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Piccione e pane bianco per tutti!
"I Buddenbrook" è un romanzo familiare incentrato su una dinastia di commercianti borghesi di Lubecca, città natale dello stesso Mann, dei quali seguiamo i momenti di maggiore gioia come anche i rovesci di fortuna, nel corso di quattro generazioni.
Pur mettendo al centro delle vicende l'intera famiglia, la storia è maggiormente focalizzata sui due figli maggiori del console Buddenbrook, la volubile Antonie "Tony" e il pragmatico Thomas, nonché sull'unico figlio di quest'ultimo, il cagionevole Johann "Hanno". Si tratta di tre personaggi dalla caratterizzazione ben distinta, dei quali il lettore percepisce chiaramente la crescita personale, sia dal tono adottato nei dialoghi sia nel modo di affrontare le situazioni con l'avanzare della storia.
La trama è praticamente inesistente, trattandosi appunto di una saga familiare dove gli eventi più importanti sono dati da nascite, morti e matrimoni, ma anche il lato economico gioca un ruolo chiave nella narrazione, soprattutto per merito dell'attività svolta dai Buddenbrook stessi. La loro natura di commercianti viene continuamente evidenziata nel romanzo, con battute farcite di riferimenti al denaro e al valore di immobili o di altri beni; un mondo dove la paura maggiore non è il lutto, ma qualcosa di ben più terreno.
«[...] "bancarotta"... era più atroce della morte, significava disordine, sfacelo, rovina, onta, vergogna, disperazione, miseria...»
Da notare come le influenze economiche vadano ad estendersi ad ogni aspetto della vita di questa famiglia, composta anche da alcuni oculati risparmiatori che potrebbero far scuola ad Ebenezer Scrooge stesso. Le relazioni sentimentali diventano quindi qualcosa da stabilire sulla base del puro vantaggio economico, cercando di trattare sulla cifra da corrispondere per la dote di una figlia o di sposare il membro di una famiglia di rango elevato.
«"Sì, sì, sì, ma tanto è lo stesso. Quello che conta è il guadagno. E per quanto riguarda il fidanzamento, è un affare ineccepibile. Julchen diventerà una Möllendorpf e August avrà una bella posizione..."»
Questa vera e propria venerazione del denaro sarà uno dei fattori chiave per attivare la catena di eventi negativi che, come suggerito dal sottotitolo dell'opera, poteranno in pochi decenni alla scomparsa della famiglia. Altro elemento chiave è la considerazione che i Buddenbrook hanno della loro dinastia, parte di un'alta borghesia che guarda con un misto di invidia e desiderio alla vecchia nobiltà; lo vediamo molto bene dalle riflessioni di Tony,
«Pur non rendendosene conto, era convinta che ogni peculiarità del carattere, [...], facesse parte dell'eredità, fosse una tradizione di famiglia e di conseguenza una cosa da venerare, a cui portare in ogni caso rispetto.»
che considera le proprietà immobiliari alla stregua di tradizioni familiari, e come tali qualcosa da preservare rispetto alle influenze esterne.
Questo ruolo semi-nobiliare dei Buddenbrook si scontra con due realtà vicine ma molti diverse; in primis con la classe dei piccoli borghesi, i nuovi arricchiti, che vengono idealmente incarnati dalla famiglia Hagenström. Ciò si palesa sin dai primi capitoli, ma giunge alla sua massima espressione nella scena dell'elezione del nuovo senatore -quando Thomas viene eletto per meriti non solo suoi-
«Il prestigio di Thomas Buddenbrook era di altro genere. Egli non era solamente se stesso; in lui venivano parimenti onorate le indimenticate personalità del padre, del nonno, del bisnonno [...] egli era il depositario di una fama cittadina secolare.»
e nel momento della vendita della vecchia casa nella Mengstraße, che per una crudele ironia passa proprio alla famiglia rivale e diventa per la terza volta il simbolo del benessere acquisito, in questo caso dagli Hagenström.
Ben più netto, seppur meno accentuato, è il contrasto con le classi più umili che trovano voce nelle parole ispirate e fin troppo idealistiche di Morten Schwarzkopf:
«"Noi, i borghesi, il terzo stato, come ci hanno chiamati finora, vogliamo che esista soltanto un'aristocrazia del merito, noi non riconosciamo più la nobiltà nullafacente, noi respingiamo l'attuale ordinamento dei ceti sociali... [...]."»
Questo è solo uno dei molti riferimenti storici presenti nel testo. Durante i cinquant'anni coperti dalla narrazione possiamo vedere eventi epocali, come la Rivoluzione del 1848 o le guerre della Prussia contro l'Impero Austriaco prima e la Francia di Napoleone III poi.
Pur apprezzando la storia nel suo complesso, specialmente per i personaggi estremamente realistici nei loro difetti umani, ho riscontrato alcuni tratti stilistici discutibili, forse causati dalla relativa inesperienza dell'autore. Mi ha infastidito la presenza di tanti personaggi secondari, a volte poco più di comparse: per ognuno di loro Mann spende righe su righe nelle descrizioni per poi farli sparire dalla storia; questo aspetto è ridicolo soprattutto nella parte finale quando impiega oltre una pagina per introdurre il professor Mantelsack quando è evidente che -dopo quella scena- non lo vedremo più.
Negativo anche l'inserimento di lunghe subordinate ad interrompere le frasi principali,
«[...] ci si procura nella moglie del principale una sostenitrice nel caso, da evitare con ogni sforzo, ma pur sempre possibile che si verificasse un errore sul lavoro oppure che la soddisfazione del principale per questa o quella ragione non fosse completa.»
che riprendono solo cinque righe di testo dopo, facendo perdere al lettore il filo logico di quanto sta leggendo. Un elemento molto positivo è invece l'edizione Mondadori che, pur avendo un prezzo abbastanza alto, presenta un'ottima qualità nel flessibile ed una traduzione recente e accurata.
NB: Libro letto nell'edizione Mondadori