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La mite
 
La mite 2020-03-20 11:57:23 Valerio91
Voto medio 
 
3.5
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
3.0
Valerio91 Opinione inserita da Valerio91    20 Marzo, 2020
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Il misantropo

“La mite" è un romanzo pienamente in riga con la produzione dell'autore. Credo che se mi fossi trovato a leggerlo senza sapere a chi appartenesse la penna, ci avrei preso. Soprattutto, direi che quest'opera ha molto in comune con due altri romanzi: "Memorie dal sottosuolo", per il monologo e qualche tratto caratteriale dei protagonisti; "Delitto e castigo", per il delirio da cui sempre loro sono afflitti. Mi duole tuttavia dire che “La mite”, pur essendo un discreto racconto, non si avvicina neanche lontanamente alla bellezza delle opere a cui somiglia. Certo, non mancano i guizzi stilistici e i pensieri importanti, né tantomeno il protagonista è caratterizzato male; tuttavia credo che manchi qualcosa.
Il protagonista è fondamentalmente un misantropo, una persona sola anche in compagnia d'altri e manca, forse per questo motivo, quasi ogni contatto con l'esterno: con quella società disagiata e cadente che il caro Fëdor è così bravo a descrivere, che lascia il posto a un focolare domestico freddo e austero.
Dunque, al centro de “La mite” non c’è nemmeno una donna mite; essa è infatti solo il fattore scatenante della definitiva crisi di un uomo già afflitto da seri problemi: relazionali; d’autostima; di rimorso e rancore; da una specie di necessità subdola e incessante di prevaricare e "vincere "sugli altri, anche sulla sua stessa moglie che, anzi, sembra essere la sua vittima preferita. Quest'altro "uomo del sottosuolo" è un uomo che fa di continuo piani in cui è invariabilmente al centro e dove gli altri, se presenti, sono mere comparse. È la mite, involontariamente, ad aprirgli gli occhi; ma in quel momento è già troppo tardi, ha già irrimediabilmente rovinato quanto di buono avrebbe potuto trarre dalla sua vita coniugale.
Quante occasioni ha perso, in passato, per creare un matrimonio felice! Ma in fondo al cuore ha sempre lavorato contro sé stesso, per l'infelicità. Il velo che gli copriva gli occhi cade, ma è ormai tardi.
Credo che Dostoevskij, fosse nato più tardi, avrebbe affiancato alla sua carriera di scrittore quella di psicologo; è chiaro da avesse un talento incredibile nel sondare la psiche umana.

“[…] non c’è nulla di più offensivo e intollerabile che vedersi rovinare la vita dal caso, qualcosa che poteva succedere come non succedere, da un infausto concorso di circostanze che avrebbero potuto anche passare oltre, sopra la vostra testa, come nuvole. Per un essere dotato di raziocinio, questo è umiliante.”

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Commenti

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Sì sono d'accordo, racconto discreto, ma lontano dai suoi libri maggiori.
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Valerio91
20 Marzo, 2020
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Eh sì... io poi amo Dostoevskij, e mi rendo conto che qui non era al massimo della forma.
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