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In cui la doppiezza umana diventa personaggio
"Il sosia" è una versione embrionale di un thriller psicologico in cui il lettore assiste in diretta ed in prima persona alla rapida deriva del protagonista nella follia totale. Secondo romanzo di Dostoevskij, questo titolo fu fortemente criticato all'epoca della sua pubblicazione, anche dallo stesso autore; i vari tentativi di riscriverlo negli anni successivi, il cambio del sottotitolo ed il riavvicinarsi di Dostoevskij al tema del doppio in sue opere più mature, portano però a pensare che sia stato comunque un romanzo decisivo per il suo percorso letterario.
La trama si riduce ad una manciata di giorni e segue il consigliere titolare Jakòv Petrovic' Goljadkin (da me ribattezzato per praticità Golia), etichettato come mentalmente sprovveduto già dal suo cognome, che si trova ad essere affiancato da un enigmatico individuo del tutto simile a lui per aspetto, storia personale e -addirittura!- nome proprio.
Il secondo Golia differisce dal protagonista per un solo tratto: il suo carattere, che è l'esatto antipodo del timido consigliere, e viene anzi definito nel testo come
«[...] birichino, saltellante, leccapiedi, ridanciano, svelto di lingua e di piede [...]»
Questo uomo sembra deciso a sostituire l'eroe, sia sul posto di lavoro (prendendosi il merito per un incartamento del primo Golia), sia tra i suoi conoscenti allacciando con facilità rapporti nella società pietroburghese.
A dispetto di una narrazione intenzionalmente ingannevole, il lettore capisce da alcuni piccoli indizi come il secondo Golia non possa essere reale. Lo stesso protagonista a tratti si trova a porsi delle domande sulla presenza di questo rivale, determinato a prendere il suo posto,
«"Mi ha sostituito, il briccone", pensò Goljadkin, [...] "Ma gli altri non lo vedono? Pare che nessuno se ne accorga..." »
Golia è un protagonista sfaccettato, e risulterebbe anche interessante se la sua storia fosse narrata in modo maggiormente distaccato, mostrando anche il punto di vista di qualche altro personaggio. Fin dalle prime pagine, il lettore è invece in balia del suo caos mentale -anticipazione dell'imminente sdoppiamento- che lo porta a cambiare idea di continuo,
«Ma, appena Goljadkin ebbe udito i passi di qualcuno che saliva le scale, di colpo abbandonò il nuovo proponimento [...]»
Anche le manie di persecuzione sempre più pressanti non si possono cogliere al meglio,
«Aveva l'impressione che tutti quelli che si trovavano in quel momento in casa di Olsùfij Ivànovic', ecco, lo stessero ora osservando da tutte le finestre.»
il lettore deve infatti ribaltare ogni volta il ragionamento o l'azione di Golia, così da vedere la situazione per come realmente è, anziché leggerne il riflesso distorto dalla psicosi del protagonista. Tutto ciò rende difficile interpretare anche il carattere e le azioni degli altri personaggi, perché al lettore non sono mai presentati in modo genuino e diretto.
Pur trattandosi di un romanzo abbastanza breve, la storia procedere lenta ed appesantita da molte ripetizioni. Solo nella parte finale sono presenti alcune scene dal ritmo maggiormente incalzante.
Molto peculiare è la narrazione che, pur essendo ufficialmente in terza persona, diventa ben presto una "quasi prima persona", come la definisce Vittorio Strada nell'introduzione al romanzo. Il narratore infatti, lungi dall'essere oggettivo spettatore, si dimostra a più riprese pronto a patteggiare per l'eroe; si può poi notare come la tendenza alla ripetizione nelle battute di Golia sia ripresa anche nella narrazione,
«[...] tuttavia guardava ora Krestjàn Ivànovic' con inquietudine, con grande inquietudine, con estrema inquietudine.»
che risulta inoltre inframezzata dai pensieri e dalle riflessioni del protagonista, tanto da essere -come anticipato qualche riga fa- ingannevole per il lettore, che non riesce a scindere tra reale e frutto della follia di Golia.
NB: Libro letto nell'edizione BUR Rizzoli