Dettagli Recensione
Flora, Miles e le presenze oscure...
“Il giro di vite” di Henri James è un libro che o si ama, o si odia. Divide il pubblico e suscita diverse emozioni e diverse sensazioni che variano a seconda delle letture. Sicuramente è uno di quei libri che non basta leggere una volta sola ma che richiedono, senza ombra di dubbio, una lettura ulteriore.
Pubblicato per la prima volta nel 1898, si propone come una lettura in stile gotico e che è caratterizzata da uno stile che sin dalle prime battute punge e coinvolge il lettore. Le parole di James non sono mai lasciate al caso, sono ricche, descrittive al punto giusto, minuziose. Le scene che vengono delineate accompagnano passo passo e permettono al lettore di avere vivido nella mente ciò che viene narrato senza alcuna difficoltà. Questo favorisce l’immedesimazione.
L’intera narrazione ruota attorno alla sensazione di oscure presenze, fantasmi, che si aggirano nelle vite dei protagonisti. Abbiamo una istitutrice che si prende cura di due bambini, Flora, di otto anni, e Miles, leggermente più grande. I ragazzini vivono con la governante, la signora Grose, in una sperduta località dell’Essex di nome Bly. Sono orfani dei genitori e sono protetti da uno zio che però è molto impegnato in città. È un uomo che mai si sottrae al prendersi cura delle loro necessità seppur da lontano. A causa della morte prematura della precedente istitutrice, viene assunta una nuova ragazza che è figlia di un povero parroco di campagna. È lei che narrerà le vicende aggiungendosi a una prima voce narrante che conosciamo nel prologo. È un personaggio, questo, senza nome che attorno al focolare nella notte di Natale, partecipa a uno scambio di storie sui fantasmi. Douglas narrerà di una casa a Londra ove è custodito un manoscritto relativo a una storia di fantasmi raccontata dall’istitutrice di sua sorella. Una matriosca nel vero senso del termine, un escamotage narrativo con cui James arricchisce la narrazione, la rende ancora più sinistra e rende ancora più complesso il rompicapo da risolvere. Nulla tra queste pagine deve essere dato infatti per scontato.
«[…] Se mi guardo addietro, mi pare che tutto sia stato pura sofferenza; ma, almeno, sono arrivata finalmente al duro nocciolo della questione, e la via di scampo piú sicura sta nell'andare avanti.»
“Il giro di vite” di Henri James gioca molto su sottointesi e atmosfere che suscitano curiosità ma che richiedono pazienza nell’attendere. Non è un romanzo immediato e ancor meno rapido. Questo si può ipotizzare per scelta volontaria stante i molteplici espedienti narrativi adottati. Altra dimostrazione della sua bravura è data dal fatto che il testo, nonostante gli anni, è ancora attuale e capace di coinvolgere il lettore dell’ora come il lettore del tempo.
Flora e Miles sono perfettamente tratteggiati. Se agli occhi della istitutrice appaiono come due bambini angelici e buoni, due ragazzini di rara bellezza e bontà, nel conoscitore si definisce, al contrario, un discreto senso di inquietudine innanzi a loro. Tende a stare sempre sul chi va là. A maggior ragione con la consapevolezza della perversione e della depravazione dei fantasmi di Quint, defunto inserviente di Bly, nonché della signorina Jessel, la precedente e già citata istitutrice.
Di contro, interessante è il ruolo della nuova istitutrice che non fa altro che far da testimone dei misteri e delle apparizioni che si susseguono. Non riuscirà mai a venire in contatto con lo zio ma resterà occhio tra il consapevole e non consapevole degli accaduti.
«Il momento si protrasse tanto a lungo che sarebbe bastato poco ancora per farmi dubitare che anch'io fossi viva.»
Non può forse gridarsi al capolavoro quando si parla de “Il giro di vite” di Henri James, ma cosa certa è che si tratta di un titolo che nella sua brevità sa offrire tanto al lettore. È una storia che con una rilettura si lascia apprezzare ancora di più. Al contempo è un testo che sa coinvolgere e trattenere tanto per descrizioni quanto per narrato. Divide per la sua impostazione non immediata che dunque porta anche a quei dovuti sospiri.
Uno di quei libri da leggere almeno una volta nella vita e da gustare piano piano senza aspettative ma con naturale curiosità.
«[…] Sarei riuscita ad andare avanti soltanto prendendo confidenza con quella natura, mettendola in conto, e considerando il mio mostruoso calvario come una spinta in una direzione insolita, certamente, e sgradevole, ma che richiedeva dopotutto un altro giro di vite alla consueta, umana virtù.»