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Soccombono
Romanzo pubblicato a puntate nel 1861 sulla rivista "Vremja", la prima grande fatica dopo il ritorno dalla Siberia, alle spalle già l’esordio con “Povera gente”, caso letterario nel 1844, e “Il sosia”, l’anno successivo. Avendo una buona base autobiografica, la voce narrante è infatti uno scrittore alle prime armi, Ivan Petrovi?, può risultare interessante per chi ama lo scrittore: Vanja infatti è il giovane Dostoevskij, preso e perso nella scrittura, in continua lotta con essa che lo sfama ma lo attanaglia. Le atmosfere sono quelle laide della Pietroburgo dove lo scrittore cerca casa e prende fortuitamente quella lasciata libera da un vecchio che gli muore tra le braccia per strada. Proprio la scena magistrale della morte del vecchio Smith avvia la vicenda che si chiude ad anello dopo quattro lunghe sezioni e un didascalico epilogo; il tutto demandato a un’ampia analessi prima del congedo non rappresentato dalla voce narrante che, ripercorrendo il suo ultimo anno di vita, ci preavvisa della sua imminente morte. L’appartamento liberato è il luogo che gli ha permesso di incontrare la piccola nipotina di Smith che cerca il nonno e alla quale rivelerà il triste destino; la narrazione però darà modo di capire che è in realtà è proprio la piccola Nelly a subire maggiormente la condizione di umiliazione e di offesa a cui si riferisce il titolo. E mentre si viene a conoscenza della sua triste vicenda biografica, opportunamente frazionata nel corso della narrazione, si ha modo anche di conoscere maggiormente Vanja. Non è solo un giovane scrittore in cerca di sistemazione, povero e in perenne affanno, è anche un ragazzo non corrisposto nel suo amore per Nataša la quale ama il ricco Alëša, figlio del malvagio principe Valkovskij, che ha decretato la rovina economica della sua modesta famiglia. La trama permette di intuire che il modulo narrativo di appartenenza è quello del più classico feuilleton, a tratti davvero esagerato e disturbante, eppure il lettore più accorto vedrà in nuce la superiorità della penna capace di scandagliare l’animo umano e di creare personaggi che si affannano “sotto il greve cielo pietroburghese” ignoti al “frenetico tumultuare della vita” e nettamente contrapposti al ricco mondo nobiliare. Tutto sommato una lettura necessaria anche se non sempre gradevole.
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