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Addii a ritmo di valzer
Tutto ha inizio con una telefonata da parte di una donna conosciuta un paio di mesi prima durante un concerto e con la quale ha passato una focosa notte d’amore. La conversazione ha ad oggetto una notizia inequivocabile: “sono incinta di tuo figlio”. È panico allo stato puro per il trombettista, sposato e innamorato follemente della moglie ed eppure incapace di rinunciare alla possessione di quelle femme che così lo attraggono e che smettono di interessargli appena ottenuto l’oggetto del desiderio. Che fare? Ella non vuole interrompere la gravidanza ma ha deciso che la paternità gli appartiene, deve parlarvi. Decide di recarsi nel paesino termale in cui questa svolge la professione di infermiera accudendo e aiutando con bagni terapeutici donne infeconde. Giunto nel luogo le vicende si ampliano e arrivano a ricomprendere altri cinque protagonisti (un ginecologo estremamente fecondo, un americano, uno psicologo reduce da molteplici problematiche politiche che lo hanno portato alla carcerazione, la figlia del condannatore di quest’ultimo e un giovane ragazzo innamorato ma anche fortemente ossessionato dalla figura di questa amata che lo ha reso uomo e che nondimeno lo respinge) per un totale di otto voci che tra loro si intersecano e ricomprendono tutti gli elementi filosofici propri di Milan Kundera. Con uno stile elegante ma al contempo anche ironico il narratore affronta temi variegati che vanno dall’infedeltà, all’aborto, alla procreazione, all’amore, alla paternità, all’eugenetica, alla bellezza dell’effimero, all’apparenza, al sentimento con tutte le sue illusioni e disillusioni, all’incomprensione, all’odio, all’incapacità di relazionarsi, alla menzogna, alla relazione con l’animale (anche in questo titolo è presente un cane), al crimine. Eh sì, anche al delitto. Perché ne “Il valzer degli addii” non manca anche un risvolto tipicamente noir che sfocerà in un misfatto preannunciato e del cui autore e della cui vittima il lettore ha immediata intuizione ma che non manca di arricchire questa trama già per sua natura eclettica. Tanti elementi comuni, quindi, che però sono caratterizzati anche da elementi di novità che differenziano lo scritto dagli altri componimenti. Molteplici sono altresì le varie riflessioni sul delitto in sé in tipico riferimento e stile Dostoevskiano.
Un elaborato prettamente filosofico, dal significato intrinseco, dalla piacevolezza mutevole in base al chi legge.
«Che cosa le importava essere fatta così o in altro modo? Perché si tormentava a causa di un’immagine allo specchio? Possibile che non fosse nulla più che un oggetto agli occhi degli uomini? Una merce che porta se stessa al mercato? Non era proprio capace di essere indipendente dal proprio aspetto, almeno nella misura in cui lo è ogni maschio?»
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