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“TUTTO SOMMATO, NON C’E’ NIENTE DI DIVERSO”
“Ho pensato che era comunque un’altra domenica passata, adesso mamma era al cimitero, avrei ripreso il mio lavoro e, tutto sommato, non c’era niente di diverso.”
In una frase un romanzo. L’alienazione dell’uomo è troppo estrema da non apparire nobile.
Perché non è l’indifferenza a guidare Meursault nel progressivo abbandonarsi ad un destino già per lui scritto, quanto un vero estraniamento esistenziale, una consapevolezza che ogni emozione umana, l’amore o l’odio, abbiano la stessa evanescente consistenza della polvere nelle strade di Algeri.
Meursault assiste al funerale della madre in un torpore allucinato da cui ogni sentimento è bandito. Egli è osservatore passivo di quel teatrino di figuranti: il guardiano dell’obitorio col malcelato desiderio di sigarette o il pensionato lacrimoso che segue a fatica il feretro del suo amore senile. In qualche modo osserva pure se’ stesso ... da fuori … come in un sogno.
Eppure in qualche modo il suo estraniamento resta nobile perché mai cede alla tentazione del giudizio. Non c’è in verità nulla da giudicare .. le cose vanno così e tanto fa .. la gente si affanna, tribola, soffre, ama o odia … Lui osserva e basta. Così alla fidanzata che gli chiede se l’avrebbe sposata, risponde con disarmante sincerità e senza volontà alcuna di ferire, che “per lui era lo stesso e che se lei voleva si poteva fare”.
Nell’episodio centrale del romanzo, Meursault uccide un arabo sul lungomare assolato in una afosa giornata estiva. Lo fa senza reale motivazione. In fondo non occorrono motivi se si vive costantemente in un vuoto emotivo pneumatico ed i fumi dell’alienazione annebbiano la vista. Al suo processo, tra ventilatori incapaci di dissipare la calura, scorrono come in un film le persone che in qualche modo hanno attraversato la sua vita. Al solito li lui osserva e in mezzo a loro osserva se stesso.
Seguirà l’inevitabile condanna. Un omicidio, tanto più se di un uomo arabo, si può certo perdonare, ma quel mostruoso distacco, quella innaturale assenza, quell’apatia dell’anima … no tutto ciò non è tollerabile e turba la coscienza dei giurati del romanzo così come di noi lettori di oggi aggrappati come siamo alla necessità di un Bene e di un Male.
Condannare chi ci mostra la vacuità delle nostre certezze diventa allora quasi forma estrema di autodifesa, ma pure tradisce la nostra debolezza faticosamente celata sotto il manto di una supposta Giustizia.
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Ho appena finito "La Peste": potente ma meno originale dello "Straniero"
Adesso per un po' mi rilasso con qualcosa di piu' easy ...
Buona lettura!
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A questo punto, voglio segnalarti un libro a questo speculare : la 'risposta' di un autore arabo a Camus. Si tratta di "Il caso Meursault" , di Daoud, vincitore del Premio Goncourt-opera prima di alcuni anni fa.