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Il fedele amico
Esistono temi fissi che ormai ritroviamo a cadenza regolare nelle cronache: per esempio, la genetica, la manipolazione del DNA, le ricombinazioni di geni e cromosomi.
Leggiamo con sempre maggiore frequenza anche di tecniche di medicina, e in particolare di chirurgia, rivoluzionarie e sempre più ardite, spesso molto invasive, tanto da suscitare più di un interrogativo etico: è giusto travalicare i confini che la natura ha spontaneamente imposto alla creazione?
Ancora, riscuote sempre molto interesse la sperimentazione in vivo, con la mai tanto abbastanza esecrabile vivisezione.
Più in generale, si discute animatamente del rispetto dovuto alle specie animali, indifesi contro le crudeltà umane, argomento questo che diviene sempre attuale in estate e riguarda in particolare i cani, con il vergognoso fenomeno dell’abbandono in coincidenza della partenza per le vacanze.
Infine, non ci si stanca mai di leggere, e indignarci, per i privilegi di una “casta politica” sempre più privilegiata e intoccabile, ben arroccata sulle sue posizioni di difesa dei propri personali vantaggi, anche se a spese dell’assai meno fortunato “popolo”, di cui si fanno indegnamente rappresentanti e paladini.
Tutto quanti i particolari della cronaca quotidiana, appena citati, potrebbero essere fonte d’ispirazione di un romanzo descrittivo della società attuale, e, in effetti, lo sono, ma un libro che li comprende già c’è.
Esiste da tanto una storia con questi ingredienti, e per quanto inverosimile non è un racconto scritto di recente, bensì nel lontano 1925, nella Russia sovietica da poco costituitasi a seguito della Rivoluzione del 1917.
“Cuore di cane” è un piccolo gioiello di Mikail Bulgakov, un libro sempre assai attuale nonostante l’epoca di scrittura, un gioiello piccolo sia per le dimensioni del libro, non è, infatti, un tomo poderoso, ma un piccolo gioiello inteso in senso inversamente proporzionale, poiché l’esiguità del numero di pagine non lo rende certo meno prezioso, anzi.
La vicenda narra, dal punto di vista del protagonista, il cane Pallino, randagio per le vie di Mosca all'indomani della NEP, Nuova politica economica, voluta dai vertici del Soviet, le bassezze umane volte alla tutela del proprio personale ed egoistico interesse.
Pallino è un cane comunissimo, attento e osservatore, e pur con la sua psicologia spicciola di randagio, è un cane”colto”, sa leggere ed orientarsi nella “giungla”moscovita.
Si rende conto che l’avvento del nuovo sistema politico, lungi dall’aver portato un’equa distribuzione dei beni, che per il cane s’identifica nel concetto di cibo con i parametri di disponibilità e abbondanza, ha invece rafforzato ancora di più, se possibile, la suddivisione degli individui in classi.
Gli umani sono semmai sempre più in contraddizione, e in competizione tra di loro, per la soddisfazione dei più elementari bisogni, con l’inevitabile insorgere di ruberie, sopraffazioni, furbizie volte al predominio dei propri meschini interessi.
Pallino osserva quindi tutto questo con estrema chiarezza, evidenzia come coloro dotati di qualche potere lo usino a proprio esclusivo vantaggio, non esiste per niente tra gli umani alcuna forma di solidarietà né di empatia, o di calore e considerazione.
Assiste quindi allo spettacolo di una misera e diffusa umanità, forte con il debole e debole con i forti, una umanità meschina perché ancora immersa nel bisogno, malgrado l’eguaglianza e l’abolizione di differenze e privilegi che la classe politica tenta di far credere.
Tanto bene lo descrive, quest’andazzo, che il romanzo non ebbe vita facile.
Infatti, “Cuore di cane”, poiché è una critica nei confronti della società sovietica, verso i nuovi ricchi del periodo che segue la rivoluzione sovietica, fu un romanzo proibito, censurato, che fu possibile editare solo anni dopo dalla sua stesura.
Un romanzo scomodo, perché descrive con un pretesto assurdo una realtà doppiamente assurda, e però reale, veritiera e direttamente verificabile.
Pallino tutto osserva, specialmente la crudeltà degli umani: e la sua avventura comincia con questo, sperimentando di persona tale crudeltà quando viene crudelmente scacciato, e ferito, da un getto d’acqua bollente.
Il povero animale si trascina per le vie della città presagendo il suo prossimo infelice destino quando, contro ogni sua aspettativa, viene approcciato da un ricco signore che con garbo, allettandolo con del cibo, lo invita a seguirlo e lo porta presso la sua ricca residenza.
Qui Pallino è accolto, curato, rifocillato, dal suo benefattore.
Il padrone di Pallino è un medico, il dottor Filip Filipovi? Preobraženskij, che insieme al suo assistente, il fido dott. Bormental, ha accolto Pallino poiché in realtà ha in animo di compiere un insolito esperimento.
Un esperimento chirurgico che trasforma il cervello della bestia in quello di un presunto uomo nuovo; l’uomo cane Pallinov che disquisisce retoricamente di Marx ed Engels, partecipa alle riunioni politiche dei vari comitati dei soviet, si procura non tanto un lavoro bensì una carica politica. Pallinov parla come un uomo, dice oscenità, ruba e si fa prestare soldi che non restituisce, mostra il peggio di sé a riprova che il vero autentico selvaggio non è certo l’animale Pallino, come appare nel fisico, ma il greve Pallinov, di cui il canide ha l’intelletto.
Si tratta come vediamo quindi dell’eterno mito della bella e la bestia, del dottor Jekill e mister Hyde, del bene e del male contrapposti: e tra l’uomo e il cane, è evidente in questo romanzo chi è il male, chi la bestia, la vera bestia.
L’essenza del romanzo è tutta qui, e lo dice lo stesso autore, quando fa dire allo scienziato, novello Frankenstein, riferito alla creatura da lui creata:
“Dovete capire, invece, che il vero disastro è che lui non ha più un cuore di cane ma un cuore di uomo.”
Cui pone giustamente rimedio, restituendoci Pallino con il suo melodioso abbaiare.
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