Dettagli Recensione
Il Settecento in 80 pagine
Questo racconto nasce, secondo la storia e forse la leggenda, da una scommessa: quella di scrivere una storia erotica senza mai fare uso di un linguaggio carnale. Vivant Denon, viveur che incarna alla perfezione l’ideale intellettuale dell’uomo del settecento, sceglie di accettare la sfida e scrive una storia che il pubblico contemporaneo, abituato a ben più esplicite evoluzioni, può faticare ad apprezzare. Ma Denon, che non era scrittore, ma storico dell’arte, conosce bene la differenza tra erotismo e pornografia, pur non dandoci troppo peso. Il racconto diventa così un vero e proprio prontuario dei modelli e dei cliché del Settecento, anzi, in queste pagine si ricapitola un’epoca: la seduzione che la donna sposata esercita sul bel giovane (già amante di una sua amica) a teatro, le scene d’amore che si consumavano sui palchetti e dietro i sipari; il lungo viaggio verso un castello disperso; il giardino fiorito e ombroso, il laghetto e la panchina dove avanzare le pretese d’amore; il famoso boudoir che nasconde inenarrabili piaceri, quasi sospeso in un’atmosfera di fiaba, tra specchi e alberi evanescenti che trasportano l’uomo in un mondo irreale; e ancora il marito tradito che accoglie a cena l’amante e infine il gioco di inganni e finzioni che rendono il Settecento il secolo non del teatro, ma della teatralità. Ecco tutto questo è “Senza domani”, anche se magari la storia non è poi un granché e solo la capacità dello scrittore di tenere il ritmo permette al lettore di non annoiarsi.
La cosa più interessante di questo libro è invece la biografia particolareggiata di questo uomo fatto barone, Vivant Denon, che seppe attraversare, senza restarne colpito, le transizione epocali della storia francese: a suo agio tanto nelle regge della monarchia francese, quanto, pur nel disprezzo, nei tribunali del giacobinismo, sarà al seguito di Napoleone in Egitto, dove requisirà in lungo e in largo i reperti storici fino ad allora del tutto trascurati e soprattuto diventerà il primo curatore e direttore del Louvre. È proprio Vivant Denon il fondatore del moderno concetto di museo, l’artefice della nostra percezione e fruizione dell’arte, e ahimè è sempre lui che depredò l’Italia di tanti capolavori per poter fare del Louvre una somma splendida dell’arte di ogni secolo. Per questo è quasi commovente l’immagine di questo uomo che, oramai vecchio e attaccato ai suoi Leonardo, Raffaello, Tiziano, combatterà fino allo stremo per trattenere nel suo museo quei beni artistici che la Restaurazione, caduto Napoleone, vorrà a forza portagli via. È nella mondanità di Vivant Denon, nella sua “urbanità” che sta la fonte di “Senza domani”, ma anche lo spirito di un intero secolo e di tutta quanta una cultura, nonché l’occasione, davvero gradevole, di ripercorrere cinquant’anni di storia densi e bellissimi.
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«Amavo perdutamente la Contessa di...; avevo vent’anni, ed ero ingenuo; lei mi ingannò, io mi arrabbiai, lei mi lasciò. Ero ingenuo, la rimpiansi; avevo vent’anni, mi perdonò: e poiché avevo vent’anni, poiché ero ingenuo, ancora ingannato, ma non più lasciato, mi credevo l’amante più amato, e quindi il più felice degli uomini».
Così brioso e frizzante, ma poi non riesce a mantenere questo livello per tutto il racconto, che pure è breve e secondo me un po' di erotismo gira gira gli manca. Però all'epoca fece un successo clamoroso, quindi è probabilmente la nostra distorsione a posteriore che non lo vede.
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