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Espiazione
«E capirono che quel gatto era il disgusto che si era appena destato e che sarebbe cresciuto e si sarebbe espanso su tutta la piana e non avrebbe mai potuto crescere meglio che lì, dove tutto è livellato e uniforme e ristretto e confinato.»
Selma Lagerlof, prima donna Premio Nobel per la letteratura nel 1909, con “Bandito”, pone il lettore davanti a una serie di interrogativi molteplici quanto attuali. Tutto ha inizio dalla violazione della sacralità della morte e della vita, da quel peccato che si cela dietro alla violazione di uno dei più grandi tabù esistenti e riguardanti il cibarsi di carne umana.
Sven Elversson è un giovane uomo che torna al paese di origine dopo che, ancora bambino, fu affidato a una famiglia di alto ceto sociale inglese. Qui il giovane è stato educato e istruito, è cresciuto e ha fatto le sue prime esperienze di vita. Tuttavia è adesso circondato da un’onta dalla quale non può liberarsi, a prescindere da qualsivoglia gesto caritatevole che compia. Protagonista di una spedizione nel nord Europa viene accusato di essersi cibato di carne umana, di necrofagia. La spedizione non è andata a buon fine e pare che i membri di questa si siano macchiati di questo peccato. Tornato al paese d’origine saranno in primis i genitori ad aver difficoltà di accoglierlo, poi, riflettendo e immedesimandosi nei panni altrui, muteranno la propria prospettiva sino a riprenderlo in casa. Il paese lo biasima, lo deride. È un reietto e solo una tra tutti lo accoglierà, Sigrun. Per tutta la sua vita Sven vivrà in un obbligato e protratto isolamento forzato, cercando di espiare una colpa che crede di avere commesso, che lo esclude dalla vita della comunità e di cui per primo ha disgusto. Questo crimine lo porta a odiarsi, a comprendere il disgusto altrui, perché il primo a provarne è proprio lui. Sceglie la via caritatevole, in parte perché parte del proprio essere, in parte perché unico mezzo con cui cercare l’espiazione. È un uomo che si sente mortificato, prova ripugnanza per se stesso, assume modi sempre più umili e asseconda una vita sempre più isolata.
Sigrun rappresenta la compassione e a sua volta compirà una scelta sbagliata che la porterà a un matrimonio fatto di infelicità e costrizioni dove un uomo geloso è disposto a tutto pur di trattenerla a sé, anche a imprigionarla. Il ritorno di Lotta, la donna delle visioni con cui Sigrun era particolarmente legata in gioventù, rappresenterà una via di fuga quanto uno strumento di redenzione.
«[…] Sigrun è la compassione. […] È questa la sua missione. È questo che avrei dovuto capire.»
Sarà solo lo scoppio della Grande Guerra con il suo dolore e il diffondersi della morte a rimescolare le carte in tavola, perché solo una grande colpa, un grande dolore, può far ricontestualizzare quello che sino ad ora era macchia di infamia e disonore. Saranno i corpi restituiti dal mare in attesa di sepoltura e privi di bulbi oculari, preda della fame dei gabbiani, a testimoniare la forza dell’orrore senza confini e fine.
Dai toni volontariamente fiabeschi è “Bandito”, uno scritto in cui c’è tanta della pedagogia propria dell’ex maestra Selma ma anche tanto di simbologia e metafora che porta alla riflessione. Ci sono passaggi di questo scritto volontariamente duri, crudi. Altrettanti sono i momenti di dolcezza, condivisione e carità. Sven rappresenta l’antieroe per definizione, vita e morte tra queste pagine, ancora, si fronteggiano in quel che è una lotta alla sacralità ma anche al bene e al male, al vivere stesso. Anche quando quel lieto fine così auspicato non esiste, anche quando amore e perdono si sedimentano nell’anima.
“Bandito” è un romanzo da gustare un poco alla volta, da assaporare e con cui e su cui soffermarsi. Tra riflessioni, domande e ricerca di risposta. Un libro che si interroga su temi di grande attualità partendo da un espediente narrativo e spostandosi sulla guerra, la morte, il perdono, l’espiazione, il pregiudizio e tanto altro ancora. Da non perdere.
«Non è bene mentire e nascondere qualcosa. Non lo è per niente. Ma non è neanche giusto torturare qualcuno a morte. Non si fa. E il cuore può cambiare. O meglio, può tornare a essere se stesso. E a quel punto, se ne va da sé, quello che adesso è così nero. Non potete crederlo?»
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