Dettagli Recensione
Un romanzo sociale?
Nel 1811 le guerre napoleoniche infuriano in Europa e la parrocchia di Briarfield, nello Yorkshire, come molte altre cittadine inglesi è dilaniata dai conflitti sociali: da un lato gli imprenditori, che cercano disperatamente di resistere ai blocchi e ai contro blocchi navali che hanno paralizzato il commercio, dall’altro gli operai, che vedono ridursi sempre di più i posti di lavoro e muoiono letteralmente di fame. A peggiorare la situazione c’è il progresso che avanza nella forma di nuovi macchinari che riducono ulteriormente la manodopera necessaria.
Il giovane Robert Moore è l’ultimo discendente di una stirpe di imprenditori tessili e vorrebbe lavare dal proprio nome l’onta del fallimento di suo padre, che ha condotto la famiglia quasi alla rovina, ma ora quest’ombra incombe anche su di lui. Nel clima di violenza e instabilità che si è generato, tra omicidi, rivolte e assalti alle fabbriche, Robert, coraggioso, serio, intraprendente e non privo di una certa durezza, è determinato a sopravvivere e a risollevarsi ed è pronto a calpestare tutto e tutti pur di riuscirci, compreso il proprio cuore.
Caroline Helstone ha diciassette anni ed è la nipote del rettore di Briarfield. Legata a Robert da una parentela acquisita e da un’intensa frequentazione, si è resa conto che il suo tenero sentimento d’amicizia si è trasformato in qualcosa di più e che Robert potrebbe forse ricambiarla. Le difficoltà economiche del giovane, però, gli impongono di sposare una donna ricca e la dolce Caroline, sebbene non sia povera, non possiede una dote sufficiente a salvare la sua fabbrica.
Ben diversa, invece, è la situazione economica di una cara amica di Caroline, la bella Shirley Keldar, ereditiera del luogo che al possesso di un ingente patrimonio unisce un carattere vivace, brillante e ricco di fascino. È a lei che Robert Moore chiederà la mano, nella speranza di portare a compimento il proprio progetto?
Nell’incipit del romanzo l’autrice avverte il lettore di non aspettarsi una storia romantica e inizia subito ad addentrarsi nelle movimentate vicende delle fabbriche di Briarfield, inducendo così a credere di avere tra le mani un romanzo sociale incentrato sulle lotte operaie e i conflitti di classe. Il proseguo della lettura, però, smentisce tanto le prime impressioni quanto la dichiarazione della Brontë e svela una trama per lo più basata su un triangolo sentimentale che si trasforma a mano a mano in un quadrato dall’esito piuttosto scontato e sui piccoli drammi privati dei personaggi. La questione economico-sociale è molto presente nel romanzo, ma sviluppata in modo elementare e risolta con lo stesso prevedibile lieto fine del triangolo romantico.
Sebbene porti il nome di uno dei suoi personaggi principali, "Shirley" è in realtà un romanzo corale, ricco di figure che fanno il loro ingresso un po’ alla volta e subito si impongono all’attenzione del lettore con caratteristiche e particolarità ben definite. Il vivace coro delle voci che si intrecciano, insieme all’accurata rappresentazione della tranquilla vita di provincia e della compagna inglese che affronta la modernità, è forse uno degli aspetti più riusciti del romanzo. Un ruolo non secondario, inoltre, è svolto dalla riflessione sulla problematica condizione della donna nell’Ottocento condotta attraverso i due personaggi femminili principali, che in modo diverso a seconda del carattere e della posizione sociale (Caroline dolce e riservata, Shirley energica, ironica e combattiva) danno voce alle opinioni della scrittrice, contestando i limiti e le restrizioni che affliggono l’esistenza delle giovani donne e rivendicando il diritto di scegliere in piena libertà il proprio compagno.
D’altro canto, però, la narrazione è spesso prolissa e trascina per pagine e pagine eventi dall’esito facilmente intuibile, sfociando nella noia. Fortuna che di tanto in tanto intervengono a salvare la situazione toni sterniani da romanzo umoristico (i titoli bizzarri dei capitoli, l’ammiccare confidenziale al lettore per coinvolgerlo nella narrazione, riflessioni metanarrative sull’utilità di questo o quel capitolo che forse il lettore farebbe meglio a saltare, personaggi buffi e dominati da un tratto caratteriale, una mania o un’ossessione) che alleggeriscono la lettura, rendendola un po’ più vivace.
Nel complesso, però, "Shirley" non è certamente il più riuscito tra i romanzi di Charlotte Brontë. Il risultato sarebbe stato senz’altro migliore se l’autrice avesse tagliato un centinaio di pagine decisamente superflue e sviluppato la questione sociale in modo più problematico, se la trama fosse stata un po’ meno scontata e banale e soprattutto se l’annuncio iniziale, poi del tutto disatteso, non traesse il lettore in inganno, portandolo ad aspettarsi una pagina dopo l’altra qualcosa di ben diverso da quello che sta leggendo e che non arriverà mai. Peccato.
Indicazioni utili
- sì
- no
Commenti
2 risultati - visualizzati 1 - 2 |
Ordina
|
2 risultati - visualizzati 1 - 2 |