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Addii al ritmo di valzer
Cinque giornate raccontate in altrettanti capitoli, otto personaggi diametralmente opposti, un'unica e sola ambientazione sono gli elementi che compongono questo piccolo e delicato romanzo di Milan Kundera che, nel rispetto della sua migliore tradizione letteraria, mette una trama semplice e leggera al servizio di profonde riflessioni. Il tutto condito dall'immancabile ironia e dalla finezza della sua penna. Si parla di tutela della vita e interruzione della gravidanza, osservando il dilemma sia dal punto di vista etico e religioso, sia da quello civile, pragmatico, scientifico, senza patteggiare per una o l'altra fazione. "Avere un figlio significa esprimere un accordo assoluto con l'uomo. Avere un figlio è come dire: sono nato, ho provato la vita e l'ho trovata così buona che merita di essere ripetuta." Ci si interroga sul concetto di giustizia con particolare attenzione al rapporto tra perseguitato e persecutore e sull'impossibilità di tracciare un confine netto tra l'uno e l'altro perché "arrivare alla conclusione che non ci sono differenze tra il colpevole e la vittima significa perdere ogni speranza. E questo si chiama inferno, ragazza mia". Ci si domanda se, come e quando l'uomo ha il diritto di uccidere un suo simile, arrivando a menzionare Dostoevskij e il suo Raskol'nikov, chiedendosi se l'assissinio può essere o meno una forma corretta di giustizia. "Il desiderio di ordine è al tempo stesso desiderio di morte, giacché la vita è una perpetua violazione dell'ordine. Oppure, con una formula opposta: Il desiderio di ordine è il pretesto virtuoso con cui l'odio per gli uomini giustifica i propri misfatti." Il tutto con i tempi, le atmosfere, le scenografie tipiche dell'opera teatrale. Siamo in Boemia, in epoca socialista, all'interno di uno stabilimento termale specializzato nella cura della fecondità femminile. Una gravidanza inaspettata, frutto di una notte di debolezza carnale, lega la bella infermiera Ruzena al famoso musicista Klima. Lei però ha un fidanzato ossessivo, il giovane idraulico Frantisek, lui una moglie gelosissima, Kamila. Klima tenta di convincere la giovane ad abortire, sfruttando l'amicizia con il dottor Skreta, direttore della struttura sanitaria, diviso tra il compito di favorire le nascite e il potere di consentire le interruzioni della gestazione. Questi a sua volta è legato ad altri due personaggi, il ricco uomo d'affari americano Bertlef, paziente storico della clinica, da cui vorrebbe essere adottato per acquisire il doppio passaporto, e Jakub, burocrate politico legato al regime, prima vittima poi carnefice delle purghe filosovietiche, prossimo a lasciare la patria e a sua volta legato all'esile Olga, paziente del centro, figlia di un suo ex amico e compagno, poi caduto in disgrazia e giustiziato. Storie comuni ma non banali, che inevitabilmente finiranno per intrecciarsi le une alle altre, sciogliendosi infine dall'intrico e prendendo ognuna la propria strada in un continuo addio al ritmo di valzer che, come si evince dal titolo, è il concetto alla base del libro. Kundera evidenzia infatti come la vita di ognuno di noi, dall'umile idraulico al famoso artista, dalla semplice infermiera all'illustre medico, sia un continuo susseguirsi di incontri cui non possono che seguire inevitabili abbandoni, inesorabili addii, che siano essi di natura sentimentale, umana, materiale, spirituale, che chiudono definitivamente e malinconicamente capitoli più o meno importanti dell'esistenza, segnando tuttavia nuovi e spesso incoraggianti inizi che, prima o poi, culmineranno nell'ennesimo, perentorio, risolutivo saluto. "Andò a passo rapido verso la macchina, aprì la portiera, si sedette al volante e ripartì per il confine. Ancora ieri credeva che sarebbero stati momenti di sollievo. Che sarebbe partito con gioia da quel paese. Che avrebbe lasciato un luogo in cui era nato per sbaglio e a cui non apparteneva veramente. Ma in quel momento sapeva che stava lasciando la sua unica patria e che non ne esistevano altre."
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