Dettagli Recensione
Colonialismo inglese
Uno di quei classici che, nella vita, prima o poi vanno letti; probabilmente uno dei primi romanzi d’avventura che siano stati mai scritti. Non ci si possono certo aspettare i ritmi moderni, né quei colpi di scena da mascella spalancata che piacciono tanto oggi ai fruitori di romanzi d’intrattenimento e serie tv. Robinson Crusoe è un figlio del suo tempo, di una forma romanzo ancora agli albori e che è un po’ lo specchio della società inglese in cui Daniel Defoe viveva.
All’interno del romanzo, infatti, non ci vengono descritte solo le disavventure dello sfortunato naufrago Robinson Crusoe, ma anche quella che è l’uomo del Settecento soprattutto in Inghilterra, dove il colonialismo è ormai diventato una realtà consolidata, quasi onnipresente nella vita sociale; un periodo in cui cominciano a vacillare le certezze e comincia ad affermarsi l’individualismo, la voglia dei componenti della classe medio borghese di fare un salto in alto e di affermarsi. Robinson è uno di questi “ribelli”: che rifiuta la propria condizione agiata che la sua famiglia vorrebbe regalargli per ritagliarsi uno spazio nel mondo; accantona quelli che sono i valori (soprattutto religiosi) che erano peculiari delle masse di quella specifica classe sociale e cerca, all’inizio quasi trascinato soltanto da un’irrequietezza giovanile, la propria posizione nel mondo.
Il percorso di Robinson è un percorso di redenzione, che lo porta dall’irrequietezza giovanile e alla voglia di ribellarsi, di nuovo verso quei valori dai quali era fuggito e, in particolare, alla religione e a Dio. In seguito alle sue disavventure, si pente della propria condotta e riconosce nuovamente quelli che sono i vecchi valori, i pensieri paterni, sebbene continui nel suo animo a insinuarsi il dubbio che è preludio di un cambiamento inevitabile, solo rimandato. Il naufragio non è che l’inizio di un percorso che porterà Robinson a costruire sé stesso: egli è infatti il cosiddetto self-made man, quell’uomo che si è fatto da solo. Egli è viva dimostrazione del fatto che, in condizione di estrema difficoltà, l’uomo è in grado di tirar fuori capacità che non riteneva nemmeno di avere, sebbene il nostro caro Robinson sia stato aiutato in maniera piuttosto consistente da quella che forse noi chiameremmo Fortuna ma lui identifica con la Provvidenza. Eh sì, la Provvidenza, che in Robinson Crusoe ha una centralità quasi manzoniana e che viene contemplata seriamente proprio nel momento in cui, a causa della malattia, Robinson guarda in faccia alla morte. La malattia rappresenta il momento della conversione, il momento di riconoscimento di quel Dio che fino ad allora non era stato nemmeno contemplato e che adesso sarà il vero punto di riferimento di Robinson che, bisogna dirlo, non ha altro.
Oltre all’aspetto religioso, come dicevamo, viene fuori anche quella mentalità coloniale tipica dell’Inghilterra del tempo: una volta stabilitosi in maniera sicura sull’isola, infatti, Robinson si considererà una sorta di “governatore” della stessa, considerandola come una proprietà privata. All’arrivo di colui che poi diventerà suo servitore, Venerdì, quest’aspetto si farà ancor più palese: la prima cosa che gli insegnerà sarà infatti a chiamarlo “padrone”, per poi insegnarli la lingua inglese. Infine, tenterà di convertirlo alla devozione per Gesù Cristo, concludendo il cerchio di quelle che sono le caratteristiche del colono perfetto.
Robinson Crusoe è un romanzo non semplice da leggere, carico di dettagli fin quasi a sfiancare, ma rappresenta uno di quei pilastri con i quali prima o poi un buon lettore deve confrontarsi, oltre a essere un eccellente specchio dell’epoca e della società in cui l’autore ha vissuto.
“E poi mi rimproverai la mia natura ingrata, e di aver pianto per il mio stato solitario; e ora che cosa non avrei dato per essere di nuovo a riva laggiù! Cosí noi non vediamo mai qual è il nostro vero stato finché non ci viene illuminato dal confronto con uno stato contrario; né sappiamo apprezzare il bene di cui godiamo se non quando ci manca.”
Commenti
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è un romanzo un po' pesantuccio, c'è da dirlo. Da leggere, ma credo che una volta basti e avanzi.
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