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Narcisismo patologico
Provo una notevole ammirazione per Camus; è uno degli autori che apprezzo di più perché le sue opere hanno l'ambizione di sviscerare in profondità l'animo umano, senza timore di tirarne fuori anche i lati peggiori. E questo, inutile dirlo, è una delle caratteristiche che più gradisco, in un romanzo; anzi, forse la considero una vera e propria raison d'etre.
Tuttavia, credo che l'ambizione di Camus ne “La caduta" sia andata leggermente oltre quella che è la sua reale efficacia: sembra che l'autore voglia sviscerare buona parte dell'animo umano, considerare molti dei tanti lati della sua natura; forse troppi, per essere trattati in un libriccino di neanche cento pagine. Ne viene fuori un condensato di numerosissimi concetti e riflessioni che, tuttavia, nel marasma di parole che vengono fuori dalla bocca del protagonista, perdono notevolmente di efficacia.
Quello che viene meglio messo in risalto, secondo me, è il ritratto del nostro protagonista, che alla fine si rivela la perfetta personificazione del narcisismo patologico. Credo che il lavoro di Camus, in questo senso, avrebbe il plauso dei migliori psicoterapeuti: lo smodato amore per sè stesso; la mania di possedere e tenere legate a sé le donne con cui intrattiene una relazione, senza esservi legato da un sentimento amoroso e vivendo le relazioni da vero libertino, salvo ripresentarsi al partner quando questo decide di staccarsi, per imprigionarlo ancora e riabbandonarlo.
Narcisismo patologico. Senza se e senza ma.
Nel tratteggiare questi lati del carattere di Clamence, Camus è stato abile, e forse questo personaggio avrebbe meritato maggior giustizia con un romanzo più lungo. Anche la scelta narrativa alla lunga stanca: l'autore sceglie infatti un soliloquio simile a quello adottato da Dostoevskij in Memorie dal sottosuolo", ma mentre questo era spezzato da alcuni avvenimenti e comunque si concentrava su pochi temi principali, i voli pindarici che Clamence fa ne “La caduta" stancano, alla lunga.
Pur avendo alcuni tratti interessanti, dunque, vedo in quest'opera come un'occasione mancata per creare un vero e proprio capolavoro: credo che gli elementi di base ci fossero, ma che non siano stati
adoperati al meglio.
Anche ai migliori capitano i passi falsi.
“La felicità e il successo, la gente te li perdona solo se accetti generosamente di condividerli. Ma, per essere felici, non bisogna occuparsi troppo degli altri. Ecco che allora non c’è via d’uscita. Felice e giudicato, oppure assolto e triste. Quanto a me, l’ingiustizia era ancora più grande: ero condannato per felicità passate. Avevo vissuto nell’illusione di un accordo generale, mentre da ogni parte piovevano su di me, distratto e sorridente, i giudizi, le frecciatine e i dileggi. Il giorno in cui me ne resi conto, scoprii la lucidità. Ricevetti tutte le ferite in una volta sola e persi di colpo le forze. L’universo intero prese allora a ridere intorno a me.”
Commenti
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negli ultimi confronti e nelle ultime recensioni (mie e tue), ho constatato che siamo spesso d'accordo. È bello vedere questo sito arricchirsi di una veste nuova: un luogo di confronto approfondito tra gli utenti più attivi. :)
in quest'ultima opera, poi, non approdano a nulla di troppo preciso...
Vale.
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