I miserabili
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Morire non è nulla; non vivere è spaventoso
“Il libro che il lettore ha sotto gli occhi in questo istante è, dal principio alla fine, nel suo insieme e nei suoi particolari, e quali che ne siano le intermittenze, le eccezioni e le manchevolezze, il cammino dal male al bene, dall'ingiusto al giusto, dal falso al vero, dalla notte al giorno, dall'appetito alla coscienza, dal fermento alla vita, dalla bestialità al dovere, dall'inferno al cielo, dal nulla a Dio. Punto di partenza, la materia; punto d'arrivo, l'anima. L'idra al principio, l'angelo alla fine.”
Victor Hugo con uno stile indimenticabile racconta la Francia di inizio Ottocento. I suoi protagonisti sono i miserabili del tempo, l'autore li rende così veri e tangibile che le loro sofferenze diventano le nostre. Il libro non è solo una denuncia della situazione al tempo, è anche un susseguirsi di vicende, una più drastica dell'altra, ma che comunque lasciano un piccolo spiraglio di speranza per il domani.
Non voglio raccontare niente sulla trama perché io l'ho letto senza sapere nulla e così me lo sono completamente assaporato. La mia versione conta oltre 1200 pagine, quelle dedicate alla narrazione della storia volano una dietro l'altra; quelle che invece Hugo dedica a delle lunghissime digressioni sono meno scorrevoli ma servono a rendere chiaro l'intento dell'autore. Avrei preferito meno digressioni? Si, alcune sono state davvero pesanti, altre hanno allargato i miei orizzonti e aiutato nella comprensione della storia.
“I miserabili” è un libro che va assolutamente letto, quello che posso consigliare è di farlo in un momento tranquillo della vita, la storia è lunga e sofferente ma già durante la lettura si ha la consapevolezza di avere un capolavoro fra le mani.
Hugo ha dato luce ai miserabili, quella parte della popolazione che spesso viene evitata dai grandi scrittori, per lui diventano il fulcro del libro.
“Da molto tempo aveva lasciato la sua celletta del secondo piano per andar a stare in una soffitta sotto il tetto, chiusa da un saliscendi, una di quelle stamberghe in cui il soffitto è inclinato rispetto al pavimento e vi fa battere la testa. Poiché il povero non può andare in fondo alla sua stanza, né in fondo al suo destino, se non curvandosi sempre di più”.
Un libro lungo, intenso e che fa soffrire. Un capolavoro che va letto, il mio quattro alla piacevolezza è solo legato alle lunghe digressioni, alcune sono state davvero infinite.
Buona lettura!
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Come si recensisce un capolavoro?
Ci ho messo quasi tre mesi, ma ieri sera ho finalmente terminato la mia terza lettura de “I Miserabili”. Ho letto circa un capitolo al giorno, ho voluto fare le cose con calma in modo tale da assaporare questo capolavoro parola per parola, frase per frase. Incontrai per la prima volta i personaggi di quello che già a pagina 200 sentivo sarebbe diventato il mio libro preferito circa sei anni fa. Ero all’università e con un compagno di corso avevamo deciso che le noiosissime tre ore di diritto processuale civile, lezioni che per sostenere l’esame eravamo obbligati a frequentare, sarebbero state sicuramente meglio spese se dedicate alla letteratura.
Ho voluto fare questa premessa perché è veramente difficile recensire un capolavoro del genere. Quella nata dalla penna di Hugo E' una storia straordinaria, che si dipana pagina dopo pagina raccontando le vicende di tutti i personaggi, fornendo oltretutto un dettagliato affresco della situazione politica, sociale e culturale del tempo.
Il filo comune che lega le vicende dei protagonisti, in quello che lo stesso Hugo definì il suo capolavoro, è L'amore nelle sue svariate forme: amore materno, paterno, filiale, per la patria, per i propri ideali, per la giustizia. Il cammino verso la redenzione di Jean Valjean lo porterà, infatti, ad incrociare Monsignor Bienvenu, Fantine, Cosette, il terribile ispettore Javert, Marius, Enjorlas e gli altri giovani studenti rivoluzionari protagonisti delle lotte del 5 giugno 1832, i malvagi coniugi Thenardier, l’infelice Eponine e molti altri personaggi che definire straordinari è riduttivo.
Hugo ci lancia inoltre un messaggio importantissimo e sempre attuale: Jean Valjean, protagonista assoluto delle vicende del romanzo, il ladro recidivo, il forzato, bollato per sempre come ex galeotto, è l’emblema di come chiunque, per quanto Miserabile sia, possa trasformarsi da peccatore in virtuoso, purché gli si dia fiducia.
La nota dolente, inutile negarlo, sono le interminabili digressioni che trasformano un romanzo avvincente e ben scritto in un interminabile mattone di 1400 pagine. Appellandomi al “diritto di saltare le pagine” (n. 2 del celebre decalogo di Pennac), il mio consiglio spassionato per coloro che vorrebbero leggerlo ma sono scoraggiati dalla mole è il seguente: le digressioni, specialmente quelle di oltre 100 pagine riguardanti la battaglia di Waterloo e quelle sul sistema fognario di Parigi – bellissime ma inutili ai fini della trama, in quanto costituiscono un mero sfoggio di erudizione dell’autore – se la noia dovesse avere la meglio lasciatevele alle spalle!
Vi segnalo un paio di curiosità: numerose sono le analogie tra il personaggio di Jean Valjean e Napoleone Bonaparte. In particolare, molte date che nel romanzo segnano gli avvenimenti importanti nella vita dell’ex-forzato coincidono con quelle di avvenimenti altrettanto importanti verificatisi nella vita dell'Imperatore. Per fare qualche esempio, entrambi sono nati nel 1769; le date della prima cattura e del rilascio di Jean Valjean coincidono con quelle dell'ascesa e della caduta di Napoleone, rispettivamente 1796 (anno della campagna d'Italia) e 1815 (anno della battaglia di Waterloo). Ancora, le date dei quattro falliti tentativi di evasione di Jean Valjean coincidono con la Battaglia di Marengo (1800), l’anno in cui ottiene il consolato a vita (1802), l’anno della Battaglia di Jena (1806) e quello della Battaglia di Wagram (1809). Infine, sebbene Jean Valjean muoia 12 anni dopo l'Imperatore francese, il 1821 è l'anno della morte del Vescovo di Digne, guida spirituale di Jean Valjean.
Sebbene non sia possibile considerare Jean Valjean un personaggio autobiografico, alcune delle azioni da lui compiute nel romanzo prendono spunto da eventi reali accaduti al suo stesso Victor Hugo. Fra le tante, si possono ricordare la difesa di Fantine di fronte a Javert, che richiama una vicenda analoga narrata anche nella raccolta di memorie "Choses vues", in cui Hugo racconta di aver preso le parti di una popolana arrestata dalla polizia per aver insultato un borghese. Il ruolo svolto dal protagonista durante la sommossa del 5 giugno, inoltre, ricorda la condotta tenuta da Hugo il 2 dicembre 1851, durante il colpo di stato di Napoleone III (evento narrato anche nel racconto Histoire d'un crime). Come Jean Valjean, infatti, l’autore si prodigò per aiutare gli insorti senza però ferire né tantomeno uccidere nessuno.
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Monumento alla letteratura mondiale
Questo infinito romanzo è forse uno dei più grandiosi libri mai scritti.
Un inno all'amore verso la letteratura, che un genio tra mille fatiche ha donato per sempre all'umanità.
I miserabili hanno avuto miriadi di adattamenti cinematografici, teatrali, pubblicitari.
E' tra i libri più famosi e importanti della storia.
Quando si ha in mano questo libro, si ha sempre un po di timore di non riuscire a finirlo.
Eppure la storia è talmente fluida, gradevole, coinvolgente che le pagine (almeno nel mio caso) me le sono letteralmente divorate.
Non tutto il libro è allo stesso modo gradevole. Ci sono molte parti prolisse e tediose.
Alcuni personaggi sono veramente odiosi e meschini, che si sente quasi repulsione a continuare a leggere di alcune vicende.
Ma la grandezza di quest'opera è nel fatto che riesce a far luce su un'infinità di meccanismi psicologici e sociali che sono alla base della convivenza tra gli uomini.
I miserabili del titolo, non sono solamente individui con difficoltà economiche o barboni. Quì il concetto si allarga a quasi tutti gli strati sociali. Essere un miserabile per esempio può riguardare un nobile o un poliziotto che usa il proprio potere per sottomettere il prossimo.
Un miserabile è colui che perde la strada maestra e si ritrova in una solitudine senza possibilità di salvezza.
I miserabili sono tutti coloro che hanno barattato i proprio valori per raggiungere ricchezze sfrenate o soddisfare immondi desideri.
La popolazione che descrive il genio francese, spazia su tutte le caste sociali, nessuno si salva dal suo occhio indagatore e da chirurgo dell'animo umano.
La storia di fondo è abbastanza semplice e lineare, quello che la rende unica è proprio questo scandagliare in maniera quasi maniacale i mille segreti che si nascondono nel cuore delle persone e che indirizzano i comportamenti al di là se uno ha da mangiare del caviale pregiato o da rosicchiare un osso lasciato da un cane randagio.
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Il libro che chiunque dovrebbe leggere
In un mondo in cui l'empatia si dirige al patibolo libri come I miserabili vanno preservati quanto l'acqua e il pane. Un viaggio nei bassifondi dell'umanità che ci mostra come l'essere "miserabili" può voler dire tante cose, dall'essere poco onesto all'esserlo perfino troppo. Un intreccio narrativo degno dei migliori gialli, una qualità della scrittura difficilmente arrivabile e una descrizione dell'umanità che scava nel profondo di ognuno di noi. I miserabili fa parte del gruppo delle opere "totali" in cui troviamo l'élite della produzione letteraria di tutti i tempi, come I Fratelli Karamazov di Dostoevskij e Alla ricerca del tempo perduto di Proust. Hugo è... incredibile. Passa in un istante da un ritmo lento in cui quasi prende a schiaffi il lettore con la sua cultura infinita, basti pensare alle descrizioni maniacali di eventi come Waterloo o l'intera storia di un convento, a un ritmo sostenuto mentre narra gli eventi della rivoluzione di luglio portandoci direttamente sul campo di battaglia. I miserabili è un'opera magnifica su cui ci sarebbe molto da dire ma, un po' per rispetto un po' per timore, essere brevi spesso è preferibile. Oltre 1300 pagine di emozioni straordinarie
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L'autentica grandiosità di un miserabile
Un'opera come quella di Hugo, la cui fama grava, possente su qualsiasi appassionato lettore che si accinga a sfogliarne le pagine, non può essere sintetizzata né commentata da poche e semplici parole né da interminabili e complessi discorsi: quando si ha a che fare con un capolavoro è sufficiente un termine per spiegare tutto, INEFFABILE. Non è possibile descrivere un romanzo di questo calibro, non si può che leggere e apprezzare in ogni singola frase, ciascuna delle sue oltre 1500 pagine di perfezione. La storia dei personaggi cattura fin dal primo momento il lettore, avvolgendolo in una voragine di emozioni e profonde esperienze da cui è difficile uscire, tale è l'autentica bellezza che le caratterizza. L'amore, il patriottismo, la storia: ecco gli ingredienti fondamentali della ricetta di una grande opera. Hugo alterna parentesi storiche narrate con sincerità e oggettività, a poetiche pagine colme di profonde verità individuali; dipinge sapientemente i personaggi e ci fa piangere con loro quando soffrono, sorridere nei loro momenti di gioia. I miserabili sono gli unici a poter rappresentare e abitare la Parigi dell'epoca, questa città personificata, ricca di insidie e di tenebre, ma anche di raffinatezza e luminosità. Come una donna dall'inspiegabile sensualità che cattura gli uomini nei suoi vicoli ciechi, nelle strade buie, nelle fogne fangose, ma che diviene anche teatro di grandiose gesta e atti di coraggio, infiammata dalla passione dei giovani come Enjolras. Tuttavia, colui che emerge e che domina l'intero romanzo, nella sua miserabile santità, è Jean Valjean. L'uomo che trova la forza di liberarsi dai propri demoni grazie alla benevolenza del sacerdote Myriel, che ritrova la parte migliore di sé e la pone al servizio degli altri, in particolare di Cosette. Un miserabile, un individuo povero ma che riesce a costruire la propria fortuna e che ama condividerla con gli altri. Jean Valjean, papà Madeleine, il signor Fauchelevent, molteplici nomi ma una sola, integra personalità: quella di colui che vive al servizio della proprio coscienza, duro con se stesso, generoso con il prossimo, che biasima con fermezza le proprie colpe e commette sommessamente semplici gesta eroiche. Dall'altra parte Thenardier, anch'egli miserabile, ma non di quelli che si ergono al di sopra della melma fangosa, che si innalzano con ciascuna fibra del proprio corpo per raggiungere la luce, bensì un individuo che impara a nuotare in quelle acque paludose e scure, che sopravvive e non si cura di nessuno se non di se stesso. Tuttavia, come dimostrato al termine del romanzo, per quanto dura possa essere la vita e ingiusta la legge, di fronte al giudizio divino, tutti i conti vengono parificati e solo colui che ha dimostrato di possedere un volto sporcato dalla terra e dal sangue, ma un animo lipido come l'acqua cristallina di una fonte, riceve l'amore e la tranquillità che merita, trasformandosi in un meraviglioso angelo che veglia sui suoi cari; l'altro, al contrario, per quanto possa tentare di lavare via il fango da quella coscienza macchiata dal crimine e dalla malvagità, è destinato all'eterna solitudine.
E come dimenticare la tenerezza di Gavroche? Un ragazzino costretto a crescere troppo in fretta, povero di denaro ma ricco di gentilezza, che pur essendo orfano è in grado di comportarsi come un padre. Potrei inoltre spendere fiumi di parole su Marius e Cosette, ma non voglio rivelare troppo di questo romanzo, preferisco lasciare a voi il giudizio e soprattutto il piacere di leggere un capolavoro di questa portata. Non nascondo che la mole del libro può scoraggiare all'inizio e rende incredibilmente soddisfatti alla fine, quando ci si rende conto che non è stato affatto difficile nè gravoso completare una lettura così piacevole, ma credo che ritornerò a sfogliarne le pagine una seconda volta in futuro, quando osserverò i personaggi con gli occhi dell'esperienza e magari dopo aver approfondito una parentesi essenziale della storia non solo francese, ma mondiale: Napoleone e le eredità della Rivoluzione Francese.
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RECENSIONE INUTILE!
Come si fa a recensire un capolavoro su cui fiumi d’inchiostro sono già stati versati e miriadi d’interpretazioni critiche sono state elaborate. Mi limito a dire cosa può piacere a un lettore d’oggi d’un romanzo dalla lunghezza interminabile e cosa invece è di difficile digestione. Cominciamo dalle pagine davvero insopportabili( il che non significa brutte, perché in realtà sono davvero mirabili, scritte con rigore certosino e hanno una giustificazione nell’economia del libro): si tratta delle digressione storiche sulla battaglia di Watherloo o sulla monarchia di luglio e sulla stessa fisionomia di Parigi. In secondo luogo si fa fatica a entrare in sintonia con la retorica e i voli pindarci su Dio e sull’amore di cui è pervasa la prosa di Hugo: oggi non si ama più cosi, le anime non sono più cosi pure e forse chi è religioso non prega più Dio in questo modo. Ma detto questo i “Miserabili” è un gioiello davvero. In primo luogo per la storia con le sue mille ramificazioni che lo rendono un edificio dall’architettura davvero ineguagliabile, tanto più che in essa si mescolano il male e il bene, la dannazione e l’utopia di una redenzione. E in ultimo se si vuole toccare con mano cosa potesse significare essere poveri più o meno 100 anni fa basta aprire una delle tante pagine del romanzo e la fame, il freddo, il ribrezzo ispirato alla gente lo senti sulla tua pelle.
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Un quadro fatto di parole e semplice umanità
E’ finita. Mi ci è voluto un mese, ma alla fine ho completato la lettura di questo titano. Inutile dilungarsi su questioni di stile, se certi scrittori sono definiti grandi ci sarà pure un motivo. Questa è letteratura e le digressioni, che in questo caso non mancano affatto, sono parte fondamentale della grandezza delle opere e dei loro autori, anche se non vi nascondo che nel caso de “I Miserabili” alcune le ho trovate sublimi, come la narrazione della battaglia di Waterloo, altre meno.
“I Miserabili” è un affresco che Hugo ha dipinto con le parole come Jacques-Louis David avrebbe fatto con il pennello. Sullo sfondo, la Francia e in particolare la sua amata Parigi, colorata in tutte le sue sfumature e popolata di eroi e miserabili che brillano e si oscurano ognuno di una luce o di una tenebra diversa. All’alba di una nuova era della civiltà, nel bel mezzo della rivoluzione del mondo che ebbe inizio in Francia, queste figure colorano quello scenario e ci mostrano alcuni degli innumerevoli e profondi aspetti che può assumere l’animo umano, e tutte insieme all’interno di quel magico e allo stesso tempo tetro sfondo, daranno vita a un magnifico quadro d’umanità.
E in questo quadro, ecco quello che ho visto.
L’amore materno e disposto a tutto è Fantine. Con i suoi colori caldi e rassicuranti culla tra le braccia la piccola e fragile creatura che ha messo al mondo, per la quale darebbe la vita.
L’ispettore Javert se ne sta in un angolo, inamovibile, ma nonostante questo sembra essere presente in ogni dove con il suo occhio indagatore e irreprensibile nella giustizia. Eppure fragile come il granito della legge al cospetto della misericordia divina.
Marius e Cosette illuminano una valle isolata avvolta dalle tonalità rosee dell’amore, che non conosce turbamenti, nemmeno quelli passati, non importa quanto essi siano stati intensi o prolungati.
Osservando con avidità e invidia il resto del mondo avvolto dalla luce e dai colori, relegati nel loro cantuccio di oscurità se ne stanno i Thenardièr, ma non tutti, perché non è detto che chi nasce nelle tenebre voglia necessariamente morirci.
E poi c’è lui. Jean Valjean. L’umana dimostrazione di come ogni anima, per quanto sporca e miserabile, sia degna del perdono di Dio e possa trasfigurarsi in uno scrigno di bontà. Egli incombe su questo quadro di vita come una chimera che si tramuti in figura angelica, facendo splendere quel dipinto di una luce sfolgorante. Questo accecante splendore scaturisce semplicemente da quel cuore che Dio ha toccato e mutato, in una profondità nella quale ogni semplice uomo avrebbe paura di guardare.
“L'occhio dello spirito non può trovare in nessun luogo più splendore o più tenebre che nell'uomo; non può fissarsi su nessuna cosa che sia più temibile, più complessa, più misteriosa e più infinita. Esiste uno spettacolo più grande del mare, è il cielo; esiste uno spettacolo più grande del cielo, è l'interno dell'anima."
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Un’ illustre storia della Francia ed una toccante
Francia della Restaurazione, dove i legittimi sovrani, spodestati del loro trono dagli eventi rivoluzionari, con un colpo di spugna si illudono di poter cancellare i fermenti insurrezionali che sono stati solo soffocati, ma che ardono sotto la cenere dell’insoddisfazione e della mancata uguaglianza tanto desiderata.
Questo è lo sfondo politico-sociale sul quale si staglia questa monumentale opera di un Hugo maturo, che ha vissuto in prima persona la parabola discendente della gloriosa fase napoleonica fatta di fasti e conquiste e del successivo e forzato ritorno legittimista della Casa Regnante.
Di questa fase così delicata egli non farà solo menzione, ma si adopererà a farne una lunga trattazione e addirittura a ricavare dei personaggi, come gli eroici Prouvaire, Combeferre, il piccolo Gavroche e tutta quella sfera di piccoli “monelli” che, non riuscendo a trovare un propria sistemazione in una società che abbandona, per l’appunto, i miserabili, ingrossano le file dei repubblicani che ancora credono di poter realizzare un sistema basato sull’uguaglianza.
Miserabili sono, dunque, i non ascoltati dai potenti, i derelitti per i quali, in un sistema basato sulla casta, non ci dovrebbe essere posto perché il vivere dignitosamente è garantito solo a chi siede ai tavoli del potere o ha in qualche modo contatto con loro.
Una prospettiva desolante, quindi, ma l’autore accende una fiammella di speranza con il suo protagonista, l’ex forzato Jean Valjean che, nel corso degli anni e grazie all’indescrivibile amore per una bambina non sua, ma per la quale scoprirà di provare una devozione paterna, avrà una crescita morale e culturale, pur tra tantissime difficoltà, che, alla fine dell’opera, si mostrerà completamente differente rispetto alla descrizione che di lui si fa all’inizio del romanzo.
Intorno al trasformista Jean, che dovrà assumere vesti ed identità differenti per sfuggire all’ossessivo inseguimenti del fido Javert, ed alla ingenua e pura Cosette, si staglieranno figure positive che contribuiranno alla catarsi dell’ex forzato (come Monsignor Myriel ed il signor Fauchelevent), ma anche figure di “miserabili” abietti e malvagi (come gli atroci Thenardier), personaggi che, rispettivamente nella loro bontà e nella cattiveria spietata, arricchiranno l’opera dell’esame del poliedrico animo umano, che può essere contemporaneamente incline alla bassezza morale, ma anche a slanci d’amore assolutamente straordinari.
Ho letto questa voluminosa opera d’arte tutta d’un fiato perché non solo arricchisce il bagaglio culturale di ognuno, ma contribuisce a farci comprendere il senso della vita. L’instancabile pazienza di Valjean ed il suo cuore puro possono davvero essere d’insegnamento a ciascuno.
Lo stile linguistico è scorrevole, a volte aulico, ma mai pesante. Più volte mi sono ritrovata ad immaginare le scene che il grande Hugo descriveva minuziosamente e questa capacità, si sa, è prerogativa dei grandi scrittori.
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Les Misérables
Si tratta di un romanzo pubblicato per la prima volta nel 1862.
Al suo interno narra la storia di personaggi vissuti durante la Parigi post restaurazione, precisamente nel periodo che partiva dal 1815 fino al 1833.
Il titolo fa riferimento proprio ai ceti più bassi che vivevano nelle peggiori condizioni e catapecchie della Francia.
I personaggi cercano continuamente di sopravvivere a moltitudini di momenti spiacevoli, intramezzati da pochi periodi di redenzione.
L’autore con il suo stile unico è riuscito a delineare ogni personaggio nel più piccolo particolare inserendo anche alcuni importanti fatti storici dell’epoca.
Che altro dire?
È un’opera bellissima con una trama avvincente che racconta nei minimi particolari la vita dei più disagiati.
Il personaggio che ci accompagnerà per tutta la storia sarà un ex galeotto di nome Jean Valjean e proprio attraverso i suoi occhi vivremo questa immensa storia raccontata con estrema precisione.
Un libro davvero appassionante che ci fa capire che anche chi vive nei ceti minori ha una dignità e cerca in tutti i modi di tenersela stretta anche se il lavoro che è costretto a fare in un certo senso gliela fa perdere.
Non mi resta che augurarvi buona lettura!
Un'epoca in un libro
Qualsiasi tentativo di elogio si possa rivolgere ad un’opera letteraria del calibro de “I miserabili” denota di per se, a parer mio, un’assoluto sovraccarico di presunzione. Questo lo si intuisce immediatamente di fronte alla mole culturale di questo lunghissimo romanzo, ed è inevitabile chiedersi quale comune mortale possa permettersi realmente di darne un’opinione appropriata. A scapito della mia integrità morale, decido coscientemente di peccare di quella sopracitata presunzione e lancio il mio misero parere a proposito del capolavoro indiscusso di Victor Hugo.
Premessa: questo è il mio primo approccio all’autore. Conseguente consiglio: mi sembra un ottimo inizio, per chi volesse affrontare l’intero corpus delle opere di Hugo credo che un principio così eclatante sia perfetto e dia fin da subito la misura su chi ci troviamo di fronte. Nientemeno che un genio, ma questo non è nemmeno necessario che lo dica.
“I miserabili” non possiede una trama, possiede un mondo e un’epoca. È di per se il racconto dettagliato, veritiero ed appassionante della prima metà del XIX secolo, definirlo “spaccato” è quanto di più calzante si possa trovare per denominare questo romanzo. Lo spaccato di una società messa a nudo e analizzata minuziosamente dall’occhio acuto di Hugo, dalla sua mente apparentemente onniscente. Uno spaccato in cui si muovono una miriade di personaggi di tutte le estrazioni sociali, di tutti i ceti in cui era suddivisa la società francese dell’Ottocento, attraverso i quali conosciamo la vità nelle campagne, la vita di personaggi miserevoli che conducono la propria esistenza sotto la cattiva stella della povertà, che navigano attraverso la moltitudine di persone conducendo vite al margine, intrisi, in certi casi, di buon cuore, in altri di pura perfidia. Personaggi gretti in via di redenzione morale, come Jean Valjean, si alternano a personaggi oscuri e malvagi che svelano a poco a poco la loro malignità, perloppiù legata al soldo, come i Thenardier. La magnifica figura di Cosette prende poi il sopravvento, strappata alla povertà e alla schiavitù fino a giungere ad un ideale di purezza muliebre tipica del romanzo ottocentesco. La gruppaglia di mendicanti, ladroni e fuorilegge ci prende per mano e ci porta a visitare i bassifondi malfamati della periferia di Parigi. L’ispettore Javert, con il suo granitico senso del dovere e della giustizia, ci impone il suo modo di pensare e ci fa contemporaneamente implorare una sua presa di coscienza. Tantissimi altri personaggi, caritatevoli, giusti, ingenui ci fanno commuovere, tanti altri, gonfi di risentimento verso le istituzioni e di coraggio e buona volontà per volerle cambiare, ci rapiscono con monologhi che rimangono indelebili nella memoria come fari indiscussi del libero pensiero.
Tutto questo inframmezzato da accuratissimi capitoli di carattere prettamente storico, che riepilogano in modo assolutamente prezioso gli episodi salienti e incisivi della storia “recente” della nazione francese: l’avvento di Napoleone e la sua sconfitta, nella celeberrima parte dedicata per intero allo svolgimento della battaglia di Waterloo, la grande insurrezione parigina delle barricate contro il sovrano fantoccio salito sul trono dopo il decadimento degli ideali imperiali. Ma troviamo anche dettagliatissimi capitoli che raccontano della vita all’interno degli ordini monastici, dei circoli politici cittadini e di tanto altro.
Insomma, come si può evincere, una quantità spropositata di preziosissimo materiale storico cui attingere, sullo sfondo, o, forse, con un ruolo altrettanto importante a quello delle vicende più strettamente narrative. Un’opera emozionante da ogni punto di vista la si guardi, qualcosa di immenso che prevede un prima e un dopo. La sensazione di aver vissuto qualcosa di straordinario dopo la conclusione de “I miserabili” è terribilmente concreta da essere quasi palpabile. Credo si subisca una sorta di cambiamento che eleva i canoni di valutazione letteraria nel lettore che porta a termine questo lungo viaggio. Viene considerato un classico, ma non è un classico qualunque, e forse, mi si perdoni, non per tutti. Le parti storiche sono particolareggiate ai limiti della manìa e non faccio fatica a credere che molti lettori si perdano facilmente d’animo e di spinta davanti a dieci pagine di strategie militari analizzate al centimetro. È normale, ma è importante dargli una chance poiché la sensazione di portare a termine un così imponente percorso è veramente impagabile, sempre nel rispetto della propria idea di “lettura” come qualcosa di piacevole, libera da obblighi verso qualcosa che non incontra il proprio gusto.
In definitiva, se volete rivivere un'epoca, se la state cercando in un blocco di carta stampata, questo è indubbiamente ciò che cercate.
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Saga di vincitori e vinti
Possente affresco che abbraccia un periodo piuttosto burrascoso per la storia francese I miserabili ruota intorno al magnifico personaggio di Jean Valjean ,nato vinto per dirla col Verga ma destinato a una vita da vincitore poiché il riscatto è il tema principale della sua vita. Accanto a lui la dolce Cosetta, derelitta come una triste allodola all'inizio del romanzo, forse un po' viziata e inconsapevole verso la fine e l'altra infinita pletora di personaggi che da soli potrebbero reggere l'intero libro. Ogni pagina è un episodio immane che spiega a pieno il talento di questo scrittore francese magniloquente e capace solo di affreschi epocali.Come non provare simpatia per Gavroche, il simbolo del monello parigino che ha il suo momento di riscatto donando la sua vita per la libertà come cento anni dopo accade ai garzoncelli napoletani durante le mitiche quattro giornate.Come non odiare l'inflessibile rigidità dell'ispettore Javert, incapace di comprendere che esistono altre vie per raggiungere la catarsi.Impossibile per chi leggendo era imbevuto degli ideali di libertà e indipendenza non identificarsi con la giovanile passionalità di Marius, scisso tra il suo animo repubblicano e l'affetto per il nonno parruccone strenuamento legato all'ancièn régime.
Una saga forse un po' indigesta per l'eccessivo dilungarsi caratteristico di Hugo ma da leggere almeno una volta.Appassionante malgrado un po' datato per i criteri di scelta del lettore moderno
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Il romanzo
Ottobre, 1815. Una strada polverosa. É quasi il tramonto e un uomo stanco, con la testa rasata e la barba incolta giunge nella cittadina di D.
É segnato dalla vita.
Nessuno sa chi sia. Forse é un viandante, ma il suo aspetto é troppo miserabile. Si é mai visto un pellegrino piú malridotto?
L'uomo ha un nome: Jean Valjean.
É stato condannato all'ergastolo....vent'anni, tra evasioni e catture, per aver rubato un pezzo di pane. Valjean non ha più un nome, é diventato un numero, il 24601. Ha perso fiducia nella vita, nella società e in se stesso, perché se hai un animo onesto, la galera ti convince del contrario; é in questo luogo di solitudine e rassegnazione che perdi te stesso, la strada maestra.... e diventi un miserabile agli occhi del mondo.
Per tutti peró c'é un'altra occasione, un'opportunità....; a Jean Valjean si presenta sotto le vesti di un monsignore, il vescovo Myriel.
Myriel crede in lui, crede nella sua bontà nascosta ma non perduta e Valjean la riscopre e si redime; diventa un altro uomo; riprende la vita da dove é stata interrotta con una consapevolezza in piú: fare del bene e dare un'opportunità a chi é stato schiaffeggiato dal destino.
Ed é questo il grande insegnamento di questo splendido racconto. Non siamo di fronte ad un romanzo qualsiasi: questo é il romanzo per eccellenza, il romanzo del popolo che parla del popolo. Leggendo queste pagine impegnative e struggenti tutto il nostro essere si eleva e veniamo rapiti da un profondo senso di umiltà, dalla consapevolezza di ciò che siamo e di ciò che meritiamo,da un forte sentimento religioso,dal coraggio, dall'affetto derubatoci e poi restituitoci e dall'amarezza dell'ingiustizia.
Cosa può dare di più un racconto?
Siamo al cospetto di una pietra miliare della letteratura, un romanzo che non morirà mai...accompagnerà ancora le generazioni future donando risposte e aprendo nuove domande. Un libro dal grande valore umano e narrativo.
Grazie Victor Hugo!
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IL libro
«Questo libro è un dramma che ha l’infinito come personaggio principale. L’uomo è il secondo».
Vorrei iniziare questa recensione con qualcosa che colpisca il lettore, con qualcosa che lo incolli a questa pagina e gli faccia comprendere quanto fondamentale è il libro che ho appena finito di leggere. Ma mi sento svuotata di belle parole, come se solo Hugo fosse in grado di partorirle, e mi sento orfana di pagine che non dimenticherò, pagine che racchiudono una storia indelebile raccontata con una voce soave e sibillina. Mi sento triste per gli accaduti raccontati e per la sorte dei personaggi che in questo arco di tempo – di lettura – sono diventati miei compagni di viaggio.
Avrei voluto fare un commento lucido, analitico e critico di questo Romanzo. Avrei voluto, ma non ci riesco. Non con in testa ancora il ronzio della voce di Hugo. E non sto qui a presentarvi la sinossi, sarebbe troppo riduttivo. Perché dentro la penna dello scrittore francese c’è il mondo, ed è proprio quello – nella sua interezza – che egli è riuscito a riversare su carta. Potrei parlarvi delle piccole perle di saggezza ed eleganza descrittiva sparse nel testo; potrei citarvi quel lunghissimo elenco di vere piccole perle sull'animo ed il comportamento umano (sulla zia di Marius: "Era triste di una tristezza oscura di cui non possedeva ella stessa il segreto: c'era in tutto il suo essere lo stupore d'una vita finita che non è mai cominciata"); potrei elogiare gli ottimi dialoghi: nella “Repubblica”, Platone sosteneva che il modo mimetico della narrazione è quello che riporta i dialoghi in modo diretto, ed è un modo pericoloso, perché al lettore gli si confondono le idee e non capisce se a parlare è lo scrittore o direttamente il protagonista. Con Hugo Platone ha maledettamente ragione, sia sulla lettura che fa scomparire la presenza di terzi incomodi, ché esistono solo il lettore e i protagonisti che parlano direttamente al suo cuore. Sia sul fatto che lo scrittore sia pericoloso.
“I miserabili” uscì in due parti, e la stampa non tardò ad attaccare aspramente l'opera, che venne giudicata troppo favorevole e celebrativa dei moti rivoluzionari. E divenne un libro tanto ‘pericoloso’ quanto letto in tutto il mondo. Un libro con così tanti argomenti, politici sociali morali filosofici e psicologici, e così sapientemente mescolati, che mi stupisco della sua esistenza. Perché “I miserabili” è un’enciclopedia della vita: si legge dell’amore in tutte le sue sfumature, della morte, del coraggio, del mistero, della lealtà, dell’inganno, del rispetto, della cattiveria.. e l’elenco potrebbe non finire mai. Si leggono le posizioni moderne di Hugo rispetto alla pena di morte e alla finalità rieducativa della pena, oppure della schiavitù delle donne ridotte a prostituirsi, ad esempio, oppure ancora sui moti rivoluzionari ("Fra la logica della rivoluzione e la sua filosofia, c'è questa differenza: che la logica può condurre alla guerra, mentre la filosofia non può condurre che alla pace"); e poi ci si cala nel vivo della storia e in particolare nell'intimo di ogni personaggio, tanto da farci scordare che stiamo leggendo un libro del XIX secolo. Pagine liriche ed eccelse, con immagini intense che scuotono l’anima del lettore si alternano a capitoli interi sul gergo parigino, l’argot, o di descrizioni minuziose dei quartieri parigini o della battaglia di Waterloo. La magistrale scrittura di Hugo si rivela per quel che è: come un giallista che si rispetti, anzi addirittura meglio dei giallisti, ci dimostra che nelle sue pagine nulla è lasciato al caso, che niente è superfluo ma tutto è essenziale nelle sue parole, anche quando sembra che si dilunghi fin troppo su particolari 'inutili'. Pagine in cui non si esime nel fornirci i suoi pensieri di denuncia sociale, che possono benissimo essere riassunti nella frase “L’unico pericolo sociale è l’ignoranza”; e su quelli politici: limitare la povertà senza frenare il benessere, oppure aumentare il salario e diminuire la fatica, oppure ancora la considerazione sul lavoro, che non può essere una legge senza essere un diritto.
Nel capitolo IX del libro V si legge: 'Ci sono molte di queste virtù in basso; un giorno saranno in alto'. E’ questo il principio che sta alla base del progetto “I miserabili”. Un progetto che contempla la caduta di molti miserabili, il più importante dei quali è decisamente Jean Valjean, e la volontà di risalire in alto. Per dimostrare di essere forti d’animo e pronti a soffrire per stare bene. Perché mentre si legge, si incontra gente come i Thénardier, che sono esattamente l'incarnazione del Male che deriva dall'Ignoranza. Si leggono di discese sociali che purtroppo (conseguentemente?) vanno a coincidere con quelle morali. Grandissime pagine in cui Hugo si dimostra ben capace – con la sua solita maestria nell’uso delle parole – di descrivere “quel po’ di tutto” che “ c’è nel caos dei sentimenti e delle passioni che difendono una barricata: il coraggio, la gioventù, il punto d’onore, l’entusiasmo, l’ideale, la convinzione, la pertinacia del giocatore, e soprattutto un continuo alternarsi di speranza”. Pagine che restano dentro; dentro al cuore e nella mente di chi le legge e ne resta rapito: se "Notre-Dame" - l’adolescenza - mi aveva folgorato, con "I miserabili" - decisamente la maturità - non riesco a dare una spiegazione razionale del mio amore sempre in costante crescita per Hugo. Secondo la critica letteraria lansonista, che pone alle propria base dei concetti elaborati da Proust, il libro è semplicemente uno strumento ottico attraverso il quale al lettore è permesso di vedere se stesso. Hugo è stato il mio strumento ottico: ho letto di Valjean, Javert, vescovo di Digne, Cosette e altri ancora, ed ho letto di me stessa. Mi sono immersa nella realtà parigina di inizio ottocento e ho vissuto.
Mi si strazia il cuore ad abbandonare i protagonisti di uno dei libri più letti di sempre.
Trovatemi voi un libro migliore di questo.
Leggetelo. E’ un imperativo morale.
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Capolavoro Assoluto
Di fronte ad un'opera di siffatta bellezza non mi sento adeguato a scriverne una recensione, ma rinunciare sarebbe un atto di imperdonabile vigliaccheria verso quello che reputo uno dei libri più belli di sempre. Mi sono chiesto spesso cosa distingue un bellissimo libro da un Capolavoro (con la maiuscola non a caso...) : l'immortalità dei personaggi e delle parole, che scavalcano i secoli e i costumi di epoche diverse per essere ancora attuali a 150 anni di distanza . E verrebbe da dire purtroppo leggendo la considerazione introduttiva di Hugo. Non è una lettura facile , il ritmo delle vicende non è vertiginoso e Hugo ama fare frequenti digressioni ed introduzioni che , seppure scritte da uno che la penna la sa usare come un dono divino, possono anche risultare un pò pesanti. Però... "I Miserabili" è un affresco della Francia di quell'epoca con i suoi tormenti e le sue rivoluzioni, ma non è solo storia, è soprattutto un grandissimo romanzo di denuncia sociale : lo sfruttamento dei bambini per i lavori più umili, la condizione della donna , la degradazione dell'uomo, la miseria e l'ignoranza. I Miserabili di Hugo sono esseri umani che incontriamo messi in ginocchio dal destino sul più lurido marciapiede della vita, ognuno di loro diventerà qualcuno a seconda di quello che saprà tirare fuori da se stesso : chi troverà più facile strisciare viscido come un serpente come Tenardier ; chi pur non avendo conosciuto amore lo praticherà a piene mani per tutta la vita come Jan Valjean , elevandosi oltre le miserie attribuitegli per diventare un eroe oscuro, lontano da tutti i canoni ; chi come la piccola Cosette verrà salvata dalla manzoniana Provvidenza nelle vesti di un altro essere umano (Jan Valjean appunto); chi è integerrimo ma non riesce a reggere il confronto tra la propria coscienza e la rigidità della legge come Javert. Un elenco di personaggi ritratti da Hugo in maniera sublime , fatti vivere fin nei recessi più nascosti della loro anima e dei loro turbamenti, a tratti la prosa di Hugo diventa poesia, ci sono frasi, similitudini, considerazioni, incipt che vorresti ricopiare per portarti sempre appresso tanto le senti vere e profonde. Non siamo solo quello che sembriamo ma quello che lottiamo per diventare e ogni uomo o donna dei Miserabili va in cerca di qualcosa per cui abbia un senso tutto, non tanto l'essere amati ma qualcuno da amare.
Il racconto si staglia sullo sfondo di una Francia che sta cercando di cambiare sulla pelle dei suoi governanti ma soprattutto della povera gente, Hugo ci racconta la rivoluzione, la guerra, la vita negli anfratti di Parigi ma soprattutto il cuore degli uomini, dove tutto nasce e tutto muore.
Se questo romanzo fosse pietra di paragone per decidere cosa merita di stare nelle librerie ...credo che sarebbero molto più vuote.
Semplicemente meraviglioso per come è scritto e per quello che racconta.
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Un monumento alla Francia
Sono millecinquecento pagine,fitte fitte,di drammi,trattati politici e culturali,storie romantiche,una fotografia cruda ,realistica e spettacolare di un momento,il XIX secolo,come affermò Baudelaire “Non un romanzo,ma un maestoso poema”. In quest’opera Hugo ha uno scopo,che trasuda da ogni pagina,un’utopia che cerca di comunicare attraverso l’Hugo poeta,l’Hugo professore,l’Hugo politico,che fonde in uno strumento comunicativo dirompente,e questa è la genesi del Romanzo,un messaggio universale,il succo della rivoluzione della sommossa,un sogno di eguaglianza,una battaglia alla povertà,all’odio,e alla guerra,che egli ci pone nelle maniere più estreme,senza filtri,senza rimorsi. Ne “i Miserabili”si scopre l’Hugo maturo,lo scrittore,già attivo politicamente all’epoca della stesura dell’opera ha un’idea,che l’uomo non nasce miserabile,egli è un prodotto della stessa malata,che lo crea a proprio bisogno e consumo,ma in lui c’è la chiave,il seme dell’amore,della generosità,dell’altruismo,la carità. E’ un messaggio forte,che la rivoluzione francese non si è compiuta finche essa non arriva a toccare tutti,finche non diventa rivoluzione in tutte le vite dei francesi,e degli uomini di tutte le società,che è incompleta perchè non è stata totale,e la chiave sta’ proprio nel miserabile e in esso c’è il veicolo per completarla. Monsignor Benvegnù ,Jean Valjean, Marius Pontmercy,Cosette,Gavroche,i Thenardier,sono solo alcuni dei protagonisti,e da qui si apre un mondo,ogni personaggio è una vita, un romanzo nel romanzo,ognuno di loro rappresenta uno spaccato della società,una sfumatura dell’animo umano,Hugo indaga,ricerca,approfondisce il vissuto dei suoi personaggi per giustificarli,per,attraverso di loro,spiegarci in maniera pertinente che non bisogna vedere il miserabile solo come tale,ma vederlo come il frutto di un di un’esperienza,di un ambiente ostile,nocivo,che ha bisogno di cure,ma è anche capace di prove di eroismo altissime. Non è comunque una lettura semplice,non tanto per la prosa,che risulta moderna e scorrevole,quanto per i momenti in cui il nostro caro “Hugo professore”decide di intrattenerci con interminabili trattati a volte interessanti,a volte mortalmente tediosi,come ad esempio quello della genia delle parole francesi. Il romanzo comunque risulta grandioso,non tanto per la trama di per se stessa,ma per la caratterizzazione dei personaggi,in cui si riesce a scorgere tutte le sfaccettature della società,e per la volontà ferrea e consapevole dell’autore,tramite la sua opera,di cercare di cambiare il mondo,e forse in parte c’è anche riuscito. Un monumento commovente agli aspetti più nobili dell’animo umano.
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Il romanzo francese.
Hugo non scrisse solamente un libro...ma molti libri in questo grande romanzo francese che rimane, per molti,la pietra miliare della Letteratura transalpina.
Ogni capitolo è uno spunto per un altro libro, ogni affresco è stretto nella sua storicità in maniera quasi tattile ed incisiva.
La vicenda di Jean Valjean condannato, evaso, rinato e perseguitato a vita è esemplare per comprendere uno stile, un metodo, un modo di concepire l'esistenza.
Meravigliosa la descrizione della fuga per le fogne di Parigi e l'"invenzione" della piccola grande orfana (topos classico della Letteratura francese)che ha nome Cosette...perché non è nulla.
Il tutto apprende e sorprende l'idea di redenzione che domina tutto il ciclo dei Miserabili.
Che dire della fantastica ricostruzione della battaglia di Waterloo?
Qualcuno, non molto tempo fa, ebbe a dire:"Si tratta della più alta lirica dedicata ad un evento mortifero come la guerra". Era Claudio Magris, ed io sono d'accordissimo con lui.
Sarebbe bello che molti si avvicinassero ad Hugo in punta di piedi, come si fa con chi è più grande di noi.
In questo, in questi romanzi, c'è tutto il cuore di una nazione.
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