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La parte di Guermantes
Il terzo volume della Recherche è notoriamente conosciuto come quello non solo più lungo, ma anche come quello più impegnativo, eppure è un passaggio obbligato e , nell’economia generale dell’opera, necessario quanto il resto. É infatti il volume che introduce il protagonista nel bel mondo dell’aristocrazia parigina, in pieno Faubourg Saint-Germain, e ne rappresenta insieme l’anelito iniziale con la fascinazione conseguente riconducibile ad esso, unite al disincanto conseguente. Il protagonista vive il naturale trapasso dall’adolescenza alla giovinezza, coincidente con il trasferimento della sua famiglia presso un’ala del palazzo dei Guermantes, a Parigi. Sono lontani ormai i tempi di Balbec, i grandiosi scenari della costa normanna, le deliziose pulsioni giovanili del suo protagonista, rappresentanti nel secondo volume; qui la faccenda si fa seria: occorre mettersi in gioco in prima persona, sperimentare se stessi, scoprire, capire e crescere in una diversa consapevolezza.
Di salotto in salotto, il sogno si trasformerà in realtà, quella più tangibile possibile e insieme la più effimera: nomi, solo nomi, titoli, relazioni, parentele, un coacervo di apparenza nel quale la sostanza dell'essere umano pare disgregarsi e quasi annullarsi. Eppure, mentre la critica sottile al bel mondo si insinua, tutto diventa la sua celebrazione. L’Opéra, Doncières - cittadina militare e aristocratica-, il salotto di Madame de Villeparisis, la casa a Combray, il salotto dei Guermantes sono gli spazi di questa dilatata azione scenica che è propedeutica alla rivelazione di un’esistenza più autentica. Insomma, nonostante una subdola insofferenza che potrebbe minare la lettura persa in mille lungaggini, oziose come la più genuina aristocrazia, chi entra in quei salotti e si accomoda, ha presto modo di riconoscere l’intima essenza dell’opera: cercare nella misura del tempo, entità astratta e sfuggevole, il senso dell’Io. È la deliziosa governante Françoise fin da subito a suggerire al narratore l’impossibilità di conoscere realmente le persone con le quali stringiamo relazioni, anche le più intime, sempre, infatti, aleggia un’ombra che è difficile diradare e oltre la quale non è dato sapere se l’idea che ci costruiamo degli altri corrisponda a una minima parvenza di realtà. O ancora è lo stesso protagonista, poche pagine oltre, a ragionare sull’inutilità del ricercare se stessi con il tornare nei luoghi già vissuti, è necessario semplicemente affidarsi al volo più lieve, più immateriale, più vertiginoso, più ineffabile, più immortale “ dato da “certe impressioni fuggitive”. Il tempo non è misurabile, tanto meno quello trascorso, lo si può però recuperare, ricercandolo con la migliore inclinazione possibile dei sensi. Svanisce l’idea del possesso e del tempo e dello spazio. Si fluttua. E allora subentra l’arte, pittorica in primis, capace di fermare l’attimo per poi proiettarci nel suo scorrere e farci perdere di nuovo. Il lettore avrà modo di imbattersi spesso in queste riflessioni, vero leit-motiv dell’opera, e di ritrovare il sentimento dei legami familiari, stupende le pagine che narrano la morte dell’amata nonna, senza privarsi di altri interessanti spunti tematici, uno su tutti l’onnipresente Affaire Dreyfus, complice di insinuare nel bel mondo l’autenticità del dubbio.
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non sapevo che avesse la fama di essere "il più impegnativo" . Bene, sono avvertito.
Nella rilettura, sono giunto ai primi due volumi (dopo una frettolosa lettura giovanile) , per cui la tua recensione potrebbe essere venuta proprio 'a proposito' .
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