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Romanzo eterno e in anticipo rispetto ai tempi
Honoré de Balzac, autore di “Eugenia Grandet”, è stato il principale maestro del romanzo realista del XIX secolo. Come scrittore prolifico, ha elaborato “La Commedia umana”, ovvero un ciclo di numerosi romanzi e racconti per descrivere la società francese di quel secolo. Le sue opere furono di grande rilievo sia per gli storici successivi sia come ispirazione per scrittori a lui quasi contemporanei. Questa forma di narrazione è stata definita “la più grande costruzione letteraria di tutta la storia dell’umanità”.
La Comédie humaine comprende 137 opere in totale e si dice che descriva l’umanità nella sua vera essenza, priva di consolazioni o incantesimi. Inoltre la precisione dei termini, la compostezza delle frasi, il linguaggio particolarmente ricercato mostra quanto fosse ambizioso tale progetto e la nostra odierna lettura ne dimostra l’efficacia. Questa modalità di scrittura è particolarmente evidente anche nel libro “Eugenia Grandet”, il quale fa parte del sopracitato ciclo di romanzi: qui l’autore descrive la società francese e poi si focalizza abilmente su uno dei personaggi più interessanti della letteratura: Félix Grandet. Tale personaggio viene descritto nei minimi particolari, sottolineandone gli aspetti positivi, come il suo intelletto e le sue capacità finanziarie, e gli aspetti negativi, ovvero l’avarizia di cui è il simbolo. In questa modo il lettore cerca di capire papà Grandet a tutto tondo, non riuscendo più a definirlo categoricamente nero o bianco, ma è una sfumatura del grigio in continua mutazione durante la narrazione.
Dall’altro lato della storia troviamo Eugenie Grandet che incarna le virtù cardinali; la fortezza e la prudenza, oltre che l’amore e la purezza dei sentimenti. Lei è l’antitesi del padre e perciò si può notare che tale romanzo rappresenta un sapiente chiasmo tra i due, rispettivamente vizi e virtù.
Questo personaggio femminile, da cui il romanzo trae il titolo, viene concepito come protagonista solo alla fine del romanzo poiché il narratore tende a soffermarsi sul padre tralasciando delicatamente la figlia, o almeno così sembra apparentemente: in realtà attraverso numerosi interventi e riflessione la psiche di Eugenie viene analizzata e studiata rendendola successivamente il nucleo del racconto.
Lei, donna rinchiusa nell’avarizia del padre, è come una principessa chiusa nella sua torre e nel momento in cui incontra il primo sentimento forte della sua vita, ci sprofonda, conducendola alla sua fioritura o forse alla sua rovina. Nonostante ciò lei non è solo un personaggio protagonista ma un puro e reale esempio della donna del diciannovesimo secolo, e del suo modo di vivere; questo è uno dei tanti motivi che fa notare una certa somiglianza tra “Eugenie Grandet” e “Madame Bovary” romanzo di Gustave Flaubert.
“Non è forse nobile destino della donna quello d’essere più toccata dalle pompe della miseria che dagli splendori della fortuna? Come mai il sentimento paterno aveva potuto spegnersi in fondo al cuore di suo padre? Di quale delitto Carlo era colpevole? Domande misteriose!”
In altre parole la forza di questo romanzo non è certo nella trama, alquanto priva di avvenimenti, ma nelle descrizioni precise e raffinate, tanto dell’ambiente quanto dei caratteri umani, diventano uno dei primi romanzi a trattare anticipatamente l’“Io” interiore. Ciò che sicuramente rimane impresso nella nostra mente da lettori è una riflessione sulla vita, e i suoi comportamenti, e sulla famiglia.
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