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Bellezza interiore contro bruttezza esteriore
Leggere un romanzo di Victor Hugo è un po' ritornare bambini in veste di adulti. Le sue storie sono favole per i grandi che meravigliano il lettore, lo coinvolgono, lo fanno uscire completamente dalla sua realtà per entrare in una dimensione fantastica. Questo è il quarto romanzo che leggo di Victor Hugo, dopo "I Miserabili", "I lavoratori del mare" e "Notre-Dame de Paris" e il quarto che mi ha confermato le caratteristiche di questo autore sia in termini di prosa che di storie: è a tutti gli effetti un creatore di favole per adulti: i suoi personaggi sono stravaganti e dotati di una straordinaria forza fisica e interiore, una forza fuori dal comune che li fa affrontare imprese impensabili per un uomo normale, alcune volte a questa forza è associata anche una deformità fisica, come nel caso di Gwynplain, personaggio principale di "L'uomo che ride" e che, per chi non lo sapesse, è stata fonte di ispirazione alla creazione di Joker per quanto riguarda l'aspetto esteriore ma anche per la lotta tra il dramma vissuto interiormente e l'allegria sfoggiata all'esterno, soprattutto se ci ripenso all'ultimo film "Joker" che gioca molto sul lato introspettivo del personaggio e la sua risata è dettata da una malattia e non dall'allegria. Ovviamente è solo uno spunto, in quanto rimangono due personaggi diversi e opposti.
L'aspetto sociale è un tema cardine nelle opere di Hugo e anche qui è presente e si denuncia il peso dell'aristocrazia che schiaccia letteralmente la gente ordinaria, povera, ma che senza di essa loro non sarebbero i dèi dell'Olimpo che sono. C'è una forte incriminazione di questa classe sociale parassita ma nello stesso tempo si subisce anche un forte fascino e attrazione e molte descrizioni mi ha ricordato anche Proust, soprattutto nel terzo volume, "Dalla parte dei Guermantes", anche lui non riesce a resistere nel non venerarla pur tuttavia criticandola e facendola a pezzi man mano nell'opera.
Rispetto alle altre opere che ho letto questa è quella che mi è piaciuta meno perché si dilunga un po' tanto su determinati aspetti che ho trovato noiosi e un po' obsoleti per i nostri tempi, come per esempio tutto il meccanismo della gerarchia reale inglese e dell'aristocrazia, con una sfilza di nomi e riassunti storici del tredicesimo al diciottesimo secolo che personalmente non ho gradito. Altra cosa che mi è piaciuta meno è stato lo stile della prosa. Hugo spesso usa un tono didascalico verso il suo lettore e va bene, ma qui l'ho notato un po' calcato soprattutto con l'utilizzo di brevi domande e risposte e una enumerazione copiosa di metafore per evidenziare una stessa idea.
Altra cosa che accomuna i libri che ho letto di Hugo, tranne che "I Miserabili", è hanno la stessa fine - ma un po' di fantasia in più, no?! Comunque, nel complesso un bellissimo libro che vale assolutamente la pena di leggere e che non mancherà ad emozionare il lettore e magari a insegnargli qualche cosa.
"Le delusioni si tendono come l'arco, con una forza sinistra, e gettano l'uomo, quasi fosse una freccia, verso la verità."
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Sempre bello tornare qui a trovarvi, ci sono sempre interessantissimi spunti!
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