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Di tutto e di più
Questo notissimo titolo di Alexander Dumas padre è stato il prototipo del perfetto romanzo d’appendice, un racconto lungo di avventure varie edito in puntate, che richiamava puntualmente schiere di appassionati in religiosa attesa, fedeli al consueto appuntamento con l’uscita della puntata successiva.
E a ragione, perché mai come in questo racconto, un altro capolavoro dell’autore dei “Tre moschettieri”, si realizzava in pieno quel meccanismo letterario detto della fidelizzazione del lettore.
Questo rappresenta la soddisfazione maggiore di un autore, quello di sapere che i suoi lavori contano su uno zoccolo duro di amatori, che seguono con fedele e intensa partecipazione la sua storia.
I fedeli lettori si concentrano sulla lettura con attenzione degna di miglior causa, trepidano per le avventure del loro eroe riversato sulla carta, solidarizzano con questo, ne seguono letteralmente con il cuore in gola le sue alterne fortune.
Restano immancabilmente, e sempre, proprio sul più bello, delusi per la fine della puntata, perché ansiosi di seguire l’evoluzione degli avvenimenti, pertanto in febbrile attesa dell’uscita successiva, per riprendere il ciclo emozionale che tanto li gratifica.
Di tutto questo fu maestro Alexander Dumas, in virtù dell’abilità descrittiva, semplice ed efficace insieme, incisiva pur se espressa con prosa fluida ma scarna, che conta su pochi tratti elementari, delineati tenuto conto della platea dei lettori.
Inoltre, a questa si univano la sua fervida fantasia e l’indubbia capacità di suscitare “suspense”, la spasmodica attesa nel lettore, tenendolo in qualche modo direttamente coinvolto nei risvolti morali delle vicende descritte.
“Il conte di Montecristo” non è pertanto di per sé un classico, o un capolavoro della letteratura d’avventura, è contemporaneamente qualcosa di meno nella forma e qualcosa di più nel contenuto. Lo stile della scrittura non è colto o forbito, poiché il testo è indirizzato a una varietà di utenti differenti tra loro per motivi di censo, di cultura e di capacità di lettura, comunque non certamente un lettore erudito, secondo i canoni classici, più spesso erano lavori graditi dalla piccola e media borghesia e dal popolino con un minimo di capacità di lettura.
La sua fortuna sta tutta nel contenuto: esso è una summa, un condensato di elementi letterari di vario genere, un contenitore di tutto e di più tale da accontentare qualsiasi tipo di lettore.
Non solo; proprio per questo coacervo di generi, suscita sensazioni diverse, talora contrastanti: commuove e indigna, entusiasma e deprime, avvince ed esalta.
Questo è un romanzo di brave persone e di buoni sentimenti; è una storia d’amore filiale e di passione per la propria donna; è un racconto di giustizia e di tradimenti, di beghe politiche e differenze sociali; tratta di tesori, di ricchezze, di arricchimenti leciti o truffaldini, di suicidi e avvelenamenti, d’inganni e travestimenti, di duelli e di assassinii, d’infanticidi e amori proibiti e omosessuali.
E ancora, e oltre, e ancora oltre: di amore e di morte, di tutto e di più, non c’è lettore che non ne esca soddisfatto dalla sua lettura, perché rinviene inevitabilmente elementi narrativi che solleticano la corda giusta adatta a tutti.
Trovano soddisfazione qui chi ama il mare, gli amori inebrianti, l’epopea napoleonica; i castelli e le segrete, le fughe e le evasioni, i misteri e i tesori nascosti.
La ricchezza e la possibilità di cambiare vita, crearsi ex novo una nuova storia ed una nuova identità, porre rimedio alle ingiustizie e ricompensare i buoni, nascondersi e camuffarsi, sorprendere e rivelarsi, innamorarsi di nuovo e rifarsi un’esistenza lieta dopo tanto patire.
Il protagonista Edmondo Dantes è il prototipo della persona perbene, serio, onesto, lavoratore indefesso bravo e competente, figlio devoto e perdutamente innamorato della sua fidanzata.
Un giovane in procinto di spiccare il volo, di dare un costrutto rilevante alla propria esistenza umana e professionale, allorchè per una palese e crudele macchinazione ai suoi danni, è ingiustamente privato del suo onore e della sua libertà, perde tutto, dagli affetti alla reputazione, e ridotto in catene nella più tetra e inoppugnabile fortezza.
Dalla quale riesce, ovviamente in maniera rocambolesca, che libro di avventure sarebbe, se no, ad evadere, e diventa ricchissimo grazie ad un classico tesoro nascosto.
Da questo momento in poi si comporta come si comporterebbe chi, ai nostri giorni, venisse baciato in fronte dalla fortuna azzeccando una vincita multimilionaria al superenalotto.
La nuova condizione finanziaria gli permette una svolta epocale, come sogniamo tutti.
Si rifà un’esistenza, a suo piacimento, nel fisico e nell’origine, come i mezzi gli permettono.
Si vendica dei suoi nemici e accusatori, e nei modi più fini ed indicati all’uopo, in una sorta di legge del contrappasso, premia e ricompensa coloro che in epoca non sospetta erano dalla sua parte.
Come si vede è contemporaneamente giudice e giustiziere, angelo del bene e nemesi spietata, come farebbe piacere a chiunque esserlo nei confronti dei vicini prossimi della propria esistenza.
Chi di noi non ha mai sognato di togliersi qualche sassolino dalla scarpa, se solo la dea fortuna si decidesse a volgere il suo sguardo benevolo su di noi?
Attorno a questo nucleo centrale, Dumas si sbizzarrisce a creare intrighi, intrecci, personaggi vari e differenti, racconti e avventure dentro la storia principale, fa sfoggio di tutta la sua abilità di letterato, crea infine un romanzo che è la metafora dell’eterna lotta del bene contro il male.
Un romanzo solo per questo quindi da definire eterno e inesauribile, che riguarda e coinvolge tutti, ognuno trova qualcosa che gli piace in questa lettura.
Per questo, continua a essere letto. E riletto, che non è cosa che vale per tutti i libri.
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Scusami, è che sono timidissimo, malgrado i miei anni! Grazie ancora!
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