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La tendre indifférence du monde
“Aujourd’hui, maman est morte. Ou peut-être hier, je ne sais pas. J’ai reçu un télégramme de l’asile : « Mère décédée. Enterrement demain. Sentiments distingués. » Cela ne veut rien dire. C’était peut-être hier.”
Uno degli incipit più celebri della letteratura del Novecento, questo con il quale prende avvio “L'étranger” del Premio Nobel Albert Camus. Pubblicato nel 1942, il romanzo è interamente ambientato in Algeria, terra natale dell'autore, la cui penna, non a caso, offre un ritratto semplice e perfetto della società coloniale francese dell'epoca nell'Africa mediterranea. Meursault, il protagonista, ne è parte, trascinando una vita anonima, stanca, povera di sentimenti ed emozioni; tutto ciò che sente è soltanto stanchezza, noia, fastidio. Nemmeno la morte della madre, ricoverata in un ospizio, riesce a scalfire la sua apatia; nemmeno l'omicidio di cui in seguito, sulla spiaggia, si rende colpevole e che finisce per segnare fatalmente la sua sorte.
Attraverso una prosa semplice e scarna, a tratti minuziosa e dal ritmo piuttosto lento, ma carica di vera potenza drammatica, Camus narra la vicenda di un piccolo impiegato di Algeri, un uomo qualunque che, senza ambizioni né passioni, sembra incarnare la più assurda rassegnazione all'indifferenza del mondo e a un destino a cui è sufficiente soltanto un istante di sole abbagliante per negare una minima possibilità di salvezza. “[...] c'était à cause du soleil”, si limita a giustificarsi maldestramente Meursault durante il processo, dove ben presto apparirà sotto accusa più per il fatto di aver seppellito l'anziana madre senza versare una lacrima che per quello di aver ucciso un uomo “par hasard”, per caso. Particolarmente intense risultano le pagine in cui la voce narrante dello stesso protagonista si perde negli infiniti rivoli dei propri pensieri, rischiarati spesso dalla luce delle stelle che filtra nella solitudine della cella, mentre i giorni, le settimane, i mesi scivolano impietosi verso un tragico, inevitabile epilogo che solo per un attimo, in occasione dell'incontro forzato con il prete, lo scuoterà dalla sua cronica apatia.
“Ainsi, avec les heures de sommeil, les souvenirs, la lecture de mon fait divers et l'alternance de la lumière et de l'ombre, le temps a passé. J'avais bien lu qu'on finissait par perdre la notion du temps en prison. Mais cela n'avait pas beaucoup de sens pour moi. Je n'avais pas compris à quel point les jours pouvaient être à la fois longs et courts. Longs à vivre sans doute, mais tellement distendus qu'ils finissaient par déborder les uns sur les autres. Ils y perdaient leur nom. Les mots hier ou demain étaient les seuls qui gardaient un sens pour moi.
Lorsqu'un jour, le gardien m'a dit que j'étais là depuis cinq mois, je l'ai cru, mais je ne l'ai pas compris. Pour moi, c'était sans cesse le même jour qui déferlait dans ma cellule et la même tâche que je poursuivais. […] Le jour finissait et c'était l'heure dont je ne veux pas parler, l'heure sans nom, où les bruits du soir montaient de tous les étages de la prison dans un cortège de silence. […] Non, il n'y avait pas d'issue et personne ne peut imaginer ce que sont les soirs dans les prisons.”
Un grandissimo romanzo dal quale, nel 1967, il regista Luchino Visconti trasse un film dall'omonimo titolo e molto fedele al testo, con un impareggiabile Marcello Mastroianni nel ruolo di Meursault ( https://www.youtube.com/watch?v=OkjGt... ). Pur nella sua drammaticità, una bellissima lettura che, a chi può, consiglio in lingua originale: il francese di Camus si rivela fin da subito molto scorrevole e per niente complicato, accessibile anche a chi ne abbia una conoscenza meramente scolastica.
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Ho letto il libro in francese e ho quindi ripreso pari pari i passi che avevo segnato, mi spiace!
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