Dettagli Recensione
UN ROMANZO DI DEMORALIZZANTE OSTICHEZZA
Devo confessare, sia pure a malincuore, che “L’uomo senza qualità” è il primo libro della mia vita che non sono riuscito a leggere fino in fondo. Non è che sia un brutto libro, tutt’altro. La raffinatezza di scrittura del suo autore e l’imponenza culturale dell’opera possono stare tranquillamente alla pari di Proust e della sua “Recherche”, di Joyce e del suo “Ulisse”, di Mann e della sua “Montagna incantata”, vale a dire degli scrittori e dei romanzi che hanno segnato indelebilmente la storia della letteratura del Novecento. Quello che mi ha reso la lettura de “L’uomo senza qualità” così faticosa e improba non sono le sue quasi duemila pagine, né tanto meno la loro difficoltà, quanto piuttosto la mancanza di una vera e propria trama, l’assenza di un solido filo conduttore, di nessi causali o cronologici che diano l’impressione di portare i personaggi da qualche parte. Tutto è spezzettato in un’infinità di riflessioni culturali, filosofiche, sociologiche, ecc., in cui è arduo delineare una qualche sintesi. Ecco, quello che a mio avviso manca è proprio la possibilità di percepire un denominatore comune, che non sia l’assoluto nichilismo di Ulrich, il quale svilisce con il suo atteggiamento scettico tutto quello che egli fa o che fanno coloro che lo circondano, siano essi intellettuali, scienziati, aristocratici, borghesi, funzionari o militari. Il rischio che secondo me corre Musil è che il relativismo del suo protagonista, che analizzerò tra poco, si trasferisca al romanzo senza riuscire a farsi fino in fondo metafora di un’epoca o di una nazione (ché la Cacania che tira a campare, illusa dal presunto perfezionismo della sua macchina statale, e che è destinata in breve all’implosione, è fenomeno che si percepisce più in virtù del fatto che noi sappiamo che di lì a poco ci sarà la Guerra Mondiale a spazzare via il tutto piuttosto che da segnali premonitori abilmente disseminati nei capitoli del libro). Nuoce probabilmente al romanzo la sua suddivisione in piccoli capitoletti autonomi (che a tratti assomigliano più a degli elzeviri che a componenti di un corpus più vasto), che si fatica a collegare in una struttura unitaria e compatta, per cui alla fine della lettura si ha un po’ la stessa sensazione che si ha dopo un risveglio, cioè che quello che si è appena sognato sia lì a portata di mano ma non si riesca ad afferrarlo con chiarezza, confuso com’è in una nebbia ostruzionistica e ingannatrice.
Chi è comunque il protagonista Ulrich? A una prima frettolosa analisi potrebbe essere confuso come uno dei tanti inetti a vivere della letteratura mondiale, come, per fare un solo esempio, lo Zeno Cosini di Italo Svevo. In realtà la personalità di Ulrich è molto più complessa. Da una parte è indubbiamente vero che il suo problema è lo scetticismo e il relativismo: tutto gli è indifferente, bene e male, giustizia e ingiustizia non sono per lui concetti assoluti ma alla bisogna intercambiabili (non è un caso che egli sia attratto dalla figura dell’assassino Moosbrugger), cosa che non gli permette una presa sicura sul mondo reale e fa sì che tutte le cose gli scorrano addosso costringendolo a una condizione di annichilente apatia. Tuttavia, la figura di Ulrich non è totalmente negativa, al contrario è funzionale a far risaltare la vacuità, il velleitarismo e l’inconcludenza degli altri personaggi, che ruotano insieme a lui intorno all’Azione Parallela. Infatti se Ulrich è il “bastian contrario” per eccellenza, l’uomo non pratico per antonomasia, non è per mancanza di qualità (come sembrerebbe suggerire il titolo), tutt’altro. Il fatto è che Ulrich è ossessionato, soverchiato addirittura, dalle infinite possibilità del reale: da qui deriva il non dare maggior peso a ciò che è rispetto a ciò che potrebbe essere, e in definitiva la sua inerzia. Inerzia che, per la propria consapevolezza critica, è ben diversa da quella, presuntuosa e verbosa, che caratterizza i vari membri dell’Azione Parallela, i quali si dimostrano fin dalle prime pagine incapaci di dare una qualche attuazione pratica all’idea di festeggiare in maniera memorabile i settanta anni di regno dell’imperatore Francesco Giuseppe e sui quali si riversa invece copiosa l’ironia musiliana. I vari Arnheim, Diotima, il conte Leinsdorf, il generale Stumm von Bordwehr e gli altri esponenti dell’aristocrazia e dell’intellighenzia austriaca sono messi alla berlina per la loro vacua prosopopea, per il loro sterile idealismo, per il loro ondivago e ambiguo oscillare tra razionalismo e irrazionalismo, tra realtà e spiritualità, tra genio e conformismo, tra trasgressione e moralismo, in quello che Wenders decenni dopo avrebbe chiamato “falso movimento”. Il conclamato immobilismo di Ulrich, nemico giurato di tutte le formule palingenetiche e slogan progressisti anche al prezzo di vivere anacronisticamente fuori dal suo tempo, è in fondo una posizione che riscuote da parte del lettore assai maggiore simpatia. Essendomi limitato alla prima parte del romanzo, non sono in grado ovviamente di dire nulla in merito a ciò che avviene in seguito all’entrata in scena della sorella di Ulrich. Le 750 pagine già lette sono comunque più che sufficienti per formulare il personalissimo giudizio di un romanzo geniale sì, ma mai coinvolgente e anzi di demoralizzante ostichezza.
Commenti
13 risultati - visualizzati 1 - 10 | 1 2 |
Ordina
|
"E' un libro senza trama, la sua trama, secondo me, consiste nella ricerca del senso delle cose. Inizia subito con la definizione dell'uomo senza qualità, Ulrich, che in realtà non è altro che un uomo pieno di qualità ma che vive in un mondo delle possibilità e ciò gli impedisce di vedere appunto reali le sue doti. Durante la lettura però sono spesso gli altri che lo definiscono così, mai si sottovaluta lui. Lui si è definito in una occasione un attivo passivo, cioè in attesa dell'occasione propizia per agire e mettere atto le sue idee, e in questa attesa non farà altro che analizzare con occhio lucido e ragionevole tutto ciò che lo circonda. Al polo opposto si trova Arnheim, che è appunto, l'uomo di qualità, l'uomo che la società di oggi richiede, la persona che sa un po' di tutto e che agisce di conseguenza, "nella vita l'insieme ha la precedenza sui particolari".
Ci sono due storie che si svolgono parallelamente, quella dell'alta classe sociale di intellettuali, riuniti per avviare L'Azione Parallela in onore al 70° anniversario dell'imperatore Giuseppe, e la storia di Moosbrugger, spietato assassino di una prostituta, uomo bonario e pacifico, semplice, ma con improvvisi scatti di ira quando viene tormentato, molto probabilmente affetto da problemi psichici e che rappresenta un fatto di cronaca per tutti.
Nella prima parte del libro si cerca un'idea originale, che ispiri pace, felicità ed amore per l'Azione Parallela, non senza un pizzico di rivalità contro la Germania, e quindi il lettore è accompagnato nei salotti intellettuali di Diotima, donna influente ed intelligente della società, incaricata a condurre questo progetto; mentre la seconda parte ha come protagonisti Ulrich e sua sorella Agathe, entrambi alla ricerca e all'analisi dell'amore, al mito di Platone, dove due persone si fondono in un unico essere. O meglio, questa ricerca e questa analisi dell'essere unico, dove una persona si vede negli occhi dell'altra e viceversa, ha inizio dal momento in cui loro si rivedono, dopo un lunghissimo periodo. Ed ognuno vede se stesso nell'altro, si sentono "gemelli siamesi" e decidono di vivere insieme, arrivando ad avere un rapporto incestuoso, che, per quanto inizialmente appagante e nonostante siano riusciti a sentirsi entrambi un unico essere, proprio come nella mitologia, questo sentimento non dura nel tempo e l'infelicità ritorna a padroneggiare. Il motivo, secondo me, al di là del loro rapporto illecito ma in generale, entrambi soffrono di troppe qualità che lì portano ad essere razionali e di scarsa libertà di spirito, di scarsa spontaneità e di poco cuore. Nell'amore non puoi metterci la ragione ma il cuore, e quindi sono infelici, sia divisi, ognuno per il proprio conto, che insieme.
Sia nella prima che nella seconda parte, non si arriverà ad una conclusione, non verranno date risposte certe alle domande poste, e la frase (relativa alla vita) che ho trovato caratterizzante a questo libro e al suo contenuto è la seguente:
"Ad ogni progresso essa lega un regresso e ad ogni forza una debolezza; non dà a nessuno un diritto che non sia tolto ad un altro, non risolve un imbroglio senza creare un nuovo disordine e sembra addirittura produrre il sublime solo per ammucchiare alla prima occasione sul volgare gli onori che al sublime spetterebbero." ... e quindi la somma di tutto ciò è nulla.
Nell'Azione Parallela accanto alle idee pacifiste viene espresso anche il desiderio di armare il paese, siamo alla vigilia della prima Guerra mondiale, e nel rapporto di Agathe e Ulrich, nonostante ci sia l'amore, si sente anche il vuoto nella stessa misura.
Ho trovato alcune idee comuni con Il Grande Inquisitore di Doestoevskij, per quanto riguarda il rapporto Dio-scienza qui e Gesù-uomo in G.I, ma anche per quanto riguarda la necessità dell'uomo ad essere condotto e non lasciato libero. Mi ha ricordato anche la La Confessione di Tolstoj, per quanto riguarda il senso della vita. In entrambe le opere viene ribadito il concetto che le persone semplici, normali, i contadini in Tolstoj e la classe media, la mediocrità in Musil, vivono bene e si adattano a questa vita, trovandogli un senso. Diversamente succede con le persone erudite, curiose, che si pongono continuamente domande e cercano un senso a tutto, non dandosi pace. Senso che spesso sfugge perché si tratta di questioni al di fuori della nostra portata.
L'autore non ha studi umanistici alle spalle, come spesso hanno i scrittori, ma studi scientifici e ciò si nota molto nelle sue pagine e dalla sua prosa, molto forbita tra l'altro. In molte occasioni fa riferimento alla scienza: matematica, fisica, statistica, egli stesso avendo studiato queste materie, e applica spesso un'analisi logica, razionale a degli argomenti umanistici come: anima, amore, qualità, esperienze, vita, amore, sentimenti...
In un commento avevo letto che questo libro non è da leggere ma da studiare, e aveva proprio ragione chi l'ha scritto... Contenta di questa mia lettura che, ovviamente, la consiglio a tutti voi, soprattutto a quella nicchia di lettori che amano i libri filosofici, che si propongono di far riflettere e ragionare. "
Anche io ho questo bel mattone in libreria, ma non mi ha mai "chiamata" è rimasto ancora lì. Credo che, se devo proprio imbarcarmi con questi grossi volumi, preferisco colmare la lacuna di "Guerra e pace". Vergogna! Altra lacuna vergognosa!
Yoana sei un "mostro" ! Quanto sei brava!!
13 risultati - visualizzati 1 - 10 | 1 2 |
Personalmente ho intenzione di rileggerlo prima o poi, per scendere ancora di più nelle sue profondità.