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Non c'è isola nella peste
"Ma egli sapeva tuttavia che questa cronaca non poteva essere la cronaca della vittoria definitiva; non poteva essere che la testimonianza di quello che si era dovuto compiere e che, certamente, avrebbero dovuto ancora compiere, contro il terrore e la sua instancabile arma, nonostante i loro strazi personali, tutti gli uomini che, non potendo essere santi e rifiutandosi di ammettere i flagelli, si sforzano di essere dei medici."
A Orano, una prefettura francese della costa algerina, un giorno dal nulla incominciano ad uscire topi, se ne trovano ovunque, nelle case, per strada, escono a frotte e muoiono. Quello che all'inizio sembra uno scherzo innocente porta la città nel panico.
"Nel mondo ci sono state in ugual numero, pestilenze e guerre; e tuttavia pestilenze e guerre colgono gli uomini sempre impreparati."
Camus tramite il suo narratore ci presenta una cronaca oggettiva che racconta tutta l'evoluzione della peste e gli animi di coloro che si trovavano dentro le mura chiuse.
Un libro che visto il periodo storico arriva ancora di più. Siamo negli anni '40, ma si parla di congiunti, di separazioni, di quarantene, di sieri che funzionano e non funzionano, di evoluzioni, di ingiustizie e di come tutte le pestilenze non fanno differenze fra ricchi e poveri.
Uno stile chiaro, poco pretenzioso e diretto. Camus ci rende partecipi ma allo stesso tempo impotenti. Anche noi come gli abitanti di Orano stiamo aspettando che quelle porte si possano finalmente aprire e ricominciare una vita normale, perché è proprio la normalità che ci manca.
Una lettura molto interessante, l'ho preferita a "Lo straniero" che invece non mi aveva particolarmente colpita.
Buona lettura!
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