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Sete d’amore, sete di sole
Stupendo secondo volume della Ricerca proustiana, un viaggio letterario ineguagliabile, un ritrovarsi in una prosa cristallina, netta, perfetta, dalla cifra stilistica che non corre mai il pericolo di lasciare indietro il contenuto, sapientemente dosato, centellinato nelle oltre cinquecento pagine, a riscoprire il piacere di un trama impalpabile ma tangibile, tesa ad annullare i fatti mentre li propone come solo la pittura impressionista sa fare. Impressioni , sensazioni, pensieri , colti nell’immediato ma arricchiti da considerazioni a posteriori che oscillano fra il gusto garbato dell’anticipazione e lo sguardo ricco di senno di chi ripercorre la propria giovinezza, o meglio una porzione di essa. Un’estate lunga, a Balbec, la prima lontana dai genitori, in compagnia della nonna, nel Grand Hotel che fotografa, cristallizzandola, la realtà sociale francese ancora in bilico, in questo primo scorcio del Novecento, fra nobiltà e borghesia, una realtà , di contro, tutta protesa verso la novità dettata dal progresso tecnologico. Un narratore alle prese con i suoi primi ardori, nella prima parte, di ambientazione parigina , nei confronti di Gilberte, la figlia di Swann e di Odette, dapprima agli Champs –Élysées poi, gradualmente, nella dimora della coppia, quasi un fortino da espugnare, per vedersi infine ripagato da un intero gineceo in spiaggia, in Normandia. Le fanciulle in fiore, visione prima, messa a fuoco poi e selezione fra esse di una predestinata al suo amore: Albertine, sfuggente come un cerbiatto, accessibile come una soglia da varcare a cui si frappone intanto un gradino inatteso. Un vissuto sottratto all’oblio cui sarebbe stato destinato, come tutto nella vita. Il processo dell’innamoramento, il mistero del ruolo giocato dalla casualità in certe alchimie che si vorrebbero lontane dal mistero e totalmente imbevute della nostra volontà, per scoprir poi che l’amore procede seguendo, dettato dal caso, semplicemente i binari della nostra fantasia, del nostro immaginare, supporre e ricercare nell’altro una porzione meno fumosa di noi stessi. Il volume è trapuntato di considerazioni di tal misura, ogni volta colpiscono per l’ingenua verità e truce che contengono, permettendo al lettore un ritrovarsi universale, meravigliandolo per la semplicità con la quale viene trasposto in scrittura un pensiero sicuramente abbozzato un tempo anche nella sua mente, senza averne mai avuto la capacità di recuperarlo, analizzarlo, fissarlo nella sua estrema veridicità. Proust ha il dono di recuperare il suo tempo, il suo vissuto, coinvolgendo il lettore in un’altra ricerca, simile alla sua, anche se ora più personale: quella del proprio tempo perduto. "All’ombra delle fanciulle in fiore" è semplicemente uno scritto contraddistinto dalla grazia della giovinezza, dall’eleganza del ricordo, dalla istantaneità di un quadro impressionista. Coglie l’attimo, lo fissa, per sempre dilatando la percezione del proprio universo temporale.
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