Dettagli Recensione
Pessimo, piatto, senza un filo logico.
Quello che mi ha meravigliato di più è scoprire che questo libro è stato scritto dopo "Lo Straniero" che è del 1942, mentre questo romanzo, a mio avviso pessimo, è del 1943.
Come se l'autore invece di migliorare ed affinare la sua scrittura, sia all'improvviso precipitato in una crisi creativa che gli ha fatto appunto scrivere un opera a mio avviso insulsa e su alcuni punti senza senso alcuno.
Ritengo "Lo Straniero" un capolavoro "minore" della letteratura del '900, un piccolo volume, denso, estraniante, altamente psicologico, cupo, passionale e delirante.
Quindi quando in libreria, mi sono trovato tra le mani questo testo "La peste" ho pensato, sbagliando, che forse avrei potuto godere di un'altra intensa lettura dello scrittore di francese.
Ed invece è stato un calvario portare avanti la lettura, con descrizioni di bubboni, ratti, personaggi insulsi che appaiono e scompaiono all'improvviso. Una scrittura che procede a tentoni, come se l'autore non sapesse dove andare a parare, che pesci (o sorci) prendere.
Il classico libro che non ha una chiave di lettura, improvvisato, senza un filo logico che lega gli avvenimenti e con un finale messo li per caso, per porre fine all'agonia del lettore.
"Lo straniero" è considerato il vero capolavoro di questo autore, gli altri suoi testi non mi sembra abbiano avuto uguali fortune. E questo "La Peste" secondo me, dimostra, che dopo aver scritto un grande romanzo di esordio, questo scrittore si sia perso, forse sopraffatto dalla fama improvvisa o dai guadagni che gli sono arrivati.
Avete mai sentito un album o una canzone meravigliosa, folgorante, di un compositore e poi a distanza di anni, vi siete dimenticati della sua esistenza.....e poi riascoltando quel pezzo che tanto vi era piaciuto vi chiedete: "ma che fine aveva fatto?", poi cercate la sua discografia e scoprite che negli anni ha continuato a scrivere musica, testi, canzoni che non li fanno passare neanche alla radio una misera volta....per me la parabola di Camus appunto è stata come la candela che brucia da entrambe le parti, arde con più luce ma alla fine si consuma prima.