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La rosa, la volpe e i baobab
Favola moderna dai tratti autobiografici, "Il Piccolo Principe" è uno dei libri più letti e venduti al mondo, vanta centinaia di traduzioni tra cui anche quelle in vari dialetti italiani (in napoletano, salentino, milanese per citarne alcuni). Pubblicato per la prima volta in lingua inglese nel 1943, in Francia uscì dopo la scomparsa del suo autore.
Saint-Exupéry lo dedicò ad un suo grandissimo amico, Leon Werth, scrittore ebreo francese, che non riuscì a fuggire dalla Francia prima dell'arrivo dei nazisti. Come lo stesso Saint-Exupéry ha sottolineato, il suo racconto è più propriamente dedicato "al bambino che questa grande persona è stato", con ciò indicando i bambini come i lettori principali ma non unici del suo libro.
Sin dall'inizio si coglie un tratto autobiografico: il Narratore- protagonista è un pilota che, a seguito di un'avaria, si ritrova nel deserto del Sahara e la sua prima preoccupazione è riparare al più presto il motore prima che la sua riserva di acqua si esaurisca; analogo incidente era capitato nel 1935 a Saint-Exupéry, infatti volare e scrivere sono sempre state le due più grandi e inscindibili passioni dell'autore.
Nel deserto il Narratore-aviatore (l'adulto) incontra il Piccolo Principe (il sé bambino): la contrapposizione dei due mondi, quello degli adulti e dei bambini, attraversa tutto il racconto e già dalle prime pagine emergono alcuni messaggi del libro: diventando adulti si perdono la curiosità, la fantasia e la creatività tipiche dei bambini e gli adulti, con il loro modo razionale e pratico, finiscono con lo scoraggiare i bambini. Tale infatti era stata l'esperienza del Narratore che a sei anni aveva mostrato ad alcuni adulti due disegni di un boa che aveva ingoiato un serpente ma in entrambi i casi gli adulti vi avevano visto sostanzialmente un cappello scoraggiando così ogni interesse del bambino per il disegno.
Il Piccolo Principe invece no, lui riesce a comprendere quel disegno e a vedere poi una piccola pecora che dorme in quella che al primo impatto è una cassetta con tre fori. Questo perché "L'essenziale è invisibile agli occhi", proprio come poi confiderà la volpe al Piccolo Principe.
Ma esiste davvero il Piccolo Principe? Da dove arriva? Ai grandi, affinché credano alla sua esistenza, non basterà sapere che era bellissimo e voleva una pecora, loro vorranno dati certi e perciò il Narratore precisa e descrive da dove viene il Piccolo Principe, dall'asteroide B 612.
Insieme a questo piccolo ometto, noi lettori compiamo un viaggio in cui tutto è metafora di qualcosa e porta un messaggio (a volte ovvio ma non poi così tanto visto che nella realtà sovente noi grandi ce ne dimentichiamo).
Così è per il deserto quale luogo di smarrimento, sia per il Narratore-pilota sia per il Piccolo Principe, ma anche luogo di ritrovamento di se stessi.
Alla rosa, bella, delicata, vanitosa, si ricollega l'unicità di un rapporto che è tale non per la bellezza del fiore quanto per la cura e la dedizione che il Piccolo Principe le dimostra e per il fatto che lei profumi il suo pianeta; un legame di cui lui però non è ancora consapevole, ha difficoltà nel gestire il suo rapporto con lei, come confiderà poi al serpente, e per questo parte per un viaggio che, tuttavia, si rivela necessario alla sua crescita personale.
I baobab, semi cattivi che ogni giorno il Piccolo Principe estirpa dal suo pianeta prima che diventino alberi grandi perché "un baobab se si arriva troppo tardi, non si riesce più a sbarazzarsene", ben possono rappresentare le emozioni negative dell'animo umano, tristezza e rabbia finanche le paure; altri affermano che Saint-Exupéry con i baobab intendesse riferirsi alla minaccia del Nazismo.
Gli stessi umani che il Piccolo Principe incontra nel suo viaggio mettono in risalto difetti del mondo degli adulti: l'illusione del potere e dell'autorità (il re); la maggiore importanza data all'apparire e non all'essere (uomo vanitoso); l'avidità (uomo d'affari); la corsa contro il tempo (mercante di pillole).
L'incontro con la volpe, che qui non è il tradizionale animale furbo ma si rivela saggio, è determinante per il Piccolo Principe: è da lei che questo ometto imparerà il vero significato dell'amicizia e dell'unicità del suo legame con la rosa; addomesticare, gli spiegherà la volpe, significa creare legami, diventare "unico al mondo per qualcuno" ma perché ciò avvenga sono necessari la pazienza e i riti. E anche quando un'amicizia finisce, non occorre piangere per questo, occorre pensare al legame affettivo che si è creato e che di certo ci arricchisce proprio come avviene per la volpe con il suo piccolo amico. "Vedi, laggiù in fondo, dei campi di grano? Io non mangio il pane e il grano, per me è inutile. I campi di grano non mi ricordano nulla. E questo è triste! Ma tu hai dei capelli color dell'oro. Allora sarà meraviglioso quando mi avrai addomesticato. Il grano, che è dorato, mi farà pensare a te. E amerò il rumore del vento nel grano..."
Durante il suo viaggio il Piccolo Principe maturerà il sentimento di rimorso per aver abbandonato la sua rosa, per averla giudicata dalle sue parole e avrà desiderio di tornare a casa: desiderio per il quale lo aiuterà il serpente.
Ad una tenace curiosità, tipica dei bambini, che lo porta a porre continue domande e ad insistere per avere delle risposte, il piccolo ometto contrappone una certa ritrosia nel rispondere a quelle che invece gli vengono poste, e talvolta (altro aspetto autobiografico) arrossisce; la sua figura può non trovare unanimi consensi: a qualche lettore può suscitare tenerezza ad altri può venire a noia. Io mi sento parte dei primi e consiglio questa lettura.
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Libro letto parecchi anni fa, ma lascia nel tempo una ventata di poesia e freschezza.