Dettagli Recensione
Un libro di formazione (secondo P. Roth).
Considerato da P. Roth tra i 5 romanzi (gli altri quattro sono: “Le confessioni di Nat Turner” di Styron, “Il nudo e il morto” di N. Mailer, “Tutti gli uomini del re” di Penn Warren e “Furore” di Steinbeck) di formazione per i giovani ma anche come introduzione e comprensione della moderna narrativa americana, Sister Carrie è forse il primo romanzo di realismo esplicito o, quantomeno, è il primo romanzo che rompe con la genteel tradition di cui Henry James è stato il massimo e più noto esponente ponendosi al limite ultimo tra questa e la corrente letteraria susseguente del reticent realism. In verità, come scrive Riccardo Reim nella sua introduzione al romanzo, prima di Dreiser vanno ricordati John William De Forest con The Ravenel’s Conversion from Secession to Loyalty, e soprattutto, William Dean Howells con “la sua scoperta dell’uomo della strada, delle ferrovie sopraelevate, dei ristoranti italiani, degli ambulanti e degli scioperi dei tranvieri”.
Ma lo stile di Howells, pur mantenendosi fedele al suo credo di non “propinare menzogne sulla vita”, non riesce ad uscire da una narrazione che oggi definiremmo polically correct, cioè semplice, vera ma garbata, senza elementi di reale rottura rispetto alla genteel tradition tanto “che i propri romanzi si possono leggere nella cerchia familiare senza che gli adolescenti abbiano ad arrossire” (Izzo, La letteratura nordamericana); appunto la corrente letteraria definita reticent realism.
Varcando in maniera decisa il confine tra i due generi Dreiser racconta la storia e l’ascesa sociale di Caroline Meeber, Carrie, senza veli, senza inutili orpelli o abbellimenti, nella sua cruda realtà. Carrie è una ragazza di provincia, di una bellezza che la povertà da cui sta scappando non riesce a far emergere in tutte le sue potenzialità. In fuga dalla famiglia e dalla miseria la giovanissima Carrie si reca a Chicago alla ricerca di un lavoro che la renda autonoma e le consenta di realizzare tutti i suoi sogni. Ma la sua ingenuità si infrange contro la realtà della grande città che poco ha a che vedere con le sue aspettative. Frustrata nei suoi sogni da lavori faticosi e mal pagati, mal sopportata dalla famiglia della sorella presso cui si è sistemata, Carrie finisce per cedere alle lusinghe di un commesso viaggiatore di successo, Drouet, andando a vivere con lui. Ma la “foto” con cui Dreiser ritrae Drouet ce lo mostra come un personaggio anaffettivo, un donnaiolo che ama la vita, cui piace ostentare il proprio successo, frequentare i luoghi dei ricchi, apparire. Ben presto anche la bella Carrie diventa poco più che un trofeo da mostrare agli amici. È così che Drouet la presenta a George Hurstwood, affascinante direttore di un lussuoso caffè di Chicago. Hurstwood conduce una vita brillante godendo della stima degli amici, dei ricchi avventori e, soprattutto, dei due proprietari del locale. Ma l’attrazione per Carrie fa emergere, in Hurstwood, tutta la stanchezza di una noiosa routine familiare. Così, pur di ottenere i favori di Carrie, non immune dal fascino di Hurstwood, questi si impossessa dell’intero incasso di una serata e, con un sotterfugio, costringe Carrie a seguirlo. Rifugiatisi dapprima in Canada e poi a New York le strade dei due amanti si divaricano fino a dividersi. Mentre Hurstwood, costretto a restituire gran parte dei soldi rubati per non essere denunciato, si avvita in una spirale di autodistruzione, Carrie intraprende con sempre maggior decisione la strada del successo diventando una attrice famosa e osannata. Il realismo di Dreiser si evidenzia dalla totale assenza di critica, di giudizio o condanna morale nei confronti della protagonista che, al perbenismo dell’epoca, sarebbe potuta apparire come una semplice arrivista capace di costruire la sua ascesa sociale servendosi dei suoi due uomini, pronta ad abbandonarli al loro destino una volta raggiunti i suoi scopi. Né, tantomeno, vi sono giudizi sul furto compiuto da Husterwood; Dreiser si limita a descriverne i fatti. In queste descrizioni asettiche, algide si riflette la formazione dell’autore che era arrivato povero e giovanissimo – a soli 16 anni – a Chicago con la sola forte determinazione di avere successo. Dopo aver svolto tanti mestieri umili il futuro scrittore approda al Chicago Globe e, successivamente, al ST. Louis Globe-Democrat iniziando la sua attività di giornalista. L’esperienza decennale accumulata e la incessante lettura dei grandi scrittori europei (Zolà, Balzac, Hugo, Dickens, ecc.) rivela le origini della prosa di Dreiser. Leggendo Sister Carrie, infatti, si ha spesso la sensazione di trovarsi di fronte a scatti fotografici, cioè di fronte a vere e proprie istantanee. Non solo. Ma a far da sfondo al romanzo c’è anche la crisi sociale che attraversa il paese in quegli anni: povertà, scioperi (e qui è evidente l’influenza di Howells), il contrasto tra società benestante e miseria, la nascita delle prime organizzazioni assistenziali verso diseredati. Ed è da queste esperienze, da questa presa di coscienza, attraverso una catarsi della sua vita trasmutate nelle vicende di Carrie, senza pietismo, senza giudizi morali, senza lieto fine che nasce, potente, il realistico romanzo di “Sister Carrie”.