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Ragione e sentimento
 
Ragione e sentimento 2021-11-24 10:17:17 Anna_
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Anna_ Opinione inserita da Anna_    24 Novembre, 2021
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Ciò che il Senno non rappresenta

"No, davvero, non sono mai troppo occupata da non pensare a S&S. Non posso scordarmelo più di quanto una madre possa scordarsi di allattare un figlio": così Jane Austen parlava di "Sense and Sensibility" a sua sorella Cassandra in una lettera dell'aprile del 1811. Il romanzo, la cui stesura la scrittrice aveva avviato nel 1795 con forma epistolare e con l'iniziale titolo di "Elinor and Marianne", fu poi pubblicato, primo fra tutti quelli austeniani, nell'ottobre dello stesso anno con l'anonima firma "By a lady" dall'editore Thomas Egerton.

Le vicende sentimentali delle due maggiori delle sorelle Dashwood rappresentano il cuore di "Ragione e Sentimento"; il titolo ne racchiude già il tema, principale ma non unico, e allo stesso tempo ne anticipa la conclusione nonché il pensiero della scrittrice (un equilibrio tra i due estremi è il presupposto per una stabile felicità). Che poi la preferenza della Austen sia stata per la più grande è lei stessa a scriverne nella lettera di cui sopra: "Mrs K. si rammarica in maniera molto lusinghiera di dover aspettare... Credo che le piacerà la mia Elinor".

L'assennatezza, la prudenza e l'autocontrollo di Elinor in ogni situazione - anche nell'esternare i suoi sentimenti verso il colto quanto introverso Edward - la rendono, da un lato, una saggia consigliera per la madre, donna impulsiva e imprudente, dall'altro sono il motivo per cui la sorella le riconosce un "cuore freddo".

Romantica e intrepida, Marianne, infatti, vive ogni sentimento senza quella moderazione che appartiene a Elinor. Che siano di gioia o di dolore, che nascano dalla musica o dai versi di Cowper (entrambi interessi anche di Jane Austen), dalla nostalgica bellezza del paesaggio o che siano per il giovane e affascinante Willoughby, Marianne vive i suoi sentimenti in modo manifesto ma anche (eccessivamente) estremo. È evidente dal suo agire una contrapposizione tra la sua personale morale e quella collettiva, socialmente riconosciuta.

Il contrasto Elinor-Ragione (Senno) e Marianne-Sentimento (Sensibilità) è tanto iniziale quanto mai del tutto privo di eccezioni.
Marianne, alla fine, acquisisce quell'assennatezza utile a non lasciarsi sopraffare da una sensibilità per nulla contenuta, impara ad attuare, con fatica, quell'autocontrollo che in Elinor viene meno alla fine e comprende che la vivacità di parole e azioni non è l'unica forma del sentimento.
Parimenti sua madre: "La signora Dashwood fu colpita dal vedere la sofferenza dipinta sul volto di Elinor... la sofferenza di Marianne, perché più riconosciuta e immediatamente sotto i suoi occhi, aveva monopolizzato la sua tenerezza e l'aveva portata a dimenticare che in Elinor poteva avere una figlia che soffriva quasi altrettanto e certo con minore autocommiserazione e maggiore coraggio."

Se il percorso di evoluzione di Marianne è più 'lineare', quello di Elinor è disseminato di eccezioni che indicano come la sua prudenza e il suo autocontrollo, pur espressione delle convenzioni sociali del suo tempo, non siano assenza o negazione del sentimento né totale mancanza di sensibilità: tradisce "tanto calore", pur sentendosi poi a disagio, parlando di Edward, si avvede della "forte sensibilità" del colonnello Brandon per il quale Elinor matura rispetto e compassione prima, gratitudine poi; e ancora la malattia della sorella non le risparmia ore "nell'ansia più atroce", non la lascia indifferente la tardiva quanto non giustificante spiegazione di Willoughby e da ultimo lei stessa si scopre più vulnerabile di quanto credesse: "Elinor si accorgeva adesso della differenza che esiste tra l'attesa di un evento temuto, nonostante quanto si possa dire e fare perché la mente lo accetti per certo, e la certezza di esso."

Se Ragione equivale a freddezza estrema, totale mancanza di sensibilità allora come non pensare all'egoista Fanny Dashwood: a lei appartiene una fine e astuta dialettica che fa venir meno ogni buona (ma evidentemente debole) intenzione di John Dashwood, cui il padre morente affida gli interessi della matrigna e delle sorelle (sorellastre secondo una puntualizzazione di sua moglie).

Ma "Ragione e Sentimento" oltre il tema cui il titolo rimanda è anche altro: è la critica all'ozio, alla dissipazione e al lusso; è i soldi quale misura della classe sociale di appartenenza e dell'opportunità di un buon partito; è il matrimonio quale momento centrale della vita di una donna. Matrimonio che la Austen mostra (con riferimento a quelli che maturano nel corso del romanzo) sotto diversi punti di vista (ora a ragione della società del suo tempo ora a ragione del suo pensiero): uno strumento di ricerca di una ricchezza personale atta a soddisfare la propria vanità e/o a ricavarne una rispettabile posizione, un riconoscimento sociale come nei casi di Willoughby che sceglie il matrimonio con la ben più ricca Sophia e di Lucy Steele con Robert, fratello minore di Edward; il matrimonio come epilogo di un percorso di educazione (o adattamento?) progressivo e totalizzante del cuore che si avvede grazie al buon senso maturato (e grazie agli incoraggiamenti?) dell'opportunità, anche socialmente riconosciuta, di un carattere piuttosto di un altro: è il caso di Marianne e del colonnello Brandon di cui all'inizio la giovane Dashwood aveva sottolineato con impeto che "non ha né talento, né gusto, né spirito. Che la sua mente non ha niente di brillante, i suoi sentimenti non hanno passione e la sua voce non ha espressione."
E, da ultimo, il matrimonio tra Elinor e Edward che è quello più vicino al sentire della Austen ("Nulla può essere paragonato alla disgrazia di un legame senza amore") eppure non scevro da quell'aspetto materiale (tanto fittizio e antico quanto reale e attuale) di un vivere dignitoso ("Erano uniti dal reciproco affetto...e nessuno dei due era accecato dall'amore tanto da credere che trecentocinquanta sterline l'anno li avrebbero mantenuti negli agi").

Leggere "Ragione e Sentimento" dopo "Orgoglio e Pregiudizio" mi ha portata a un confronto che ha favorito, nell'immediato, la prima lettura. Ciò sia per l'inizio freddo e incolore di "Ragione e Sentimento" rispetto a quello più movimentato e irriverente di "Orgoglio e Pregiudizio" grazie allo scambio di battute tra i coniugi Bennet che tanto resta impresso sia per caratteri (Mr Palmer, Edward, Lucy Steele) che, pur ben delineati nel contesto del romanzo, non riescono a conquistarsi la stessa simpatia di altri del romanzo successivo (Mr Bennet, Mr Darcy, Charlotte Lucas) sia per le storie delle sorelle Bennet che appaiono più coinvolgenti. Eppure alla fine posso affermare che tra queste due opere della Austen, la mia preferenza è proprio per "Ragione e Sentimento" tra le cui pagine vi è, o almeno a me è parso di cogliere, un fondo di maggiore e più tangibile realismo.

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