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Quella goccia d’acqua che racconta l’universo
Una monografia sentimentale completa. La prima definizione che sgorga dalla fiumana di impressioni che questo magnifico libro mi ha lasciato.
Cercavo un libro che parlasse di mare, un saggio oppure un altro romanzo, ed ho trovato questo tesoro nella mia libreria. A pagina 3 ero già stata conquistata, avvinta da un doppio incantesimo: quello dell’approccio all’argomento e quello liberato dalla penna di Michelet.
E come scrive Michelet, il cui nome campeggia su tutti i libri ed i manuali di storia francese?
Leggerlo per me è stato uno spettacolo di fuochi d’artificio nel cuore e nella mente, niente di più e niente di meno.
Ma, dal momento che la mia opinione è modestissima, vi lascio l’autorevole parere del compianto Tabucchi proprio su questo libro:
“Un libro superbo. Ha una magniloquenza grandiosa, un registro stilistico sintonizzato sulla solennità dell’elemento di cui parla” (dalla copertina).
Chi ama il mare o semplicemente il curioso che vuole leggere un libro che ne parli con tutti i crismi della letteratura, impazzirà veramente di piacere. Michelet organizza il lavoro in quattro parti, suddivise a loro volta in paragrafi non troppo lunghi: dall’importanza del mare come delimitatore di confini terrestri alle varie coste che si affacciano sui mari, senza tralasciare le desolanti distese dei Poli, dal faro quale “altare, tempio, colonna, luce soccorritrice” dei naviganti alla fecondità della vita marina, dalle scoperte di nuovi continenti e rotte marine alle attività umane che ruotano attorno al mare.
Ho amato alla follia la parte dedicata alle creature marine, alla fecondità del mare quale “grande femmina del globo, il cui inesausto desiderio, il concepimento permanente, la procreazione non si esaurisce mai”. Quelle pagine contengono autentica, vera poesia mista alle conoscenze di biologia marina. La mia esaltazione mi porterebbe a condividere con voi così tanti passi!
“Tutte queste bellezze gareggiano fluttuando sullo specchio verde nei loro colori gai e dolci con i mille incanti di un’eleganza infantile e inconsapevole: hanno messo perfino in imbarazzo la scienza che, per trovar loro dei nomi, ha dovuto chiamare in soccorso le regine della storia e le dee della mitologia. Questa è l’ondeggiante Berenice, la cui ricca capigliatura abbandonata alla acque forma un’onda nelle onde. Quella è la piccola Orizia, sposa di Eolo, la quale al soffio dello sposo lascia errare la sua urna bianca e pura, incerta, appena trattenuta dal groviglio delicato dei capelli,sovente allacciati da sotto. Laggiù Dionea, la piangente, pare una coppa colma di alabastro che lascia traboccare, in filamenti cristallini, splendide lacrime”.
Fantasmagorie dei fondali, esplosione di vividi colori che fanno impallidire i più celebri artisti. La bellezza dei coralli e delle perle, la grazia in movimento dei pesci, i tranelli del polipo, la giocosità delle focene...Questo è il mare. Una fecondità che rischia di soffocare nella sua ricchezza, diceva Michelet, ancora lontano dalla piaga dell’inquinamento!
Il libro è stato scritto nel 1861 e l’autore, difendendo quello che oggi noi consideriamo il padre della moderna oceanografia, Matthew Fontaine Maury, offre una visione sbalorditiva del mare come un essere umano con tanto di polso (correnti calde e fredde) e un cuore (l’equatore)dove avviene lo scambio delle correnti. Con grande intuito sostiene :
“Prendiamo una goccia d’acqua di mare. Vedremo riprodursi la creazione originaria (...). La goccia d’acqua, non ho alcun dubbio, con le sue trasformazioni mi racconterà l’universo. Attendiamo e osserviamo”.
Dal mare non abbiamo che trarre infinite lezioni: “non dobbiamo credere all’apparenza, ma alla verità” . Pensiamo a quelle delicatissime creature , quasi fiabesche, le meduse e le fisalie, la loro impalpabilità e leggerezza le fa apparire innocue, ma non lo sono. E le balene? Grosse quanto una montagna sono in realtà delle madri affettuosissime, partners fedeli e protettivi, dei “giganti buoni” che, mai a pensarlo, inconsapevolmente hanno i guidato i navigatori, loro cacciatori, verso nuove e sconosciute rotte!
È un libro che parla d’amore e di desiderio, perché esistere richiede enorme dispendio di energie: alcune specie marine rischiano la loro stessa vita pur di tramandare la propria specie, attraverso lunghi viaggi e grandi pericoli, e allora Michelet sostiene con convinzione che:
“L’amore è lo sforzo della vita per andare al di là di se stesso e per potere più della propria potenza”.
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Cit.
Questo è diverso da Moby Dick non c'è nessuna storia, tranne il racconto di qualche esperienza vissuta da Michelet. È un ibrido, non è un saggio né un romanzo, è... ahahah un anfibio! Sì segno subito, Hugo, adoro Hugo. Rileggerò anche Lord Jim di Conrad. Grazie!
A me piacciono molto i saggi ed anche alcuni ibridi, perché come te e altri amici, non sono propriamente lettrice di trame, ma mi colpisce lo stile. Se Michelet avesse scritto un libro con due ricette, gli avrei riservato lo stesso entusiasmo!
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