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Alla corte della coscienza
Autore spesso dimenticato, Anthony Trollope, nonostante la sua ampissima produzione letteraria. Ingiustamente dimenticato, si potrebbe dire, perché, quanto a capacità di coniugare leggerezza di tono, qualità di stile e lucida rappresentazione della società, in fondo la sua penna non ha nulla da invidiare ad altre ben più celebri.
Ma è possibile, nel 2020, trovare piacevolezza e spunti di riflessione in una storia imperniata su una disputa legale di età vittoriana? Assolutamente sì.
Il segreto sta nella vivace e misurata ironia, così tipicamente inglese, che permea l’osservazione e la narrazione dei caratteri umani e delle dinamiche di potere. Si legge con gusto, dunque, e si scopre infine che - sostituita magari la vecchia stampa con i nuovi media e le sinecure clericali con altre cariche nominali - resta la natura dell’uomo: i dubbi, le debolezze, l’ostinazione. E quella in fondo non è così cambiata.
Il nocciolo della questione è la legittimità di una rendita ecclesiastica di cui beneficia il gentile e amabile reverendo Harding in qualità di amministratore di un ricovero per anziani. L’istituto di carità era sorto più di quattro secoli prima con l’intento di ospitare dodici indigenti, ma nel tempo la proprietà è diventata assai più prospera.
È giusto che tali rendite vadano interamente all’amministratore, come sostiene fermamente la Chiesa? O non sarebbe più in linea con il mandato originale, e con lo spirito cristiano, una equa suddivisione con i cari vecchietti, come suggeriscono i riformatori? A complicare ulteriormente le cose ci si mettono la coscienza e l’amore, perché i due fronti sono rappresentati nientemeno che dagli innamorati delle figlie di Harding, il severo arcidiacono e il medico idealista.
Frizzante e venata di umorismo è la voce del narratore onnisciente, che interagisce spesso con il lettore per commentare i suoi personaggi, svelandoci magari qualche dettaglio curioso - come quello scandaloso volume di Rabelais nascosto nel cassetto segreto dell’irreprensibile arcidiacono -, o per lanciare ironiche frecciatine al mondo della stampa o dei romanzi d’appendice, nella figura di un Charles Dickens camuffato dietro l’eloquente nome di “Popular Sentiment”.
In conclusione, un delizioso viaggio nella campagna inglese e nella natura umana, che lascia la curiosità di scoprire cosa riservano i successivi cinque volumi che compongono “Il ciclo del Barset”.
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Commenti
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Trollope sta entrando nella cerchia dei miei autori preferiti. Anche questo libro mi è piaciuto molto.
Come penso tu sappia, ritroviamo questi personaggi anche nel libro successivo, "Le torri di Barchester", romanzo piacevolissimo, brillante, ben condito di Humor inglese.
Io ho appena terminato di leggere "Il Dottor Thorne" , anch'esso libro magnifico.
Il mio prossimo Trollope sarà allora "Le torri di Barchester"!
Un caro saluto,
Manuela
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