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Peccato per il finale
Uno dei più bei film degli anni 90 è sicuramente "La leggenda del re pescatore" con un duo meraviglioso e commovente come Jeff Bridge e il compianto Robin Williams, una pellicola che sin dal primo minuti fa dimenticare tutte le aberrazioni e bestialità del cinico mondo occidentale, impregnato fino al midollo sulla ricerca del successo e dell'accumulo del danaro. Una poesia visiva in cui questi due reietti decidono di darsi in pasto alla megalopoli di NY e di cercare tra le puzzolenti e ciniche avenue cittadine un riscatto a una vita di sofferenze e solitudini.
Con sommo stupore, essendo io un patito di cinema e libri, qualche tempo fa, ozieggiando in una biblioteca capitolina, mi sono trovato fra le mani questo testo di cui non avevo la minima conoscenza.
E con somma contentezza ho capito che era il testo da cui era stata tratta la pellicola.
Un breve racconto, molto denso, che a differenza del film è ambientato tra i bassi fondi di Parigi e non nella sfavillante mitica NYc.
Debbo confessare che nella prima parte il racconto procede in un crescendo di bellezza e fluidità di scrittura che fanno delle avventure del vagabondo protagonista, una carrellata di avvenimenti e situazioni molto interessanti e strampalate che catturano in sommo grado l'attenzione del lettore, ma ad iniziare dalla secondo metà della storia, si comincia a percepire una certa stanchezza di idee dello scrittore con una ripetitività delle scene descritte che sfiorano la noia e che fanno inevitabilmente calare la qualità della scrittura e conseguentemente la bellezza dell'idea germinale dell'opera.
E questa inesorabile bulimia di idee va appunto a collassare in un evitabilissimo finale , che da proprio l'idea di come appunto il buon Roth non sappia che pesci prendere per concludere la storia.
Il classico caso di quando uno si siede in una sala cinematografica o apre un libro e piano piano inesorabilmente comincia a farsi strada nella testa dello spettatore e del lettore, il pensiero che all'ottima idea iniziale dell'opera non possa purtroppo far seguito una degna chiusura della stessa.
Resta comunque una gradevole lettura, che però è un passo indietro rispetto alla genialità del film che invece, a mio avviso, cattura l'attenzione del pubblico dalla prima all'ultima inquadratura.
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Inoltre il tuo commento al racconto, per quanto rifletta il tuo personalissimo gusto, e come tale va preso, pare non aver proprio colto lo spirito e l'essenza del racconto, unico motivo, a parer mio, della noia che ti suscita.