restaurazione, immerso in una palude di grigiore, corruzione e vecchi privilegi. Per tentare la scalata sociale che il suo animo orgoglioso e famelico brama non rimane altra possibilità che abbandonare i sogni romantici e piegarsi all’ipocrisia, intraprendendo una carriera religiosa priva di vocazione e un’esistenza di doppiogioco. Costretto a vivere una realtà così lontana dai propri desideri e a dissimulare se stesso per opportunismo, Julien finisce per muoversi sempre su un terreno scivoloso, in cui persino i sentimenti più profondi, come l’amore e l’amicizia, stanno in bilico sul filo invisibile che separa passione autentica da freddo calcolo. Si innamora di due donne ma i suoi corteggiamenti, almeno all’inizio, sembrano più atti pianificati di conquista che non slanci del cuore, ed è questo continuo conflitto che gli impedisce, in fondo, di godere appieno anche di sentimenti sinceri. Una lotta lacerante e distruttiva, dal fallimento predestinato, che forse solo alla fine, in un ultimo gesto di protesta e coerenza, trova il suo riscatto e la sua verità.

Partendo da un fatto di cronaca nera avvenuto nel 1830, Stendhal costruisce una storia estremamente complessa, ricca di contenuti politici, storici e psicologici. Delinea con spietata lucidità il quadro sociale della Francia a lui contemporanea. Racconta con sagace ironia le dinamiche di intrighi di potere e tresche amorose. Ma soprattutto si immerge vorticosamente nelle passioni, frustrazioni e vanità di un uomo vittima dei suoi desideri e della sua epoca, dando vita a un personaggio universale e attualissimo ancora oggi.

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michele87 Opinione inserita da michele87    23 Marzo, 2021
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Le contraddizioni di una vita

Il romanzo narra la storia di Julien Sorel, nato a Verrieres, remoto paese della Francia post napoleonica, da un padre che non lo stima perché incapace di rendersi utile nell’azienda di famiglia. Julien, infatti, è affascinato dai libri e dallo studio, dotato di una memoria infallibile finirà per accettare l’offerta del sindaco del paese natio che lo ingaggerà come precettore per i figli. La caratteristica principale del protagonista è la sua voglia di emergere, di affermarsi nella “buona società” e di arrivare il più in alto possibile; egli, infatti, nutre un senso di rivalsa nei confronti del padre che lo fa sentire in obbligo di elevarsi socialmente. Intraprenderà dunque la carriera religiosa, pur essendo attratto da quella militare, nutrendo una stima nostalgica per la figura di Napoleone. Sullo sfondo, ma non troppo, le vicissitudini amorose del giovane Sorel, che si innamorerà di due donne, patendo il divario sociale che gli impedisce di avvicinarsi ad esse. “Il rosso e il nero” è un’opera parzialmente autobiografica – il conflitto con il padre, le simpatie napoleoniche – in cui Stendhal mette in evidenza le contraddizioni della società del tempo, incarnandole nel protagonista e mettendo in evidenza la sua sofferenza di fronte ad un sistema sociale che definisce priorità di vita non sempre condivisibili.

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La Lettrice Raffinata Opinione inserita da La Lettrice Raffinata    11 Gennaio, 2019
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Cenerentola gender-bender

“Il rosso e il nero” è un romanzo d'amore, divenuto con il passare degli anni anche un'ottima cronaca storica. Pubblicato nel 1830, viene comunemente considerato assieme al “La Certosa di Parma” il capolavoro della produzione stendhaliana. La vicenda di base è inoltre ispirata ad un reale fatto di cronaca dell'epoca.
La storia segue la vita del giovane Julien Sorel, figlio di un falegname della Franca Contea; portato per lo studio del latino e dotato di una memoria incredibile, la sua ambizione lo porterà ben presto a lasciare la casa paterna per seguire il suo latente desiderio di elevarsi socialmente, incontrando al contempo due donne molto importanti per l'evoluzione del suo personaggio.
Seguiamo le vicissitudini di Julien, prima come precettore dei figli del Sindaco, poi come seminarista a Besançon ed infine segretario presso l'influente marchese De La Mole. Il protagonista compie quindi un viaggio sia simbolico che letterale dai semplici costumi della provincia francese alla frenesia della metropoli parigina.
Questa è solo la prima delle moltissime dicotomie che caratterizzato l'intero volume: troviamo infatti la contrapposizione tra i gianseniti ed i gesuiti, tra vita religiosa e carriera militare, tra i nobili dall'alta genealogia ed i borghesi arricchiti da poco. Il primo di questi opposti è esplicato già nel titolo, con il contrasto visivo tra i colori rosso (impulso, passione) e nero (inerzia, morte).
Confrontato con “La Certosa di Parma”, questo romanzo presenta molto somiglianze, sia nei personaggi che nelle tematiche; infatti in entrambi Stendhal ha voluto imprimere una forte impronta autobiografica, che ben si esprime nella sua classica nostalgia napoleonica. In entrambi i titoli, troviamo un protagonista maschile che ammira segretamente l'imperatore francese, si trova suo malgrado a dover viaggiare molto e conquista l'amore di due donne -una più matura di lui- già impegnate sentimentalmente.
Il machiavellico Julien è un personaggio strutturato con maestria, sempre teso ad ottenere ciò ch'è oltre la sua portata,

«Era in quello stato di stupore e turbamento in cui cade l'anima quand'è appena riuscita ad ottenere ciò che ha lungamente desiderato. È abituata a desiderare, non ha più nulla da desiderare, e tuttavia non ha ancora ricordi.»

ed è stato uno degli aspetti che ho maggiormente apprezzato nel romanzo, assieme una narrazione abbastanza incalzante ed un finale struggente; tutti elementi che hanno posto questo volume un gradino sopra l'altra opera da me letta, con la quale condivide invece le vivide descrizioni, dei palazzi francesi da un lato e dei laghi lombardi dall'altro.
Le coprotagoniste mi hanno invece lasciato abbastanza fredda, se non perfino delusa. Ho tollerato a stento i comportamenti assurdi di Louise Rênal perché accecata dalla passione, ma non sono riuscita proprio a digerire la capricciosa ed infantile Mathilde De La Mole,

«-Ecco ciò che ti invia la tua schiava (una ciocca di capelli NdR) [...] Rinuncio all'esercizio della ragione, sei il mio padrone.»

la cui storia con Julien si riduce ad un ridicolo tira e molla condito dalle fantasie morbose di lei. Ottimi invece diversi personaggi secondari, in primi l'abate Pirard ma anche Fouqué, amico sincero del protagonista, e Falcoz, quasi una trasposizione dell'autore stesso su carta.
Vorrei infine fare chiarezza sull'edizione Newton Compton, ossia la casa editrice da me scelta per entrambe le opere di Stedhal. In questo caso, alla poca qualità dei materiali si unisce una profusione di errori, dovuti alla revisione assente, come le traduzioni randomiche dei nomi. Ad esempio, il protagonista viene -giustamente- chiamato Julien per tutto il romanzo, ma verso gli ultimi capitoli compare il suo alterego italiano:

«[...] ma nonostante il tono un po' astratto che GIULIANO aveva dato al suo ragionamento, [...]»

per tacere della traduzione datata 1913 che presenta PUR TROPPO termini MARAVIGLIOSI!

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siti Opinione inserita da siti    11 Marzo, 2018
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LO SPECCHIO DEI TEMPI

Sdegno, rabbia, orgoglio, ferocia ed energia. Giovinezza e ambizione. Il mito napoleonico irripetibile e non più imitabile, un contesto sociale ostile, classista e irraggiungibile, fatto di privilegi e di privilegiati. Una Francia all’ombra della seconda Rivoluzione.
La storia di una scalata sociale? La storia di un fallimento? L’emblema di un’epoca? Chi è Julien Sorel? L’ideale che si scontra con il reale? L’ipocrisia fatta persona? Uno squarcio anacronistico nella storia?
Difficile rispondere. Basti questo: un personaggio memorabile che si imprime nell’immaginario del lettore a dispetto di qualche sgambetto sornione che gli tende il suo autore. La materia di un romanzo complesso che tra il serio e il faceto restituisce un’epoca ai suoi contemporanei, in tempi non facilissimi.
Un universo complesso e mutevole, difficile da decifrare ma che Stendhal ha riproposto con realismo disarmante, con gradevole ironia, attingendo da diversi moduli narrativi: romanzo politico, romanzo storico, romanzo psicologico con a capo un plebeo ribelle, un fallito dongiovanni, lo specchio dei tempi che vive come il romanzo che lo rappresenta: “Eh, signori, un romanzo è uno specchio che viene trasportato lungo una strada maestra. Ora vi rimanda l’azzurro del cielo, ora il fango dei pantani…”
Infine, la storia di una vita, eroica e disperata, ricca e vacua, un’eterna dicotomia, un oscillare opportunista tra il rosso e il nero in un esempio perfetto di mirabile trasformismo che si risolve nell’autodistruzione.
Un libro sempre attuale. Da leggere.

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memini91 Opinione inserita da memini91    11 Settembre, 2016
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Dannata Francia

La piccola città di Verrières può passare per una delle più graziose della Franca Contea. Le sue case bianche, dai tetti aguzzi di tegole rosse, si stendono sul pendio di una collina, le cui minime sinuosità son poste in evidenza da macchie di robusti castagni. Qualche centinaio di piedi sotto le sue fortificazioni, costruite un tempo dagliSpagnoli ed ora in rovina, scorre il Doubs.

Immediatamente in apertura al romanzo IL ROSSO E IL NERO, Stendhal introduce il lettore nella bucolica atmosfera cittadina di provincia in cui inizia il proprio viaggio il giovane Julien Sorel deciso a ottenere, costi quel che costi, una “certa” posizione all'interno della ipocrita, meschina, caotica e affascinante società francese della Restaurazione post rivoluzionaria.
Da poco conclusasi la Rivoluzione di Luglio del 1830, la Francia si trova in effetti a gestire aspre contese tra gruppi religiosi (gesuiti contro giansenisti), classi sociali (borghesi contro nobili) e istituzioni statali (Parigi contro le province dl territorio francese); il tutto accompagnato appunto da una buona dose di soggettivismo e ipocrisia in grado di elevare i personaggi verso il proprio scopo ultimo facendo ricorso a qualsiasi tipologia di stratagemma pur di giungere al tanto agognato fine.
Accompagnato da una bucolica cornice naturalistica, Julien è costretto dal padre a intraprendere la carriera di curato (ecco dunque probabilmente il “nero” della tunica clericale) per tentare quell'ascesa sociale, tanto bramata, verso una condizione di gloria, ricchezza e grandiosità di spirito che aveva caratterizzato l'amato, e utilizzo questo termine non a caso, Napoleone Bonaparte (ecco dunque il “rosso” del milite). Da prima Julien accetterà dunque di vestire e panni di precettore presso la borghese famiglia Rênal ancora nella provinciale cittadina di Vèrrieres, per poi spostarsi a Besançon e giungere infine nella grande Parigi in qualità di segretario presso il Marchese de La Mole.
Durante le tribolate peripezie, il giovane e romantico Julien dovrà fare i conti con un continuo confronto fra mente e cuore che dovranno tentare di guidarlo verso la tanto sperata ascesa sociale ma il destino a volte sa essere molto crudele...

La vita d'un uomo era un seguito di pericoli. Ora la civiltà ha cacciato il pericolo, non c'è più imprevisto. Se dell'imprevisto appare nei pensieri, non si hanno abbastanza epigrammi contro di esso; se appare negli avvenimenti, nessuna vigliaccheria è più bassa della nostra paura. Qualunque follia la paura ci faccia commettere, è scusata. Secolo degenerato e noioso!

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Sicuramente IL ROSSO E IL NERO non è un testo per coloro che poco amano perdersi tra i meandri della mente umana tanto intrica quanto affascinante, almeno dal mio punto di vista. Tuttavia, nonostante questo aspetto che potrebbe scoraggiare molti lettori, l'allegro ritmo narrativo (allegro poiché non bisogna pensare a brevi e rapidi dialoghi quanto piuttosto a uno studiato intervallo tra narrazione e descrizione - sempre da intendersi dei luoghi quanto del flusso dei pensieri - ) e l'interessante intreccio affettivo tra i personaggi, rende piacevole la lettura a tutti gli amanti della buona scrittura francese romantico-realista.
Consiglio: munitevi ugualmente di MOLTA pazienza! Stiamo comunque parlando di un classico della letteratura francese di gusto squisitamente, quanto "pesantemente", romantico!
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romantica82 Opinione inserita da romantica82    23 Aprile, 2014
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Il Rosso e il Nero: Napoleone ed i Gesuiti.



Se qualche erudito degli anni Trenta dell’Ottocento avesse domandato ad Henry Beyle, vero nome di Stendhal, cosa avesse pensato di Julien Sorel, probabilmente egli avrebbe risposto: “sono io Julien Sorel”, proferendo le medesime parole esplicitamente enunciate da Flaubert in riferimento alla sua creatura Emma Bovary.
Che il Sorel sia la personificazione di Stendhal, o meglio, del suo modo di concepire l’esistenza di un individuo nella società della restaurazione, è chiaro, non solo e non tanto per le profonde similitudini di vita che uniscono l’autore al suo figlio di fantasia, ma soprattutto perché l’intero romanzo si snoda, anche quando racconta le vicende di altri personaggi più o meno legati al principale di essi, e si sviluppa originando dalla mente di Julien, dal cuore di Julien e dalla vita di Julien.
Voglio dire, cioè, che tutta la storia è narrata guardandola attraverso gli occhi del protagonista, che è onnipresente, quasi come una creatura divina, anche nei momenti in cui è assente. Non esiste momento, come nelle riunioni dei nobili di casa La Mole alle quali inizialmente egli non poteva prendere parte, il cui la sua presenza non sia sentita e dal cui giudizio il lettore non sia influenzato.
Questo, è a mio avviso, il vero senso del Rosso e Nero: un’endiadi complessa ed al tempo stesso semplice. Il rosso dei vessilli napoleonici, salutati dal giovane Beyle come il naturale evolversi del pensiero rivoluzionario foriero di democrazia ed uguaglianza, ed il nero della Restaurazione, della delusione per la fine di una parabola illusoria in cui i piccoli borghesi ed i ceti infimi avevano creduto invano. Il nero personifica, poi, il colore gesuitico della Chiesa, come unico mezzo di emancipazione sociale per chi, come Sorel, desidera elevarsi dalle sue umili origini e vuole ritagliarsi uno spazio nello scenario politico segnato dal fruscio delle vesti di seta e dal chiacchiericcio noioso degli aristocratici ebbri di vino e di pettegolezzi futili.
E così l’ambizione ossessiva del giovane per il successo si mescola al tedio dei nobili che, dapprima, guardano Julien con curiosità mista ad ilarità e di cui, successivamente, apprezzano la cultura e la rara intelligenza. Ma contemporaneamente Stendhal ci mostra, con pagine anche molto difficili perché si mescolano valutazioni squisitamente politiche ad apprezzamenti psicologici che entrano, a mio avviso, nell’intimo della sua personalità, il cuore e l’anima di questo ragazzo, che, non bisogna dimenticarlo, ha solo ventidue anni quando insegue vanamente i suo sogni di gloria.
Egli è così lontano dalla generale visione che si ha della fanciullezza perché è carico di risentimento e di angoscia per un’infanzia non semplice, e la sua voglia di superare i limiti posti da una nascita non illustre affondano le radici in questa congerie di sentimenti negativi, che trasportano il lettore in una scenografia tetra e nevrotica dalla quale si esce con un amaro in bocca.
L’amaro in bocca di chi, arrivato al capolinea, si rende conto di aver inseguito una chimera effimera e di aver perso di vista, dunque, il vero senso della vita.
Non sento di poter consigliare questa lettura a tutti, non tanto e non solo per il linguaggio ermetico, ma soprattutto perché lascia una sensazione di irrisolto dalla quale è difficile riaversi.

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Sator Opinione inserita da Sator    17 Dicembre, 2013
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Il capolavoro di un grandissimo autore

L'ho letto in lingua originale. Il mio francese negli ultimi tempi è diventato abbastanza decente da permettermi di provare. Quindi l'ho letto in originale, e sono davvero felice di averlo fatto. Lo stile è elegante e sobrio, i personaggi affascinanti, in particolare il complicato Julien Sorel. Lo consiglio vivamente ai lettori italiani (forse rari?) che vorrebbero provare un classico in francese.

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AndCor Opinione inserita da AndCor    25 Marzo, 2013
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Bello, ma non balla

E' sufficiente leggere il titolo per suscitare numerose aspettative positive riguardo al romanzo, il quale purtroppo si rivelerà poi non essere così straordinario come la critica ha voluto dipingerlo.

Ma procediamo con ordine:
Partendo appunto dal titolo, è possibile notare una forte componente simbolista che lo caratterizza; il rosso ed il nero si presentano come due tonalità cromatiche legate al crimine, all'efferatezza, al cinismo, al sangue, al rancore, all'astio, all'omicidio ed, in generale, alle tematiche concernenti il dolore e la morte.

Si tratta di un libro in cui Stendhal si (pre)occupa maggiormente delle descrizioni che della trama vera e propria;
Sublimi e puntigliose sono le caratterizzazione psicologiche dei protagonisti: un Julien Sorel avido di potere, impulsivo, ambizioso, a tratti supponente ed estremamente orgoglioso; la Signora de Renal alquanto priva di potenza volitiva, con un carattere sincero, ingenuo e con un atteggiamento caratteriale quasi di sfiducia e di rassegnazione verso il sentimento che prova per Julien; la Signorina Mathilde de la Mole arguta e spiritosa, oltremodo intelligente, che dovrà 'sopportare' una travagliata storia d'amore con Julien.

Se i meriti di Stendhal sono inequivocabili per quanto riguarda i personaggi, gli ambienti ed il contesto storico in cui è dislocata la vicenda, non si può affermare lo stesso per la piacevolezza e la scorrevolezza della trama: si può definirla un 'mattone', in quanto è presente un numero eccessivo di digressioni che rallentano e rendono pedissequa la lettura, soprattutto nella parte centrale del romanzo. A tutto ciò va associata la scelta poco felice dell'utilizzo di un linguaggio tecnico e poco lineare e di perifrasi pleonastiche, che, a mano a mano, fanno scemare sempre più la voglia di andare avanti nella lettura.

Rimane tuttavia un romanzo interessante, del quale ne consiglio la lettura soprattutto per la fedele rappresentazione dei contesti storico e sociale del periodo della Restaurazione post-napoleonica, anche se - e questo è un parere puramente soggettivo - non è ai livelli dei romanzi di formazione propostici da Flaubert, Charlotte Bronte e Joyce.

Uno Stendhal bravo, ma sopravvalutato. Che è bello, ma che non balla.

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valeg Opinione inserita da valeg    01 Febbraio, 2013
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Il confronto

La prima cosa che viene spontanea leggendo questo romanzo è cercare di capire perché Stendhal lo abbia così intitolato, io ho fatto questo , e l’ho capito fin dalle prime pagine. Julien Sorel, il protagonista assoluto è un giovanotto di provincia di umili origini di straordinaria intelligenza ed estremamente riflessivo, un vaso di cristallo in mezzo a tanti vasi di ghisa. La sua vita non per una sua particolare ambizione prende la via del successo, egli è una piuma al vento, trascinata in quei flutti che crea una società votata alla ricerca della ricchezza materiale , ed alla scalata sociale ed egli esclusivamente con la sua intelligenza e il suo essere di cristallo trasparente e sincero con la sua profonda riflessività, si trova perennemente a combattere con l’indecisione che gli eventi occasionali della sua vita gli propone,combattuto tra l’ideale e il materiale. Insomma potremmo pensare al rosso giacobino che fa da contraltare al nero ecclesiastico ,due mondi che si spiegano nel destino del protagonista ed in entrambe le strade egli non riesce a scorgere la via per lui giusta, forse perché essa per il suo ego ribelle non è tracciata. Oppure i due colori possono far pensare semplicemente ad una roulette, metafora che potrebbe far intendere che il nostro posto nella società è deciso tanto più dal destino, che dalle nostra reali intenzioni, e Julien decide di diventare una piuma che combatte contro il vento. Romanzo psicologico, non ostico, apparentemente piatto lo stile ma molto scorrevole, intrigante, non azioni eclatanti,non una trama particolarmente intessuta, fondamentalmente introspettivo; mirabili ed eroiche le figure femminili , io ho amato Julien per il suo coraggio, per la apertura mentale e la sua coerenza , fino alla fine. Freud amò e celebrò quest’opera, ci sarà un perché? Insomma se amate i classici della letteratura Francese, come me, “Il rosso e il nero” non vi può mancare! P.S.: Una persona speciale sa' sempre che libro regalarti.

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MATIK Opinione inserita da MATIK    09 Marzo, 2012
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Il rosso e il nero.

"Ho davvero amato? Ho amato la signora Renal, ma la mia condotta è stata atroce. Anche in questo caso, come sempre, ho abbandonato il merito semplice e modesto per qualcosa di più brillante..."
Un bel classico, forse, un po' troppo pieno di denigrazioni politiche lontane dalle realtà quotidiane, ciò che veramente è sempre attuale anche nella società di oggi e che è raccontato a tinte forti in questo romanzo è l'arrivismo, la sete di potere e di denaro, ribadire senza contegno la differenza di classe e la voglia di vendetta verso chi riesce a superare certe barriere con la capacità intellettiva, con grande orgoglio e sfrenata ambizione.
In questo romanzo però c'è anche tanta passione, il protagonista vivrà due amori molto diversi uno dall'altro, uno tormentato , doloroso e totale quello vero, puro e profondo, l'altro una sfida, per provocazione e per dimostrare che anche una nullità può far innamorare la più arrogante e difficile ragazza dell'alta società parigina. Scoprirà che il primo è quello vero, ma, troppo tardi ed il prezzo da pagare sarà alto.....

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Renzo Montagnoli Opinione inserita da Renzo Montagnoli    14 Aprile, 2011
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La scalata sociale

Benché questo romanzo sia stato pubblicato per la prima volta nel lontano 1830, è di un'attualità incredibile per l'ambientazione nella Francia della Restaurazione e le analogie con i tempi correnti sono più d'una.

Caduti i sogni di libertà e di uguaglianza della rivoluzione ritorna il conservatorismo ancor più meschino di prima, per effetto di una classe sociale rampante quale quella borghese e per l'innato desiderio di rivincita dei nobili. Fioriscono così intrallazzi di ogni genere e sempre più conta ciò che appare, e non ciò che è realmente.

Il protagonista, Julien Sorel, è un giovane avventuroso, romantico, ma calcolatore; di classe sociale inferiore, cerca di emergere, ma è un uomo del suo tempo, con tutte le relative contraddizioni, e così alterna amori passionali a freddi calcoli, in una continua sfida con se stesso e la società che vorrebbe conquistare, fra traguardi raggiunti con forzature della personalità, fino al tragico esito finale.

Considerato il miglior romanzo di Stendhal e imbastito su un fatto accaduto veramente è di lettura abbastanza facile, nonostante lo stile inevitabilmente datato.

Al di là della vicenda, riveste un sicuro interesse soffermarsi, pagina dopo pagina, sulla straordinaria abilità dell'autore nel tratteggiare le contraddizioni del cuore, nel sondare con mano leggera, ma precisa, l'animo dei personaggi, talmente ben delineati che sembrano scorrere via via dinanzi ai nostri occhi, in un caleidoscopio di eventi apparentemente normali, ma che sono il frutto del costante divenire delle volontà contorte dei protagonisti.

Non vi sono mai cadute di ritmo, anche quando frequenti sono gli interventi del “Dio narrante” (una straordinaria invenzione di Stendhal, in veste di divinità che conosce i più nascosti pensieri dei personaggi), e anzi sono inseriti con una precisione e una tempestività eccezionali, al fine appunto di snellire il testo, che in altre mani sarebbe probabilmente risultato ampolloso e prolisso.

L'abilità di Stendhal è di calare gradualmente il lettore nella vicenda, sì da farlo divenire un testimone diretto, con un coinvolgimento emotivo di rara efficacia e bellezza.

Così le pagine scorrono l'una dopo l'altra con una piacevolezza che ci fa dimenticare il passare del tempo; non si creda, però, che si tratti di un romanzo da divorare, da leggere nell'arco di poche ore, perché tante sono le riflessioni a cui muove e che necessitano di opportuni, anche inconsci, approfondimenti.

Resta, comunque, il fatto che la narrazione continua a sorprendere per spontaneità, coerenza e logica, tre elementi che da soli ne sancirebbero il successo.

E anche il finale, che ovviamente non anticipo, giunge con una naturalezza sorprendente; benché lo si indovini, riesce a stupire per il calcolo esatto dei tempi: nessuna forzatura, nessun stravolgimento, ma la conclusione logica del divenire delle cose, come voluto dal protagonista.

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silvia71 Opinione inserita da silvia71    07 Dicembre, 2010
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Il rosso e il nero

Questo romanzo del 1830 è ambientato nella Francia post-rivoluzione e post-napoleonica, in pieno clima di Restaurazione e costituisce un affresco della società e dei costumi dell'epoca, dove l'appartenenza al ceto sociale medio-alto costituisce la massima aspirazione del cittadino, essendo sinonimo di agiatezza e rispettabilità.
Le vicende ruotano attorno ad un giovane di umili origini, che in preda ad ambizioni di ascesa sociale, prima tenta la carriera militare, infine quella ecclesiastica, incontrando sulla propria strada imprevisti e difficoltà. Naturalmente nel racconto si intrecciano le vite di tanti personaggi, tutti mossi da passione, ardore, ambizione, odio e amore, sentimenti che Stendhal infonde sempre alle proprie creature.
La lettura di quest'opera è alquanto ostica, a causa dello stile dell'autore piuttosto secco ed ermetico e di un linguaggio notevolmente desueto, tanto da comprometterne la piacevolezza; peccato, perchè è un romanzo di grande contenuto, politico e sociale, dove si mettono a nudo vizi e virtù, pregi e difetti, aspirazioni e paure dei cittadini francesi.
Consigliato solo a chi ama leggere i grandi classici della letteratura e non si scoraggia davanti a pagine ardue da comprendere.

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