I tre moschettieri
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In cui le donne si salvano da sé
"I tre moschettieri" è uno dei primi esempi di feuilleton, ossia di quello che da questo lato delle Alpi è conosciuto come il romanzo d'appendice; si tratta di storie caratterizzate da un netta contrapposizione tra buoni e cattivi, pubblicate ad episodi su alcuni quotidiani, anziché in un unico volume. Questo aspetto fa sì che la vicenda non risulti del tutto omogenea, ma si percepisca la volontà dell'autore di raccontare diverse avventure, collegate dalla presenta degli stessi personaggi che di volta in volta si trovano a dover svolgere una nuova missione o affrontare un determinato antagonista.
In piena corrente letteraria romantica, Dumas scrive una storia contenente molti dei capisaldi del filone, come la marcata nostalgia nei confronti del mondo cavalleresco medioevale
«"Sfortunatamente non siamo più ai tempi del grande imperatore [Carlomagno, NdR]. Viviamo nel tempo di monsignor cardinale [...]."»
dove tutto si poteva risolvere con un onesto duello, o anche il leggero alone del misticismo che si palesa -ad esempio- nella scena in cui la regina Anna e il duca di Buckingham confessano di aver fatto lo stesso sogno. In questa ambientazione storica, seppur arricchita (o impoverita, a mio modesto parere) da diversi rumours dell'epoca ai quali Dumas da ciecamente credito,
«"Sì, il signor cardinale, a quanto sembra, la perseguita e la tormenta [la regina Anna] più che mai. Non può perdonarle la storia della sarabanda. Sapete la storia della sarabanda?"»
comincia la storia dell'aspirante moschettiere D'Artagnan, giovane guascone che negli anni Venti del Seicento lascia la casa paterna per raggiungere Parigi ed inseguire il suo sogno; fin dalle prime pagine vediamo delinearsi il suo rapporto di amicizia con i tre moschettieri del titolo, così come l'antagonismo marcato con il "misterioso" uomo di Meung e Milady.
Per presentare il suo romanzo, Dumas sfrutta un escamotage caro -tra gli altri- a Hawthorne ne "La lettera scarlatta", fingendo di aver ritrovato una sorta di memoriale del nostro D'Artagnan. Purtroppo l'incredulità del lettore rimane sospesa decisamente per poco, dal momento che parecchie scene non possono proprio essere descritte dal punto di vista del protagonista, e neppure raccontate a lui da terzi.
Un problema che affligge la ricchissima trama è il voler proseguire in una determinata direzione a prescindere da tutto: ciò va spesso a sacrificare il realismo del romanzo, sia in termini di balzi temporali e spaziali inspiegabili sia di personaggi stravolti nella loro caratterizzazione. Ed è un peccato, visto che proprio i personaggi sono uno degli aspetti più rilevanti e positivi del titolo.
Ho apprezzato l'evoluzione genuina del rapporto tra D'Artagnan e i moschettieri, come pure con i loro valletti, seppur in un primo momento si abbia una sensazione di forzatura. In particolare la relazione con il fido Planquet risulta bilanciata e molto divertente.
«"Hai paura, Planquet?"
"No, soltanto faccio osservare al signore che la notte sarà freddissima, che il freddo dà i reumatismi, e che un valletto reumatizzato diventa un buono a nulla [...]."»
Si nota anche come Dumas non dipinga i suoi eroi come perfetti: pur essendo dalla parte del "bene", ci vengono spesso rimarcati i lati peggiori dei loro caratteri, come la strafottenza nel caso di Buckingham:
«Così, sicuro di se stesso, convinto del suo potere, certo che le leggi che reggono il comune degli uomini non potevano valere per lui, egli andava diritto allo scopo che si era prefisso, [...].»
La mia preferenza va però agli antagonisti, per la loro maggior sfaccettatura, con la sola eccezione del conte di Rochefort. Il cardinale si dimostra estremamente abile nell'influenzare l'opinione altrui, soprattutto quando si tratta di convincere re Luigi XIII della propria ritrosia nel fare ciò che si era ripromesso fin dal primo momento:
«"Veramente", disse il cardinale "per quanto mi ripugni fermare il pensiero sopra un tradimento simile, la Maestà Vostra mi ci fa pensare [...]."»
E cosa dire di Milady? non mi aspettavo avrebbe ottenuto così tanto spazio nella narrazione, diventando quasi una seconda protagonista. Ho ammirato moltissimo la sua determinazione ed il suo coraggio,
«"Il mio Dio", disse. "Fanatico insensato che sei. Sono io stessa il mio Dio, io e colui che mi aiuterà a vendicarmi."»
che mi hanno ricordato la mia adorata Magdalen da "Senza nome" di Wilkie Collins, soltanto con degli obiettivi meno condivisibili.
Lo stile di Dumas è generalmente semplice e godibile, in larga parte per merito dell'umorismo che permea l'intera storia con le sue battute pungenti,
«Planchet, due ore prima, era venuto a chieder da mangiare al suo padrone, il quale gli aveva risposto col proverbio: "Chi dome pranza". E Planquet pranzava dormendo.
Un uomo entrò, d'aspetto sempliciotto e che sembrava un borghese. Planchet avrebbe sì voluto sentire la conversazione, che sarebbe stata come la frutta del suo pranzo,[...].»
volte in alcuni casi a criticare la società, sia essa accostata al potere temporale del sovrano o a quello (per nulla) spirituale della Chiesa.
Aspetto meno gradevole è la netta separazione tra narrazione e dialoghi, che quasi sempre sono dei blocchi continui privi di indicazioni sui personaggi o l'intonazione; credo che questo potrebbe essere collegato all'attività di Dumas come drammaturgo, ma ciò non toglie sia fastidioso e crei confusione.
Ciò che più mi ha deluso è però l'edizione della Rizzoli, casa editrice generalmente valida per quanto riguarda le sue edizioni dei classici; in questo caso mi sono trovata con un volume privo di revisione -lo si nota per i tantissimi errori di battitura come segni grafici assenti o parole storpiate- e con una traduzione decisamente aggiornabile, specie quando il povero Patrick, uomo di fiducia di Buckingham, viene italianizzato senza alcun motivo
«"Chi devo annunciare a milord?", domandò PATRIZIO.[...]»
seppur per una sola volta. E pensare che avevo snobbato la mia vecchia edizione Newton Compton e comprato questa nuova di proposito!
NB: Libro letto nell'edizione Rizzoli BUR
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Leggere per scoprire!
“Storia vecchia...” potrebbe dire qualcuno, “universalmente nota!” potrebbe affermare qualcun altro: tutti ne hanno sentito parlare ma, probabilmente, se vi chiedessi di cosa si parla esattamente ne I tre moschettieri pochi saprebbero indicarmi le primissime e originali avventure di d’Artagnan, o come sia nata l’amicizia con Athos, Porthos e Aramis. Eppure, nonostante non molti abbiano letto il libro, la storia ci sembra di conoscerla così bene e da sempre: questo perché i personaggi di Dumas hanno avuto un destino curioso ma fortunato, un destino che ha permesso loro di sopravvivere all’autore per diventare protagonisti di numerose storie ispirate al romanzo, dal quale però al contempo si distaccano. D’Artagnan e i suoi amici, insomma, hanno vissuto mille vite quando Dumas ne aveva date loro al massimo tre: a I tre moschettieri seguirono infatti Vent’anni dopo e Il visconte Bragellone (che contiene il famoso episodio noto come “la maschera di ferro”).
Quello che mi ha però incuriosita (e divertita) nel leggere I tre moschettieri, è stata la discrepanza tra l’idea che avevo dei quattro protagonisti e come questi sono invece resi nella versione originale: abituata a considerarli uomini totalmente coraggiosi, onesti, fedeli e idealisti, leggendo il romanzo ho notato che, in verità, poca di tutta questa moralità e virtù si ritrovano in d’Artagnan e nei suoi amici. I moschettieri del signor Tréville infatti, non sono semplici soldati che si accontentano di fare del bene e vivere in modo semplice: al contrario sono piuttosto pretenziosi e conducono uno stile di vita agiato, pur senza averne i mezzi; per esempio ognuno di loro ha un servitore e Planchet, quello di d’Artagnan, ha imparato a suon di botte padronali a non lamentarsi quando non viene pagato o se è costretto (essendo d’Artagnan a corto di denaro) a digiunare pranzo e cena; vogliono vestirsi bene, avere bei cavalli e bei finimenti, meglio ancora se tutto a spese di una ricca amante che per loro non esiterebbe a dar fondo ai risparmi del marito.
Certo il cameratismo e il senso dell’amicizia, quelli vanno riconosciuti: comiche sono le scene in cui i quattro amici, ormai uniti in sodalizio, contano gli spiccioli per capire cosa possano o meno permettersi; il denaro infatti non è per loro un bene personale, ma viene messo in comune e diviso equamente con gli altri: “tutti per uno e uno per tutti”, anche (e soprattutto) nelle faccende finanziarie!
Se parliamo di coraggio poi, forse più che impavidi li definirei spericolati, e non sempre in nome di una nobile causa: attaccabrighe con le guardie del cardinale (loro eterne nemiche), si buttano a capofitto nelle imprese più pericolose solo per il gusto del gioco, del brivido e, naturalmente, della fama che ne otterrebbero; sono infatti uomini non poco vanitosi. L’amore poi nella maggior parte dei casi manca della connotazione romantica ed esclusiva a cui siamo tanto abituati: eccezion fatta per Aramis che in tema di donne e matrimoni ha già dato e sofferto (motivo per cui se ne tiene ben lontano), gli altri sono impegnati con donne sposate, di cui non esitano ad approfittarsi; Porthos ad esempio è particolarmente furbo nel far leva sui sentimenti (non proprio ricambiati) della moglie del procuratore per ottenere da lei un cavallo e tutto l’equipaggiamento; d’Artagnan invece, il giovane, irruente e ingenuo guascone, non disdegna per ben due volte il letto di Milady, ottenendolo una volta con l’inganno e l’altra con una falsa promessa. Pur essendo Milady uno dei personaggi più spregiudicati, converrete che il comportamente di d’Artagnan non è certo quello di un gentiluomo.
Lettura consigliata dunque? Certamente: il romanzo, seppur a mio parere non il più geniale tra quelli di Dumas, è piacevole e la lettura scorre tranquilla; tra tutti i difetti di questi moschettieri vi sarà spazio anche per momenti seri e commoventi, nonché collegamenti e reinterpretazioni dei fatti storici che però non voglio anticiparvi. Vi invito quindi a scoprire come tutto ebbe inizio...
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L'UNIONE FA LA FORZA
È un classico.
Tutti una volta nella loro vita hanno sentito parlare dei famosi tre moschettieri e del loro compagno D’Artagnan, ma quanti possono dire di sapere cosa questi personaggi hanno fatto o quali sono gli elementi che li caratterizzano?
Io penso pochissimi, in quanto, molto spesso, opere di questo genere sono considerate “vecchie” e non vengono lette ma ci si ferma a ciò che queste hanno ispirato: film o serie tv. A volte queste cose sono positive perché invogliano lo spettatore a voler sapere altro e quindi a cercare di informarsi; altre molto dannose in quanto trasmettono un’idea sbagliata dei personaggi e delle loro avventure.
Detto questo, per chi ama l’avventura, non c’è di meglio dei tre moschettieri.
In una Francia del XVII secolo Athos, Porthos e Aramis sono tre dei migliori moschettieri di sua maestà e passano le loro giornate cercando di racimolare un po’ di soldi e combattendo contro le guardie rosse di sua eminenza. In una giornata che sembra come tutte le altre, però, arriva a Parigi un giovane guascone che vuole diventare, come suo padre, un moschettiere.
Le prime persone che incontra a Parigi sono proprio queste tre, che dopo un inizio burrascoso saranno i migliori alleati del giovane nelle sue avventure. Ognuno dei moschettieri ha un tratto caratteristico che lo accomuna agli altri ma allo stesso tempo lo rende unico.
Athos è un misantropo con un passato oscuro, non più giovanissimo, conosce il mondo ed è la persona di cui D’Artagnan si fida di più, nessuno sa cosa lo ha fatto diventare così o come lui abbia acquisito la sua conoscenza;
Porthos è un grande uomo, molto vanitoso ma con pochi soldi in tasca, cosa che cerca di compensare attraverso conquiste amorose nell’alta società;
Aramis è un uomo spirituale, voleva sin da giovane diventare sacerdote ma per vendicarsi di un torto subito diventa uno dei più abili spadaccini del suo tempo.
La storia narra l’intreccio di intrighi e problemi della corte francese, con un Re inetto completamente controllato dal Cardinale Richelieu, e le vicende personali dei moschettieri, il tutto condito con una gradevole leggerezza.
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Il guascone
Pubblicato nel 1844, I 3 moschettieri, ampiamente riconosciuto come un grande classico della letteratura, conserva una freschezza strabiliante per i giorni nostri e racchiude la dirompenza dell’epica cavalleresca.
Alexandre Dumas canta le donne, i cavalier, l’arme, gli amori, le cortesie e le audaci imprese…
…senza appellarsi però ad una prosa barocca, come si converrebbe ad un autentico poema, ma piuttosto mettendo a proprio agio fin da principio il lettore con una narrazione in terza persona onnisciente che conquista con la sua generosa dose di ironia ed irriverenza.
Sullo sfondo di una Parigi dominata dalle figure del Re di Francia Luigi XIII e dell’infido Cardinale Richelieu, i tre moschettieri (Athos, Porthos, Aramis) e D’Artagnan, sono indimenticabili protagonisti delle molteplici avventure al centro del romanzo, dipinti con maestria nei loro pregi, vizi e difetti.
La trama è magnetica e tiene viva la curiosità del lettore senza mai spegnersi sotto il peso di descrizioni verbose e statiche, anzi il ritmo si fa spesso incalzante come i cavalli al galoppo. Fra duelli, dichiarazioni d’amore, tradimenti, inganni, guasconate e battaglie, l’ardimento dei 4 insieme alla loro insolubile amicizia sono gli unici capisaldi a non subir ribaltamenti.
Orbene, sellate i vostri destrieri e riponete la migliore delle vostre spade nel fodero prima d’affrontar questa lettura…
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GENTILUOMINI D’ALTRI TEMPI
Aria di Francia…e l’ambientazione già mi piace… Epoca cavalleresca e galante…e mi sento ancora più a mio agio. Classico irrinunciabile, che si svolge, si attorciglia e si sbroglia, tutto attorno ad intrighi politici ed amorosi, tipici di quel secolo. Lo stile è particolare, in linea con l’epoca, dialoghi in cui i personaggi si danno reciprocamente del “voi”, autore che dialoga direttamente con il lettore, parlando di sé al plurale. Piccoli particolari che ti avvolgono e ti permettono di tuffarti in un’altra era. La cosa che mi è piaciuta meno, paradossalmente, sono le descrizioni dei combattimenti, che invece nella versione cinematografica sono quelli che ti attirano di più. L’aspetto che ho più apprezzato è stato il conoscere i caratteri dei 3+1 moschettieri: un Porthos, vanitoso e borioso, impetuoso e vulcanico; un Aramis, sornione e distaccato; un Athos, austero e taciturno, malinconico, cupo ed inflessibile… e D’Artagnan, giovane focoso ed animoso, che risulta alla fine il più simpatico. Da impiccare…giusto per stare in tema…il personaggio di Milady. Promossa senz’altro la storia, più noiosa da leggere però di quanto ci si possa aspettare.
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Che bello quando un'autore sa ciò che sta facendo
Un giovane e focoso guascone, Charles d’Artagnan, giunge a Parigi con una lettera di raccomandazione per il signor Tréville, il capo dei moschettieri, l’esercito personale di Luigi XIII. Ma non tutto, o meglio nulla, va come previsto. Perde la lettera, si trova coinvolto in troppi duelli, si mette contro le guardie del potente cardinale Richelieu, e stringe amicizia con Athos, Portos e Aramis, i tre moschettieri del titolo. E da ii, il tutto, si fa ancor più avventuroso.
I tre Moschettieri, primo di una trilogia che prosegue con Vent’anni Dopo e Il Visconte di Bragelonne, è uno dei libri più famosi di sempre, un vero classico, apprezzato da quasi due secoli da, beh, chiunque abbia avuto il buon senso di leggerlo. E a ragione.
La trama è avventurosa e rocambolesca, piena di duelli all’arma bianca e dichiarazioni di coraggio. Qualsiasi cosa cerchiate in un libro di cappa e spada, qui la troverete: combattimenti, intrighi di corte, missioni segrete, avvenenti spie assassine e una donna da amare. Non solo pura azione, ma romanticismo, tragedie e perfino una guerra. C’è coraggio, abnegazione, la grande amicizia dei protagonisti, e una Francia del 1600, divisa tra complotti intestini per il potere, e i rapporti turbolenti con l’Inghilterra.
I personaggi sono indimenticabili, dai principali a quelli di contorno, appaiono reali e ben inseriti in una trama per nulla banale, ognuno fa la sua parte, e la fa pure bene. E tutto è ben diretto dallo stile irriverente di Dumas padre, in una delle sue opere più luminose. La lettura è davvero scorrevole, il testo semplice e immediato, nessuna inutile digressione, e, nonostante la mole, il libro fila via che è una meraviglia. Si ride, si piange, ci si diverte un mondo, e si arriva alla fine senza nemmeno rendersene conto. È un testo tanto moderno, che è quasi incredibile sia un’opera del 1844.
Se cercate qualcosa d’originale, nonostante l’età, e d’innegabile valore, l’avete trovato.
Che bello quando un'autore sa ciò che sta facendo.
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Onore, Amicizia, Amore.
Ecco un’altra meravigliosa opera di cui tutti conoscono il nome, ma di cui molti ignorano i contenuti originali.
Alexandre Dumas era un narratore straordinario, oserei dire il più grande di tutti, perché con le sue storie sempre avvincenti ha il potere di trasportare il lettore nel mondo che descrive e farglielo praticamente vedere con gli occhi e toccare con mano. Nonostante la mole non sia sempre incoraggiante per i lettori pavidi, i suoi capolavori sono sempre scorrevoli e si leggono facilmente; se leggete un Ken Follett di oltre mille pagine, perché non dare un’occasione a un grande come Dumas? Non ve ne pentirete. L’autore non si perde quasi mai in digressioni, che spesso possono risultare lente anche se danno maggiore spessore a un’opera, ma nonostante questo mantiene la sua immensa grandezza.
Chi non conosce Athos, Porthos, Aramis e d’Artagnàn, i celeberrimi tre moschettieri più uno? Personaggi meravigliosi: prodi, coraggiosi, dal forte senso dell’onore, ma non privi di qualche difettuccio che li rende umani in tutto e per tutto. Non esiste eroe privo di peccati e che non possa inciampare, e in un periodo storico come quello attuale, in cui sono più amati gli antieroi, è piacevole riscoprire gli eroi di una volta. E tra questi come possono mancare i grandi moschettieri del Re?
“I tre moschettieri” è una favolosa storia di amicizia, quella tra questi quattro personaggi, sempre presenti gli uni per gli altri e pronti a dare la propria vita per la salvezza del proprio compagno. Amicizia vera, pura, non contaminata dalla ricerca di una convenienza egoistica.
“I tre moschettieri” è una favolosa storia d’amore: amore sincero, tradito, passionale, amore che viene privato dalla fatalità; perché l’amore non è soltanto quel sentimento ideale e bellissimo che la nostra mente immagina e brama, è tanto altro, e non sempre è qualcosa di bello.
“I tre moschettieri” è una favolosa storia d’onore, di grandi personaggi, di intrighi, di battaglie, di bontà e malvagità.
Entrerete a far parte di questo scenario che Dumas ha pensato e nel quale ha inserito tutte queste cose, che nei romanzi attuali sono così difficili da trovare tutte insieme, e di certo non sono sviscerate così meravigliosamente bene. Non potrete fare a meno di amarne alcuni personaggi, così come io ho adorato Athos e d’Artagnàn.
Insomma, non perdetevelo assolutamente.
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Il Conte di Montecristo.
Trotterellava sul Ranuncolo
Per prima cosa e' lo scoppiettare degli zoccoli di cavalli al galoppo, poi la nuvola di polvere che si alza dalla strada sterrata ed infine ecco ondeggiare le lunghe piume ancorate ai cappelli.
Lo sguardo nobile e fiero, l'allestimento sontuoso e la lama impietosa: sono Porthos, Athos, Aramis e D'Artagnan , i moschettieri del Re.
Ambientato nel 1600 sullo sfondo della sfarzosa Parigi, gli animi si dividono tra realisti e cardinalisti, a corte Luigi XIII subisce il carisma del potente cardinale Richelieu.
Duelli proibiti per bando ma praticati per onore e tradizione, gioco d'azzardo e fiumi di vino, la vita che gravita attorno a Versailles non solo e' cosa di uomini, ma anche di donne. Sua Maesta' Anna d'Austria coltiva nel cuore una pericolosa attrazione per il duca di Buckingham, a corte ogni angolo e' un intrigo, segreti nascosti abilmente o drasticamente svelati. Notti d'amore evanescenti o grandi passioni platoniche, la sensualita' si divide le pagine con la battaglia. E quando la narrazione pare appiattirsi nelle giornate goliardiche dei nostri paladini, ecco intervenire la serpe che rianima il racconto e ne diviene sovrana : Milady de Winter. Di una bellezza irresistibile , i folti capelli ondulati e la pelle candida , grandi occhi seduttivi e un corpo ammaliatore che celano una mente malvagia e di gran furbizia dal passato oscuro.
Romanzo piuttosto lungo ma accattivante, Dumas da buon affabulatore sa Intrattenere i suoi ospiti con vivacita', rendendo la trama in modo corposo attraverso ambientazioni sontuose e scenografiche; la penna conferisce la giusta scorrevolezza ad una vicenda dove cavalleria e amor cortese, guerriglia e avventura , storia e fantasia miscelano un risultato che asseconda il tempo divertendo. Buona lettura.
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chissà quante volte...
Chissà quante volte avete visto un film con i 3 moschettieri... o un cartone... chissà quante volte, con gli amici, vi siete scambiati il motto uno per tutti e tutti per uno, chissà quante volte vi siete dati i loro nomi... chissà quante volte avete pensato ad un amico che somiglia a Porthos perché grosso, Aramis perchè bello, Athos perchè maledetto e tu, si tu, sempre e solo D'artagnan!
Il libro rimane nel solco dei pilastri dei classici, da leggere a qualsiasi età per sognare ancora e ancora e ancora una volta!
Io lo leggevo sotto il banco alle superiori... così tanto per dire...
Buona lettura!
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Bellissimo
Uno dei miei film preferiti di sempre è "i tre moschettieri" con Gene Kelly nel ruolo di D'Artagnan, quindi l'anno scorso ho comprato il libro, curiosa di leggere questo classico.
L'ho letto ad inizio di quest'anno e me ne sono innamorata.
Avevo un po' di timore all'inizio di veder intaccata l'immagine che avevo di quel D'artagnan, ma è stato l'opposto invece.
E' un classico che a tratti mi ha commosso, per esempio la grande amicizia tra loro quattro, e tra D'artagnan e Athos in particolare.
C'è poi il personaggio di Milady, che riesce a sedurre e ammaliare un uomo anche solo con il tono della voce: la sua storia è molto approfondita e se ne rimane affascinati, come se lei fosse davanti a noi e ci parlasse.
Poi la Francia, la Regina e ovviamente Richelieu, indimenticabile.
Un libro che chiunque dovrebbe leggere secondo me, non è pesante ma è travolgente ed avventuroso.
Arriverete alla fine del romanzo e vi sembrerà di essere anche voi un pochino amici dei tre moschettieri, e vorrete sapere come prosegue la loro amicizia e le loro avventure insieme.
Io ho già preso il seguito infatti!
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Per il re e per la Francia!
Fra i numerosi libri letti da ragazzo ce ne sono alcuni che sono rimasti ben impressi nella mia memoria per l’entusiasmo che mi ingenerarono, tanto che ora, in età assai più avanzata, mi è venuto voglia di riprenderli in mano per verificare se l’ampia e positiva impressione allora avuta potesse trovare conferma anche oggi. Dico subito che per alcuni ho dovuto ravvedermi, mentre per altri ho provato lo stesso grado di soddisfazione e fra questi vi è appunto I tre moschettieri, un romanzo che l’autore scrisse nel 1844 e che ebbe un tale successo da dar vita a una trilogia, comprendente appunto I tre moschettieri, Vent’anni dopo e Il visconte di Bragelonne.
Del resto, a conforto del mio giudizio, vi è anche da dire che siamo in presenza di un classico fra i romanzi d’avventura, da cui peraltro sono state tratte anche diverse pellicole cinematografiche, con alterna fortuna.
Alexandre Dumas, autore piuttosto fecondo di opere di grande successo, fra le quali ricordo Il conte di Montecristo e Robin Hood, è riuscito con I tre moschettieri a congegnare un romanzo di cappa e spada, che presenta un ritmo costante, senza mai cadute, e quindi la condizione ideale per avvincere il lettore; non c’è però solo questo elemento positivo, perché, se pur apprezzabile, non avrebbe potuto decretarne il grande successo. Infatti, alla vicenda, ambientata in Francia nella prima metà del XVII secolo (tanto per intenderci l’epoca in cui regnò Luigi XIII, coadiuvato in qualità di primo ministro dal cardinale Richelieu), l’autore ha fatto partecipare personaggi che per loro caratteristiche, contrastanti e accattivanti, costituiscono un sicuro richiamo. Mi riferisco al giovane e valoroso D’Artagnan, un vulcanico guascone, tanto esuberante quanto assai abile con la spada, e intorno a lui, fidati compagni di avventura, sono il nobile e distinto Athos, l’ecclesiastico – ma con la veste talare temporaneamente abbandonata – Aramis, istruito e raffinato, nonché il sanguigno e valente Porthos. Questi quattro protagonisti, tutti moschettieri del re, una sorta di corpo di elite, devono vedersela pressoché quotidianamente con le guardie del Cardinale Richelieu, sempre nell’ombra a tramare, avvalendosi della collaborazione di personaggi poco raccomandabili, come Milady de Winter, donna di assai piacevole aspetto, ma anche notevolmente abile come spia. Non sto a raccontare l’intricata trama, piena di colpi di scena, sia per non togliere il piacere a chi volesse leggerlo per la prima volta, sia perché i fatti sono talmente tanti che ne sortirebbe un riassunto assai laborioso, e del resto le 644 pagine del libro non sono proprio poche.
Desidero, invece, mettere in evidenza i valori evidenziati nell’opera: la virile amicizia dei compagni d’avventura, che mettono in pratica sempre il loro motto Tutti per uno, uno per tutti, la fedeltà a chi governa la nazione (in questo caso il re) e al proprio paese (la Francia), tale da far passare in secondo piano qualsiasi ambizione personale, la coerenza, frutto di una dignità a tutta prova, il coraggio, quando necessario, e la ricerca della giustizia.
Ce n’è abbastanza per appagare qualsiasi lettore, anche il più esigente, che, pur non trovandosi di fronte a un romanzo altamente impegnato, non potrà esimersi dal considerare che, benché si tratti di letteratura d’evasione, ha una sua valenza, che non si limita a far trascorrere piacevolmente diverse ore, ma che lascia dentro le immagini di quattro protagonisti che per le loro qualità non possono che essere ammirati.
Da leggere, senza alcun dubbio.
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L'amicizia virile VS la Donna
Alexandre Dumas è stato uno dei romanzieri più prolifici mai esistiti, tanto che la sua titanica opera è stata sospettata più volte di essere il frutto di più mani. Comunque la si voglia pensare, resta il fatto che questo autore francese possedeva una fantasia brillante, un sacro ardore nel raccontare storie e nell’ambientarle in contesti storici verosimili. Amava il teatro e scrisse la sua buona dose di commedie. Suo figlio, l’autore de “La signora delle camelie”, non fu da meno.
Una delle opere più famose di Dumas è, ancora oggi, “I tre moschettieri”, un’epica storia di amicizia, duelli e amori ambientata durante il regno di Luigi XIII. Da questo romanzo e dai suoi seguiti (“Vent’anni dopo” e “Il Visconte di Bragelonne”, ambientati durante il regno di Luigi XIV) sono stati tratti innumerevoli sceneggiati e film per il cinema, più o meno riusciti.
Tutta questa attenzione sottolinea la validità senza tempo dei temi trattati dall’autore, la concretezza di questa storia di amicizia fra compagni d’arme e intrighi di corte.
Il romanzo inizia nel momento in cui il giovane D’Artagnan, non ancora ventenne, lascia il suo paesino in Guascogna per recarsi a Parigi e farsi moschettiere, sotto il comando del compatriota Tréville. Il carattere orgoglioso e sbruffone del giovane, però, lo mette nei guai subito oltre la soglia di casa. Per strada finisce per azzuffarsi con un misterioso uomo che fa sparire la sua lettera di raccomandazione e al quartier generale dei moschettieri offende tre soldati, guadagnandosi tre duelli (strettamente proibiti) entro la fine della giornata.
I tre moschettieri, tali Athos, Porthos e Aramis, sono quasi degli eroi, in città. Parteggiano per il Re e la Regina e si dilettano nel dare filo da torcere alle guardie del cardinale Richelieu, vero detentore del potere in Francia. D’Artagnan, invece di duellare con loro, si trova nella complicata posizione di decidere per chi parteggiare quando le guardie del Cardinale li sorprendono con le spade in mano e pretendono di arrestarli. Non impiega molto a schierarsi a fianco dei tre moschettieri, che gli sono più congeniali.
Nasce così una strana amicizia, un gruppo formato dai caratteri più disparati che però riescono a creare un perfetto incastro. Athos, posato e colto, di oscura origine nobiliare; Aramis, affettato e deciso a farsi prete ma coinvolto in un’appassionata relazione amorosa con una nobildonna; Porthos, vanitoso quanto forte, sanguisuga delle finanze delle proprie amanti; D’Artagnan, svelto con la mente quanto con la spada, fulcro e riassunto del gruppo di moschettieri.
Il giovane guascone si innamora della moglie del suo padrone di casa, la signora Bonacieux, e questo lo trascina in un complesso sistema di intrighi di corte che lo spingerà a compiere un viaggio fino in Inghilterra per salvare la Regina da uno scandalo, ordito dal Cardinale. I moschettieri portano a termine la missione, ma i guai non sono finiti. Prima la signora Bonacieux viene rapita, poi D’Artagnan finisce tra le grinfie dell’affascinante e malefica Milady, misteriosa donna alle dipendenze del Cardinale, e infine il gruppo si ritrova a partire per un assedio.
Il finale regala molti colpi di scena inaspettati e, nonostante l’ironia e il sense of humor che pervadono lo stile di Dumas per tutta l’opera, anche momenti di commozione.
Il romanzo sprizza gioia di vivere. L’amicizia fra uomini è il tema portante; le donne sono di volta in volta simboli da venerare, oggetti da usare per raggiungere i propri scopi oppure – tema di fondo – terribili nemiche. Non sembra casuale il fatto che sia la Regina adorata dai moschettieri che la terribile Milady (loro nemica giurata) portino lo stesso nome: Anna. Come dire: due facce della stessa medaglia, i due aspetti della donna che, nei romanzi successivi, si fonderanno vertendo totalmente al negativo la figura femminile.
Una storia di cappa e spada piacevole, moderna nonostante i secoli trascorsi, irriverente e goliardica, una lettura che scivola via come l’olio.
Centinaia di pagine che si vorrebbero leggere d’un fiato.
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Cappa e spada
Mi piacciono i libri di cappa e spada: esprimono sentimenti e valori sopiti nella nostra epoca. Ne "I tre moschettieri " Dumas coglie in pieno queste qualità e con i suoi paladini unisce le strette relazioni di questi personaggi al suo carattere e alla sua vita. Rapito da una narrazione rigurgitante di cavalcate per le strade di Francia e d'Inghilterra, di duelli, imboscate, risse e galanterie, il lettore vede scorrere sotto i suoi occhi uno spaccato della storia di Francia durante il regno di Luigi XIII. Finzione e realtà si fondono egregiamente. I moschettieri descritti da Dumas restano fedeli alla realtà pur esendoci vicende anacronistiche e il testo stesso cade in qualche contraddizione. Le qualità di questi spadaccini sono quelle d'essere focosi gentiluomini, fedelissimi al re, coraggiosi fino all'eroismo sui campi di battaglia, sfrenati edonisti al ritorno dalle campagne, brillanti figure con una loro personalità e caratterizzazione. "I tre moschettieri" si presenta come romanzo storico che si sfuma nel gioco più urgente della fantasia, ma che spia anche gli umori del suo lettore e si comporta di conseguenza. Ispirato da testi eterogei, a metà strada tra storia e fantasia, la lettura seduce per la solidità dell'impalcatura e il fascino dello stile: non è dei più eleganti, ma certamente tra i più vigorosi, coloriti e disinvolti; la morte è presentata senza sangue e senza angoscia. Dumas riesce a cogliere il tumultuoso dinamismo dei dialoghi e quel modo lieve ma rapido di raccontare: sa maneggiare come pochi l'arma della suspence e il lettore si lascia sempre eccitare e provocare. Il ragazzo con gioioso compiacimento. L'adulto con l'imbarazzo che si ha per gli illeciti diletti. Ciò che dà al romanzo un piacere duraturo ed universale è quella cameratesca e generosa amicizia che lo percorre, amicizia che non viene espressa a parole, ma testimoniata nell'azione al grido di "tutti per uno, uno per tutti". Seducente, affascinante, avvincente, pieno di vita è un testo che con piacere e gradevolezza si fa legggere d'un colpo, tutto d'un fiato e lascia nel lettore inesauribili fantasie rocambolesche.
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Un romanzo in cui l'amore muove tutti i personaggi
Quando ho visto il libro per la prima volta mi sono stupito di come la storia di tre (o quattro) moschettieri potesse essere contenuta e raccontata in un volume di 800 pagine.
Non sapevo davvero cosa aspettarmi. Ma dopo un inizio un po' lento e confuso il filo conduttore del romanzo si delinea in maniera netta: la netta contrapposizione tra forze cardinali e regali è mossa dagli intrecci amorosi, che sono l'anima e il motore del romanzo.
Infatti sono proprio le pulsioni amorose dei personaggi, regali e non, a muovere i personaggi che con le loro azioni determinano non solo il loro destino, ma anche quello di chi gli è apparentemente distante.
Ammetto che questo è il primo romanzo che ho letto con calma (di solito sono un gran divoratore) proprio perchè man mano che leggevo, volevo elaborare la storia e cercare di intravedere il suo finale.
Ma la fine si è rivelata in parte deludente perchè dopo essere andati incontro a quello che si può definire un epilogo scontato, i personaggi sembrano andare ognuno nella propria direzione quasi dimenticandosi quello che li ha uniti fino a quel momento, alimentando l'impressione di una discontinuità che si manifesta quando ormai la trama si è consumata.
Comunque non posso che dare un giudizio molto positivo per questo bellissimo racconto, che mi ha affascinato soprattutto per lo stile semplice ad una prima lettura, ma di assoluta superbia ad una lettura più attenta.
Quello che mi ha sorpreso leggendolo è stata la scelta del titolo, quasi a non dare importanza o a deviare l'attenzione del lettore, che si trova da subito alle prese non con le gesta di tre semplici moschettieri, ma tre gentiluomini in divisa, compari del vero protagonista della storia, nonchè il più astuto e allo stesso tempo ingenuo del quartetto, il mitico Monsieur D'Artagnan.
Curioso è stato anche vedere come l'autore abbia lasciato alcuni errori, discrepanze storiche tra quello che viene narrato e quello che è realmente accaduto, sia in termini di tempo che di luogo.
Consiglio il libro a tutti perchè a dispetto delle 800 pagine si lascia leggere volentieri.
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Che bugiardo Signor Dumas!
Nell'immaginario colletivo I tre moschettieri godono di una posizione privilegiata: non solo si crogiolano nella fama dell'albo dei classici, ma coinvolgono intere generazioni, grazie ad una forza espressiva che è cifra inconfondibile di Dumas stesso. Quella della trilogia dei moschettieri, di cui questo tomo è la prima parte, è un'ascesa imperante ed imperitura, che trova forza nell'appassionante vicenda, e quindi, nella menzogna.
Sì, perchè Dumas è il mentitore perfetto e e nello stesso tempo il più intelligente menzognere. Diciamolo subito.
Questo non è un libro corretto, ti prende in giro per oltre seicento pagine. E' tuttp falso a partire dal titolo. I tre moschettieri, Athos, Porthos e Aramis. In realtà si parla soprattutto del querto, D'Artagnan, e già il lettore rimane interdetto.
Dumas non è leale. Tradisce la tua fiducia muovendo i personaggi come marionette cosicché compiono gesti che poche pagine prima aborrivano. E il lettore, che tenta di affidarsi ad un personaggio, diviene sospettose e dietro ogni frase si aspetta la sorpresa, un fatto che illumini il passato dei protagonisti.
Troppo facile. Dumas ti ricatta: domina la curiosità, altrimenti farai una brutta fine. Certo, non lo dice apertamente, ma leggendo ci si accorge che tutti i personaggi che cercano di accaparrarsi nuove informazioni, cadono in una fittissima rete d'intrighi, una rete appiccicosa, che sobbalza all'arrivo di un enorme ragno pronto per divorarti. Allora sei immobile, e cerchi di districarti. Ti agiti tra tele d'amore, di coraggio, di odio, di amicizia, di denaro, di tradimenti, di lealtà, di guerra, di dolore, di distruzione, di vendetta e di poca compassione. C'è una cosa che manca: la verità. E' sempre nascosta, celata, criptata tra lettere e segnali segreti. Forse completamente assente. E' una verità che forse non esiste, anzi, si fa desiderare. Ma d'altra parte cosa ci si aspetta da un furfante del calibro di Dumas. Certamente, e questo è un merito, non è ipocrita. Come mentono i personaggi, mente lui stesso. così, va il mondo, E non ci possiamo opporre. Forze più grandi ci obbligano a mentire.
Ed ecco che irrompono prepotentemente in scena le due forze che regolano la società francese del seicento: il potere di Luigi XIII, il cui potere sembra quasi esautorato, e il cardinale Richelieu, vero detentore dell'autorità. Si ripresenta dunque il tradizionale conflitto tra realisti e cardinalisti, una disputa accessa e infiammabile, ardente, che sembra alimentarsi dei sotterfugi di uomini potenti che tramano dietro la facciata apparente. Fuoco che sembra dover divampare inevitabilmente, infiammato da una sorta di cospirazione ancestrale che esige la sofferenza di alcuni, la vittoria di altri.
Ed è in ciò che s'identifica l'amara riflessione di Dumas, consapevole dell'impossibilità di raggiungere la verità, del necessario dolore di alcuni per la felicità degli altri.
Mai sai caro Dumas, a me non m'inganni perchè io ero preparato ai tuoi intrighi, ai tuoi sotterfugi, alle tue menzogne e sono stato all'erta come i moschettieri di notte, ho cercato di interpretare gli sguardi come la crudele Milady per la quale, lo ammeto, ho provato compassione, ho intuito come il cardinale e ho soppesato l'oro, come tutti i tuoi personaggi. E anche se scrivi bene, caro Dumas, non mi abbindoli e mi sono accorto delle tue incoerenze, dei tuoi errori, e forse non li avrò scoperti tutti, ma con me non l'hai avuta vinta. Ma ti pare che un marito per accorgersi che la moglie ha un marchio infamante sulla spalla debba aspettare che ella cada da cavallo? Ma perpiacere.
Suvvia, ti perodno questo e molto altro, perchè il tuo romanzo è stato più avvincente di un thriller, più entusiasmante ed intricato di un giallo, più vivido di una biografia. Ma più falso della storia. La tua è anacronistica, ma non te ne è importato nulla, ti sei affidato allo stile e sui dettagli d'altra parte chi si sofferma quando è costantemente in gioco la vita dei tuoi paladini? Con me sei cascato male, ma mi hai ugualmente intrigato ed emozionato. Mi hai fatto sorridere e rattristare, scandendo le emozioni con tipici sobbalzi al cuore. E per questo ti ringrazio.
Il tuo romanzo ha raggiunto l'albo dei classici perchè mente spudoratamente ed è questo che, andando oltre la trama, di per sè straordinaria ed avvincente, mi è rimasto: la menzogna, unita ad uno stile semplice ma efficace, conduce un libro alla vetta della popolarità. Ciò può sembrare inquietante. Vero, ma è la realtà.
Alla fin fine ti rimprovero solo una cosa: percchè i tuoi personaggi sono tutti topoi, perchè non ci spieghi il perchè di come sono diventati assassini, uomini potenti o altro? Forse non t'interessava, forse hai scritto solo per divertirti. E probabilmente,se non fosse così, il tuo romanzo, al confronto di altri classici, impallidirebbe. Invece, grazie alle tue menzogne, alle tue odiose agnizioni, si gonfia, tronfio e altezzoso. Così come D'Artagnan al cospetto dei potenti.
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Un romanzo che colpisce dritto al cuore
Un libro emozionante e coinvolgente grazie all'innata capacità di Alexandre Dumas di intervallare momenti di profonda riflessione a momenti di pura comicità fino ad arrivare ad un’eccelsa descrizione degli avvenimenti. Nonostante sia un libro corposo, non vi è nulla che lo possa smentire, non risulta mai scontato o noioso. Confesso di non essere riuscita a distaccarmi per molto dalle sue pagine che racchiudono in una forma raffinata ed ineccepibile le avventure di d'Artagnan, dei suoi amici (Athos, Portos e Aramis) e gli avvenimenti e intrighi che li legarono inevitabilmente ai personaggi storici realmente esistiti riportati nella trama. Sono stata ammaliata da ogni personaggio e dalla capacità dell’autore di descriverne ogni minimo particolare, non tanto fisico quanto psicologico, ciò permette di comprendere realmente i loro comportamenti e, soprattutto, le loro indoli. Sono molti altri, però, gli aspetti che mi sono piaciuti di questo romanzo: l’amicizia vera e sincera che li supporta l’un l’altro sia negli aspetti più quotidiani, sia nelle grandi imprese di cui sono indiscussi protagonisti. L’orgoglio di indossare una stessa uniforme, di appartenere ad uno stesso “corpo” e di battersi per il loro re. La forza fisica e d’animo che si contrappone alla galanteria e alla “parola di gentiluomo!”. Tutto questo e molto altro sono i personaggi di questo romanzo.
Non sono mai riuscita ad immaginare un possibile finale grazie a colpi di scena del tutto inaspettati che lettore non può far altro che apprezzare. In un libro, in fondo, cerco tutto questo e Dumas è riuscito a trasmettere una storia e tutto ciò che ruota attorno ad essa in un modo davvero sublime. Molti possono improvvisarsi scrittori ma davvero pochi possono esserlo realmente, Dumas è a mio parere da annoverare in questi ultimi. In definitiva, come avrete potuto immaginare dalla mia recensione che probabilmente risulterà come un’esaltazione all’intera opera, non posso far altro che consigliare vivamente questo romanzo e annoverarlo sicuramente con orgoglio tra quelli letti e da leggere all’infinito.
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Elogio all'Amor Cortese
E bravo ancora Dumas! Fosti un grande scrittore, sei il migliore per me, sarai sempre un pilastro nell'olimpo dei classici.
Leggendo questo libro dall'inizio fino agli ultimi sgoccioli, ho avuto la sensazione che fosse un elogio a quell'amor cortese tanto rinomato nel Medioevo; la trama c'è tutta, è impossibile non ricondurre questo splendido romanzo a uno dei capolavori di Chrétien de Troyes (per chi non lo sapesse, autore del ciclo di re Artù e i Cavalieri della Tavola Rotonda).
Non per questo però dev'essere screditato, anzi: un romanzo cortese scritto nell'800, con lo stile inconfondibile, semi-perfetto, scorrevolissimo di Dumas non può fra altro che tenere il lettore incollato alle pagine del libro: io stessa facevo fatica a interrompermi mentre lo leggevo.
L'avventura continua di D'Artagnan al fianco dei celeberrimi Athos, Porthos e Aramis riesce a coinvolgere il lettore fino alla fine: il testo è pieno di colpi di scena, intrighi amorosi, cupe vendette e buone azioni.
Originalissimo ed emozionante, imprevedibile e vagamente ironico, in questo libro c'è davvero tutto il genio di Dumas che è impossibile non apprezzare. Il tutto in uno sfondo storico elegante e verosimile e con personaggi indimenticabili.
Forse è un romanzo più adatto ai ragazzi, ma credo che possa essere trovato bello e interessante da chiunque lo legga. Consigliato vivissimamente
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I Moschettieri!
Un Capolavoro. (e la C maiuscola non è un errore, anzi =))
La storia dei moschettieri, di Re Luigi XIII, di Richelieu, di Milady è conosciuta da tutti..sbagliato! =) Anche se molto famosa la conoscevo tramite film e non ha nulla a che vedere con questo stupendo, fantastico libro =)!!
Partendo dalla trama possimo dire solo che è perfetta, non perde mai la sua struttura e i colpi di scena sono dietro ogni pagina, che siano d'amore, di strategia politica o di duelli! C'è da dire che certi colpi di scena sono facili da intuire ma questo è dato dal fatto che per noi è un libro unico, quindi il capitolo appena letto è bene in memoria, mentre un tempo veniva pubblicato ad episodi, quindi c'era più suspance! =)
Oltre a questo c'è da sottolineare una valenza storica rilevante!
La scrittura è particolare perchè anche se composta, ogni tanto, da periodi lunghi e da qualche ripetizione, rimane estremamente leggera e scorrevole e con un tratto moderno che ti fa pensare che potrebbe essere stato pubblicato pochi anni fa! =)
Sui personaggi non c'è nulla da dire perchè sarebbe un sacrilegio spendere troppe parole su Athos, d'Artagnan, Porthos e Aramis quando, leggendo il libro, potete scoprirli da voi e conoscerli man mano! C'è da precisare solo che sono estremamente ben caratterizzati e levatevi le idee dei film perchè a confronto quelli dei film sembrano dei manichini =)
Comunque come già scritto è un'opera di Dumas quindi, per me, è come se avesse il marchio DOC!!
Curiosità:
- Ho notato che la frase "Tutti per uno, uno per tutti" viene detta una sola volta nel libro, quindi sottolineo quanto abbia catturato i vari lettori per essere una delle più conosciute! =)
- "I tre Moschettieri" è solo il primo di una trilogia..incredibile vero?! =D L'ho scoperto solo da pochi giorni! Quindi finita la lettura ci sono altri due libri dove poter continuare a conoscere i nostri personaggi! =)
CONSIGLIATISSIMO!!
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I tre moschettieri.
"Tutti per uno e uno per tutti."
Bello, bello e bello.....questo è veramente un libro da annoverare tra i classici di tutti i tempi, in grado di non passare mai di moda, di non venire mai a noia e di rendere felici e soddisfatti di aver intrattenuto il proprio tempo leggendolo.
Un libro di avventura, di amori, di intrighi, di passione, di amicizia e tanto altro ancora grande Dumas che ci ha lasciato questa eredità!
"La vita stessa può essere racchiusa in tre parole: Erat, est, fuit."
"La vita è un rosario di piccole miserie che il filosofo sgrana ridendo."
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Tutti per uno, uno per tutti!
Letto da ragazzina durante un'estate afosa. Appassionata dei cartoni animati di Lady Oscar e Tulipano nero, ho ritrovato nel romanzo di Dumas la stessa dose di avventura e me ne sono innamorata.
Ottimo romanzo, carico di sentimenti nobili e cavallereschi, di amicizia, di onore. Trappole, sfide per cuori impavidi. Chi non si è mai innamorata di d'artagnan?
Consigliato anche ai grandi, ritrovarsi in un mondo dove l'onore il rispetto e la parola sono ancora importanti non sarebbe piacevole?
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