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Futuro scontato e incerto
In “ L’ attesa “( 1971 ), romanzo di Matsumoto Seicho (1909-1992), ritenuto il Simenon giapponese, i desideri irrefrenabili e scomposti di Isako, trentottenne dalla carnagione chiara, dalla pelle sottile e liscia e dalle forme prorompenti, cozzano con un reale invivibile e opprimente, il suo tranquillo e insoddisfacente matrimonio con il sessantasettenne Nobushiro.
D’ altronde il marcato egocentrismo della donna risponde esclusivamente alla realizzazione del suo desiderio più grande, affrancarsi dal legame entro tre anni per mettersi di nuovo su piazza godendosi l’ eredità del marito appena defunto, il proprio fascino totalmente al servizio della causa, schiere di ammiratori vittime sacrificali della propria esigenza autocelebrativa.
In una progettualità dove non c’è spazio per relazioni e sentimenti, il fine giustifica i mezzi, neppure l’ omicidio-suicidio di una giovane donna sembra placare l’ egocentrismo di Isako se non nel suo modus operandi, continuando a tessere la propria tela, indifferente agli accadimenti, cavalcando menzogne, false speranze, inscenando una verità cangiante scambiata per empatica presenza, semplice tecnica adulatoria verso lo scopo agognato.
Ci troviamo nel Giappone dei primi anni ‘70, una società maschilista con una corruzione diffusa dove il profitto personale sostituisce il senso etico e l’ individualismo la collettività.
Il matrimonio tra Isako e Nobushiro è corroso da un’ ossimorica presenza, inarrestabile crudeltà e mansueta arrendevolezza, infantile edonismo e fragilità della malattia, posizioni contrapposte e inconciliabili.
Nell’ incedere della trama, la lunga attesa rivolta alla probabile morte di Nobushiro si concentra sugli ondivaghi umori di Isako, circondata da stereotipi maschili sfuggenti e controversi ( l’ ex amante Shiotsuki, il machiavellico avvocato Sarkozy, il giovane Kanji, ) tutti dediti alla propria causa.
Nobushiro, reduce da due infarti, è appeso al flebile battito del proprio cuore, ammansito da una moglie interessata alla compilazione del suo testamento in un presente di apparenti e amorevoli cure domestiche.
Voci a contorno prevedono una ricostruzione dei fatti, narrazioni in prima e terza persona, appunti, diari, testi dattiloscritti, ciascuno a rappresentare una verità che ricomponga i pezzi di un puzzle indirizzato a un epilogo sorprendente.
I piani predeterminati subiscono l’ onta gravosa della propria sembianza imperfetta, il caso indirizza gli avvenimenti, anche quando la pochezza sentimentale di una fragilità disadorna affolla il presente.
In un crescendo di accadimenti che assumono i tratti del noir si smarrisce l’ idea primaria, l’ esercizio del controllo, vittime di se stessi, delle proprie bugie, di quelle degli altri, di una narrazione parallela che non ci si aspetta in una ricostruzione dei fatti che non è come sembra. E’ allora che va in scena un’ altra storia, epilogo insperato e stupefacente in un’ alternanza sovrapposta di vittime e carnefici, per difendere e salvare se stessi, vendicarsi, sfuggire alla disperazione, alla galera, distrutti dalla propria spietatezza.
Una prima parte immersa nel reale, dettagliata, scorrevole, ben scritta, a rappresentare i vizi capitali di un’ umanità superficiale, fragile, ossessionata e ossessionante, che risponde alle esigenze di una società cinica e stereotipata, dedita al profitto, al perseguimento di scopi illeciti, un finale che prevede una resa dei conti che non concede sconti, esito nefasto e semplice constatazione di un dato di fatto.