Dettagli Recensione
il gioco della fratellanza
Come definire questo classico della letteratura e parlarne in termini distesi e sintetici evitando analisi puntigliose e direi inutili, vista la messe di studi che vanta?
Esordirei dicendo che si tratta di un lungo romanzo con un epilogo ma senza una fine, ultima opera inconclusa e vertice di un processo creativo ininterrotto se non dalla morte del suo autore. Un finale aperto dunque, semplicemente perché monco di ulteriori sviluppi tra l'altro già pensati all’interno di un disegno più vasto, che non si è potuto concludere.
Una lettura che ha bisogno del giusto tempo per essere assaporata, non la si può certo consumare, una lettura stratificata che andrà poi reiterata, tale è la ricchezza dei temi che affronta e la costruzione narrativa che la sorregge.
Un parricidio, l’evento che si potrebbe definire dirimente nella trama, accarezzato con fine arte anticipatoria, presentato solo dopo numerose altre pagine precedenti, fitte di relazioni interpersonali tra i membri della atipica famiglia dei Karamazov, e sebbene posizionato centrale e come spartiacque, non rappresentato nel suo accadere ma solo ricostruito attraverso la fitta rete dei rapporti interpersonali che a raggiera coinvolgono tutti i personaggi riannodando i fili della narrazione e i tasselli narrativi posizionati in precedenza. Una pianificazione dell’intreccio straordinaria per complessità, assimilabile al più complesso dei romanzi gialli che si possa immaginare.
Non è il giallo il solo colore richiamabile nei diversi moduli narrativi che stratificano questo capolavoro; vi sono infatti le tinte fosche del noir, quelle rosa dei romanzi d’amore, quelle ancora più impalpabili del romanzo psicologico e quelle tutte russe che un colore non hanno ma sono i panni stesi nelle piccole stanze della povera gente o le ricche dimore o le bettole e le osterie di un paesaggio urbano all’ombra della capitale.
Un universo variopinto, magistralmente.
Un andante, un tempo dunque opportunamente dilatato e virante al lento, necessario per parlare di grandi temi universali: l’individuo, la massa, l’amore verso se stessi e verso il prossimo; l’abisso delle proprie vergogne, il sentimento religioso: ricchezza o limite al pensiero umano, “la forza fangosa dei Karamazov”: una sorta di Fato familiare, quasi un patrimonio genetico difettoso; il peccato in senso cristiano, il trascendente e la spiritualità. Su tutto un realismo (“ - Che orribili tragedie combina agli uomini il realismo”) che cerca ostinatamente di sconfiggere la spiritualità; è l’eterna lotta del Bene e del Male , perchè in fondo “tutti siamo crudeli, tutti siamo dei mostri” come ricorda Mitja al momento dell’arresto.
Il delitto, il castigo. Il sottosuolo. I demoni. Un cerchio che si chiude con l'ennesimo giro di valzer delle due massime forze antagoniste in una partita che non avrà mai un vincitore.
Un gioco per un giocatore incallito, compulsivo e a tratti epilettico. Buona lettura!
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Dopo la rilettura di "L'idiota", che è stata assai proficua, son tentato di riaccostarmi pure a questo romanzo.
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