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La civetta cieca
 
La civetta cieca 2020-04-10 14:07:53 68
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68 Opinione inserita da 68    10 Aprile, 2020
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Sintesi personale ed artistica

Sadek Hedayat (1903-1951), figlio d una famiglia aristocratica e morto suicida a Parigi, è stato uno dei massimi intellettuali iraniani del secolo scorso, scrittore, poeta, saggista, traduttore, amante e conoscitore della cultura persiana ma anche della letteratura occidentale ( Dostoievskji , Kafka, il simbolismo ed esistenzialismo francese ) oltre che dell’ India alla quale si avvicinerà grazie alla cultura buddhista.
“ La civetta cieca “ ( un testo pubblicato in India nel 1936 e censurato in patria ), pietra miliare della letteratura persiana moderna, per la prima volta tradotto in lingua italiana dal persiano, e’ una sintesi del suo pensiero, un viaggio agli inferi di una mente sofferente, ma assai lucida, sottratta a se’, in uno stato di sospensione tra la vita e la morte, un animo rivolto ad una lettura interiorizzata ( secondo precisi influssi buddistici ), che allontana dogmi e precetti religiosi fuorvianti, ma che ama profondamente la cultura più alta, la storia e che cerca di recuperare le tradizioni secolari e le leggende della sua terra natia.
Ma e’ anche un viaggio carnale e passionale nella rappresentazione di un mondo che ritrae la meschinità umana ed i suoi vizi, rivolgendosi ad una idea di modernità che superi oltranzismo religioso e dogmi imperanti in patria spingendosi oltre le ideologie totalizzanti nascenti in Europa per aprirsi ad una contaminazione culturale che svela l ’ambivalenza esistenziale.
Di certo Hedayat, definito il Kafka persiano, è uno scrittore assai peculiare e contaminato, con una prosa dirompente, lirica, tratti surrealistici e gotici, un esistenzialista con toni di romanticismo decadente, di certo la sua lettura è complessa e non lascia indifferenti, un viaggio in un mondo di forti contrapposizioni, tra oriente ed Occidente, un tentativo di sintesi di culture diverse, onirico e carnale, trasfigurato e tenebroso, di difficile definizione e collocazione.
Il protagonista del racconto è un miniaturista rinchiuso nella propria stanza, lontano dal volgo, intento a dipingere astucci di portapenne, imbevuto di oppio ed alcool allo scopo di stordirsi e passare il tempo, pervaso dall’ apparizione e dalla morte ( di cui si sente responsabile ) di una creatura soave ed evanescente di nero vestita.
È l’ inizio di un altro viaggio, interiore, tormentato, dolente, lontano dall’ affannarsi vago della gente comune, per non confondere realtà ed immaginazione, impegnato a spiegare tutto alla propria ombra proiettata sul muro che è la sola a conoscerlo e a comprenderlo.
Sente l’ esigenza di scrivere e raccontare la sua storia ma non sa da dove cominciare, spezzato ogni legame coi vivi, passato, presente, futuro, ore, giorni, mesi, anni, tutto è uguale.
Ecco ll’ identificazione e la trasfigurazione protagonista-scrittore, in una rappresentazione autobiografica, una vita che ha conosciuto solo la stagione fredda e buia, un corpo che ha sempre bruciato di una fiamma che lo consuma, un cammino usurante che riprende il suo corso, la paura della morte che non lo abbandona, la constatazione che religione, fede e credo risultino deboli ed infantili di fronte alla morte.
Non riesce a percepirsi, privo di legami con il mondo dei vivi e senza trarre giovamento dall’ oblio e dalla quiete del mondo dei morti.
Una morte che lo chiama dal profondo della vita e l’ attira a se’, quella vita fredda ed incurante che un giorno svela la sua maschera, una o tante che siano.
I giorni gli appaiono innaturali, incerti, inesplicabili come i personaggi sul portapenne, i suoi pensieri sconnessi, voci mescolate ad altre, ridendo della follia generale.
Numerosi volti circostanti, il macellaio, il rigattiere, la tata, la sgualdrina, gli unici suoi legami con il mondo esterno, costretto a letto da una malattia, innamorato di una moglie che non ha mai posseduto, che si concede a tutti tranne che a lui, volti esistenti ma che non gli appartengono.
Vagherà in una città piena di volti e senza volto per ritrovarsi nella propria stanza, ancora una volta, rimuginando su solitudine e sofferenza, verità e menzogna, sospeso tra la vita e la morte, il se’ e la percezione di se’, in un inevitabile ed inesplicabile processo di decomposizione fisica e mentale.

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Commenti

4 risultati - visualizzati 1 - 4
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Ma è interessantissimo, bellissima recensione!
Grazie, Gianni! Conosco di fama questo autore iraniano, ma non ho mai avuto occasione di leggere niente di suo e non sapevo di questa traduzione! :)
Mi unisco ai complimenti di Laura V., pur non conoscendo affatto l'autore hai scritto abbastanza per renderlo interessante ai miei occhi, il novello Kafka.
In risposta ad un precedente commento
68
13 Aprile, 2020
Ultimo aggiornamento:
13 Aprile, 2020
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Ti ringrazio, Laura, di fatto un autore poco noto, osteggiato in patria, riscoperto di recente, io stesso non lo conoscevo, ma credo ne valga veramente la pena!!
In risposta ad un precedente commento
68
13 Aprile, 2020
Ultimo aggiornamento:
13 Aprile, 2020
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Un autore molto interessante, ma approccio piuttosto complicato per tematiche esposte, mistura Oriente-Occidente sempre presente e atmosfere proposte, c’è chi ha azzardato il termine di gotico orientale....
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