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Ella era è, ella è era
«E prima che tu sia svuotato per il sonno, non sei. E quando sei riempito di sonno, non sei mai stato. Io non so cosa sono. Io non so se sono o no. Jewel sa che è, perché non sa di non sapere se è o no. Lui non può svuotarsi per il sonno perché non è quello che è e non è quello che non è. Al di là del muro senza lampada sento la pioggia formare il carro che è nostro, il carico che non è più di quelli che l’hanno abbattuto e segato né ancora di quelli che l’hanno comprato e che non è neanche nostro, anche se è là sul nostro carro, dato che soltanto il vento e la pioggia lo formano soltanto per Jewel e me, che non siamo addormentati. E dato che il sonno è il non-è e la pioggia e il vento sono erano, non è. Eppure il carro è, perché quando il carro sarà era, Addie Bundren non sarà. E Jewel è, così Addie Bundren deve essere. E allora io devo essere, se no non potrei svuotarmi per il sonno in una stanza sconosciuta. E allora se ancora non sono svuotato, io sono è.
Quante volte sono rimasto disteso, con la pioggia sopra un tetto sconosciuto, a pensare a casa.»
È morta. Lei che era è, lei che è era. È morta e le sue spoglie giacciono in quel capanno in attesa del trasporto presso quella cittadina ad oltre quaranta miglia di distanza che è sinonimo di radici e all’interno della quale ella ha chiesto, quando ancora era in vita, di far ritorno. Ed è per questo che la famiglia Bundren decide di partire con quel carro trainato da una pariglia di muli macilenti che ospiterà il padre/marito, i figli e quel corpo che sembra essere ancora pulsante in quella bara che lo contiene. Il cammino che li vedrà protagonisti non sarà affatto semplice e sarà caratterizzato da una serie di situazioni e circostanze ai limiti del grottesco eppure estremamente vive e vivide. Situazioni non semplici e composte da un continuo di avversità, tante avversità. Dall’alluvione che mette fuori uso ogni ponte, alla gamba rotta di Cash, alla separazione dagli animali, ogni tassello che lo andrà a ricomporre metterà a dura prova i viaggiatori.
Ma ciò che davvero colpisce in questo elaborato a firma Faulkner è la struttura narrativa nonché lo stile che lo contraddistingue. Siamo nel 1929 quando l’autore inizia la stesura di questo particolare testo all’interno del quale, in apparenza, la fabula è di più semplice interpretazione così come lo è la sequenza cronologica. Uno scritto soltanto apparentemente però più lineare quanto in realtà narrativamente e stilisticamente estremamente più complesso. “Mentre morivo” è un romanzo corale, un volume all’interno del quale si alternano ben quindici narratori che passo dopo passo ricostruiscono la vicenda, che ricostruiscono le anime di questi contadini che sono chiamati a sostenere la perdita. Ad avvalorare ogni personaggio vi è un linguaggio che muta e si conforma ad ogni personalità e che per questo rende ogni protagonista tangibile e concreto, perfettamente caratterizzato. Si alternano pertanto monologhi che toccano il sillogismo, altri che sono lirici, altri che sono istintivi, altri che sono rudi, schietti, crudi in ossequio a quel ceto di appartenenza che segna le singole esistenze in un caleidoscopio familiare. Siamo in un vero e proprio flusso di coscienza costante, di pensieri che si susseguono e caratterizzano i vari attori di queste vicende e che rimettono al lettore l’arduo compito di ricostruire, di interpretare. Perché la scrittura di Faulkner è onirica ma è anche criptica. È letteratura pura ma è anche uno schiaffo nell’anima. È chiarezza e interpretazione.
Quella di questi antieroi è una vera e propria discesa negli inferi, una ricerca nella propria intimità, un percorso nel proprio io. Lo stesso titolo originale “As I Lay Dying” che deriva dal Libro XI dell’Odissea, un passo in cui Ulisse percorre la stessa caduta, ne è una dimostrazione.
Un libro forte, duro, viscerale, solido, denso che si imprime nella mente, che trafigge l’anima conficcandovisi. Un componimento su cui riflettere, da custodire. Da leggere.
«Mi ricordavo di mio padre che diceva sempre che la ragione per cui viveva era per prepararsi a restare morti tanto tempo.»
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Un libro che ho già messo in lista per colmare parzialmente la lacuna di non conoscere il celeberrimo autore.
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