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Quale colpevolezza ?
Gunnar Gunnarsson, uno dei più grandi autori islandesi, più volte candidato al Nobel, celebre per “ Il pastore d’ Islanda “, con “ L’ uccello nero “, pubblicato in Danimarca nel 1929, è considerato l’antesignano del noir scandinavo.
Una fattoria isolata ai confini di un villaggio d’ Islanda, due coppie accerchiate da chiacchiere sempre più insistenti, un doppio assassinio incrociato, ( i rispettivi coniugi ) Bjarni e Steinunn, presunti amanti, sospettati di un’idea atroce che ha solo da essere dimostrata, un giovane cappellano coinvolto che narra in prima persona gli accadimenti, un giudice intransigente alla ricerca della verità, un’ orda di testimoni chiamata a processo.
Tutto pare scontato, le persone interrogate ignorano i fatti ma nel villaggio le parole rivelano un senso e una porzione di verità, le confessioni e i timori pregressi dei morti ammazzati a testimoniarla.
Jon e’ improvvisamente scomparso, si pensa al suicidio, sul suo corpo restituito dal mare i segni dell’ omicida, Gudrun è una donna fragile e malaticcia sopravvissuta a un tentativo di avvelenamento e morta in circostanze misteriose, quale il legame tra le due morti, se non una crescente tensione intrafamigliare e una passione sfociata in una risoluzione definitiva?
La tensione cresce, alimentata da ipotesi e attesa, una tensione che apre ferite interiori, generando nuovi sospetti, che si interroga e scava nel profondo di anime disperate e corrotte all’ interno di un destino già scritto.
Bjarni e Steinunn sono colpevoli, basta guardarli, ma, seguendo un percorso umano e di fede, il dubbio rimane. Nella ricostruzione di un viaggio parallelo, oltre l’ovvietà dei fatti, risiede il senso del romanzo, un processo che scoperchia ben altro.
Il giovane cappellano, custode della fede e della spiritualità, è chiamato a ottenere una confessione quantomai necessaria, l’irreprensibile giudice tutore della legge a una verità definitiva che mandi a morte i colpevoli.
Il fine è lo stesso, la confessione, i modi diversi, nel mezzo incertezze, una tensione che inscena un altro processo con una parziale assoluzione, un dialogo a due, un monologo interiore, domande poste a se stessi, ai propri convincimenti, a un’ umanità corrotta e disadorna, a una violenza nota e annunciata, a un senso di giustizia a metà.
C’è un momento nel quale la verità abbandona il proprio animo, quella verità che ...” non è che uno dei lupi mannari che popolano l’ esistenza, la sua legge è la stessa che popola la vita, procreare e distruggersi”...
Quale giustizia oltre una condanna definitiva, quella salvezza e perdizione che ciascuno porta dentro di se’ in ...” una notte oltre le cui tenebre vibrano ancora fede e speranza”...
La verità è che ...” ora anche noi due abbiamo ucciso “..., che ” in un modo o nell’ altro ci saranno sempre delle vittime “.. ne’ si può...” assistere a uno spettacolo del genere senza sentirsi colpevoli di omicidio “...
Un grande scrittore Gunnar Gunnarsson, che devia dalla soave poetica del “ Il pastore d’ Islanda “ per scrivere un noir vestendolo d’altro. Ne nasce un processo nel processo, un percorso vivido e interiore che si riempie di umanità laddove l’efferatezza è compiuta, scansando l’ ovvio per riflettere su temi di più ampio respiro, giustizia, colpevolezza, assoluzione, pentimento, espiazione in un duello verbale che non ha vincitori ma vinti, perché...
... “ ognuno di noi prima o poi, che lo voglia o no, si trasforma in torturatore e assassino. Tutti inchiodiamo alla croce il figlio di Dio! In noi stessi e nel nostro prossimo “...
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