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Il mostro di carta
«E perché non dovrebbe? Sono arrivato tanto lontano, tracciando una via sicura attraverso mari ignoti; le stelle stesse sono state testimoni e spettatrici del mio trionfo. Perché, allora, non procedere oltre sull’elemento indomito ma obbediente? Che cosa potrà mai fermare il cuore risoluto e la volontà ferma dell’uomo?»
Chi non conosce anche solo per fama la storia del Dottor Frankenstein, celebre personaggio nato dalla penna di Mary Shelley quasi per gioco avendo questo preso forma in occasione di una competizione letteraria tra amici nel 1816 per ingannare il tempo inclemente? Pubblicato prima anonimamente nel 1818 con una prefazione del marito e una dedica al padre e di poi nel 1823 in Francia con firma dell’autrice, l’opera è ben presto diventata uno dei titoli più acclamati a suo nome nonché un classico intramontabile.
Quello costruito dalla narratrice è un romanzo che si incentra sulla superbia umana che senza troppe remore si ribella alle leggi stesse della natura e ai vincoli dalla medesima imposti. Appassionato sin dalla giovane età di scienza e di filosofia naturale, il nostro eroe vuol svelare al mondo i misteri della creazione. Resta affascinato, in particolare, da quello studioso che proprio in età adolescenziale inizia a studiare con maniacale ossessione e di cui nel tempo, poi, scoprirà essere in verità fallaci gli esperimenti e le teorie. A compimento di tutto questo percorso, che si estende pure all’applicazione di macabre cuciture sui cadaveri, vi è la creazione del Mostro. Quest’ultimo imparerà a vivere per riflesso dopo essere stato cacciato per il suo aspetto e per il ribrezzo generato dal suo semplice esistere.
Imparerà osservando una famiglia a parlare, a vivere come un essere umano e sì, anche ad amare. Lui che è il più solo, lui che vive a stretto contatto con quella che è la sofferenza determinata dalla sua condizione di individuo reietto dalla società, proverà la forza di questo sentimento.
A una trama ben articolata si affianca una struttura narrativa che emerge per il suo pregio stilistico. La storia è un crescendo, le vicende partono da una serie di missive che il capitano Robert Walton destina alla sorella e che ci permettono di delineare i primi tratti salienti dell’elaborato e si spostano passo dopo passo verso quello che è il fulcro dello scritto e il conseguente e casuale incontro con Frankenstein.
Tuttavia, nonostante gli intenti e il contenuto con un messaggio sotteso, il componimento – per me rilettura dopo gli anni di studio – pecca di una serie di rallentamenti che tendono a sfiancare il conoscitore e che intaccano la piacevolezza della lettura che risulta essere purtroppo poco avvincente.
“Frankenstein” resta indiscutibilmente un volume necessario alla formazione di ogni lettore e resta indubbiamente un elaborato con una sua riflessione forte, attuale e con tematiche coraggiose per l'epoca in cui fu creato e ancora oggi di grande interesse ma inevitabilmente risente del tempo trascorso e può deludere le aspettative del lettore che vi si avvicina con troppe pretese date dalla immancabile e conclamata fama. Soprattutto se in prima lettura.
«Un uomo come lui vive due vite: soffre nella disgrazia ed è sopraffatto dalle delusioni, eppure, una volta rinchiuso in se stesso, si trasforma in uno spirito celeste, circonfuso di un alone nel cui cerchio né dolore né follia osano entrare.»
Commenti
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Fede
Scherzando, con amici, spesso dico che all'opera è mancata la revisione di un buon editor e mi vengono in mente le stroncature che Eco, per burla, fece alla Bibbia e ad alcuni pilastri della letteratura mondiale.
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