Dettagli Recensione
SFIATANTE CON CODA ORIZZONTALE
Rileggo questo libro a molti anni di distanza. È stato uno dei miei primi libri letti senza imposizioni scolastiche, scelto per il genuino interesse che ho sempre coltivato per il mare, la navigazione e la biologia marina. E ovviamente, perché i libri di avventura sono stati quelli che mi hanno avvicinato alla lettura! Mi era piaciuto così tanto che ricordo di averlo letto e riletto, a dispetto della lunghezza e della complessità. Ricordo che la traduzione di Alessandro Ceni, che ho avuto modo di apprezzare in seguito per altri autori (Conrad, Coleridge, Stevenson, Wilde...)mi era molto piaciuta, ma ho trovato altrettanto pregevole quella di Pavese, pur con qualche imprecisione (soprattutto sulla nomenclatura delle focene del capitolo “Cetologia”) secondo me, anzi secondo la critica che sembra unanime, queste sono le due migliori traduzioni per resa e fedeltà al testo originale di Melville.
Il desiderio di rileggere l’opera e gli spunti offerti dagli amici lettori di questo canale, mi hanno spinta ad intraprenderne la lettura. Sì una nuova lettura, con una nuova consapevolezza alla luce dei nuovi gusti che ho acquisito negli anni.
Moby Dick si riconferma un grande e complesso romanzo e, come tutti i grandi romanzi, si presta a più livelli di lettura: non è adatto a tutti, pena il risultato di una lettura insoddisfacente, per cui avviso subito che il libro oltre ad essere corposo, non contiene pura esotica e/o romantica narrazione di marinai mezzo pirati, su una vascello a caccia di una fantomatica e mostruosa balena bianca (che altro non è che uno sfortunato capodoglio) in viaggio per i sette mari.
La prosa di Melville è meravigliosa, affabulatrice, ricca di similitudini, di citazioni bibliche e mitologiche, a volte molto ardite, condita a sprazzi di un po’ di vanteria soprattutto quando si tratta di evidenziare le proprie esperienze in ambito dei profili di immersione di alcune specie, le abitudini e le caratteristiche anatomiche di balene e capodogli. Melville, si sa, aveva esperienza di caccia alle balene e di navigazione, si imbarcava piuttosto spesso ed è facile vedere in Ismaele ( “Chiamatemi Ismaele” famosissimo incipit), che è la voce narrante di tutto il libro, l’alter ego dello scrittore:
“Perché quasi ogni ragazzo sano e robusto, che abbia dentro di sé uno spirito sano e robusto, prima o poi ammattisce dalla voglia di mettersi in mare? Perché, al tempo del vostro primo viaggio come passeggero, avete sentito in voi un tal brivido mistico, non appena vi hanno detto che la nave e voi stesso eravate fuori vista da terra? Perché gli antichi Persiani tenevano il mare per sacro? Perché i Greci gli fissarono un dio a parte, e fratello di Giove? Certamente tutto ciò non è senza significato. (...)
Io dico che ho l’abitudine di mettermi in mare tutte le volte che comincio a vedermi una nebbia innanzi agli occhi e a sentir troppo i miei polmoni, non intendo inferire ch’io mi metta in mare come passeggero.”
Per quanto riguarda il contenuto è un libro strano, bulimico, monumentale per ricchezza e varietà di registri: narrativo e tecnico-didascalico, ma sempre molto ricco di termini colti e richiami letterari. Ci sono dei capitoli che rallentano la narrazione e se aspettate di vedere subito la lotta con la Balena Bianca a forte tasso di spannung resterete stanchi e delusi. Moby Dick non si legge con questo intento, vi consiglio allora uno di quei tanti libri che definirei cinematografici sugli squali e i megalodonti preistorici (che ho anche letto anni fa ) così da avere la sicurezza di restare più soddisfatti della lettura.
Ma se desiderate conoscere un libro speciale, unico nella sua complessità e ricchezza, consapevoli di cosa andrete a leggere, allora credo che Moby Dick vi lascerà sicuramente una positiva traccia indelebile nel vostro scrigno di letture.
È un romanzo-mondo, un’opera ibrida che unisce tragedia, allegoria, avventura, un libro che unisce due tradizioni epiche, quella laica, ascritta alle metafore del viaggi, dell’avventura, dell’eroismo, a quella trascendentale e spirituale, che vede l’uomo in eterna lotta con la natura.
Ma è un libro che si è ispirato anche a fatti di cronaca, sicuramente al resoconto di Reynolds “Mocha Dick” (1839)in cui si narra della storia di abbattimento di un grosso capodoglio maschio nel Pacifico sopravvissuto a trent’anni di assalto di balenieri e al naufragio della baleniera Essex (1821) nell’opera di Owen Chase. La caccia alle balene è stata una delle attività produttive principali del Nord America per ottenere l’olio per illuminazione prima della scoperta del petrolio, senza dimenticare gli ossi per ombrelli, sottogonne e altri usi.
Essendo un libro complesso, moltissimi scrittori e critici si sono lanciati in molteplici letture: secondo D.H.Lawrence (1924, saggio “Moby Dick” di Herman Melville) nel libro si legge il simbolo del meltin pot americano, essendoci a bordo del Pequod, la famosa nave baleniera del romanzo, uomini di tutte le razze che sottostanno agli ordini del capitano Achab, figura alquanto tirannica su cui si detto di tutto, addirittura che è assimilabile all’eroe elisabettiano (vedere Otto Matthiessen). Certamente, perché in questo libro c’è anche tantissima teatralità, basti già pensare al lungo monologo dell’io narrante Ismaele e anche la descrizione degli spazi all’inizio di alcuni capitoli (esempio “Achab e il maestro d’ascia”), che rendono proprio l’idea di un atto teatrale.
Le tematiche sono tante, dal desiderio di avventura, all’ossessione monomaniaca dell’uomo che combatte contro forze avverse, dal progetto divulgativo con tutte le sue incompletezze scientifiche sulla cetologia, alla ricerca dell’ineffabile ( incarnato dalla bianchezza della balena), all’amicizia fino ad argomenti meno visibili, ma, non per questo, non rilevanti, come l’omosessualità. A questo proposito, pensiamo a Ismaele e Queequeg che probabilmente erano legati da una relazione e ai tanti passi più o meno espliciti dove tra giochi di parole e appellativi affettuosi, viene fuori che il nostro autore non si è fatto mancare proprio niente nel suo libro-mondo! Anzi, sappiamo che egli stesso fu intimamente legato ad un giovane, colto e affermato scrittore: Nathaniel Hawthorne. (Approfitto per segnalare una recente chicca letteraria, un carteggio tra Melville e Hawthorne, pubblicato di recente e curato da Giuseppe Nori).
Leggere Moby Dick è decisamente un andare per mare immensi, ma consiglio di tenere sempre tra le mani la bussola della contestualizzazione e una buona dose di consapevolezza riguardo alla complessità del grande romanzo.
Faccio fatica a togliere a qualche stella, per me il libro è un capolavoro, ma devo essere onesta sulla piacevolezza...
Indicazioni utili
Si consiglia la traduzione di Ceni o di Pavese (rispettivamente edizione Feltrinelli e Adelphi), si sconsiglia come prima lettura l’edizione Einaudi con traduzione di Ottavio Fatica, dal linguaggio piuttosto anticheggiante.
Per chi è appassionato e vuole approfondire, nel libro di Franco Moretti, “Il romanzo di formazione” troverete altri spunti interessanti per una lettura di Moby Dick, compresi altri grandi capolavori dell’età moderna.
Commenti
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Melville ci ha sudato e diceva che tutti i suoi libri fossero botches, raffazzonature! Altroché....
Per me Moby Dick amore assoluto! La prosa di Melville è portentoso, anche quando va nel logorroico!
È vero, io sto ancora aspettando di leggere Guerra e pace... shhhhh non è il momento adesso. Buone letture
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