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The turn of the screw
È il primo libro che leggo di Henri James e sicuramente ne leggerò altri appena ne avrò l’occasione. È un libro che divide il pubblico di lettori e quindi l’ho letto con grande curiosità, ma senza avere grandi aspettative.
Titolo originale “The turn of the screw” che mi ha aiutato a non confondermi con la parola “vita” al plurale, poiché non so per quale motivo, ero convinta che la narrazione avesse una “giostra” di vittime, come dire, un thriller. Lo dico perché ero proprio all’oscuro di cosa avrei letto.
Preso in prestito il libro in biblioteca, nell’edizione è Einaudi del 1985, nella traduzione di Fausta Cialente, scrittrice anch’essa, vincitrice del Premio Strega nel 1976.
L’opera di James venne pubblicata nel 1898 e si inserisce a pieno titolo nella letteratura di stile gotico, per l’ambientazione e per la presenza dei fantasmi.
La storia ruota attorno ad una istitutrice che si prende cura di due bambini, Flora e Miles, l’una sugli otto anni, l’altro più grande di qualche anno, che vivono con la vecchia governante, la signora Grose, in una magione sperduta dell’Essex, chiamata Bly.
Orfani dei genitori, i bambini sono protetti da un giovane zio molto impegnato in città per occuparsi di loro, ma che provvede alle loro necessità “a distanza”. In seguito alla morte prematura della precedente istitutrice, viene assunta l’ultima figlia di un povero parroco di campagna, che è la voce narrante della storia principale.
C’è da puntualizzare infatti che la storia ha una cornice, un preambolo, in cui la voce narrante è un’altra persona, un personaggio senza nome che partecipa con degli amici alla notte della vigilia di Natale allo scambio di storie sui fantasmi davanti al focolare. Uno di essi, un certo Douglas, riferisce di avere a casa sua, a Londra, un manoscritto con una storia di fantasmi agghiacciante raccontata dall’istitutrice di sua sorella, una donna affascinante più grande di lui, morta vent’anni prima.
L’arte di raccontare di James viene fuori già da questo espediente del manoscritto: l’uditorio di Douglas dovrà pazientare il tempo che uno dei suoi camerieri si rechi a Londra per recuperare quella lettera-confessione.
La pazienza è la dote che si richiede al lettore per poter apprezzare il libro di James, insieme alla capacità di immaginare, alla capacità di “ascoltare” attivamente senza distrarsi, nonostante le continue prove di attesa, di sottintesi, di detto e non detto che risultano talvolta sfiancanti.
Si tratta di scelte stilistiche che forse oggi danno fastidio. Lo stesso consunto espediente del manoscritto per l’autore è indispensabile, è quasi come un oggetto magico che dà valore e legittimità alla testimonianza e, con le sue imperfezioni, ci convince di più, perché ha un’aura di autenticità.
In realtà, dai taccuini di James, che sono una fonte inesauribile di spunti/appunti, una semenzaio delle opere, sappiamo che questa storia è ispirata ad un fatto narratogli dall’arcivescovo di Canterbury suo amico, in cui due bambini erano oppressi dai fantasmi dei loro inservienti morti in circostanze non precisate.
Da questo spunto James tesse una storia che, anche oggi, come ha riferito la Wolf, continua ancora a farci avere paura del buio. Certamente non siamo di fronte ai best seller del brivido moderni, con tanto di trucchi cinematografici (James non ebbe fortuna e non fu mai un autore da best seller ai suoi tempi), ma quelle pagine ti tengono incollata e sospesa e, alcune scene, come quella del fantasma che appare dalla torre, mettono addosso una spiacevole inquietudine.
Flora e Miles i due bambini che appaiono agli occhi dell’istitutrice narrante come pura bellezza e bontà, sono in realtà corrotti dalla depravazione dei fantasmi di Quint, defunto inserviente di Bly, e della signorina Jessel, l’istitutrice precedente.
La protagonista, voce narrante della storia, nonostante il grande coraggio, forza d’animo ed intelligenza, rimarrà comunque una semplice testimone delle apparizioni e non riuscirà a mettersi in contatto con il padrone di Harley Street, zio dei bambini. La mancanza di comunicabilità con lui non fa altro che caricare di più il parossismo della vicenda e dello stato d’animo dell’istitutrice, proprio come negli incubi della peggior specie. Quest’ultima, unica persona insieme ai bambini, capace di vedere i fantasmi, è delineata già dalle prime battute: “Ricordo tutto l’inizio come un succedersi di voli e di cadute, una piccola altalena di turbamenti giusti o sbagliati. Dopo lo slancio che, in città, mi aveva spinta ad accettare l’invito, passai un paio di giorni veramente pessimi da ogni punto di vista”.
Una donna che non conosce mezze misure, dagli stati d’animo altalenanti: ora vede nei bambini degli angioletti, ora vede in loro il germe della cattiveria e dell’ambiguità, ora prova ammirazione e stupore nei loro confronti, ora terrore. Il personaggio giusto per far sì che il lettore pensi a lei come ad una persona dai nervi fragili.
Sull’interpretazione di questa storia e sullo stile di James ci sono pagine e pagine di meravigliosa e illuminante critica.
Io non posso dire altro, la storia è breve e densa. A me è piaciuta molto: ho adorato i paesaggi, l’architettura della storia, la maestria con cui James ha descritto le apparizioni e, soprattutto, ho amato ed apprezzato i silenzi. Unica pecca: troppi sottintesi, troppa attesa, troppe cose dette per metà . Ma forse è un problema del lettore contemporaneo, abituato alle immagini già pronte, avvezzo a trovare una veloce gratificazione nell’attesa della lettura e disabituato ad una “costruzione immaginifica paziente”.
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Commenti
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Certamente non lo considero un capolavoro, ma se lo contestualizzo, è facile riconoscere che James è veramente un abile narratore, ti tiene sempre sul filo. A lungo andare sì, lo prenderesti a schiaffi, meno male che il libro è breve, non si potrebbe pretendere così tanto da un lettore.
Nel bellissimo romanzo biografico "The Master" dell'irlandese Toibin, libro il cui protagonista è appunto James nei 5 anni 'londinesi' di fine '800 , si scopre l'origine di varie sue opere (tra cui questa e "Ritratto di signora").
Risulterebbe che il fratello famoso scienziato e la consorte si occupassero di spiritismo : gli avrebbero rivelato particolari rilevanti della sua vita.
Non ho mai letto niente di questo autore, di cui però ho un libro che racchiude diverse sue opere.
Se ti piace la scrittura di James, allora c'è una prateria che si spalanca davanti a te, tante sono le opere che ha scritto, benché non dello stesso livello qualitativo, ovviamente.
“La belva nella giungla” o la bestia, mi incuriosisce molto, vorrei leggerla...chissà, l’attesa di qualcosa di malefico ricorda “Il deserto dei Tartari” di Buzzati, un capolavoro.
I
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