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Basta uccidere cavalli, signor Dumas
Seguito delle avventure de "I tre moschettieri" ambientato -come suggerisce sottilmente il titolo- vent'anni dopo, questo romanzo mi ha riportato nella narrazione leggera e divertente di Dumas, tra duelli fisici e di strategia, scene degne di Beautiful (non ho ancora metabolizzato la storia del concepimento di Raoul) e un numero incalcolabile, per mera pigrizia della scrivente, di refusi che hanno reso l'edizione Rizzoli la nemesi per più di una settimana.
Molto è cambiato in Francia da quando i nostri eroi baccagliavano un giorno sì e l'altro pure con il cardinale Richelieu: d'Artagnan è l'unico rimasto all'interno del corpo dei moschettieri, ancora in attesa che la riconoscenza di Anna d'Austria gli permetta di far carriera; proprio con questa speranza, l'uomo viene avvicinato dal nuovo ministro, l'italiano Mazarino, che gli promette il titolo di capitano in cambio del suo aiuto. Per buona parte del romanzo vediamo infatti la Corte del giovanissimo Luigi XIV contrapposta al movimento della Fronda, composto da popolani, borghesi e nobili riuniti dal disprezzo verso il cardinale e le sue tasse sempre più gravose.
Nella prima parte del libro seguiamo d'Artagnan impegnato nella ricerca e nel (tentato) reclutamento dei suoi vecchi amici, persi di vista con il passare degli anni; nella seconda ci si focalizza principalmente su una missione in Inghilterra, dove le forze di Carlo I e i ribelli al seguito di Oliver Cromwell si danno battaglia.
Mi è impossibile non fare un confronto tra questo e il primo libro, soprattutto perché ci sono tanti elementi in comune come lo stile, il genere e gli stessi personaggi, principali e secondari, che ritornano in scena. Seppure il voto assegnato ai due volumi sia alla fine lo stesso, i punti a favore e contro sono quasi opposti: "Vent'anni dopo" è caratterizzato infatti da una omogeneità della trama del tutto assente nel precedente titolo. Anche qui abbiamo tante avventure, provocate dagli ostacoli che i personaggi si trovano a dover affrontare, ma la narrazione segue un intreccio generale strutturato con più cura, come si evince anche dalla presenza di alcuni ottimi colpi di scena. Per contro i personaggi, in particolare gli antagonisti che ritenevo il punto di forza dell'altro volume, qui si dimostrano notevolmente più deboli tanto che il testo stesso ci dice chiaramente come Mazarino non sia all'altezza di Richelieu o Mordaunt a quella di Milady.
È anche vero che altri personaggi guadagnano molto da questo salto in avanti nel tempo, in special modo d'Artagnan che perde in parte la sua strafottenza giovanile per sfoderare un'attitudine molto più razionale; di conseguenza, leggere dei piani da lui ideati risulta una delle parti più godibili del testo. Per apprezzare davvero i quattro protagonisti credo sia però necessario liberarsi dell'ideale comune nato nel tempo attorno alla figura dei moschettieri: dopo tanti adattamenti sul grande e il piccolo schermo i personaggi di Dumas si sono ridotti a degli stereotipati cavalieri pronti a difendere i deboli e lottare contro gli oppressori; chi si approccia all'opera cartacea potrebbe essere alquanto confuso trovandosi di fronte dei caratteri molto più sfaccettati e non sempre votati al bene incondizionato. A parte Athos che è un santo, o un semidio nel caso chiedeste a d'Artagnan.
NB: Libro letto nell'edizione Rizzoli BUR