Dettagli Recensione
Tanto mestiere, poca Arte
Una abusata critica che vuole il Manzoni pigro e scarsamente produttivito, enfatizza gli oltre venti anni occorsi per la stesura dei Promessi Sposi proprio mentre, oltralpe, scrittori francesi sfornavano corposi romanzi a ritmi forsennati.
Ricordo che ai tempi del liceo, causa la forzata lettura scolastica che avrebbe reso indigesto lo stile Manzoniano anche al più ispirato tra gli studenti, mi compiacevo nel far mia quella critica tanto sprezzante quanto ingiusta. Solo una rilettura in età adulta, mi consentì di apprezzare pienamente lo spessore e la raffinatezza di quello che resta un capolavoro imprescindibile della nostra letteratura.
Ho appena terminato, non senza fatica, "Il Conte di Montecristo" e quel giovanile e superficiale giudizio mi è tornato alla mente e con esso la consapevolezza di quanto fosse davvero improprio anche solo accostare opere di qualità tanto differente.
Per dirla con Umberto Eco:” Il Conte di Montecristo è uno dei romanzi più mal scritti di tutti i tempi e di tutte le letterature”.
Come dargli torto? Personaggi enfatizzati, caricaturali, banali nella loro monolitica psicologia priva di sfaccettature. E poi ... una storia inverosimile, inconsistente, forzature continue, estenuante ricerca di stucchevoli effetti a sorpresa e colpi di teatro ...nessuna pagina “alta”, nessuno stimolo alla riflessione ... puro e semplice intrattenimento.
Se il romanzo è passato alla storia entrando nel nostro immaginario collettivo, lo si deve unicamente all’avvincente racconto della prigionia di Edmond Dantes nelle segrete del castello d'If, dell’incontro con l’abate Faria e della spettacolare fuga. In quella narrazione, che occupa la parte iniziale del romanzo, ogni lettore del mondo si è potuto immedesimare nel recluso disperato avvertendo quasi fisicamente l’umidità e la tetraggine di quelle celle nonché il sapore vertiginoso della libertà riconquistata.
Il romanzo sarebbe dovuto terminare qui.
Tutto il resto, ovvero le oltre ottocento pagine che raccontano l’inesorabile vendetta del conte, dai capitoli romani a quelli parigini, è davvero poca cosa, costruito com’è in modo così improbabile e posticcio. Nulla più che un feuilleton insomma. Una telenovela ante litteram.
Di questa corposa parte salvo soltanto due cose.
La prima è la descrizione della pubblica esecuzione di un condannato a morte per “mazzolamento”. La scena ambientata in Piazza del Popolo a Roma, si imprime nella memoria del lettore per vividezza e drammaticità. Una scena "pulp" che farebbe felice un fan di Tarantino.
La seconda è il veloce tratteggio di un personaggio del tutto secondario e marginale nell’imponente svolgersi della narrazione; tale mademoiselle Danglars i cui gusti omosessuali, per nulla celati, sanno di modernità e trasgressione.
Un po’ poco per un romanzo di 1200 pagine belle fitte.
Teniamoci stretto il nostro Manzoni e, per una volta, accantoniamo l’esterofilia.
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Commenti
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non vorrei essere stato troppo severo ... mai quanto Eco comunque !
se ti capita di leggerlo fammi sapere se condividi il giudizio
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La tua accoglienza tiepida m'induce a pensare di non aver perso granché.
Sono un estimatore dei Promessi Sposi.